N. 163 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 2000
Ordinanza emessa il 18 dicembre 2000 dalla Corte di appello, sez. per i minorenni, di Torino sul reclamo proposto da D. M. Famiglia - Procedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta' genitoriale - Decreto motivato del tribunale per i minorenni - Prevista comunicazione con la forma abbreviata del biglietto di cancelleria - Mancata previsione della notificazione di copia per esteso, nelle forme dell'art. 137 cod. proc. civ. - Contrasto con i principi di ragionevolezza, buon andamento amministrativo ed uguaglianza - Disparita' di trattamento - Incidenza sulle possibilita' di difesa, sulla parita' delle parti e sulla funzione della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. - Cod. proc. civ., combinato disposto degli artt. 739, secondo comma, e 136. - Costituzione, artt. 2, 3, primo comma, 24, secondo comma, 97, primo comma, e 111, primo e sesto comma. Famiglia - Procedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta' genitoriale - Termine di dieci giorni per proporre reclamo avverso il decreto del tribunale per i minorenni - Decorrenza dalla data della comunicazione con la forma abbreviata, anziche' dalla data della notificazione di copia per esteso - Contrasto con i principi di ragionevolezza, buon andamento amministrativo ed uguaglianza - Disparita' di trattamento - Incidenza sulle possibilita' di difesa, sulla parita' delle parti e sulla funzione della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. - Cod. proc. civ., combinato disposto degli artt. 739, secondo comma, e 741. - Costituzione, artt. 2, 3, primo comma, 24, secondo comma, 97, primo comma, e 111, primo e sesto comma. Famiglia - Procedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta' genitoriale - Prevista audizione soltanto del genitore contro cui il provvedimento e' richiesto - Mancata previsione dell'audizione: a) dell'altro genitore; b) del minore ultradodicenne e, se opportuno, del minore infradodicenne; c) dei genitori o del tutore, quali legali rappresentanti del minore - Violazione del principio di uguaglianza fra i genitori - Irragionevole diversita' di disciplina in raffronto alla procedura di adottabilita' (art. 10, secondo, quarto e quinto comma, legge n. 184/1983) - Contrasto con il diritto di difesa e con i principi del giusto processo e del contraddittorio - Incidenza sui diritti e doveri dei genitori e sul principio di comune responsabilita' verso la prole - Contrasto con il principio della protezione della gioventu'. - Cod. civ., art. 336, secondo comma. - Costituzione, artt. 2, 3, primo e secondo comma, 24, secondo comma, 30, primo comma, 31, secondo comma, e 111, primo e secondo comma; Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176), artt. 12, comma 2, e 18, comma 1. Famiglia - Procedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta' genitoriale - Audizione dei genitori e del minore ultradodicenne - Mancata previsione a pena di nullita' rilevabile d'ufficio - Violazione del principio del contraddittorio. - Cod. civ., art. 336, secondo comma. - Costituzione, artt. 2, 3, secondo comma, 24, secondo comma, 30, primo comma, e 111, primo e secondo comma. Famiglia - Procedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta' genitoriale - Provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio assunti senza prima sentire i genitori e/o il minore ultradodicenne - Mancata previsione: a) di un'efficacia massima non superiore a trenta giorni; b) dell'emanazione di un provvedimento definitivo (di conferma, modifica o revoca), nel termine decadenziale di trenta giorni e previa instaurazione di regolare contraddittorio; c) della nullita', pronunciabile d'ufficio, del provvedimento temporaneo assunto al di fuori del caso di urgente necessita' - Violazione del principio di uguaglianza - Irragionevole diversita' di disciplina in raffronto alla procedura di adottabilita' (art. 10, terzo, quarto e quinto comma, legge n. 184/1983) - Violazione del diritto di difesa e del diritto al giusto processo nella forma del contraddittorio. - Cod. civ., art. 336, terzo comma. - Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma; Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176), art. 9, comma 2.(GU n.11 del 14-3-2001 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile introdotto con reclamo depositato il 22 settembre 2000 da D. M. avverso il provvedimento del tribunale per i minorenni di Torino 18 luglio 2000, depositato il 6 settembre 2000, che, a mente degli artt. 330, 333 e 336 del codice civile dichiarava B. A. decaduto dalla potesta' parentale sul figlio D. B. A. (nato a Torino il 22 dicembre 1993), disponeva che D. B. A. a cura del servizio sociale in collaborazione con il servizio di neuropsichiatria infantile fosse inserito in affidamento familiare riservando al seguito la determinazione della durata dell'intervento, autorizzava i familiari ad incontrare il minore ogni quindici giorni con facolta' per il servizio sociale di modificare tale cadenza in rapporto alle esigenze del minore medesimo; Considerato che con il reclamo D. M. ha sollevato anche eccezione di incostituzionalita' della disciplina della comunicazione alle parti dei decreti camerali nel solo testo del dispositivo; Rilevato che in data 13 dicembre 2000 il procuratore generale ha espresso parere che l'eccezione di incostituzionalita' sia irrilevante nel caso concreto e, nel merito, che il reclamo non debba essere accolto; O s s e r v a 1. - Con decreto 12 ottobre 1999, depositato il 4 novembre 1999, assunto nel procedimento n. 1642/1998, il tribunale per i minorenni di Torino disponeva per il minore D. B. A., affidato ex art. 317-bis del codice civile alla madre D. M., fosse posto in affidamento diurno presso una famiglia disponibile; nel contempo, aderendo all'iniziativa del pubblico ministero, disponeva aprirsi un procedimento per la decadenza dalla potesta' genitoriale del padre B. A. Nel nuovo procedimento che ne seguiva, rubricato al n. 1959/1999 e con oggetto "decadenza potesta'", il giudice onorario delegato procedeva alla convocazione del solo padre B. A., il quale non si presentava a rispondere. Nel fascicolo figura da un appunto che il 17 novembre 1999 la madre D. M. e la nonna materna avevano chiesto di essere sentite dal giudice onorario delegato, senza che a questa richiesta abbia fatto seguito la loro convocazione. Dopo l'acquisizione di informazioni dai servizi, il 12 giugno 2000 gli atti venivano trasmessi al pubblico ministero perche' esprimesse il parere su un affidamento eterofamiliare del minore; e, al loro ritorno, il 21 giugno 2000 erano ritrasmessi al pubblico ministero per il parere sulla decadenza dalla potesta' del padre e per un nuovo parere sull'affidamento eterofamiliare del minore. All'esito ditali pareri, espressi dal pubblico ministero in data 13 giugno 2000 e 22 giugno 2000, il tribunale per i minorenni con il decreto 18 luglio 2000, depositato solo il 6 settembre 2000, dichiarava il padre B. A. decaduto dalla potesta' e disponeva l'affidamento eterofamiliare del bambino, allontanandolo quindi dalla madre affidataria e dai nonni materni con cui viveva, consentendo alla madre e agli altri familiari di incontrarlo solo ogni quindici giorni. Il decreto e' stato comumcato per esteso al pubblico ministero e al giudice tutelare e notificato per esteso al servizio per le tossicodipendenze, al servizio sociale e al servizio di neuropsichiatria infantile. Invece alla madre D. M. in data 19 settembre 2000 e' stato notificato solo il dispositivo mentre la notifica al padre B. A. non risulta ancora avvenuta. Contro tale decreto e contro la forma della sua notifica D. M. ha proposto reclamo depositato il 22 settembre 2000, con cui chiede: a) dichiarare l'inefficacia o l'inesistenza del decreto, perche' comunicato senza motivazione; b) sospendere l'applicazione del provvedimento; c) dichiarare non manifestamente infondate le eccezioni di illegittimita' costituzionale degli artt. 133, 136 e 739 del codice di procedura civile in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24 e 111 della Costituzione nella parte in cui prevedono che i provvedimenti pronunciati in camera di consiglio dal tribunale per i minorenni e reclamabili nel termine perentorio di dieci giorni dal decreto siano comunicati alle parti private soltanto nel dispositivo e non per esteso; d) in ogni caso riformare il provvedimento impugnato. 2. - Cio' posto, questa Corte deve chiedersi preliminarmente se la questione proposta di incostituzionalita' della disciplina della comunicazione in forma abbreviata dei decreti assunti nei procedimenti camerali ablativi e modificativi della potesta' genitoriale sia rilevante per la decisione e, nell'ipotesi positiva, se sia non manifestamente infondata. Come e' noto, nella classificazione della dottrina, la categoria dei provvedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta' genitoriale comprende i procedimenti relativi alla decadenza, all'assunzione di provvedimenti opportuni, alla rimozione dall'amministrazione (artt. da 330 a 335 codice civile), all'esercizio della potesta' sui figli naturali (art. 337-bis codice civile), all'inserimento nella famiglia legittima del figlio adulterino (art. 252 codice civile), all'attribuzione del potere di decidere ad uno dei genitori (art. 316, ultimo comma, seconda parte, codice civile), all'affidamento familiare non consensuale (artt. 4 e 5 legge 4 maggio 1983, n. 184), ai provvedimenti opportuni nell'interesse del minore (artt. 10, 16 e 23 legge 4 maggio 1983, n. 184) e ai provvedimenti urgenti a protezione del minorenne imputato (artt. 32, comma 4, e 33, comma 4, d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448). La normativa molto sommaria che disciplina questi procedimenti e' dettata dall'art. 336 codice civile e dagli articoli da 737 a 742-bis del codice procedura civile. In particolare l'art. 737 codice procedura civile dispone che i provvedimenti hanno forma di decreto motivato. Si tratta di uno di quei casi di motivazione prevista dalla legge in deroga al principio dettato dall'art. 135, comma 4, codice procedura civile ("il decreto non e' motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge") e in conformita' all'art. 111, settimo comma, della Costituzione ("tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati"). Meno chiara e' invece la disciplina del modo con cui il provvedimento assunto in questi procedimenti viene fatto conoscere alle parti interessate. L'art. 739, comma 2, codice procedura civile prevede la comunicazione del decreto se e' dato in confronto di una sola parte o la sua notificazione se e' dato in confronto di piu' parti. E poiche' la dottrina ritiene normalmente che questi procedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta' genitoriale siano bi e/o plurilaterali, si potrebbe pensare ad una notificazione dell'intero decreto alle parti e al pubblico ministero ex art. 137 codice procedura civile. In realta' risulta che i tribunali per i minorenni, fra cui il tribunale per i minorenni di Torino, come si legge nella "comunicazione di provvedimento" 12 settembre 2000 alla signora D. M. nel presente giudizio, comunicano non l'intero decreto ma solo il dispositivo, a mente dell'art. 136 codice procedura civile, consegnando il biglietto di cancelleria al destinatario o disponendone la notifica da parte dell'ufficiale giudiziario, e dalla data di questa comunicazione del dispositivo fanno decorrere il termine perentorio di dieci giorni decorso il quale, in assenza di reclamo, il decreto acquista efficacia ex art. 741, comma 1, codice procedura civile. A sostegno di quest'ultima interpretazione, che costituisce diritto vivente, vengono addotti comunemente i seguenti argomenti: a) proprio perche' presupponeva la comunicazione con biglietto di cancelleria del solo dispositivo dei decreti e delle sentenze, il legislatore ha disposto negli artt. 15 terzo comma, 16 secondo comma, 17 terzo comma della legge 4 maggio 1983 n. 184 la notifica di ufficio del decreto e della sentenza di adottabilita' nel testo integrale, mentre manca una tale disposizione per i provvedimenti opportuni nell'interesse del minore adottati nel corso della stessa procedura di adottabilita' (artt. 10, secondo comma segg. legge 4 maggio 1983, n. 184) e per i provvedimenti assunti negli altri procedimenti camerali ablativi o modificativi della potesta'. b) la notifica del decreto per intero arrecherebbe danno all'erario perche' la parte privata, venendo a conoscenza della motivazione, non richiederebbe piu' alla cancelleria il rilascio di una copia integrale del decreto evitando il pagamento dei diritti di copia. c) per le sentenze, cui i decreti motivati ablativi o modificativi della potesta' genitoriale sarebbero assimilabili, l'art. 133, comma 2, codice procedura civile prevede che il cancelliere ne dia notizia alle parti che si sono costituite in forma abbreviata mediante biglietto di cancelleria contenente il solo dispositivo. 3. - Cosi' chiariti i termini del problema, nella fattispecie in esame e' sicuramente rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 739, comma 2, codice procedura civile in relazione all'art. 136 codice procedura civile, nella parte in cui nel diritto vivente tali norme prevedono modalita' di comunicazione del solo dispositivo dei decreti dei tribunali per i minorenni assunti nei procedimenti camerali ablativi e modificativi della potesta' genitoriale. Infatti D. M., che precedentemente non era stata informata formalmente dal tribunale per i minorenni di Torino che fosse in corso un procedimento per valutare se la sua condotta fosse pregiudizievole per il figlio, ha ricevuto il 19 settembre 2000 solo la notifica della comunicazione del dispositivo del decreto che dichiarava la decadenza del padre dalla potesta', disponeva l'allontanamento del figlio da lei e le consentiva di fargli visita ogni quindici giorni, senza potere conoscere da tale comunicazione le ragioni del provvedimento e senza, quindi, essere in condizione nel termine brevissimo di dieci giorni di preparare un reclamo che tenesse conto dei motivi per cui il figlio le veniva allontanato. Pertanto la reclamante, non essendo a conoscenza della motivazione del provvedimento, nel reclamo in esame si e' limitata a proporre la questione di costituzionalita' senza potere sviluppare le difese di merito. In passato questa sezione per i minorenni, quando le parti reclamanti adducevano come motivo di nullita' la loro impossibilita' concreta di proporre nei termini brevissimi un reclamo motivato contro un provvedimento di cui non avevano potuto conoscere le ragioni attraverso la motivazione, aveva disposto che fosse rilasciata loro copia integrale del decreto e concesso termine per completare con una memoria le difese, cosi' sanando le situazioni: cosi' e' avvenuto quando D. M. ha impugnato, anche sotto il profilo della comunicazione del solo dispositivo e dell'impossibilita' conseguente di difendersi, il precedente decreto del tribunale per i minorenni 12 ottobre - 4 novembre 1999 assunto nel procedimento 1642/1998 v. g. T.M. Pare pero' giusto che, attesa la rilevanza della questione e la frequenza con cui viene riproposta dai difensori con i motivi di impugnazione, sia la Corte costituzionale a valutare se le attuate modalita' di comunicazione del solo dispositivo del decreto negli accennati procedimenti siano addirittura costituzionalmente illegittime. 4. - Oltre che rilevante, la questione non appare manifestamente infondata perche' la disciplina legislativa dettata dal combinato disposto degli artt. 739, comma 2, e 136 del codice procedura civile (oltre che dell'art. 741, comma 1, codice procedura civile, per il rinvio che fa all'art. 739 codice procedura civile) secondo l'interpretazione che viene data nel diritto vivente praticato dai tribunali per i minorenni, sembra contrastare per alcuni aspetti con i principi della Costituzione. a) innanzitutto non c'e' una spiegazione convincente perche' le parti non debbano conoscere con il dispositivo anche la motivazione del decreto ablativo o limitativo della loro potesta'. La procedura di comunicazione alle parti costituite con biglietto di cancelleria del solo dispositivo ha una sua ragione per la sentenza, perche' tale comunicazione serve per mettere in moto le successive notifiche della sentenza su impulso della parte piu' diligente e perche' dalle notifiche della sentenza (e non dalla comunicazione del suo dispositivo) decorre normalmente il termine breve di trenta giorni per impugnare. Invece nel caso di decreto motivato ablativo o limitativo della potesta' difetta una fase successiva di notifiche a cura di parte e il termine perentorio di dieci giorni entro il quale proporre il reclamo decorre dalla comunicazione del decreto, sicche' proprio per questo motivo sorge la necessita' che il decreto sia conosciuto subito nella sua interezza. Sotto tale profilo la disciplina denunciata sembra contrastare con il principio di ragionevolezza, che trova fondamento nell'art. 3, primo comma, della Costituzione, e con il principio del buon andamento dell'amministrazione, assicurato dall'art. 97, primo comma, della Costituzione. b) fondando, in particolare, il sindacato di ragionevolezza sul parametro rappresentato dalla normativa che regola situazioni analoghe, appare arbitraria e priva di una razionale giustificazione la diversita' della disciplina che si ha con la notifica di ufficio nel testo integrale del decreto e della sentenza di adottabilita' a mente degli artt. 15 terzo comma, 16 secondo comma e 17 terzo comma della legge 4 maggio 1983 n. 184, rispetto alla comunicazione alle parti private del solo dispositivo per i provvedimenti limitativi o ablativi della potesta', con conseguente maggiore o ridotta possibilita' di esercitare una efficace difesa in situazioni che sono sostanzialmente simili. Infatti, mentre nella procedura di adottabilita', che e' piu' garantita, la parte ha trenta giorni di tempo per impugnare il decreto o la sentenza a partire dalla notifica della copia del provvedimento comprensiva della sua motivazione, nei procedimenti ablativi o limitativi della potesta' la parte ha un termine di dieci giorni per ricorrere, termine che decorre dalla notifica del solo dispositivo perfino nei casi di urgente necessita', di cui all'art. 336, comma 3, codice civile, in cui la parte stessa in precedenza non era stata posta a conoscenza dell'esistenza di un procedimento o non era stata sentita, senza percio' potere conoscere, dal solo dispositivo, le ragioni della decisione. Orbene, se e' vero che l'equiparazione normativa di condotte, situazioni o rapporti diversi rientra nella discrezionalita' del legislatore, la particolare disciplina delle modalita' di comunicazione dei decreti limitativi o ablativi della potesta' appare palesemente irragionevole in riferimento al principio costituzionale di uguaglianza ed e' sindacabile dalla Corte costituzionale. c) la disciplina in esame appare contrastare anche con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione per una compressione, che non appare razionale, della possibilita' di difesa. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha piu' volte preso in considerazione la questione dei termini perentori per la proposizione di domande giudiziali o per la presentazione di impugnazioni o reclami, valutandone la congruita' in relazione ad una durata che deve essere adeguata all'attivita' posta a carico del soggetto interessato a chiedere la tutela giurisdizionale del proprio diritto. E' infatti evidente che con un termine irragionevolmente breve la garanzia dell'azione sarebbe di fatto destinata a rimanere inoperante. Orbene nei procedimenti camerali modificativi o ablativi della potesta' genitoriale il termine di dieci giorni per proporre reclamo, o in assenza di reclamo per fare acquistare efficacia al decreto, puo' apparire congruo quando decorra dalla completa conoscenza o conoscibilita' del decreto completo della motivazione in modo che l'interessato possa utilizzare integralmente il tempo assegnatogli. Il termine diventa invece insufficiente se la parte deve in questo intervallo rivolgersi alla cancelleria per ottenere la copia per esteso del decreto. Cio' e' particolarmente evidente quando la comunicazione del dispositivo con biglietto di cancelleria viene fatta a persona dimorante in un'altra regione e all'estero, la quale nell'intervallo di dieci giorni deve contattare eventualmente un difensore, trasferirsi presso la sede del tribunale per i minorenni, richiedere e ottenere con procedura di urgenza la copia del decreto, prima di potere redigere il reclamo motivato e quindi depositarlo presso la cancelleria della sezione per i minorenni della corte di appello. La questione di costituzionalita' per lesione del diritto di difesa del combinato disposto degli artt. 739, comma 2 e 741 del codice procedura civile nei procedimenti camerali ablativi e modificativi della potesta' genitoriale si pone pertanto anche sotto il profilo dell'incongruita' della previsione che il termine di dieci giorni per proporre reclamo, oltre il quale termine il decreto diviene efficace, debba decorrere dalla comunicazione al destinatario del decreto con la forma abbreviata del biglietto di cancelleria, anziche' dalla sua effettiva completa conoscenza attraverso la notificazione di copia per esteso conforme all'originale nelle forme dell'art. 137 del codice di procedura civile. d) il sospetto di illegittimita' costituzionale si pone anche sotto il profilo della violazione del principio della condizione di parita' delle parti affermato dall'art. 111, secondo comma, della Costituzione. Come e' avvenuto anche nella fattispecie in esame, il decreto del tribunale per i minorenni viene comunicato in copia integrale al pubblico ministero (e ai servizi) mentre e' comunicato alle parti private nel solo dispositivo. In questo modo c'e' una conoscibilita' ab inizio della motivazione per la parte pubblica, mentre la motivazione diviene conoscibile per le parti private solo quando, a seguito di domanda, la cancelleria abbia loro rilasciato una copia. In questo modo il periodo di dieci giorni opera nella sua pienezza per il pubblico ministero, mentre la parte privata puo' motivare il reclamo nel termine piu' ridotto che decorre dal momento in cui la cancelleria le abbia rilasciato copia del decreto. e) la contrarieta' di siffatta disciplina alla Costituzione potrebbe riferirsi anche all'art. 111, sesto comma, della Costituzione. La motivazione dei provvedimenti giurisdizionali non costituisce un fatto interno del giudice ma e' rivolta alle parti in condizione di parita'; essa deve dunque essere portata a loro conoscenza subito, senza possibilita' di limitare tale conoscenza al dispositivo se non quando - come per le sentenze - sia previsto un meccanismo successivo di notifiche a cura della parte piu' diligente. 5. - La Corte ritiene rilevanti per la risoluzione del reclamo anche altre questioni di costituzionalita', che solleva di ufficio, relative alla disposizione dell'art. 336, commi 2 e 3, del codice civile. Poiche' il procedimento del tribunale per i minorenni aveva come oggetto la decadenza del padre B. A. dalla potesta' sul figlio D. B., il tribunale per i minorenni facendo applicazione dell'art. 336, comma 2, ultima parte del codice civile ha convocato, per sentirlo, solo il genitore contro cui il provvedimento era richiesto, e cioe' lo stesso padre B. A. Non e' stata invece informata e convocata, ne' in proprio ne' quale legale rappresentante del figlio esercente la potesta' ex art. 317-bis codice civile, la madre D. M. che pure aveva richiesto di essere sentita. Quest'ultima ha poi presentato reclamo contro il decreto del tribunale per i minorenni 18 luglio-6 settembre 2000 nella sua integralita', compresa dunque la disposizione di decadenza della potesta' dell'altro genitore. Questo essendo il tema della decisione, la Corte si chiede se la disciplina dei procedimenti camerali ablativi e modificativi della potesta' genitoriale dettata dall'art. 336, comma 2, codice civile, che impone un contraddittorio cosi' limitato, sia costituzionalmente legittima. Ditale legittimita' puo' dubitarsi sotto tre profili: a) nella parte in cui la norma non prevede che sia sentito anche il genitore contro cui il provvedimento non e' richiesto (nella specie ci si chiede se, nell'interesse del minore, sulla decadenza della potesta' del padre dovesse essere sentita, attuando un contraddittorio formale, anche la madre D. M.); b) nella parte in cui non prevede che sia sentito il minore che abbia compiuto gli anni dodici o, se opportuno, anche di eta' inferiore, e che sia sentito, in ogni caso, il suo legale rappresentante; c) nella parte in cui non prevede a pena di nullita' che i genitori, in proprio e quali legali rappresentanti del figlio, e il figlio che abbia compiuto gli anni dodici, siano sentiti. Quanto al primo profilo, si rileva che la limitazione dell'obbligo di ascolto ad un genitore aveva un significato nella redazione dell'art. 336 codice civile anteriore alla riforma del diritto di famiglia del 1975, quando un solo genitore (di norma il padre) era titolare della potesta' e quindi soggetto alla limitazione di detta potesta'. Essa non si giustifica piu' in un regime di potesta' congiunta e paritaria, in cui alla decadenza o alla limitazione della potesta' di un genitore corrisponde una maggiore pienezza della potesta' dell'altro genitore. In particolare puo' ravvisarsi un possibile contrasto di una disposizione che nei procedimenti limitativi o ablativi della potesta' disponga l'ascolto di un solo genitore con alcune disposizioni della Costituzione o di convenzioni internazionali che esprimono il principio costituzionale della protezione della gioventu': a) con l'art. 3, primo comma, della Costituzione per violazione del principio di uguaglianza fra i genitori; b) con l'art. 3, primo comma, della Costituzione per la disciplina irragionevolmente diversa rispetto a quella contenuta nell'art. 10, quinto comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, norma che per i provvedimenti limitativi o sospensivi della potesta' nel corso del procedimento di adottabilita' impone l'audizione preventiva di entrambi i genitori e, se, e', del tutore; c) con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione per violazione del diritto di autodifesa, con facolta' di farsi assistere da un difensore, del genitore non sentito e, quindi, neppure informato della procedura; d) con l'art. 30, primo comma, della Costituzione, perche' esclude un genitore dalla possibilita' di intervenire in una procedura relativa ai doveri e diritti dell'altro genitore di mantenere, istruire ed educare i figli; e) con l'art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione perche' non prevede un contraddittorio tra le parti, i due genitori in proprio e quali legali rappresentanti del figlio, in condizioni di parita', davanti ad un giudice terzo e imparziale; f) con l'art. 18, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, che impegna il nostro Stato a riconoscere nella legislazione il principio che entrambi i genitori hanno una responsabilita' comune per quanto riguarda l'educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo, sicche' appare conseguente che nel procedimento relativo alla limitazione della potesta' di uno di essi entrambi debbano essere sentiti. 6. - Anche la questione se sia costituzionalmente legittima la mancanza di una previsione dell'ascolto del figlio minore in questi procedimenti limitativi o ablativi della potesta' appare nella fattispecie in esame rilevante. Infatti, pur avendo il giudizio come oggetto la sottrazione del figlio D. B. A. dalla potesta' del padre B. A., non sono stati sentiti ne' il minore (peraltro la sua eta' di non ancora sette anni poteva fare ritenere ancora inopportuno l'ascolto diretto) ne' l'altro genitore quale suo legale rappresentante essendone affidatario ex art. 317-bis del codice civile. Attesa questa rilevanza nel caso concreto, la questione della legittimita' costituzionale della mancata previsione nell'art. 336, comma 2, del codice civile, dell'ascolto del minore nei procedimenti camerali ablativi o limitativi della potesta' genitoriale va posta nella sua completezza, con riferimento sia al minore gia' grandicello che dovrebbe essere ascoltato direttamente dal giudice, sia al bambino piu' piccolo per il quale si puo' pensare all'ascolto tramite rappresentante. a) prima facie la mancata previsione dell'ascolto del minore contrasta con il principio di protezione della gioventu', contenuto negli artt. 2 e 31, secondo comma, della Costituzione, di cui e' un'espressione l'ascolto del minore previsto dall'art. 12, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176: ascolto che deve avvenire in ogni procedura giudiziaria e amministrativa che concerna un minore e che puo' essere attuato sia direttamente, sia mediante un rappresentante o un organo appropriato. Il bambino, precisa il primo comma dell'art. 12 di detta Convenzione, quando sia capace di discernimento ha diritto di esprimere liberamente la sua opinione in ogni questione che lo interessa e le sue opinioni devono esser prese debitamente in considerazione tenendo conto della sua eta' e del suo grado di maturita'. L'ascolto giudiziario del minore costituisce anche lo strumento necessario perche' il giudice, nella valutazione dell'eventuale situazione di pregiudizio, possa considerare se i genitori esercitano i loro doveri "tenendo conto delle capacita', dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli" (art. 147 codice civile). b) un altro profilo di incostituzionalita' della disciplina dell'art. 336, comma 2, del codice civile nella parte dove non prevede l'ascolto del minore, per il suo contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, emerge fondando il sindacato di ragionevolezza sul parametro rappresentato dalla normativa che regola situazioni analoghe. Si fa riferimento in particolare alla disciplina dettata nel corso della procedura di adottabilita' per "ogni provvedimento temporaneo nell'interesse del minore", compresa la sospensione dei genitori dalla potesta', dall'art. 10, secondo e quarto comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184. Essa prevede che prima del provvedimento - fatta eccezione per il caso di urgente necessita' - il tribunale per i minorenni debba sentire il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di eta' inferiore. Apparendo dunque razionale che, per adottare dei provvedimenti con lo stesso contenuto (prescrizioni, allontanamento, rimozione dalla potesta'), debbano valere le medesime garanzie di ascolto del minore, che sono dirette alla migliore considerazione del suo interesse, non appare infondato il sospetto di incostituzionalita' dell'art. 336, comma 2, del codice civile nella parte in cui non prevede che in ogni caso (anche al di fuori di una procedura di adottabilita') il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di eta' inferiore sia sentito e che siano sentiti, quali suoi legali rappresentanti e protettori naturali, i genitori nonche', se c'e', il tutore. c) la norma in esame sembra inoltre contrastare con l'art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione non essendoci un giusto processo dove il minore nelle procedure che lo riguardano non sia sentito, sia direttamente se ha gia' un'eta' appropriata (quale l'eta' di dodici anni stabilita dall'art. 10, quarto comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184) sia indirettamente attraverso un suo legale rappresentante, cosi' attuando un contraddittorio sostanziale in cui le sue aspirazioni possano essere prese in considerazione. Anche se il minore non puo' essere ritenuto "parte" formale, appare opportuno che la Corte costituzionale affermi che il principio del contraddittorio consacrato dall'art. 111, secondo comma, della Costituzione va attuato anche per il minore nelle procedure camerali che lo riguardino attraverso la modalita' dell'ascolto. 7. - Quanto sopra considerato conduce infine a chiedersi, con riferimento ancora agli artt. 2, 3 secondo comma, 24 secondo comma, 30 primo comma, 111 primo e secondo comma, della Costituzione, se l'art. 336, comma 2, del codice civile non sia incostituzionale anche nella parte in cui non prevede a pena di nullita' rilevabile di ufficio che i genitori e il minore che abbia compiuto gli anni dodici siano sentiti. Se infatti si afferma che il principio del contraddittorio di cui all'art. 111 della Costituzione vale anche per i procedimenti camerali ablativi o limitativi della potesta', il solo modo per assicurarne la attuazione e' la previsione della nullita' del provvedimento nell'ipotesi di inadempimento. 8. - La Corte ritiene rilevanti per la risoluzione del reclamo anche altre questioni di costituzionalita', che solleva di ufficio, relative alla disposizione dell'art. 336, commi 3, del codice civile, che il Tribunale per i minorenni ha applicato per disporre l'allontanamento del minore D. B. A. dalla madre affidataria D. M. Poiche' in questo caso, ritenuto implicitamente che si trattasse di un caso di urgente necessita', il tribunale per i minorenni non ha sentito i genitori e non ha stabilito la durata del provvedimento temporaneo (riservando ad un seguito non precisato la valutazione della durata dell'affidamento familiare), e ha disposto la convocazione successiva della sola madre a distanza di quasi cinque mesi (il decreto e' stato deliberato il 18 luglio 2000, la madre e' stata convocata per il 13 dicembre 2000), ci si chiede se la disposizione di cui all'art. 336, comma 3, del codice civile sia conforme ai principi della Costituzione. Piu' in generale, un tale esame viene sollecitato dalla considerazione che questa norma oggi legittima delle diffuse prassi autoritarie che contraddicono il principio del contraddittorio e non rispettano il diritto di difesa: tali l'inflazione di provvedimenti assunti al di fuori di reali situazioni di necessita' e di urgenza ma definiti necessari e urgenti solo perche' non preceduti dall'ascolto delle parti (nella fattispecie in esame il difetto del requisito dell'urgenza e' rilevabile dalla durata di vari mesi del procedimento e dal ritardo della deliberazione e del suo deposito); la mancanza di un successivo provvedimento che a seguito dell'ascolto delle parti confermi, modifichi o revochi il provvedimento urgente cosi' assunto; ovvero la dilatazione nel tempo - a volte anni e anni dopo - del provvedimento successivo deliberato a seguito di contraddittorio in modo che il primo provvedimento di urgenza assunto inaudita altera parte predetermina e sostanzialmente consolida la soluzione senza possibilita' per le parti di opporsi. La Corte costituzionale ha gia' dichiarato che non violano il diritto di difesa e il principio del contraddittorio i decreti ingiuntivi e i provvedimenti cautelari civili emessi senza la preventiva audizione del soggetto destinatario, ritenendo costituzionalmente compatibili le forme di contraddittorio e di difesa differite ed eventuali. Non puo' percio' porsi in dubbio la possibilita' di provvedimenti cautelari temporanei a protezione dell'interesse del minore non preceduti dal contraddittorio e senza esercizio del diritto di difesa, purche' prevedano e non procrastinino nel tempo la successiva possibilita' di contraddittorio e di difesa. E sotto quest'ultimo aspetto che si propongono le questioni relative alla disciplina dei procedimenti camerali ablativi e modificativi della potesta' genitoriale in caso di urgente necessita' dettata dall'art. 336, comma 3, codice civile, potendo dubitarsi che tale disciplina sia costituzionalmente legittima sotto tre profili: a) nella parte in cui non prevede a pena di nullita' che il provvedimento temporaneo nell'interesse del figlio in caso di urgente necessita' assunto senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici debba avere una efficacia massima stabilita dalla stessa legge; b) nella parte in cui non prevede che, dopo avere adottato in caso di urgente necessita' un provvedimento temporaneo nell'interesse del figlio senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici, il tribunale per i minorenni debba a pena di decadenza entro trenta giorni, sentiti il pubblico ministero, i genitori, il tutore, il rappresentante dell'istituto presso cui il minore e' ricoverato e il minore che abbia compiuto gli anni dodici, confermare, modificare o revocare il provvedimento temporaneo cosi' assunto; c) nella parte in cui non prevede la nullita' pronunciabile di ufficio del provvedimento temporaneo assunto nell'interesse del figlio senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici, quando il provvedimento sia emanato al di fuori del caso di urgente necessita'. 9. - Il primo problema e' quello dei "provvedimenti temporanei" a durata illimitata (come nella fattispecie in esame, in cui il tribunale per i minorenni di Torino ha riservato ad un seguito non precisato "la determinazione della durata dell'intervento") o a temporaneita' talmente lunga (per esempio allontanamento urgente disposto per il periodo di quattro anni) da vanificare sostanzialmente il principio della temporaneita'. La questione di non manifesta costituzionalita' dell'art. 336, comma 3, codice civile, che consente siffatte prassi e' sicuramente rilevante perche' questa Corte possa decidere sull'impugnazione proposta da D. M. contro il decreto del tribunale per i minorenni di allontanamento urgente del figlio senza determinazione di durata, in quanto nell'ipotesi di ritenuta illegittimita' costituzionale della temporaneita' illimitata il provvedimento urgente dovrebbe essere modificato stabilendo il momento finale dell'affidamento eterofamiliare disposto. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione valgono le considerazioni che seguono. a) Il nostro ordinamento, prevedendo nel corso della procedura di adottabilita' la possibilita' di assumere dei provvedimenti temporanei di limitazione o sospensione della potesta' in caso di urgente necessita' (art. 10, terzo comma, legge 4 maggio 1983, n. 184), ne stabilisce implicitamente la temporaneita' per un periodo non superiore al mese perche' entro tale durata (art. 10, quarto comma, legge 4 maggio 1983, n. 184) deve intervenire il decreto di conferma, modifica o revoca. La discriminazione operata dal legislatore senza un ragionevole motivo fra provvedimenti temporanei urgenti assunti nelle identiche situazioni in procedure diverse - di adottabilita' o di volontaria giurisdizione civile - viola il principio di uguaglianza con riferimento all'art. 3 della Costituzione, facendo apparire arbitraria una temporaneita' stabilita dall'art. 336, comma 3, del codice civile senza previsione di un termine e a lunga durata. Viceversa proprio il modello legislativo dettato dall'art. 10, terzo e quarto comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, puo' costituire un riferimento per dichiarare che in qualsiasi caso un provvedimento urgente assunto in caso di urgente necessita' deve avere una temporaneita' non superiore ad un mese. Appare pertanto non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 primo comma della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 3, codice civile nella parte in cui non prevede a pena di nullita' che il provvedimento temporaneo nell'interesse del figlio assunto in caso di urgente necessita' senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici debba avere una efficacia massima non superiore ad un mese. b) Un provvedimento di urgenza con temporaneita' illimitata o di lunga durata finisce per vanificare l'esercizio del diritto di difesa e il contraddittorio nella fase successiva, perche' - tenuto conto che la gestione dei tempi in un processo profondamente inquisitorio come quello di volontaria giurisdizione appartiene all'esclusiva disponibilita' del giudice - procrastina la necessita' di un altro provvedimento di conferma, modifica o revoca, determinando un consolidamento nel tempo della situazione con una violazione sostanziale degli artt. 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione. 10. - Il secondo profilo di non manifesta incostituzionalita' dell'art. 336, comma 3, codice civile attiene al difetto di una previsione che, successivamente al provvedimento temporaneo assunto nell'interesse del figlio senza un contraddittorio preventivo in caso di urgente necessita', debba essere promosso un procedimento camerale per l'emanazione, entro un determinato termine e previa instaurazione di un regolare contraddittorio, di un provvedimento definitivo di conferma, modifica o revoca. Si e' cosi' formata e diffusa una prassi per cui i provvedimenti temporanei di breve durata perdono efficacia automaticamente alla scadenza senza che intervenga una conferma (o con dichiarazioni di non luogo a provvedere perche' la situazione si e' esaurita), mentre i provvedimenti temporanei di lunga durata vengono sostituiti da altri in relazione all'evoluzione del caso senza che si realizzi il diritto delle parti ad essere ascoltate e a partecipare attivamente al procedimento con riferimento alla conferma o modifica del provvedimento di urgenza. Il problema di costituzionalita' e' rilevante nella fattispecie in esame atteso che a tutt'oggi non risulta che il tribunale per i minorenni di Torino abbia confermato, modificato o revocato il provvedimento di urgenza di allontanamento del minore B. A. che aveva deliberato il 18 luglio 2000. Anche per questo aspetto della mancata previsione della emanazione, entro congruo termine dal provvedimento di urgenza, del provvedimento definitivo, la norma in esame contrasta: a) con l'art. 3, primo comma, della Costituzione perche', con una irragionevole differenza rispetto alla previsione dell'art. 10, quarto e quinto comma della legge 4 maggio 1983, n. 184, essa non prevede che il tribunale per i minorenni, entro trenta giorni dal provvedimento temporaneo di urgenza, sentiti il minore che abbia compiuto gli anni dodici, sentiti il pubblico ministero, i genitori, il tutore, il rappresentante dell'istituto presso cui il minore e' ricoverato e il minore che abbia compiuto gli anni dodici, a pena di decadenza debba confermare, modificare o revocare il provvedimento temporaneo di urgenza cosi' assunto; b) con gli artt. 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione, perche' lede il diritto di difesa e il diritto al contraddittorio, non prevedendo che subito dopo l'emanazione del provvedimento temporaneo sia promosso il procedimento camerale, siano ascoltate le parti e il minore e quindi, intervenga in un termine rigoroso il provvedimento di conferma, modifica o revoca. 11. - L'ultima questione di costituzionalita' dell'art. 336, comma 3, del codice civile si pone sotto il profilo che detta norma non prevede la nullita' pronunciabile di ufficio del provvedimento temporaneo assunto nell'interesse del figlio senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici, quando il provvedimento sia emanato al di fuori del caso di urgente necessita'. La questione e' rilevante nel caso di cui e' giudizio, in cui non c'era una situazione di urgente necessita' che potesse giustificare la mancata convocazione dei genitori e la loro estromissione da una partecipazione attiva al procedimento ai fini della decisione sull'allontanamento del bambino dalla madre. E che lo stesso tribunale per i minorenni non ravvisasse un caso di urgente necessita' lo dimostrano il tempo notevole impiegato per l'assunzione di informazioni e il lungo periodo intercorso fra la deliberazione del provvedimento e il suo deposito. Inoltre l'ascolto del minore si imponeva in forza dell'art. 9, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York, ratificata e resa esecutiva con legge 27 magio 1991, n. 176, che prevede che in caso di decisione di separazione di un bambino dai suoi genitori tutte le parti interessate devono avere la possibilita' di partecipare alle deliberazioni e di far conoscere le loro opinioni. Appare allora non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 3, del codice civile nella parte in cui, non prevedendo a pena di nullita' rilevabile di ufficio che il tribunale per i minorenni assuma dei provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio solo in caso di urgente necessita', consente che al di fuori di casi di urgente necessita' il tribunale per i minorenni adotti dei provvedimenti senza ascoltare i genitori e il minore che abbia compiuto i dodici anni, sacrificando cosi' il diritto di difesa e il diritto al giusto processo nella forma del contraddittorio in situazioni in cui tali diritti potevano e dovevano essere garantiti, in contrasto ancora con gli artt. 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 2, 3 primo comma, 24 secondo comma, 97 primo comma, 111 primo e sesto comma della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 739, comma 2 e 136 del codice procedura civile, nella parte in cui dispongono la comunicazione del decreto assunto dal tribunale per i minorenni nei procedimenti camerali ablativi e modificativi della potesta' genitoriale con la forma abbreviata del biglietto di cancelleria, anziche' la notificazione mediante consegna al destinatario di copia per esteso conforme all'originale del decreto nelle forme dell'art. 137 del codice di procedura civile; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 2, 3 primo comma, 24 secondo comma, 97 primo comma, 111 primo e sesto comma della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 739, comma 2, e 741 del codice procedura civile, nella parte in cui dispongono che nei procedimenti camerali del tribunale per i minorenni ablativi e modificativi della potesta' genitoriale il termine di dieci giorni per proporre reclamo e il termine di efficacia del decreto decorrano dalla comunicazione del decreto con la forma abbreviata del biglietto di cancelleria, anziche' dalla notificazione mediante consegna al destinatario di copia per esteso conforme all'originale del decreto nelle forme dell'art. 137 del codice di procedura civile; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 3 primo comma, 24 secondo comma, 30 primo comma, 111 primo e secondo comma della Costituzione e all'art. 18 comma 1 della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989 ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 2, codice civile nella parte in cui non prevede che nei procedimenti camerali ablativi e modificativi della potesta' genitoriale sia sentito anche il genitore contro cui il provvedimento non e' richiesto; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 2, 3 primo e secondo comma, 31 secondo comma, 111 primo e secondo comma della Costituzione, e all'art. 12, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 2, codice civile nella parte in cui non prevede che il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di eta' inferiore sia sentito e che, in ogni caso, siano sentiti quali suoi legali rappresentanti e protettori naturali i genitori nonche', se c'e', il tutore; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 2, 3 secondo comma, 24 secondo comma, 30 primo comma, 111 primo e secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 2, codice civile, nella parte in cui non prevede a pena di nullita' che i genitori e il minore che abbia compiuto gli anni dodici siano sentiti; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 3 primo comma, 24 secondo comma, 111 primo e secondo comma della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 3, codice civile, nella parte in cui non prevede a pena di nullita' che il provvedimento temporaneo nell'interesse del figlio in caso di urgente necessita' assunto senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici debba avere una efficacia massima non superiore a trenta giorni; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 24 secondo comma, 111 primo e secondo comma della Costituzione, e all'art. 9, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 3, codice civile nella parte in cui non prevede che nel caso di provvedimento temporaneo assunto nell'interesse del figlio in caso di urgente necessita' senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici, il tribunale per i minorenni a pena di decadenza entro trenta giorni, sentiti il pubblico ministero, i genitori, il tutore, il rappresentante dell'istituto presso cui il minore e' ricoverato e il minore che abbia compiuto gli anni dodici, debba confermare, modificare o revocare il provvedimento temporaneo cosi' assunto; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi indicati in motivazione, con riferimento agli artt. 24 secondo comma, 111 primo e secondo comma della Costituzione a all'art. 9, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 336, comma 3, codice civile nella parte in cui non prevede la nullita' pronunciabile di ufficio del provvedimento temporaneo assunto nell'interesse del figlio al di fuori di situazioni di urgente necessita' senza sentire prima i genitori e/o il minore che abbia compiuto gli anni dodici; Solleva le questioni di legittimita' costituzionale delle dette norme e rimette gli atti alla Corte costituzionale per l'esame di tali questioni; Sospende il giudizio in corso; Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, corredati delle prove delle avvenute comunicazioni e notificazioni di cui sopra; Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Torino, addi' 18 dicembre 2000. Il Presidente estensore: Paze' 01C0240