N. 177 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2001
Ordinanza emessa il 12 gennaio 2001 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Schiavone Attilio e Consorzio Genova Trasporti s.r.1. Prescrizione e decadenza - Prescrizione annuale dei diritti derivanti da contratti di trasporto di cose per conto terzi con sistema tariffario cosiddetto "a forcella" stipulati anteriormente all'entrata in vigore del d.l. n. 82/1993 conv. in legge n. 162/1993 (che ha stabilito un termine prescrizionale quinquennale) - Applicabilita' anche nelle ipotesi di trasporti effettuati in rapporto di parasubordinazione - Sospensione della decorrenza del termine prescrizionale nel corso di tale rapporto - Mancata previsione - Irragionevole deteriore trattamento del lavoratore parasubordinato rispetto a quello subordinato nonostante l'identica posizione di inferiorita' nei confronti del datore di lavoro, alla base della tendenziale equiparazione legislativa e giurisprudenziale delle due categorie - Riferimenti alla sentenza della Corte costituzionale n. 365/1995. - Cod. civ. art. 2951, primo e terzo comma. - Costituzione, art. 3.(GU n.11 del 14-3-2001 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza: In fatto ed in diritto Con ricorso depositato il 29 gennaio 1996, presso la cancelleria del pretore di Genova (all'epoca gli uffici di Pretura non erano stati ancora soppressi), e notificato il 16 febbraio 1996, Attilio Schiavone premesso: 1) che era titolare della omonima ditta individuale artigiana di trasporti iscritta alla C.C.I.A.A. di Genova, chiamato in gergo "padroncino", vale a dire autotrasportatore che non si avvale di dipendenti e conduce personalmente il proprio automezzo, unico bene aziendale; 2) che in tale veste aveva, dal settembre 1989 al dicembre 1993, svolto in modo continuativo, integrando gli estremi di un rapporto ex art. 409 n. 3, attivita' di trasporto merci su incarico della s.r.l. Consorzio Genova Trasporti (d'ora in poi denominata C.G.T.), come da documentazione allegata; 3) che era stato retribuito con compensi inferiori a quelli stabiliti dalla complessa normativa del settore che prevede il sistema c.d. di tariffe a forcella, e che aveva conseguentemente maturato, per differenze sui suddetti compensi, un credito pari a complessive lire 145.779.112, come da conteggio allegato all'atto introduttivo; tutto cio' premesso chiedeva la condanna della C.G.T. al pagamento della suddetta somma oltre accessori. La convenuta si costituiva e, rilevato che lo Schiavone era socio del Consorzio convenuto, assumeva che il rapporto per cui e' causa, attesa la sua natura associativa, non era inquadrabile fra quelli previsti dall'art. 409 n. 3 c.p.c. Escludeva la natura parasubordinata del rapporto dedotto in giudizio anche sotto ulteriori profili. Assumeva che l'attivita' dello Schiavone non poteva ritenersi, ai sensi dell'art. 409, n. 3 c.p.c. coordinata con quella del consorzio essendosi limitato quest'ultimo ad operare quale mediatore tra il ricorrente ed i terzi. Negava poi il carattere prevalentemente personale, ai sensi della citata norma, della collaborazione resa al consorzio atteso il valore rilevante del mezzo con cui l'attore aveva provveduto all'attivita' di trasporto di cui trattasi. Escludeva quindi la competenza per materia del pretore, adito quale giudice del lavoro, essendo la controversia demandata al tribunale di Genova competente per valore. Assumeva quindi la inammissibilita' della domanda giudiziale in quanto lo statuto della C.G.T. all'art. 25 disponeva che "... qualsiasi controversia sia per l'interpretazione che per l'esecuzione del presente statuto, sara' decisa da tre arbitri amichevoli esonerati da ogni vincolo di procedura, nominati uno ciascuno dalle parti ed il terzo dagli arbitri cosi' nominati, o, in caso di disaccordo, dal presidente del tribunale di Genova". Escludeva in subordine la competenza per materia del pretore, adito quale giudice del lavoro, essendo la controversia demandata al tribunale di Genova competente per valore. Nel merito infine contestava la fondatezza della domanda eccependo preliminarmente, in ordine ai crediti nascenti dai singoli viaggi di volta in volta compiuti, la prescrizione annuale prevista dall'art. 2951 primo comma codice civile. Il 9 febbraio 2000 si discuteva ampiamente la causa sulla dedotta inammissibilita' della domanda; rimanendo superata, dalla sopravvenuta soppressione degli uffici di Pretura, la questione di competenza. Questo giudice decideva con sentenza non definitiva di cui era data immediata lettura in udienza. Con tale decisione veniva accertato che il rapporto dedotto in giudizio, e svoltosi dal settembre 1989 al dicembre 1993, rivestiva natura parasubordinata e rientrava nella previsione del n. 3 dell'art. 409 c.p.c., sicche' lo Schiavone aveva, ai sensi dell'art. 808 secondo comma c.p.c., facolta' di adire il giudice del lavoro non ostandovi l'art. 25 del sopra richiamato statuto. Pertanto lo accertamento, contenuto nella suddetta sentenza non definitiva, circa la natura parasubordinata del rapporto dedotto in giudizio, nonche' in ordine alla giurisdizione di questo giudice, adito quale giudice del lavoro, e' vincolante in questa sede almeno sino ad una eventuale riforma, a seguito di impugnazione, della sentenza medesima. E' quindi, almeno allo stato, demandata a questo giudice la cognizione di un rapporto parasubordinato nel corso del quale hanno avuto esecuzione tra le parti numerosi contratti di trasporto. In questo quadro va esaminata la preliminare eccezione di prescrizione sollevata ai sensi del primo comma dell'art. 2951 c.c. Si rileva in proposito che quest'ultima norma e' stata modificata dall'art.2 del decreto-legge 29 marzo 1993 n. 82 convertito in legge 27 maggio 1993 n. 162 che testualmente dispone: "Per i contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ai diritti derivanti dal contratto di autotrasporto di cose per conto terzi, per i quali e' previsto il sistema di tariffe a forcella, istituito dal titolo 3 della legge 6 giugno 1974 n. 284, si applica il termine di prescrizione quinquennale." Tale ultima norma per suo espresso disposto non ha carattere retroattivo, vale a dire che restano salve le prescrizioni annuali gia' maturate al momento della sua entrata in vigore (In tal senso Cass. sez. lav. del 2 marzo 1995 n. 2426). Pertanto l'eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto travolgerebbe, se fondata, la maggior parte dei crediti fatti valere dall'attore, per i quali era gia' maturata la prescrizione annuale al momento dell'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 82/1993. Si pone a questo punto la questione di illegittimita' costituzionale del primo comina dell'art. 2951 c.c. La norma nella parte in cui consente la decorrenza del termine di prescrizione in pendenza del rapporto ex art. 409 n. 3 c.p.c. appare in contrasto con l'art. 3 della Costituzione se confrontata con la corrispondente disciplina del lavoro subordinato quale emerge dall'art. 2948 n. 4 e n. 5 integrato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 63/1966; 143/1969; 86/1971; 174/1972. La questione appare rilevante al fine del decidere la presente controversia perche' la sua riconosciuta fondatezza consentirebbe, in relazione a tutti i compensi reclamati dall'odierno attore, di fissare al dicembre 1993, vale a dire alla cessazione del rapporto de quo, la decorrenza dei termini della prescrizione quinquennale prevista dalla normativa nel frattempo sopravvenuta; di conseguenza l'eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto sarebbe da respingere totalmente, atteso che il ricorso introduttivo e' stato notificato il 16 febbraio 1996. La questione ora prospettata appare poi non manifestamente infondata. Per sgomberare il campo da ogni equivoco e' opportuno precisare che sul punto specifico non si e' gia' pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 365/1995 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2951 primo comma c.c. nella parte in cui estende la sua applicazione ad ipotesi di trasporto eseguito in esecuzione di rapporto di lavoro parasubordinato. Tale decisione espressamente precisa nella parte motiva di avere assunto a scrutinio della questione di incostituzionalita' non il momento in cui inizia a decorrere la prescrizione, bensi' il relativo termine fissato discrezionalmente dal legislatore in un anno. Si legge in proposito nella parte motiva". L'argomento addotto a sostegno di tale censura e' evidentemente mutuato dalla sentenza n. 63 del 1966 di questa Corte, la quale, peraltro, ne ha fatto uso in riferimento a parametri costituzionali diversi e in funzione di tutt'altra questione, concernente la decorrenza della prescrizione durante il rapporto, non il termine della medesima, la cui fissazione appartiene strettamente al potere discrezionale del legislatore." Con la presente ordinanza di remissione si deduce invece la diversa questione attinente alla decorrenza della prescrizione in pendenza del rapporto ex art. 409 n. 3 c.p.c. Nel merito della questione, come sopra delimitata, si osserva che integra una violazione dell'art. 3 della Costituzione la irrazionale disparita' di trattamento rispettivamente dettata per il lavoratore parasubordinato dall'art 2951 primo comma c.c., e per il lavoratore subordinato dall'art. 2948 n. 4 e n. 5, come modificato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 63/1966; 143/1969; 86/1971; 174/1972. Con riferimento al rapporto subordinato la prescrizione inizia a decorrere solo dal momento estintivo del rapporto di lavoro, salvo il caso che il rapporto stesso sia assistito da stabilita' reale. Come espressamente motiva la Corte costituzionale (sent. n. 63/1966): "In un rapporto non dotato di quella resistenza che caratterizza il rapporto di impiego pubblico, il timore del recesso, cioe' del licenziamento, spinge o puo' spingere il lavoratore sulla via della rinuncia a una parte dei propri diritti; dimodoche' la rinuncia, quando e' fatta durante quel rapporto, non puo' essere considerata una libera espressione di volonta' negoziale e la sua invalidita' e' sancita dall'art. 36 della Costituzione: lo stesso art. 2113 c.c. che la giurisprudenza ha gia' inquadrato nei principi costituzionali, ammette l'annullamento della rinuncia proprio se questa e' intervenuta prima della cessione del rapporto di lavoro o subito dopo. In sostanza si e' voluto proteggere il contraente piu' debole contro la sua propria debolezza di soggetto interessato alla conservazione del rapporto." Ora il lavoratore parasubordinato, specie se la controparte sia il suo unico committente, si trova, almeno di regola, in una posizione di inferiorita' economica analoga a quella che caratterizza il lavoratore subordinato non assistito dalla stabilita' reale del relativo rapporto. Ed e' bene sottolineare che nel settore del trasporto il sistema c.d. di tariffe a forcella impone dei minimi inderogabili circa il compenso da corrispondere al prestatore rendendo cosi' ancor piu' evidente la analogia tra la figura del piccolo trasportatore (di regola parasubordinato) e quella del lavoratore dipendente per il quale sono pure previsti dei minimi retributivi ai sensi dell'art. 36 della Costituzione ritenuto immediatamente precettivo da una consolidata giurisprudenza. E' chiaro che la imposizione di minimi retributivi trova la sua ratio nella debolezza di una delle parti ritenuta meritevole di protezione. La analogia di posizioni del lavoratore subordinato e di quello parasubordinato ha indotto il legislatore ad estendere alle ipotesi di lavoro ex art. 409 n. 3 c.p.c. sia la disciplina che delinea il rito nelle controversie di lavoro subordinato, sia, quanto agli accessori del credito, il terzo comma dell'art. 429 c.p.c. (norma che era stata poi abrogata per i lavoratori dipendenti ed e' stata successivamente ripristinata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 549/2000), sia l'art. 2113 c.c. in materia di rinunce e transazioni. Merita particolare attenzione quest'ultima norma secondo cui le rinunce espresse in pendenza di rapporto sono, entro un termine di decadenza dalla cessazione del rapporto, impugnabili da pane sia del lavoratore subordinato che di quello parasubordinato, accomunati cosi' sotto il profilo della debolezza economica nei confronti della controparte. In questo quadro appare irragionevole escludere la decorrenza della prescrizione solo in pendenza del rapporto di lavoro subordinato non anche di quello parasubordinato. Irragionevolezza ancor piu' manifesta ove si consideri che la inerzia del titolare del diritto, la quale faccia maturare i termini della prescrizione, e' in definitiva equiparabile ad una rinuncia implicita. Tale equiparazione viene sottolineata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 63/1966) nel passo del seguente tenore: "... cosicche' la prescrizione, decorrendo durante il rapporto di lavoro, produce proprio quell'effetto che l'art. 36 ha inteso precludere vietando qualunque tipo di rinuncia; anche quella che, in particolari situazioni, puo' essere implicita nel mancato esercizio del proprio diritto e pertanto nel fatto che si lasci decorrere la prescrizione". L'ordine di idee ora esposto circa la denunciata irrazionale disparita' di trattamento trova ulteriore indiretta conferma nella sentenza n. 227/1985 della Corte costituzionale. Il giudice a quo aveva denunciato come sospetti di illegittimita' costituzionale, per violazione del principio di uguaglianza, gli art. 8 legge 12 giugno 1962 n. 567 e l'art. 28 legge 28 febbraio 1971 n. 11 in tema di ripetizione da parte dell'affittuario delle somme corrisposte in eccedenza alla misura del canone dovuto. Nei contratti agrari l'affittuario puo' entro un anno dalla cessazione del rapporto ripetere la somma corrisposta in eccedenza alla misura del canone dovuto, mentre il concedente puo' richiedere il maggior canone, eventualmente a lui spettante, soltanto nel corso dell'esecuzione del contratto. Tale disparita' di disciplina rispettivamente per l'affittuario ed il concedente, ad avviso del giudice a quo, violava l'art. 3 della Costituzione. La Corte costituzionale con la summenzionata sentenza ha ritenuto la questione di illegittimita' costituzionale infondata, ed ha cosi' motivato: "Invero la disposizione impugnata, che concede un piu' ampio termine all'affittuario rispetto al concedente, non puo' considerarsi arbitraria ed irrazionale, trovando adeguata giustificazione nel fatto che il legislatore, come emerge dai lavori preparatori, ha considerato l'affittuario, con riguardo sia al sinallagma contrattuale sia alla realta' socio economica, come pane piu' debole: la quale, appunto perche' tale, puo' incontrare maggiore difficolta' nell'avvertire l'errore in cui e' incorsa; sicche' non irrazionalmente le e' stato accordato un termine piu' lungo... per ripetere quanto indebitamente pagato...". Ora se la situazione di debolezza che caratterizza la posizione dell'affittuario non anche quella del concedente, legittima una differente disciplina per l'uno e per l'altro; inversamente una disciplina che trova la sua giustificazione in una posizione di debolezza del lavoratore dipendente deve, perche' non sia violato il principio di eguaglianza, estendersi al lavoratore parasubordinato che versa nella medesima situazione di debolezza. La questione di illegittimita' costituzionale ora illustrata deve ritenersi, attese le considerazioni svolte, rilevante e non manifestamente infondata, pertanto gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale previa sospensione del presente processo.
P. Q. M. Il giudice dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illeggittimita' costituzionale dell'art. 2951 primo e terzo comma c.c., nella parte in cui non sospende la decorrenza della prescrizione dei diritti del prestatore nel corso del rapporto di lavoro parasubordinato, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il presente giudizio; Ordina che la presente ordinanza, di cui e' stata data lettura in udienza, sia a cura della cancelleria notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Genova, addi' 12 gennaio 2001. Il giudice: Gelonesi 01C0254