N. 119 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 1999
Ordinanza emessa il 25 maggio 1999 dal tribunale di Reggio Calabria nel procedimento civile vertente tra Lagana' Paola ed altri e comune di Villa San Giovanni ed altri Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) - Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura dei risarcimenti dovuti per illegittime occupazioni acquisitive, con l'aumento dell'importo stesso del 10 per cento in considerazione della incostituzionalita' del precedente criterio dichiarata con sentenza n. 369/1996 - Ritenuta persistente inadeguatezza della nuova misura del risarcimento - Incidenza sul principio di uguaglianza, sul diritto di proprieta' e sul principio di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Legge 8 agosto 1992, n. 359 (recte: d.l. 11 luglio 1992, n. 333, conv. in legge 8 agosto 1992, n. 359), art. 5-bis, comma 7-bis, introdotto dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662. - Costituzione, artt. 3, 42 e 97.(GU n.9 del 28-2-2001 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia iscritta al n. 545/1991 R.G.A.C., passata in decisione alla pubblica udienza collegiale del 13 aprile 1999 e vertente tra: Lagana' Paola, Parisi Francesco, Parisi Maria e Parisi Letterio, elettivamente domiciliati in Reggio Calabria, via Casalotto n. 97, presso lo studio dell'avv. Alfonso Zito, dal quale sono rappresentati e difesi in virtu' di procura in calce all'atto di citazione, attori; Contro: comune di Villa San Giovanni, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Natale La Fronte, in Reggio Calabria, via Nazionale n. 292, dal quale e' rappresentato e difeso, in virtu' di procura in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuto; Albanese Maria Iole, Lagana' Maria Cristina, Lagana' Pasqualino, Lagana' Vincenzo, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Raschella', in virtu' di procura in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, elettivamente domiciliati in Reggio Calabria alla via Manfroce n. 87, convenuti. Considerato che con atto di citazione notificato in data 21 aprile 1991, Lagana' Paola, Parisi Francesco, Parisi Maria e Parisi Letterio convenivano in giudizio il comune di Villa San Giovanni, Albanese Maria Iole, Lagana' Maria Cristina, Lagana' Pasqualino e Lagana' Vincenzo, esponendo di essere proprietari, unitamente ai convenuti da ultimo indicati, di un fondo sito in Villa San Giovanni, censito in catasto al fol. 4 particella 248. Esponevano altresi' che il predetto fondo era stato sottratto alla loro disponibilita' dal comune di Villa San Giovanni che, mediante la costruzione di una recinzione, a causa della quale era rimasto a loro intercluso ogni passaggio e possibilita' di godimento del fondo, lo aveva destinato ad ampliamento del locale cimitero, senza porre in essere alcun atto espropriativo. Agivano in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, pari al valore in comune commercio del terreno occupato. Con comparsa del 29 giugno 1991 si costituivano i comproprietari convenuti, i quali aderivano alla domanda degli attori. Con comparsa depositata alla prima udienza si costituiva altresi' il comune di Villa San Giovanni, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e rilevando il carattere agricolo del terreno. Espletata c.t.u., chiesti chiarimenti in udienza istruttoria e parere in camera di consiglio al c.t.u., la causa viene ora per la decisione. Dalla c.t.u. e' emersa l'appartenenza del bene in questione agli attori; resta cosi' superata l'eccezione, impropriamente qualificata di difetto di legittimazione passiva, sollevata dal comune per mancanza di prova della situazione proprietaria in capo agli attori. E' emerso altresi' che il comune di Villa San Giovanni, con deliberazioni nn. 60 e 187, rispettivamente del consiglio comunale, datata 18 dicembre 1984 e della giunta municipale, datata 26 marzo 1986, ha approvato il piano particellare e l'elenco delle ditte da espropriare per i lavori di costruzione ed ampliamento del cimitero di Villa San Giovanni; che il terreno de quo e' stato occupato nel febbraio 1988, in mancanza di provvedimenti autorizzativi di occupazione e di provvedimento espropriativo. Da quanto risulta dalla relazione del c.t.u., l'occupazione acquisitiva del terreno puo' dirsi perfezionata nel febbraio 1988, epoca in cui venne installato un cancello in ferro, e furono avanzati i lavori di recinzione della particella de qua con la realizzazione di un muro che ha precluso l'accesso al fondo. Dai chiarimenti resi dal c.t.u. all'udienza del 21 novembre 1996, e' emersa la natura agricola del terreno in questione. Con ordinanza di questo tribunale del 14 aprile 1998, il c.t.u. e' stato invitato a rendere parere in camera di consiglio in ordine ai redditi dominicali rivalutati ed al valore agricolo con riferimento alle colture effettivamente praticate sul fondo occupato. Il c.t.u. ha asserito di non essere stato nella possibilita' di accertare il valore del fondo in relazione alla coltura effettivamente praticata, a causa della mancanza del verbale di immissione in possesso. Non rimarrebbe allora che disporre ulteriore accertamenti. Il tribunale ravvisa pero' la necessita' che sia sottoposto allo scrutinio della Corte costituzionale il disposto di cui al comma 7-bis dell'art. 5-bis della legge n. 359/1992, per come introdotto dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ove ritenuto applicabile ai suoli agricoli. Ritiene infatti il collegio applicabile al caso di specie (trattandosi di suolo agricolo) la disposizione del comma 7-bis. In tal senso reputa insuperabile la considerazione della S. C. (sent. del 24 luglio 1997, n. 6912) secondo cui il termine "suoli" impiegato dal comma 7-bis e' diverso da quello impiegato al comma 1 dell'art. 5-bis, cioe' "aree edificabili". Dal che consegue il carattere onnicomprensivo della disciplina dettata dal comma 7-bis (tale da riguardare anche i suoli agricoli e quelli non legalmente edificabili). A tale risultato ermeneutico il collegio ritiene di giungere all'esito di riflessione sul significato dell'espressione, contenuta nel comma 7-bis, secondo cui "si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell'indennita' di cui al comma 1, con esclusione della riduzione del 40 per cento". Tale espressione lascia spazio a tre possibilita' interpretative. a) secondo una prima, il rinvio sarebbe effettuato ai criteri fissati dal comma 1 nella formulazione vigente al momento dell'emanazione del comma 7-bis (introdotto con legge del 23 dicembre 1992 n. 662, art. 3, comma 65); quindi, sarebbe richiamato il criterio del valore venale mediato. L'applicazione del comma 7-bis imporrebbe dunque un criterio indifferenziato per tutte le tipologie di suoli (semisomma maggiorata del 10%). b) secondo una diversa soluzione si dovrebbe ritenere che il sostantivo da cui dipende la preposizione operante il rinvio ("di cui") sia "l'indennita'" e non "i criteri di determinazione". Cio' che aprirebbe la strada ad una duplice alternativa. b1) secondo l'una (sarebbe la seconda possibilita' interpretativa), il rinvio sarebbe stato fatto specificamente all'indennita' di cui al comma 1, ossia l'indennita' di espropriazione delle sole aree edificabili; b2) secondo l'altra, (terza opzione), l'entita' richiamata sarebbe l'indennita' di espropriazione tout court. Dal che sarebbe agevole l'implicazione della necessita' di far riferimento alla disciplina appositamente prevista per le singole tipologie di suoli. Dunque, un criterio differenziato per le aree edificabili, da una parte, e per i suoli agricoli e non edificabili, dall'altra; conseguentemente, per i suoli agricoli e per i suoli non classificabili come edificabili, sarebbe richiamata la disciplina di cui al comma 4 dell'art. 5-bis (valore agricolo). Per quel che importa ai fini della decisione della presente controversia, e' indifferente la scelta tra la prima e la seconda soluzione. Una rilevanza di tale opzione potrebbe rinvenirsi in caso di modifiche normative sulla determinazione dell'indennita' delle aree edificabili, comportando la prima soluzione, ed escludendo la seconda, il carattere formale e non ricettizio del rinvio. Evenienza questa, a quanto consta al collegio, non ancora verificatasi. Cio' che invece qui interessa e' scegliere tra le prime due soluzioni, da una parte, e la terza, dall'altra. Infatti, quest'ultima scelta interpretativa comporterebbe il richiamo di tutti i commi dell'art. 5-bis, quindi anche del comma 4, relativo alle aree agricole ed a quelle non classificabili come edificabili. In sostanza, secondo questa interpretazione, il comma 7-bis farebbe propria la bipartizione dettata dalla attuale normativa sull'indennita' espropriativa, aggiungendo alla disciplina bipartita l'esclusione della riduzione del 40% per le aree edificabili, e disponendo per tutte le aree l'aumento del 10%. Questo tribunale reputa non percorribile la terza opzione (rinvio all'indennita' di espropriazione tout court e quindi criterio differenziato). In primo luogo, riuscirebbe difficile spiegare, in presenza dell'intenzione di richiamare le rispettive discipline previste per le diverse aree, il motivo per cui si e' fatto rinvio al solo primo comma (e cioe' al comma in cui e' disciplinata l'indennita' relativa alle sole aree edificabili). Atteso che tutti i commi che precedono il comma 7-bis trattano di indennita' espropriative, e' plausibile che la locuzione de qua sia stata usata in funzione partitiva, cioe' per selezionare tra i due criteri emergenti dall'art. 5-bis soltanto quello indicato al primo comma. Una seconda difficolta' che si oppone alla terza soluzione e' rinvenibile nell'incondizionata esclusione della riduzione del 40%, prevista dal comma 7-bis. Previsione, questa, giustificabile solo in relazione al criterio previsto dal primo comma. Apparirebbe faticosa l'argomentazione secondo cui l'esclusione opererebbe solo nei criteri in relazione ai quali e' applicabile e secondo cui l'applicabilita' parziale di tale esclusione sarebbe confermata dalla previsione in distinti periodi rispettivamente dell'esclusione e dell'aumento del 10%. La disposizione dell'aumento cioe' sarebbe concepita come operante sempre, in riferimento a tutti i criteri; e proprio per tale motivo, il legislatore avrebbe sentito la necessita' di aprire, nell'ambito del medesimo comma un periodo diverso da quello in cui ha previsto l'esclusione della riduzione del 40%. La cesura sarebbe poco spiegabile, secondo questa argomentazione, in presenza di una continuita' logica, continuita' implicata dalla medesimezza di spazio operativo della esclusione della riduzione e dell'aumento. L'anzidetta argomentazione appare soccombente rispetto a quella piu' piana, secondo la quale se il legislatore ha fatto riferimento all'esclusione della riduzione del 40 per cento, senza alcuna distinzione ed a chiusura della proposizione contenente l'indicazione del criterio di determinazione, segno e' che il criterio oggetto del rinvio e' esclusivamente quello riportato nel primo comma, essendo quello l'unico criterio che prevede la riduzione del 40 per cento. L'adozione di questa opzione ermeneutica fa emergere, in relazione alle aree agricole, il profilo di incostituzionalita' messo in rilievo dalla S. C. nella sentenza del 3 marzo 1998, n. 2336, nel passo che qui si riporta: "Premesso, infatti, che per le aree agricole l'indennita' per un esproprio condotto secondo le regole procedurali, e' commisurata..., al valore effettivo, il risarcimento per l'occupazione appropriativa determinato secondo il meccanismo di cui all'art. 5-bis, comma 1, costituirebbe una contropartita a favore del proprietario sicuramente inferiore alla stessa indennita' di esproprio, per il fatto che nella procedura di calcolo, l'esclusione dell'abbattimento del quaranta per cento ed il premio aggiuntivo del dieci per cento non sembrano poter compensare il drastico abbattimento che il valore venale viene a subire quando viene sottoposto alla media con il reddito dominicale. Con un risultato, oltre che logicamente inaccettabile, palesemente in contrasto con il principio di ragionevolezza, che in subiecta materia la Corte costituzionale ha applicato dichiarando illegittima la disposizione (art. 5-bis, comma 6, legge n. 359/1992, come modificato dall'art. 1, comma 65, legge n. 549/1995) che parificava il risarcimento per occupazione illegittima all'indennita' di esproprio". Le anzidette considerazioni - in ordine al risultano irragionevole consistente nella determinazione del risarcimento in misura inferiore all'indennita' di esproprio - sono concretamente confermate nel caso di specie, essendo la somma dei redditi dominicali rivalutati dell'ultimo decennio pari a L. 39,84. Atteso che questo tribunale ritiene di aderire alla tesi sostenuta dalla Corte di cassazione del 24 luglio 1998, n. 6912 - che, andando in contrario avviso rispetto alla pronuncia della S. C. del 3 marzo 1998, n. 2336, ha affer-mato l'applicabilita' del criterio di cui al comma 7-bis dell'art. 5-bis, legge n. 359/1992, anche ai terreni agricoli - non rimane che sollevare questione di costituzionalita' della predetta norma, per violazione degli artt. 3 e 42 della Costituzione, per l'irragionevolezza della disciplina da essa posta rispetto a quella statuita dall'art. 15, legge n. 865/1971, la quale norma stabilisce il criterio di commisurazione dell'indennita' sulla scorta del "valore agricolo con riferimento alle colture effettivamente praticate sul fondo espropriato". E' infatti irragionevole riservare ad un comportamento lecito, quale quello culminante in un provvedimento legittimo di espropriazione, un trattamento deteriore rispetto ad un comportamento illecito. Cio' che appare inconciliabile anche con l'art. 97 della Costituzione, che fissa come canone fondamentale dell'attivita' amministrativa quello del buon andamento dell'amministrazione, posto che la suindicata normativa finisce per costituire incentivo alla violazione della procedura fissata per legge in tema di espropriazione. Le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale (sentenza 17 ottobre 1996, n. 369) in sede di dichiarazione di illegittimita' costituzionale del comma 6 dell'art. 5-bis (che aveva sancito l'equiparazione della misura del risarcimento del danno all'entita' dell'indennizzo) si rivelano dotate di pregnanza ancora maggiore in riferimento alla presente questione, posto che qui si censura una normativa che consente non l'equiparazione tra risarcimento del danno ed indennita' espropriativa ma addirittura una differenziazione in peius in danno del privato che subisce l'occupazione acquisitiva. E' sufficiente quindi richiamare le asserzioni conclusive con le quali la Corte costituzionale nella predetta pronuncia ha accolto le censure mosse contro il comma 6 dell'art. 5-bis. Ha stabilito la Corte che "... sotto il profilo della ragionevolezza intrinseca (ex art. 3 Cost.), poiche' nella occupazione appropriativa l'interesse pubblico e' gia' essenzialmente soddisfatto dalla non restituibilita' del bene e dalla conservazione dell'opera pubblica, la parificazione del quantum risarcitorio alla misura dell'indennita' si prospetta come un di piu' che sbilancia eccessivamente il contemperamento tra i contrapposti interessi, pubblico e privato, in eccessivo favore del primo. Con le ulteriori negative incidenze ... che un tale "privilegio a favore dell'amministrazione puo' comportare, anche sul piano del buon andamento e legalita' dell'attivita' amministrativa e sul principio di responsabilita' dei pubblici dipendenti per i danni arrecati al privato. Risulta contestualmente vulnerato anche l'art. 42, secondo comma della Costituzione, per la perdita di garanzia che al diritto di proprieta' deriva da una cosi' affievolita risposta dell'ordinamento all'atto illecito compiuto in sua violazione".
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; Solleva questione di legittimita' costituzionale del comma 7-bis dell'art. 5-bis legge n. 359/1992, aggiunto dalla legge n. 662/1996, in relazione agli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione, nella parte in cui si applica anche ai suoli agricoli. Sospende il giudizio in corso; Dispone la immediata trasmissione degli atti della presente procedura alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Reggio Calabria, addi' 25 maggio 1999. Il Presidente: Gerardis Il giudice estensore: Sapone 01C0194