N. 130 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 ottobre 2000
Ordinanza emessa il 2 ottobre 2000 (recte: 3 ottobre 2000) dalla Corte di appello di Catania nel procedimento penale a carico di Tignino Giulio Sascia ed altri Processo penale - Dibattimento - Acquisizione delle prove - Dichiarazioni, gia' acquisite al fascicolo del dibattimento alla data di entrata in vigore della legge attuativa dell'art. 111 Cost., come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, rese, nel corso delle indagini preliminari, da chi per libera scelta si e' sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore - Consentita utilizzazione e valutazione - Disparita' di trattamento tra imputati - Lesione del principio del contraddittorio nella formazione della prova. - D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, sostituito dalla legge 25 febbraio 2000, n. 35, art. 1, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 3 e 111.(GU n.9 del 28-2-2001 )
LA CORTE DI APPELLO A scioglimento della riserva espressa; Viste le dichiarazioni dei coimputati ed imputati di reato connesso Tignino Leone Petralia Parasiliti con le quali gli stessi esprimono la volonta' di volersi astenere dal deporre; Vista la richiesta del procuratore generale di volere ritenere acquisite le dichiarazioni rese, ovvero di volere procedere all'acquisizione mediante la contestazione di cui all'art. 500, quarto comma, c.p.p. giusto il principio espresso con sentenza dalla Corte costituzionale n. 361 del 1998; Sentiti i difensori degli imputati che si oppongono alla contestazione e al modo di acquisizione siccome richiesto dal p.g. e rilevano in subordine l'incostituzionalita' sull'art. 1, comma 2, legge n. 35/2000; O s s e r v a L'apparato accusatorio, su cui si fonda il procedimento e che appare rilevante ai fini decisori, e' in gran misura costituito dalle dichiarazioni dei coimputati e degli imputati di reato connesso che hanno dichiarato di volersi astenere dal deporre. Peraltro parallelamente all'incedere del processo - dalle sue fasi preliminari sino all'odierno giudizio di rinvio - il quadro normativo di riferimento si e' posto in rapida evoluzione. L'originaria formulazione del sistema probatorio previsto dal codice era ispirato ai principi dell'oralita' e del contraddittorio, pur nella salvaguardia di dati probatori formati in precedenza (quali gli atti non ripetibili) ma la regolamentazione dettata dall'art. 192, terzo comma, c.p.p. (cui era affidata la valutazione e l'attendibilita' del dichiarante) e dall'art. 513 c.p.p. (cui era affidata la acquisizione e l'utilizzabilita' delle dichiarazioni) nonche' dall'art. 500 c.p.p. e' rimasta modificata dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 24, 254, 255 del 1992 e dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. Attraverso infatti il meccanismo delle contestazioni previsto dall'art. 500 c.p.p. si e' consentita l'acquisizione delle dichiarazioni rese dai testimoni in sede di indagini, mentre e' stata ammessa tout court l'acquisizione delle dichiarazione dell'imputato di reato connesso che si fosse astenuto dal deporre, in tal modo dandosi preferenza al principio di conservazione dei mezzi di prova gia' formati rispetto al principio di garanzia della difesa. Con la legge 7 agosto 1997, n. 267, si e' operato un recupero del principio del contraddittorio e dell'oralita' in antagonismo con il principio di "non dispersione dei mezzi di prova" formati prima del dibattimento. Cosi' e' stato disposto che le dichiarazioni degli imputati non potevano essere utilizzate nei confronti di altri imputati senza il loro consenso (comma 1, art. 513) e del pari venne disposto che poteva darsi lettura delle dichiarazioni degli imputati di reato connesso - che si fossero avvalsi della facolta' di astenersi dal deporre - solo sull'accordo delle parti (ult. parte, comma 2, art. 513). E peraltro con le norme transitorie di cui ai commi 2 e 6 dell'art. 6 della stessa legge venne previsto un complesso sistema di valutazione delle dichiarazioni gia' rese (... possono essere valutate come prova ... Solo se la loro attendibilita' sia confermata da altri elementi di prova non desunti da dichiarazioni rese al pubblico ministero - alla polizia giudiziaria da questa delegata o al giudice nel corso delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare, di cui sia stata data lettura ai sensi dell'art. 513 c.p.p. nel testo vigente prima dell'entrata in vigore della presente legge) solo in parte richiamantesi alla regola di cui al terzo comma dell'art. 192 c.p.p. Ma la Corte costituzionale con la sentenza n. 361 del 2 novembre 1998 ha dichiarato l'illegittimita' dell'ultimo periodo del secondo comma dell'art. 513 c.p.p. in quanto non prevede l'applicazione dell'art. 500, comma 2-bis e 4 c.p.p. qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilita' di altri gia' oggetto delle sue precedenti dichiarazioni. Infine e' intervenuto l'art. 111 della Costituzione come novellato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, che ha introdotto il principio del c.d. giusto processo secondo cui "la colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore". Va peraltro sottolineato che tale principio era gia' contenuto nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo che per il suo valore di principio generale di diritto internazionale avrebbe dovuto ritenersi di immediata applicazione nell'ordinamento italiano. Con la legge 25 febbraio 2000, n. 35, sono state dettate disposizioni urgenti per l'applicazione dell'art. 111 della Costituzione a tutti i procedimenti in corso salvo due deroghe. La prima deroga si e' consentita per i procedimenti in corso in cui sia gia' avvenuta l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni gia' rese precedentemente da chi si e' volontariamente sottratto all'esame dell'imputato e del suo difensore; con tale deroga si e' inteso contemperare l'applicazione dei nuovi principi costituzionali sul contraddittorio - e sull'oralita' e sul diritto di difesa con il principio di conservazione del materiale probatorio gia' acquisito. Pero' si e' voluto attenuare l'efficacia di tali dichiarazioni consentendone la utilizzabilita' solo se la loro attendibilita' e' confermata da altri elementi di prova assunti o formati con diverse modalita' (disposizione questa del comma 2 dell'art. 1 che sembra in qualche modo richiamarsi a quella transitoria della legge n. 267/1997). La seconda deroga, e' prevista dal quarto comma dell'art. 1 della legge n. 35 secondo cui nel giudizio dinanzi alla cassazione si applicano le norme di valutazione vigenti al momento delle decisioni (impugnate). Tale deroga e' in contrasto con quanto affermato dalle Sezioni unite della Cassazione che in precedenza avevano ritenuto applicabile anche nel giudizio di legittimita' la legge n. 267/1997 modificativa dell'art. 513 c.p.p. Il cennato parallelismo tra l'incedere del processo e le mutazioni normative da una parte e la necessita' di coordinamento tra le varie normative succedutesi nel tempo dall'altra, genera problemi interpretativi di notevole importanza circa la disciplina attualmente applicabile e la sua eventuale aderenza ai nuovi principi costituzionali posti dall'art. 111 della Costituzione. In vero nella fase delle indagini preliminari era in vigore l'impianto accusatorio previsto dal codice di procedura. Il giudizio di 1o grado si e' celebrato nella vigenza del principio di conservazione del materiale probatorio acquisito prima del dibattimento, principio esaltato dalle sentenze della Consulta del 1992 e dalla legge n. 356 dello stesso anno. Il giudizio di 2o grado si e' invece celebrato nella vigenza della legge n. 267/1997. Il giudizio di legittimita' - a seguito dei ricorsi proposti dalla procura generale e dagli imputati - si e' svolto in costanza del principio sancito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 361 del 1998. E la stessa Cassazione, con l'annullamento e il rinvio, ha disposto l'acquisizione e la valutazione delle dichiarazioni dei coimputati e degli imputati di reato connesso astenutisi dal deporre, mediante contestazione a termini dell'art. 500, quarto comma c.p.p. Ma dopo la sentenza della Corte di cassazione sono intervenuti i principi sul giusto processo di cui al novellato art. 111 della Costituzione e la legge di provvisoria attuazione n. 35 del 2000. Il primo tema che si pone a questo collegio e' pertanto se il punto di diritto sancito nella sentenza di rinvio sia rimasto superato dall'ius superveniens e se pertanto rimanga ancora spazio per l'acquisizione e la valutazione delle dichiarazioni sopra menzionate. La sentenza della Cassazione apparentemente sembra muoversi nel presupposto che dette dichiarazioni non siano state acquisite e richiede infatti una contestazione ex art. 500, quarto comma c.p.p., che ha ragione di essere solo ove si ritenga una mancata (o non valida) acquisizione. La legge n. 35 del 2000 pone una deroga all'immediata applicazione dell'art. 111 della Costituzione per le dichiarazioni gia' "acquisite al fascicolo del dibattimento" ma v'e' da chiedersi in che limiti il termine "acquisite" usato dalla legge coincida con il termine "acquisite" usato dalla Cassazione. E il dubbio non e' di poca portata poiche' se le dichiarazioni di cui trattasi devono ritenersi non acquisite non si puo' procedere a una nuova contestazione per acquisire in quanto contrastante sia con l'attuale art. 111 della Costituzione sia con la legge n. 35, con la conseguenza che il materiale probatorio proveniente da tali dichiarazioni dovrebbe praticamente ritenersi inesistente. Se le dichiarazioni devono considerarsi acquisite esse sarebbero valutabili nei limiti di cui al secondo comma dell'art. 1, ma sorgono immediati profili di costituzionalita' della legge stessa in rapporto al principio di cui all'art. 111 della Costituzione. In vero la tematica muove dall'esigenza di aderire alla regola della immediata operativita' della disposizione relativa alla formazione del materiale probatorio, la quale discende dalla struttura plurifasica e a formazione progressiva del procedimento probatorio in fieri finche' la "regiudicanda non diventa regiudicata". Tale regola e' stata sancita dalle sezioni unite della cassazione sin dalla sentenza Gerina del 1998, e presumibilmente v'e' da ritenere che la sentenza di annullamento con rinvio, che ci riguarda, nel disporre la nuova acquisizione abbia voluto porre rimedio alla mancata applicazione della legge processuale al momento dell'atto e che quindi abbia voluto imporre la rituale acquisizione di un materiale probatorio acquisito irritualmente. Ma l'attuale acquisizione non puo' che passare attraverso l'applicazione dell'art. 111 della Costituzione, quale novellato dalla legge costituzionale n. 2 del 23 novembre 1999 che prevede la formazione della prova in contraddittorio e prevede i casi (consenso dell'imputato - impossibilita' di natura oggettiva - provata condotta illecita) in cui puo' derogarsi a questo principio. La portata generale e precettiva della norma avente indubitabilmente una efficacia immediata sembra escludere che mediante legge ordinaria possano introdursi ulteriori eccezioni del principio in esso dedotto o se ne possa ritardare l'applicazione. E' bensi' vero che l'art. 22, legge costituzionale n. 2/1999 prevede l'attuazione mediante disposizioni transitorie di legge ordinaria, ma e' chiaro che tale possibilita' del legislatore ordinario rimane ancorata a quanto previsto nell'art. 1, salvo a volere ritenere un inammissibile contrasto di norme costituzionali. Sicche' l'attuazione del principio del contraddittorio con norme transitorie ordinarie non puo' che riguardare l'adeguamento e il coordinamento del quadro normativo al principio costituzionale, senza che questo possa subire altre eccezioni o limitazioni oltre quelle previste dal dettato costituzionale. La disposizione pertanto del comma 2 dell'art. 1 della legge n. 35/2000 che nega l'applicazione del principio del contraddittorio per i processi in corso nei casi di dichiarazioni gia' acquisite al fascicolo pone una questione di legittimita' costituzionale non manifestamente infondata in rapporto all'art. 111 della Costituzione. Inoltre la previsione di ancorare l'applicazione dell'art. 111 della Costituzione al dato temporale e aleatorio dell'acquisizione al fascicolo del dibattimento, dipendente da dinamiche organizzative che prescindono dalla volonta' delle parti, refluisce in una valutazione della responsabilita' dell'imputato, che nell'ambito dello stesso processo o in processi differenti ancora pendenti, puo' ritrovarsi in ingiustificata posizione di disparita' rispetto ad altri imputati secondo che l'acquisizione sia avvenuta per taluni e non per altri. Pare cioe' irragionevole ritenere che la norma dell'art. 1, comma 2, legge n. 35 abbia previsto un diverso regime probatorio nell'ambito dello stesso procedimento ovvero anche di piu' procedimenti pendenti nella stessa fase, comportando il rischio di diverso giudizio di responsabilita' e di diverso trattamento sanzionatorio per soggetti addirittura e possibilmente imputati degli stessi reati. Cosicche' le dichiarazioni nel presente procedimento dei coimputati che non si siano astenuti e che quindi possano ritenersi acquisite, nella misura in cui si riflettono nella posizione degli altri imputati in modo diverso o con peso diverso, determinano una differenziazione di giudizio che non appare giustificata. Deriva che non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' della norma anche con riguardo all'osservanza dell'art. 3 della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, legge 25 febbraio 2000, n. 35, in riferimento all'art. 111 e 3 della Costituzione per la parte in cui consente l'utilizzazione delle dichiarazioni rese da chi per libera scelta si e' sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, se gia' acquisite al fascicolo per il dibattimento; Sospende il processo in corso e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; Dispone che l'ordinanza sia notificata altresi' agli imputati mantenutesi contumaci. Catania, addi' 2 ottobre 2000. Il Presidente: Foti 01C0205