N. 111 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 luglio 2000

Ordinanza  emessa  il  31  luglio  2000  dal tribunale di Vicenza sul
ricorso  proposto  da  Kljecanin  Njegoslav  contro  la Prefettura di
Vicenza

Straniero - Espulsione amministrativa - Decreto di espulsione emanato
dal prefetto - Carattere automatico del provvedimento, con esclusione
di  qualsivoglia valutazione discrezionale della situazione personale
dello   straniero  -  Contrasto  con  i  principi  costituzionali  di
solidarieta'  - Violazione del principio di eguaglianza - Lesione dei
diritti alla retribuzione e alla stabilita' del posto di lavoro.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2.
- Costituzione, artt. 2, 3 e 35.
(GU n.8 del 21-2-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Sciogliendo la riserva espressa alla udienza dell'11 luglio 2000,
  osserva quanto segue.
    Il  ricorso  evidenzia la sussistenza di situazioni personali del
  ricorrente,  caratterizzate dalla disponibilita' di un imprenditore
  alla   sua   assunzione,   dalla  disponibilita'  di  un  alloggio,
  dall'esistenza  di  carichi  familiari, che sarebbero astrattamente
  idonei,  nell'ambito  delle quote di ingresso, a legittimare la sua
  presenza in Italia.
    Va  anzitutto  rilevato  che  il  dato  normativo non consente di
  ritenere  esistente un potere discrezionale del prefetto in materia
  di   espulsioni,  nel  senso  che,  accertato  il  verificarsi  dei
  presupposti previsti dall'art. 13 del testo unico di cui al decreto
  legislativo  n. 286/1998  (d'ora  in  avanti  TU), l'emanazione del
  decreto di espulsione deve considerarsi automatica.
    In  questo  senso va fatto riferimento non solo alla formulazione
  letterale  della  norma  e  dalla  differenza tra la previsione del
  primo  comma,  che,  relativamente  alla  espulsione  disposta  dal
  ministro  per  motivi  di  ordine  pubblico o di sicurezza, prevede
  espressamente che l'espulsione "puo'" essere disposta, e quella del
  secondo  comma,  che  invece si esprime in termini di automatismo e
  assenza   di   discrezionalita'   ("l'espulsione  e'  disposta  dal
  prefetto"),  ma  anche alla interpretazione della giurisprudenza di
  legittimita',  che  in  motivazione  si  esprime  per  il carattere
  automatico della espulsione prevista dal secondo comma dell'art. 13
  (cfr. Cass. 23 giugno 1999 n. 6374).
    Si  tratta  peraltro  di una lettura compatibile con le finalita'
  del  provvedimento  espulsivo,  che consegue all'accertamento della
  violazione  delle norme dettate in materia di ingresso e permanenza
  in  Italia,  evitando valutazioni caso per caso con una sostanziale
  delega  alle  prefetture  della  gestione  della immigrazione e con
  rischi  di  gestione  non  unitaria  e frammentata nel territorio a
  seconda delle esigenze specifiche della zona di riferimento.
    La natura vincolata del decreto di espulsione del prefetto non e'
  contraddetta  dall'obbligo  di motivazione, ove si consideri che la
  motivazione  ha lo scopo di assicurare la verifica della congruenza
  tra presupposti e conclusioni adottate dalla autorita' competente.
    In  questo  senso,  si ritiene estraneo all'ambito di valutazione
  demandato  al  prefetto  il  giudizio  di  non  meritevolezza dello
  straniero a permanere nel territorio dello Stato.
    In  questo  senso, anche la motivazione della sentenza della S.C.
  richiamata  riferisce  tale  valutazione  ad  un momento diverso da
  quello preso in considerazione dal ricorso, e piu' precisamente sul
  piano   della   interpretazione  della  norma  per  le  ipotesi  di
  espulsione  motivata  dal  ritardo  nella  richiesta di rinnovo del
  permesso  di  soggiorno, nel senso di tenere conto delle differenti
  situazioni che originano la fattispecie della omessa richiesta e la
  distinguono da quella del semplice ritardo.
    La  situazione  prospettata  dal  ricorrente  conduce  tuttavia a
  evidenziare   aspetti   della   disciplina  dettata  dal  T.U.  che
  contrastano   con   principi   costituzionali,  incidendo  in  modo
  ingiustificato   sulla   effettivita'   dell'esercizio  di  diritti
  costituzionalmente    garantiti.       In   realta',   e'   proprio
  l'automaticita'  della  emanazione  del  decreto  di espulsione che
  impedisce   di   tenere   conto  dei  principi  di  solidarieta'  e
  accoglienza  che  costituiscono  l'approccio principale del sistema
  normativo,  che  affronta il tema della immigrazione non in termini
  di   ordine   pubblico   ma   valorizzando   l'inserimento   e   il
  riconoscimento  di  diritti  fondamentali  e  di  partecipazione ai
  cittadini  stranieri  che non si pongono in contrasto con il nostro
  ordinamento.
    In  questo  senso,  la  mancata  previsione  di attenuazioni alla
  automaticita'  della  espulsione  nonostante il cittadino straniero
  abbia dimostrato una situazione che ne legittimerebbe la permanenza
  in  Italia,  viene  a  contrastare  con  i principi di solidarieta'
  enunciati dall'art. 2 della Costituzione, con quello di uguaglianza
  enunciato  dall'art. 3  della  Costituzione,  per  cui il cittadino
  straniero in possesso dei requisiti per la concessione del permesso
  di  soggiorno  al momento della pronuncia del decreto di espulsione
  subisce  un  trattamento diverso e peggiore rispetto a colui che si
  trova  nella  stessa situazione di fatto ma ha a monte il titolo di
  permanenza.
    In   questo  modo,  l'espulsione  automatica  viene  ad  incidere
  direttamente  su altri diritti costituzionalmente garantiti, come i
  diritti  che  spettano a ogni lavoratore in forza di un rapporto di
  lavoro  subordinato, che lo straniero espulso vedrebbe pregiudicati
  (si  pensi  alle  implicazioni  degli  art.  35  e  seguenti  della
  Costituzione  sugli  specifici  diritti  alla  retribuzione  o alla
  stabilita'   del   posto  di  lavoro,  compromessi  a  causa  della
  espulsione  e  del  divieto  di  rientro nel territorio italiano ai
  sensi dell'art. 11 commi 13 e 14 T.U.).
    Si  ritiene  che  il  contrasto  tra  la  norma  richiamata  e le
  disposizioni  costituzionali  non  possa essere superato attraverso
  una  interpretazione  adeguatrice,  non sussistendo margini per una
  lettura  diversa  da  quella  che  si e' data nella prima parte del
  presente provvedimento.
    La  questione di costituzionalita' si presenta rilevante nel caso
  di  specie,  considerando  che  il  ricorrente  e' nel possesso dei
  requisiti abitativi e di lavoro che ne legittimerebbero il regolare
  ingresso  nel  territorio  dello  Stato  ai  sensi dell'art. 4 e il
  successivo  rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 5
  T.U.
                              P. Q. M.
    Dichiara  la  non  manifesta  infondatezza  e  la rilevanza della
  questione  di  costituzionalita' dell'art. 11, comma 2, del decreto
  legislativo  25  luglio 1998 n. 286 in rapporto agli art. 2, 3 e 35
  della Costituzione;
    Dispone  la  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale e
  sospende il giudizio;
    Dispone  la  comunicazione del presente provvedimento alle parti,
  al  Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due
  Camere del Parlamento.
        Vicenza, addi' 31 luglio 2000.
                          Il giudice: Campo

    Il  giudice  remittente, rilevato che per errore materiale, nella
  parte   dispositivo   del  provvedimento  la  norma  denunciata  di
  incostituzionalita'  viene  individuata  nell'art. 11  del  decreto
  legislativo   n. 286/1998,  invece  che  nell'art. 13,  dispone  la
  correzione  materiale  della  ordinanza  di  rimessione  alla Corte
  costituzionale  nel  senso predetto e la comunicazione del presente
  provvedimento  alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri
  e  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento,  oltre alla
  acquisizione    nel    fascicolo    da   trasmettere   alla   Corte
  costituzionale.
        Vicenza, addi' 6 settembre 2000.
                    Il giudice remittente: Campo
01C0171