N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 2000
Ordinanza emessa l'11 maggio 2000 (pervenuta alla Corte costituzionale il 23 febbraio 2001) dal tribunale militare di Torino nel procedimento penale a carico di Sudato Paolo Processo penale - Acquisizione delle prove - Dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi per libera scelta si e' sempre volontariamente sottratto all'esame - Utilizzabilita' solo se la loro attendibilita' e' confermata da altri elementi di prova - Inapplicabilita' di tale disciplina per le dichiarazioni rese a discarico dell'imputato - Mancata previsione - Lesione del diritto alla prova dell'imputato. - Legge 25 febbraio 2000, n. 35, art. 1 [recte: d.l. 7 gennaio 2000, n. 2 (convertito, con modificazioni, in legge 25 febbraio 2000, n. 35), art. 1]. - Costituzione, artt. 25 e 111.(GU n.11 del 14-3-2001 )
IL TRIBUNALE MILITARE Nel procedimento penale a carico di Sudato Paolo, meglio generalizzato in atti imputato del reato militare di "peculato militare", in pubblica udienza ha pronunciato la seguente ordinanza sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147 c.p.m.p. sollevata d'ufficio dal tribunale militare di Torino all'udienza dell'11 maggio 2000. O s s e r v a Nel presente procedimento il tribunale non ha potuto esaminare il sig. Adriano Ferrero coimputato nel reato in questione, citato dalla difesa, in quanto ai sensi dell'art. 210 c.p.p. ha legittimamente esercitato la facolta' di non rispondere. Il p.m. non ha prestato il proprio consenso in ordine alla acquisizione nel fascicolo dibattimentale dei verbali degli interrogativi resi durante le indagini preliminari, in base all'art. 1 legge 25 febbraio 2000 n. 35. La difesa ha, quindi, sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 citato per contrasto con l'art. 111 della Costituzione nella parte in cui "non prevede l'esclusione del regime probatorio previsto da questa disposizione per le deposizioni rese a discarico dell'imputato". La pubblica accusa ha chiesto preliminarmente la inammissibilita' della questione per eccessiva genericita'; nel merito, comunque, ha chiesto che fosse ritenuta manifestamente infondata. L'art. 1, comma 2, legge n. 35/2000 afferma che "le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi per libera scelta si e' sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore sono valutate, se gia' acquisite al fascicolo, solo se la loro attendibilita' e' confermata". Il tribunale ritiene che questa disposizione normativa contrasti insanabilmente con gli artt. 111 e 24 della Costituzione per le ragioni che ora si espongono. L'art. 111 e seguenti della legge costituzionale n. 2/1999, afferma espressamente che "il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore". Come hanno gia' rilevato i primi commentatori (C. Conti "Le due "anime del contraddittorio nel nuovo art. 111 della Costituzione" in Dir. pen. e processo 2000, 197 SS, V. Gevi "Dichiarazioni dell'imputato sul fatto altrui, diritto al silenzio e garanzia del contraddittorio" in Riv.it.dir.proc.pen. 1999, 850, G. Spangher "Il "giusto processo penale" in Studium Iuris 2000, 257, P. Tonini ""Giusto processo : modifiche costituzionali e regime transitorio" ivi 2000, 639), sono possibili due interpretazioni di questa norma. La prima, che pare essere quella accolta dalla Procura, ritiene che la disposizione vuole assicurare la formazione effettiva della prova in contraddittorio, rendendo inutilizzabili tutte le dichiarazioni rese in segreto (in questo senso P. Giordano, "L'incognita del 192 condiziona la riforma" in Guida al Diritto 1999, 9, 42; F. Castellano "Scelta una strada contraria alla esperienza", ivi, 9, 52). Di conseguenza non potrebbero essere utilizzate neppure le dichiarazioni, non conformate in dibattimento, favorevoli all'imputato. Cio' perche' altrimenti una dichiarazione segretamente raccolta dalla difesa presso una persona che sistematicamente rifiuta di rispondere al p.m. potrebbe neutralizzare l'efficacia di prove legittimamente formate in contraddittorio (P. Ferrua "Rischio contraddizione sul neo contraddittorio" in Diritto e Giustizia 2000, 1, 80 che ritiene tale ipotesi "inquietante per chiunque persegua il valore della verita'"). Partendo da queste premesse ben si spiegherebbe il disposto dell'art. 1 legge n. 35/2000 che letteralmente preclude la produzione di qualsiasi verbale ad eccezione delle ipotesi espressamente consentite nel fascicolo dibattimentale. Il tribunale ritiene, invero, che l'art. 111 debba essere interpretato sistematicamente insieme all'art. 24 della Costituzione, che sancisce l'inviolabilita' del diritto alla difesa in ogni stato e grado del procedimento. Tale articolo, come ha gia' rilevato la stessa Alta Corte nella sentenza 14 luglio 1971 n. 175 (in Giur. Costit. 1971, 2143), tutela l'interesse dell'imputato ad ottenere il riconoscimento della completa innocenza, "ultimo e vero oggetto della difesa rispetto al quale le altre pretese al giusto procedimento assumono funzione strumentale". Appare logico ritenere che se il riconoscimento della innocenza costituisce il cuore e la funzione principale, non si puo' non riconoscere il diritto di preparare ed enunciare la propria tesi difensiva e di ottenere l'assunzione di tutti gli elementi che la suffragiano, anche in eventuale deroga alle norme del codice. Sul punto, piu' specificamente e' gia' intervenuta, tra l'altro, Corte costituzionale 3 giugno 1966 n. 53 (in Giur. Cost. 1966, 869) la quale ha affermato espressamente la necessita' che l'imputato possa comunque provare fatti idonei a far rilevare l'insussistenza delle imputazioni a suo carico, perche' "se si nega o si limita alla parte il potere processuale di rappresentare al giudice la realta' dei fatti ad essa favorevole, se le si nega o si restringe il diritto ad esibire i mezzi rappresentativi di quella realta', si rifiuta o si limita ... la tutela del diritto alla difesa" (Corte costituzionale 3 giugno 1966 n. 53 in Giur. Cost. 1966, 869). La necessaria lettura sistematica delle due diverse disposizioni costituzionali induce il tribunale a ravvisare la "ratio" del diritto di inutilizzabilita' non nella tutela del contradditorio in se' considerato ma nella tutela del contraddittorio come strumento necessario per garantire l'imputato. L'art. 111 in questo senso e' chiarissimo e non ammette fraintendimenti interpretativi: "La colpevolezza (e non l'innocenza) dell'imputato non puo' essere provata sulla base delle dichiarazioni rese da chi si e' sempre volontariamente sottratta dall'interrogatorio dell'imputato". ll divieto dell'utilizzabilita' pertanto si riferisce solo alle prove di colpevolezza, e non a quelle di innocenza. L'esclusione delle dichiarazioni non e' quindi dovuta a una presunta inattendibilita' ontologica, derivante dalla insussistenza del metodo dialettico ma piu' semplicemente, in quanto questa procedura lede il diritto di difesa dell'imputato. Cio' emerge ancora piu' chiaramente da una analisi storica dell'origine della norma. Infatti l'attuale quarto comma dell'art. 111, nel progetto predisposto dalla Commissione affari costituzionali del Senato della Repubblica doveva essere inserito all'interno dell'art. 25 con la seguente formulazione: "Nessuno puo' essere condannato in base a dichiarazioni ...". Questa impostazione si ricollega idealmente alle affermazioni che l'Alta Corte ha compiuto nella celebre sentenza n. 361/1998, causa principale dell'avvenuto processo riformatore. In questa decisione la Corte ha voluto specificare come la mancata attuazione del contraddittorio possa precludere il diritto alla prova spettante al p.m., ma mai il diritto alla prova dell'imputato con la conseguente utilizzabilita' delle dichiarazioni a favore. L'art. 1 legge n. 35/2000 non distinguendo tra dichiarazioni di accusa e dichiarazioni di difesa viene a porsi pertanto in oggettivo contrasto con il combinato disposto degli art. 111/25 della Costituzione. La questione sollevata dalla difesa, pertanto, non puo' sicuramente ritenersi manifestamente infondata. Essa e', inoltre, sicuramente rilevante in quanto, nei due interrogatori tenuti, visionari dal Collegio al solo fine di valutare la rilevanza concreta della questione preposta, il Ferrero smentisce eventuali responsabilita' dell'imputato per il reato in questione per cui un loro inserimento nel fascicolo dibattimentale potrebbe essere astrattamente idoneo a integrare o formare il libero convincimento del giudice.
P. Q. M. Visti gli articoli di legge; Sospende il processo, limitatamente al capo di imputazione sub E, fino all'esito del giudizio di legittimita' costituzionale; Ordina che la presente ordinanza, con la relativa motivazione, sia notificata a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Deposito della motivazione in novanta giorni. Cosi' deciso in Torino, l'11 maggio 2000. Il Presidente: Saeli Il giudice estensore: Benigni 01C0255