N. 235 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 2000
Ordinanza emessa il 5 luglio 2000 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Federazione Radio Televisione ed altri contro Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ed altri Elezioni - Disposizioni per la parita' di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica - Obbligo per le emittenti radiotelevisive di: a) assicurare a tutti i soggetti politici, con imparzialita' ed equita', l'accesso all'informazione anche al di fuori dei periodi di competizione elettorale; b) predisporre programmi di opinione e valutazione politica in forma particolare (tribune politiche, dibattiti, tavole rotonde, presentazione in contraddittorio di candidati e di programmi politici, confronti, interviste e ogni altra forma nella quale assuma carattere rilevante l'esposizione di situazioni e valutazioni politiche) - Incidenza sul principio di liberta' di manifestazione del pensiero - Irragionevole equiparazione, in relazione agli obblighi predetti, delle emittenti radiotelevisive private a quelle pubbliche nonche' delle emittenti locali a quelle nazionali - Ingiustificato deteriore trattamento delle emittenti radiotelevisive rispetto alla stampa periodica. - Legge 22 febbraio 2000, n. 28, artt. 1, 2, 3, 5 e 7. - Costituzione, artt. 3 e 21. Elezioni - Disposizioni per la parita' di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica - Obbligo per le emittenti radiotelevisive di trasmettere messaggi politici autogestiti per tutti i soggetti politici, in condizioni di parita', gratuitamente (per le emittenti nazionali) o a rimborso (per le emittenti private) - Dedotta arbitrarieta' di detto regime giuridico differenziato - Incidenza sul principio di liberta' di manifestazione del pensiero - Violazione del principio del giusto indennizzo in caso di espropriazione della proprieta' privata, comprensiva, secondo il giudice rimettente, degli spazi radiotelevisivi. - Legge 22 febbraio 2000, n. 28, art. 4. - Costituzione, artt. 3, 21 e 42.(GU n.13 del 28-3-2001 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti nn. 4812/2000, 5564/2000, 5663/2000, 13324/2000 e 13508/2000, proposti da: A. - quanto al primo ricorso: Federazione Radio Televisione (F.R.T.), in persona del presidente dott. Filippo Rebecchini, s.p.a. Super 3, in persona del presidente dott. Filippo Rebecchini e S.r.l. Formula Uno, titolare dell'emittente radiofonica Radio Sabbia, in persona del legale rappresentante dott. Roberto Giovannini, rappresentati e difesi dall'avv. prof. Claudio Chiola ed elettivamente domiciliati presso la studio di questi in Roma, via Camilluccia n. 785; B. - quanto al secondo e al quinto ricorso: Coordinnaento AER - ANTI - CORALLO, con sede legale in Ancona, in persona del legale rappresentante avv. Marco Rossignoli e la Puntoradio 96 s.r.l., con sede in Novara, in persona del legale rappresentante Fabrizio Berrini, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Rossignoli e dall'avv. Mauro Maiolini, anche disgiuntamente tra loro, ed elettivamente domiciliati in Roma, via Dei Latini n. 4 presso l'avv. Maiolini (Studio Tomei); limitatamente al predetto Coordinamento l'avv. Rossignoli sta in giudizio da se', a sensi dell'art. 86 c.p.c; C. - quanto al terzo ricorso: R.T.S. Radio Televisione Senese S.r.l., emittente televisiva con sede in Prato, via Fiorentina n. 1, in persona del legale rappresentante sig.ra Lia Cati; Televideon S.r.l., emittente televisiva con sede in Prato, via Fiorentina n. 1, in persona del legale rappresentante sig. Paolo Salvi; RTV 38 S.p.a., emittente televisiva con sede in Figline Valdarno, via Fiorentina n. 100, in persona del legale rappresentante Boris Mugnai; tutte rappresentate e difese dagli avv. Avilio Presutti e Felice Vaccaro, ed elettivamente domiciliate nello studio del primo in Roma, via delle Tre Madonne, n. 16; D. - quanto al quarto ricorso: Federazione Radio Televisioni (F.R.T.), in persona del presidente dott. Filippo Rebecchini, la S.p.a. Super 3, in persona del presidente dott. Filippo Rebecchini, e Radio Dimensione Suono S.p.a., in persona del legale rappresentante sig. Gaetano Potenza, rappresentati e difesi dall'avv. prof. Claudio Chiola ed elettivamente domiciliati presso lo studio di questi in Roma, via Camillucia n. 785; Contro: quanto al primo, al secondo, al quarto e al quinto ricorso: Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi, domicilia ex lege; e nei confronti di Societa' editrice il quotidiano "Il Messaggero" di Roma, non costituita in giudizio; quanto al terzo ricorso: Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del presidente p.t., non costituita in giudizio; e nei confronti di: Societa' editrice il quotidiano "Il Messaggero" di Roma, non costituita in giudizio; Comitato regionale per il servizio radiotelevisivo per la Toscana, in persona del presidente p.t., non costituito in giudizio; R.T.I. Reti televisive italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Aldo Bonomo e Luigi Medugno, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Panama n. 12, per l'annullamento: quanto al primo, al secondo e al terzo ricorso: della deliberazione dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni n. 29/00/CSP del 1o marzo 2000, in tema di propaganda elettorale; quanto al quarto e al quinto ricorso: della deliberazione dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni n. 200/00 CSP del 22 giugno 2000, in tema di comunicazione politica e di parita' di accesso ai mezzi d'informazione nei periodi non elettorali. Visto i ricorsi con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni e dei soggetti controinteressati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 13 dicembre 2000 il consigliere Calveri e uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o A. - Con ricorso notificato in data 24 marzo 2000 la Federazione Radio Televisioni ed alcune emittenti radiotelevisive hanno chiesto l'annullamento, previa sospensione, della deliberazione n. 29/00/CSP del 1o marzo 2000, recante "Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parita' di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per le elezioni regionali, "provinciali e comunali fissate per il giorno 16 aprile 2000", adottata in esecuzione delle previsioni contenute nella legge 22 febbraio 2000, n. 28. Dopo aver premesso alcune considerazioni sulla natura della deliberazione dell'Autorita', sulla nozione di accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione politica e sui limiti del potere regolamentare in materia di programmi radiotelevisivi, le ricorrenti hanno lamentato una serie di violazioni che caratterizzerebbero sia la deliberazione impugnata, sia la legge n. 28/2000 di cui essa costituisce attuazione. In particolare le ricorrenti hanno dedotto l'illegittimita' della deliberazione dell'Autorita' per i motivi cosi' di seguito sintetizzabili: 1. - Violazione del principio di generalita' ed astrattezza delle norme secondarie. L'efficacia del provvedimento impugnato (avente indubbia natura regolamentare) e' stata circoscritta - art. 18 della deliberazione - alle elezioni del 16 aprile 2000. Tanto priverebbe la propaganda elettorale di quella ripetibilita' nel tempo che costituisce il nucleo fonte del principio di generalita' ed astrattezza, valido anche per le norme giundiche secondarie e che rappresenta una garanzia d'imparzialita' e di indifferenza nei confronti delle forze politiche in campo. 2. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4 della legge 22 febbraio 2000, n. 28. Illegittimita' per violazione della riserva di legge ex art. 21 Costituzione. Illegittimita' per violazione della liberta' ex art. 21 della Costituzione. La deliberazione, al suo art. 1, opera un articolato riparto degli spazi per la comunicazione politica che, prescindendo dalla soluzione di merito adottata, non sarebbe supportato da alcuna base legislativa perche' la legge n. 28, agli artt. 2 e 4, prevede solo una generica esposizione paritaria delle varie opinioni e valutazioni politiche. La ripartizione degli spazi in questione sarebbe, poi, operata sulla base di una molteplicita' di criteri ("originali" quelli concernenti l'individuazione dei soggetti politici legittimati a partecipare ai programmi di comunicazione politica di dimensione nazionale), cosi' differenziati nelle varie fasi della campagna elettorale tanto da dar luogo ad un vero e proprio "florilegio di criteri". Con la disciplina della comunicazione politica, come delineata dall'Autorita', verrebbe a sacrificarsi la liberta' delle singole emittenti nella scelta del contenuto dei propri programmi attraverso l'imposizione di un sostanziale divieto di diffondere opinioni politiche personali. Tanto farebbe venir meno la liberta' di critica politica delle emittenti, liberta' il cui riconoscimento ha determinato la scomparsa del monopolio pubblico radiotelevisivo. 3. - Art. 2: messaggi politici autogestiti. Irragionevolezza. Violazione dell'art. 11 disposizioni legge in generale. Disparita' di trattamento. La disciplina concernente le modalita' di trasmissione dei messaggi politici autogestiti, e cioe' di quei messaggi motivati di propaganda politica affidati alla responsabilita' dei soggetti politici ammessi ad accedere all'emittente radiotelevisiva, sarebbe affetta da plurimi profili di illegittimita' per le sintetiche considerazioni che seguono: a) - la previsione di maggior favore per i messaggi autogestiti rispetto agli spazi di comunicazione politica (le emittenti nazionali possono rifiutare i primi ma non i secondi) introduce un regime irragionevole in quanto inversamente proporzionale diverso livello di protezione costituzionale dei beni incisi, che e' piu' elevato per la liberta' di opinione politica; b) irragionevolezza del termine (quinto giorno successivo alla data di convocazione dei comizi elettorali) entro il quale le emittenti devono comunicare (art. 4, comma 1, lett. g, della deliberazione) "la collocazione nel palinsesto dei contenitori". In alcune regioni, infatti, (v. Regione Liguria) i comizi elettorali sono stati convocati prima dell'imposizione del dies a quo, sicche' le emittenti non hanno potuto trasmettere messaggi politici autogestiti; c) la gratuita' dei messaggi imposta per le emittenti nazionali, contrariamente a quanto previsto per le emittenti locali, e' in contrasto con l'art. 42 della Costituzione in ordine al criterio dell'equo indennizzo che non puo' non interessare anche l'ipotesi dell'esproprio di spazi radiotelevisivi privati; d) infondatezza della tesi interpretativa sostenuta dall'Autorita', secondo cui, poiche' l'art. 4, comma 3, della legge n. 28/2000, dispone che il regime dei messaggi autogestiti ha inizio alla data di presentazione delle candidature, per il periodo precedente - che va dalla data di convocazione dei comizi elettorali a quella della presentazione delle candidature - non potrebbe diffondersi alcun messaggio autogestito; e) attribuzione di una situazione di assoluto privilegio in favore della stampa periodica rispetto alle emittenti televisive (art. 7 della legge n. 28/2000 e art. 10 della deliberazione dell'Autorita'), consentendo alla prima, senza alcun ragionevole fondamento, una piena disponibilita' nella fruizione anche economica degli spazi. 4. - Art. 6: informazione radiotelevisiva. Violazione degli artt. 3, 21, 41 e 48 della Costituzione. L'art. 2 della legge n. 28/2000 impone a tutte le emittenti radiotelevisive, anche fuori dei periodi di competizione elettorale e referendaria, l'obbligo di assicurare a tutti i soggetti politici con imparzialita' ed equita' l'accesso all'informazione e alla comunicazione politica", disattendendo le posizioni di liberta' di cui godono le emittenti. Questo obbligo, ad avviso dei ricorrenti, viene aggravato dal potere attribuito all'Autorita' (art. 5, comma 1) di definire i criteri ai quali, fino alla chiusura delle operazioni di voto, debbono conformarsi le emittenti radiotelevisive private nei programmi di informazione. L'Autorita' ha fissato detti criteri nell'art. 6 della deliberazione impugnata, ma il complesso della disciplina cosi' risultante apparirebbe illegittimo sotto diversi profili: a) sia l'art. 5 della legge che l'art. 6 della deliberazione assoggettano imprese locali e nazionali al medesimo regime di obblighi, cosi' disconoscendo che la Corte costituzionale (sentenza n. 207/1976) ha statuito, constatando una situazione di pluralismo nel campo radiotelevisivo, l'impossibilita' di assimilare trasmissioni con diversi bacini di destinatari (violazione art. 3 Cost.); b) tutti i concessionari radiotelevisivi, operanti sia in ambito nazionale che locale, sono soggetti all'obbligo di trasmissione di programmi di informazione, concretantesi, tra l'altro, principalmente nell'obbligo di istituire un telegiornale (art. 20, comma 6, legge n. 223/1990; art. 5, commi 1 e 1-bis, decreto legge n. 323/1993). La legge n. 28/2000 vorrebbe svilire questa essenziale funzione asservendola agli interessi dei c.d. soggetti politici, anche fuori dal momento elettorale; sotto altro verso, poi, i programmi di informazione devono piegarsi alle esigenze di "parita', trattamento, obiettivita' e completezza" . Ne risulterebbe l'impossibilita' per le emittenti di manifestare una linea editoriale e di qualificarsi nei riguardi del proprio uditorio attraverso la manifestazione di propri orientamenti. Si potrebbe giustificare, tutt'al piu', in campagna elettorale, la sottrazione all'emittente di una quota di spazio di radiodiffusione per destinarlo alle forze politiche in competizione, ma non l'incisione totale dello spazio di liberta'; c) sotto tale profilo, ed espressiva di un trattamento discriminatorio ed irragionevole, e' la comparazione della disciplina della comunicazione politica, cui si e' fatto riferimento, con la disciplina della stampa periodica alla quale e' lasciata la piu' ampia determinazione nella scelta della propria linea editoriale (art. 7 della legge n. 28); d) un siffatto intervento legislativo, imponente obblighi di contenuto a carico dell'attivita' di informazione delle imprese emittenti, colliderebbe con i principi costituzionali affermati dalla Corte costituzionale (sent. n. 826/1988) sulla distinzione tra pluralismo interno (previsto per la concessionaria del servizio pubblico) e pluralismo esterno (quale principio cardine del settore privato); e) l'art. 5 della legge n. 28/2000, nel tracciare il potere regolamentare dell'Autorita', si limiterebbe all'indicazione di finalita' affatto generiche (parita' di trattamento, obiettivita', completezza, imparzialita' nell'informazione) tali da consentire all'Autorita' di apprestare una disciplina regolamentare liberamente integratrice in materie coperte da riserva di legge; f) l'art. 6 della deliberazione, nel porre i criteri cui devono unifonnarsi i mezzi radiotelevisivi nei programmi di informazione, configurerebbe detti criteri come una serie di divieti, assai simili a censure, che incidono sul concetto stesso di attivita' di informazione, in quanto riducono la possibilita' per le emittenti di fare effettiva informazione sulla campagna elettorale; g) ulteriore esempio della par condicio come imposizione del silenzio alle voci informative si trarrebbe dalla disciplina dei sondaggi di opinione (art. 14 della delib.), di cui viene proibita la diffusione nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni. 5. - Art. 7: violazione del principio di legalita' e degli artt. 3, 21 e 41 Cost., in relazione agli artt. 21 legge n. 223/1990 e 38 n. 103/1975. L'art. 7 della deliberazione introduce una regolamentazione per le emittenti locali autorizzate a trasmettere in contemporanea "che operano in circuiti nazionali", assimilandole - a parere delle ricorrenti, senza alcuna base legislativa - alla gravosa disciplina prevista per le emittenti nazionali. Uguale assimilazione e' stata operata nei riguardi delle imprese di mera ripetizione di programmi esteri (operanti in base ad autorizzazione ex art. 38 della legge n. 103/1975), senza considerare che esse non sono emittenti ma semplici e inerti strumenti di ridiffusione. 6. - Art. 9: violazione del principio di legalita', nonche' degli artt. 3, 21 e 41 della Costituzione. L'art. 9 della deliberazione impone alle imprese emittenti una serie di obblighi, a fini di "monitoraggio", che non solo sarebbero privi di fondamento legislativo, ma apparirebbero inutilmente vessatori e sostanzialmente inutili. 7. - Art. 16, comma 17: violazione dell'art. 10 della legge n. 28/2000 e del principio di legalita' e tassativita' in materia di sanzioni amministrative. L'art. 10 della legge n. 28/2000, che prefigura un sistema compiuto di sanzioni, sia per le violazioni della legge stessa, sia per le violazioni delle disposizioni emanate dalla Commissione parlamentare o dall'Autorita', innovando alla normativa previgente (art. 15 della legge 4 n. 515/1993), ha previsto esclusivamente sanzioni di tipo riparatorio. In violazione del disposto legislativo l'Autorita' avrebbe "recuperato" (art. 16 della deliberazione) le sanzioni pecuniarie stabilite dall'art. 15 della legge n. 515/1993, cosi' violando i parametri indicati in epigrafe. 8) - Violazione degli artt. 3 e 21 della Costituzione. Irragionevolezza e contraddittorieta' interna. La disciplina della par condicio nel suo complesso, lungi dal realizzare il risultato dell'obiettivita' dell'informazione politica, ha in realta' finito per porre una serie di gravi limitazioni della normativa costituzionale indicata in epigrafe. Nel giudizio si e' costituita, nell'interesse dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, l'Avvocatura generale dello Stato, preliminarmente eccependo la carenza di interesse all'impugnativa delle ricorrenti in quanto l'impugnativa e' diretta contro un atto regolamentare non idoneo ex se a incidere negativamente in via immediata e concreta sulle situazioni giuridiche individuali delle stesse. Nel merito ha puntualmente replicato alle censure dedotte nel ricorso, sostenendo l'insussistenza dei profili costituzionali prospettati in ordine alla disciplina dettata per la comunicazione politica e la propaganda elettorale. Hanno dispiegato intervento in giudizio il Coordinamento AER - ANTI - CORALLO e la Puntoradio 96 S.r.l., in rappresentanza di imprese radiofoniche e televisive in ambito locale, allo scopo di sostenere le ragioni dei ricorrenti siccome dedotte in ricorso. B. - Con ricorso notificato in data 31 marzo 2000, il Coordinamento AER -ANTI -CORAlLO, e la Puntoradio 96 S.r.l., gia' interventori adesivi nel giudizio che precede, hanno impugnato la medesima deliberazione n. 29/00/CSP del 1o marzo 2000 adottata dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni. I ricorrenti Coordinamento hanno preliminarmente sollevato una questione di costituzionalita' della legge 22 febbraio 2000, n. 28 con riferimento agli artt. 3, 21, 41, 42 e 49 della Costituzione nella considerazione che sia detta legge, sia la deliberazione di cui sopra che di quest'ultima costituisce attuazione, impedirebbero alle imprese radiotelevisive di esprimere una propria linea editoriale e un proprio orientamento, cosi' favorendo l'esodo dalla propaganda elettorale della maggior parte delle emittenti. Con distinto motivo, e' lamentata la legittimita' degli artt. 10 e 11 della deliberazione per aver dettato una disciplina diversa per la stampa rispetto a quella applicabile alle imprese radiotelevisive, non determinando a carico della prima una limitazione alla propria attivita' di informazione e consentendole di disporre della fruizione degli spazi per i messaggi politici anche sotto il profilo economico. Si censura, poi, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 21 della legge n. 23/1990 e dell'art. 3, comma 5, della legge n. 249/1997 in ordine all'assimilazione delle trasmissioni in contemporanea, da parte di emittenti locali che operano in circuiti nazionali, alle trasmissioni in ambito nazionale. Ha resistito al ricorso l'Autorita' intimata eccependo l'inammissibilita' e l'infondatezza dell'impugnativa. C. - Con ricorso in data 31 marzo 2000 la R.T.S., Radio Televisione Senese, ed altre emittenti radiotelevisive hanno chiesto l'annullamento della deliberazione n. 29/00/CSP del 1o marzo 2000, gia' oggetto di impugnativa dei due precedenti ricorsi. Le ricorrenti deducono (primo motivo) la violazione degli artt. 3, 21 e 41 della Costituzione assumendo che la legge n. 515/1993 aveva gia' regolamentato gli spazi per la propaganda elettorale e la parita' di accesso, sicche' la normativa posta con la legge 22 febbraio 2000, n. 28 costituirebbe un appesantimento non necessario del sistema viziato per carenza dei requisiti di generalita' ed astrattezza. Deducono, altresi', che il potere conferito dalla legge n. 28/2000 sarebbe lesivo del principio che sancisce la liberta' di espressione del pensiero, determinando, fra l'altro, una disparita' di trattamento tra le emittenti radiotelevisive e la stampa. Sostengono, poi, (secondo motivo) che la legge n. 28 avrebbe conferito all'Autorita' un potere di censura in palese contrasto con l'art. 21 della Costituzione, consentendole di intervenire per riequilibrare la parita' di accesso tra i vari soggetti politici. L'Autorita', nel disporre con l'art. 1 della deliberazione il riparto degli spazi per la comunicazione politica, avrebbe agito arbitrariamente, non richiedendo la legge n. 28/2000 in proposito che parita' di trattamento nell'accesso ai mezzi di informazione (terzo motivo). L'impugnata deliberazione sarebbe, poi, illegittima (quarto motivo) laddove, nel silenzio della legge sul punto, determina il momento di cessazione delle prescrizioni di parita' di trattamento, obiettivita', completezza e imparzialita' dell'informazione nei mezzi radiotelevisivi, alla chiusura delle operazioni di voto. Sarebbe, inoltre, contraria all'art. 21 della Costituzione la definizione di "comunicazione politica" utilizzata dal legislatore perche' omnicomprensiva. Non si sottrarrebbe, infine, a censura l'art. 7 della deliberazione nella parte in cui estende alle imprese di mera ripetizione di programmi esteri la disciplina legislativa riferita alle emittenti televisive nazionali (quinto motivo), mentre, sotto altro verso, gli artt. 4 e 5 della deliberazione, regolatori delle modalita' di trasmissione dei messaggi politici autogestiti gratuiti e a pagamento, sarebbero afflitti da eccesso di potere sotto i distinti profili della contraddittorieta' e del difetto di istruttoria. Anche nei riguardi di tale impugnativa ha resistito l'Autorita' intimata eccependo l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso. D. - Con ricorso notificato tra il 28 e il 31 luglio 2000 la Federazione Radio Televisioni ed alcune emittenti radiotelevisive hanno chiesto l'annullamento, previa sospensione, della deliberazione n. 200/00/CSP del 22 giugno 2000, recante "Disposizioni di " attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parita' di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali", adottata in esecuzione delle previsioni contenute nella legge 22 febbraio 2000, n. 28. Le ricorrenti, che hanno gia' impugnato la deliberazione del 1o marzo 2000 con cui l'Autorita' per le garanzie nella comunicazione ha adottato le disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per le elezioni del 16 aprile 2000, sostanzialmente replicano lo stesso assunto difensivo gia' sviluppato con il ricorso n. 4812/2000. Infatti, dopo aver premesso alcune considerazioni sulla natura della deliberazione dell'Autorita', sulla nozione di accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione politica e sui limiti del potere regolamentare in materia di programmi radiotelevisivi, le ricorrenti hanno lamentato una serie di violazioni, specie di carattere costituzionale, che inficerebbero sia la deliberazione impugnata, sia la legge n. 28/2000 di cui essa costituisce attuazione. Resistendo al ricorso l'Autorita' intimata ha riproposto le argomentazioni gia' formulate nei riguardi del precedente ricorso n. 4812/2000, concludendo per l'inammissibilita' e l'infondatezza dell'impugnativa. E. - La medesima deliberazione n. 200/00/CSP del 22 giugno 2000, gia' oggetto dell'impugnativa di cui al precedente ricorso, viene gravata dal Coordinamento AER - ANTI - Corallo e dalla societa' Puntoradio 96 con atto notificato in data 28 luglio 2000. I ricorrenti, che hanno gia' impugnato la deliberazione del 1o marzo 2000 con cui l'Autorita' per le garanzie nella comunicazione ha adottato le disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per le elezioni del 16 aprile 2000, ripropongono gli stessi motivi gia' dedotti con il ricorso n. 5564/2000. Costituendosi in giudizio l'Autorita' intimata ha replicato alle tesi contenute nel ricorso del quale ha chiesto il rigetto. Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2000 i cinque ricorsi sono stati trattenuti in decisione. D i r i t t o 1. - L'evidente connessione soggettiva ed oggettiva consiglia di riunire tutti e cinque i ricorsi, ai sensi dell'art. 52 del r.d. 8 agosto 1907, n. 642, ai fini di un'unica decisione. 2. - In limine, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilita' sollevate dall'Autorita' resistente nel modo che segue: a. - i primi tre ricorsi, e cioe' quelli rubricati ai nn. 4812, 5564 e 5563 del 2000, afferenti all'impugnativa della deliberazione n. 29/00/CSP del 1o marzo 2000, recante "Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parita' di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per le elezioni regionali, provinciali e comunali fissate per il giorno 16 aprile 2000", sarebbero improcedibili per intervenuta cessazione della materia del contendere, o comunque per sopraggiunta carenza di interesse, in considerazione del fatto che il regolamento adottato dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ha disciplinato elezioni amministrative ormai svolte; b. - tutti i ricorsi, e quindi anche il terzo e il quinto, rubricati ai nn. 13324, 13508 del 2000 - aventi ad oggetto la deliberazione n. 200/00/CSP del 22 giugno 2000, recante "Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parita' di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali" - sarebbero inammissibili perche' i provvedimenti impugnati, in quanto atti di natura regolamentare e quindi dal contenuto generale e astratto, non sarebbero di per se' in grado di incidere negativamente, in via immediata e concreta, sulle situazioni giuridiche individuali dei ricorrenti. 3. - Le eccezioni vanno disattese. 3.1. - Non puo', anzitutto pertinentemente invocarsi la cessazione della materia del contendere, che e' ipotesi tipizzata di estinzione del processo amministrativo che si verifica allorche' "l'amministrazione annulla o riforma l'atto impugnato in modo conforme all'istanza del ricorrente" (art. 23, u. c., legge 6 dicembre 1971, n. 1034). Nei casi all'esame, in relazione alla deliberazione impugnata, non e' sopraggiunto alcun provvedimento pienamente satisfattorio delle pretese azionate dai ricorrenti. 3.2. - Non puo', del pari, parlarsi di improcedibilita' per sopravvenuta carenza di interesse. Infatti, come replicato dalla difesa dei ricorrenti sulla base di condivisibile giurisprudenza, "la scadenza, nelle more del giudizio del termine di efficacia dell'atto impugnato non determina l'improcedibilita' del ricorso giurisdizionale per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto sussiste sempre un interesse delle parti in caso di accoglimento del gravame a non vedere adottati successivi atti similari da parte della P.A." (CdS, IV, 19 dicembre 1994, n. 1037). Ora, anche a voler ammettere che, con la deliberazione del 1o marzo 2000, la disciplina dettata dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni abbia riguardato un preciso ambito di operativita' temporale (individuabile nella campagna per le elezioni amministrative del 16 aprile 2000), l'accoglimento delle tesi difensive dei ricorrenti determinerebbe un vincolo futuro per l'amministrazione (effetto conformativo) a non replicare, in materia di comunicazione politica e di accesso ai mezzi di informazione durante la campagna elettorale, le norme regolamentari di cui sia stata dichiarata l'illegittimita'. 3.3. - Anche l'eccepita inammissibilita' dei ricorsi per carenza di interesse all'impugnazione diretta dei regolamenti in questione non ha pregio, omettendosi di considerare che l'impugnabilita' autonoma dei regolamenti e' del tutto legittima, e addirittura necessaria, quando essi siano suscettibili di produrre in via diretta una lesione dell'interesse dei ricorrenti (CdS, IV, 12 ottobre 1999, n. 1558). Tanto premesso, non puo' dubitarsi che le deliberazioni impugnate introducono una disciplina puntuale e minuziosa (in tema di riparto degli spazi per la comunicazione politica, di modalita' di trasmissione dei messaggi politici autogestiti, di programmi di informazione nei mezzi radiotelevisivi, di sondaggi politici ed elettorali, di procedimenti sanzionatori) con la quale e' prefigurata una serie di prescrizioni limitative a carico delle emittenti radiotelevisive tale da legittimare queste ultime a proporre l'immediata impugnazione. 4. - Ritenuta, quindi, la piena ammissibilita' dei ricorsi, osserva la sezione che, nell'ordine logico dei motivi dedotti, vanno con priorita' esaminati quelli con i quali vengono prospettate questioni di legittimita' costituzionale di alcune norme della legge 22 febbraio 2000, n. 28 ("Disposizioni per la parita' di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica"), che costituiscono il presupposto logico e giuridico delle deliberazioni impugnate. 4.1. - La considerazione di fondo, comune a tutti i ricorsi all'esame, si esprime nel vulnus che alla liberta' delle emittenti sarebbe arrecato dall'obbligo loro imposto, dall'art. 2, della legge (concernente la "comunicazione politica radiotelevisiva") di "assicurare a tutti i soggetti politici con imparzialita' ed equita' l'accesso all'informazione" (primo comma), anche al di fuori dei periodi di competizione elettorale. Intanto, si premette, la sottoposizione delle emittenti radiotelevisive locali e nazionali al medesimo regime di obblighi (art. 5 della legge n. 28/2000) - cosi' disconoscendosi le differenze essenziali sussistenti tra le due forme di emittenza, gia' sancite dalla Corte costituzionale in occasione della dichiarazione di illegittimita' del monopolio statale anche a livello locale (sent. n. 202 del 28 luglio 1976) - stabilendo, in via normativa, un'equiparazione di situazioni oggettivamente diverse costituirebbe figura tipica di violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione. Sotto altro, e decisivo, verso, la legge in questione pretenderebbe di svilire l'essenziale funzione di trasmissione di programmi di informazione, gia' costituente oggetto di un obbligo imposto a tutti i concessionari radiotelevisivi (concretantesi, per le imprese operanti in ambito locale, nel riservare quattro ore settimanali alla trasmissione di programmi di informazione, divulgazione e approfondimento su problematiche sociali, oltre che nell'obbligo di istituire un telegiornale: art. 5, commi 1 e 1-bis, del decreto legge n. 323/1993; per le concessionarie in ambito nazionale, nel trasmettere quotidianamente telegiornali o giornali radio: art. 20, comma 6, legge n. 223/1990), per asservirla, anche fuori dal momento elettorale, agli interessi di non meglio specificati soggetti politici. Gli esiti di siffatta disciplina, in tema di comunicazione politica, porterebbero all'impossibilita' per le imprese emittenti di manifestare una propria linea editoriale, vietando loro di qualificarsi nei confronti del proprio uditorio attraverso la manifestazione di propri orientamenti. Ma, in tal modo, l'emittente - che deve essere considerata impresa di opinione e, quindi, titolare di un'autonoma posizione soggettiva tutelata dall'art. 21 costituzione - verrebbe privata dell'aspetto essenziale della propria personalita'. Si soggiunge che, se l'esigenza di assicurare all'elettorato gli strumenti necessari per la formazione di una consapevole e libera opinione politica puo' giustificare la sottrazione all'emittente di una quota della spazio di radiodiffussione per destinarla alle forze politiche in competizione, configurando quindi forme di accesso dall'esterno al mezzo radiotelevisivo e imponendo all'emittente stessa la "prestazione" consistente nella messa a disposizione del proprio apparato produttivo, cio' non potrebbe giustificare l'incisione totale dello spazio di liberta' di cui la stessa emittente gode. 4.2. - Sotto l'evidenziato profilo apparirebbe illuminante la comparazione con la stampa periodica, alla quale e' stata lasciata la piu' ampia e incondizionata liberta' nella determinazione della propria linea editoriale. In particolare, mentre per la stampa il legislatore continua ad affidarsi al libero gioco della concorrenza del mercato editoriale, per il settore radiotelevisivo vorrebbe diversamente applicare un modello di rigido governo del settore. Ma una tale opzione sarebbe illegittima in quanto discriminatrice e irragionevole, dal momento che la presenza di emittenti, particolarmente a livello locale, e' superiore a quella delle imprese di stampa periodica, risultando cosi' esclusa la possibilita' di concentrazioni tali da mettere in pericolo il pluralismo delle fonti notiziali e degli orientamenti politico-informativi. 4.3. - La decisione, poi, del legislatore di intervenire in subiecta materia, imponendo obblighi di contenuto a carico dell'attivita' di informazione delle imprese emittenti, colliderebbe anche con i principi costituzionali piu' volte affermati dalla Consulta in tema di attivita' radiotelevisiva svolta dai concessionari privati. La Corte avrebbe, infatti, sempre distinto (ex multis: sent. n. 826/1988) tra il regime di pluralismo c.d. "interno", previsto esclusivamente per la concessionaria del servizio pubblico e comportante obblighi di contenuto (obiettivita' e completezza dell'informazione) garantiti dai poteri di indirizzo e vigilanza attribuiti alla Commissione parlamentare quale organo rappresentativo dell'intera collettivita', e il pluralismo c.d. "esterno", quale principio cardine del settore privato, fondato sul libero concorso delle differenti voci informative le quali, attraverso il confronto, garantiscono la tendenziale obiettivita' dell'informazione. 4.4. - Ulteriore questione di costituzionalita' e' prospettata, infine, con riguardo ai "messaggi politici autogestiti" (consistenti nell'esposizione di un programma o di un'opinione politica della durata tra uno e tre minuti) che devono essere trasmessi gratuitamente dalle emittenti nazionali (art. 4, terzo comma, lett. b, legge n. 28), contrariamente a quanto previsto per le emittenti locali, per le quali e' previsto un rimborso (medesimo art. 4, quinto comma). Tale disciplina, penalizzante per le emittenti nazionali, sarebbe immotivatamente in contrasto con l'art. 42 della Costituzione e con il criterio dell'equo indennizzo che non potrebbe non interessare anche l'ipotesi dell'esproprio di spazi radiotelevisivi privati. 5. - Ritiene il Collegio che le questioni, come prospettate, appaiono rilevanti e non manifestamente infondate. In punto di rilevanza si osserva che le disposizioni regolamentari delle deliberazioni del 3 marzo e del 20 giugno 2000, oggetto di impugnazione dei ricorsi all'esame, costituiscono attuazione, quando non mera riproduzione, delle norme della legge n. 28/2000 di cui e' stato prospettato il dubbio di costituzionalita'. Con la conseguenza che un apprezzamento positivo del vaglio di costituzionalita', siccome sopra delineato, si ripercuoterebbe in senso invalidante sugli atti regolamentari impugnati con i ricorsi. 6. - Le medesime questioni risultano, poi, non manifestamente infondate. Va, anzitutto, data adesione alla premessa argomentativa dalla quale muove la tesi difesa dei ricorrenti (in particolare con i ricorsi n. 4812 e 13324 del 2000), e cioe' che la legge n. 28/2000 esplica un intervento non soltanto sulla propaganda elettorale, ma anche sulla comunicazione politica e sull'informazione politica di ciascuna emittente radiotelevisiva. La distinzione non e' priva di rilievo in quanto, mentre la propaganda elettorale va riferita ad un determinato soggetto (partito o candidato), terzo, rispetto all'emittente, e quindi la relativa disciplina non incide sulla liberta' d'opinione politica di quest'ultima, traducendosi unicamente nel diritto di accesso per diffondere messaggi politici autogestiti e di cui il terzo si assume la piena responsabilita', la "comunicazione politica" e' imputabile all'emittente e fa capo alla sua liberta' di opinione, al pari dell'informazione politica, che rientra nella liberta' di cronaca politica sempre imputabile all'emittente. Tanto premesso, la legge n. 28/2000, nel distinguere la "comunicazione politica" dai "messaggi politici autogestiti" (artt. 2 e 3) ha previsto non soltanto l'apertura ai terzi delle singole emittenti, ma l'obbligo di queste ultime di organizzare programmi politici "paritari". In particolare, con la disciplina dettata dall'art. 2 della legge viene imposta a carico delle emittenti la predisposizione di programmi di opinione e di valutazione politiche diuna particolare forma ("tribune politiche, dibattiti, tavole rotonde, presentazione in contraddittorio di candidati e di programmi politici, confronti, interviste e ogni altra forma nella quale assuma carattere rilevante l'esposizione di opinioni e valutazioni politiche"), nella quale deve essere assicurata la parita' di condizioni tra i diversi soggetti politici che vi partecipano. Ma una siffatta disciplina, sembra, in effetti, lesiva dei principi costituzionali affermati negli articoli 21 e 3 della Costituzione alla stregua di quanto segue. Come pertinentemente evidenziato dai deducenti, il concetto di "limite" alla liberta' di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21 della Costituzione (ovviamente anche nei riguardi delle emittenti private), va inteso in senso "negativo" ed "esterno" in modo da operare attraverso l'esclusione di determinate manifestazioni o determinate notizie, comprese nell'area della liberta', ma non puo' mai imporre, in "positivo", un facere o comunque incidere nelle scelte del titolare della liberta'. In altre parole, il concetto di limite alla liberta' postula la sopravvivenza di quest'ultima, nel senso che il limite deve per necessita' logica, prima che giuridica, rimanere esterno alla liberta' medesima, la quale non puo' essere asservita alla realizzazione dell'interesse sotteso al limite. Orbene, la disciplina della comunicazione politica radiotelevisiva, delineata agli articoli 2 e 4 della legge n. 28/2000, non si attesta nei confini del "limite", ma implica la piena funzionalizzazione del mezzo radiotelevisivo, e cio' in contrasto con il riconoscimento della liberta' dei mezzi di diffusione garantita dall'art. 21 della Costituzione. Infatti, in ragione della necessaria parita' fra le varie forze politiche, all'emittente privata - alla quale nmane comunque la "paternita'" del programma trasmesso - e' negata la possibilita' di manifestare una propria identita' politica ed e' imposto il divieto di qualificarsi nei confronti del proprio uditorio attraverso l'affermazione di propri orientamenti. Ma, in tal modo, come con insistita prospettazione deducono i ricorrenti, l'emittente - che deve essere considerata impresa di opinione e quindi titolare di un'autonoma posizione soggettiva tutelata dall'art. 21 della Costituzione - viene privata dell'aspetto essenziale della propria personalita', dovendo subire dall'esterno la neutralizzazione del proprio pensiero e quindi anche della propria immagine. Certamente va ammesso che la liberta' politica puo' essere soggetta a limiti in ragione di un bilanciamento con un contrapposto interesse sempre di livello costituzionale. Nella specie, tale ultimo interesse risulta individuabile nell'esigenza di attribuire pari visibilita' alle forze politiche per consentire agli elettori di formarsi il proprio convincimento in vista del momento elettorale. Ora, a parte ogni considerazione su quanto rilevato dai ricorrenti che, nell'ambito delle manifestazioni politiche, alla liberta' politica dell'emittente non potrebbe contrapporsi la par condicio dei partiti politici, perche' esigenza estranea all'area costituzionale, non puo' non riconoscersi che il bilanciamento tra liberta' di opinione e d'informazione e funzione elettorale non puo' spingersi fino ad espropriare in toto di ogni manifestazione "politica" le emittenti private. In vero, per quanto plausibile la finalita' che la disciplina legislativa tende a perseguire - e certamente praticabile nell'esclusivo ambito in cui sia possibile applicare la logica del servizio pubblico - e' certo che essa non legittima l'azzeramento della liberta' di opinione delle singole emittenti private, se non a costo di menomare la stessa liberta' garantita dall'art. 21 della Costituzione, in coerente esplicazione della quale e' stata giustificata l'esistenza dell'emittenza privata in alternativa a quella pubblica. Le considerazioni che precedono non sembrano poter essere contraddette dalle argomentazioni svolte ex adverso dalla difesa dell'Autorita'. In particolare, da quelle con le quali si oppone che l'impostazione dei ricorrenti sposterebbe l'attenzione dal quadro complessivo dei diritti costituzionali, per isolare come prevalenti quelli che attengono alla posizione delle emittenti radiotelevisive. In tal modo i ricorrenti mostrerebbero di ignorare il carattere essenziale che rivestono nell'impianto costituzionale i diritti-doveri del cittadino elettore, che devono ricevere tutela in ogni momento in cui si vada formando la sua consapevolezza politica. In proposito non puo' non osservarsi che non si tratta di dare prevalenza a questo o a quell'altro interesse di rilievo costituzionale, quanto di assicurarne il dovuto bilanciamento, il quale, come sopra puntualizzato, postula una limitazione ma non la totale incisione di uno di essi. Deve, poi, rimarcarsi il fatto che alle emittenti radiotelevisive, in quanto imprese di opinione, non puo' esser sottratta la capacita' di valutazione politica, che e' strettamente connessa alla liberta' di cronaca politica. Disconoscere tale dato significherebbe vanificare l'importanza di quel regime pluralistico c.d. "esterno" dell'informazione radiotelevisiva - esplicazione del piu' generale principio del pluralismo cui la Corte costituzionale ha riconosciuto valore centrale in un ordinamento democratico (sent. 14 luglio 1988, n. 826) - che implica la concreta possibilita' nell'emittenza privata che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati e senza essere menomati nella loro autonomia. Peraltro, privare le singole emittenti private della liberta' di opinione politica renderebbe privo di consistenza il valore della liberalizzazione del settore radiotelevisivo. Con la conseguenza, sotto altro verso, e come non senza ragione sostenuto dalla difesa della Federazione radio televisioni, che il livellamento "funzionale", cosi' derivante, di tutte le eminenti radiotelevisive, sia della RAI, che non e' pubblica ma svolge servizio pubblico, che di quelle private, renderebbe irragionevole l'esistenza stessa di un regime radiotelevisivo misto pubblico-privato. Quanto all'esigenza di tutela del processo di formazione della consapevolezza politica dell'elettore e' quanto meno dubbio che il risultato di una tendenziale obiettivita' dell'informazione possa essere piu' compiutamente perseguito a mezzo dell'applicazione di un modello di rigida disciplina del settore dell'informazione radiotelevisiva, come proposto nel sistema legislativo della cui conformita' costituzionale si dubita, piuttosto che all'esito del libero concorso di differenti voci informative. 6.1. - Sotto altro verso, la circostanza che a differenza del settore radiotelevisivo, per la stampa periodica (art. 7 legge n. 28/2000) non siano previste limitazioni di sorta in ordine alla propaganda elettorale, induce a ritenere la disciplina legislativa di riferimento affatto discriminatrice e irragionevole, e quindi contraria ai canoni di uguaglianza sanciti dall'art. 3 della Costituzione. In proposito non puo' dubitarsi che la disciplina apprestata per la stampa periodica si ponga in contrasto con l'obiettivo, chiaramente proclamato nell'atto legislativo, di porre tutte le forze politiche in condizioni di pari visibilita'. Non appaiono del tutto convincenti i rilievi in proposito opposti dalla difesa della resistente facenti leva sul persistente carattere di invasivita' del mezzo radiotelevisivo rispetto alla stampa, e tale da giustificarne il diverso trattamento di regime. Invero, puo' ammettersi - come peraltro avvertito dalla stessa Corte costituzionale (sent. n. 826/1988) - che l'informazione radiotelevisiva ha caratteri di capillarita', di suggestivita' e di esterna capacita' di incidenza sull'opinione pubblica, che non si riscontrano in altri sottosistemi comunicativi. Ma la riconosciuta peculiarita' di tale settore informativo potrebbe giustificare, in tema di propaganda elettorale, una diversa modulazione della capacita' dell'emittente radiotelevisa rispetto a quella delle stampa, rimanendo privo di un ragionevole fondamento la situazione di privilegio riservato a quest'ultima anche in ordine alla fruizione economica degli spazi. Se, come si afferma in una delle memorie difensive dei ricorrenti, l'obiettivo che si intende perseguire con la legge n. 28/2000 va identificato nell'esigenza di attribuire pari notorieta' ai soggetti politici, lo steso risulta incoerentemente abbandonato nei confronti della stampa, dove invece potrebbero aversi pesanti disparita' di "visibilita'" a vantaggio di alcune forze politiche soltanto. A meno che non si voglia ritenere, in linea con la tesi paradossale svolta dai ricorrenti, che le garanzie di un'informazione elettorale paritaria debbono valere solo per i cittadini "utenti radiotelevisi" e non per i cittadini "lettori". 6.2. - Da ultimo, non manifestamente infondata si appalesa la questione di costituzionalita' prospettata con riguardo ai "messaggi politici autogestiti", consistenti - come sopra puntualizzato - nell'esposizione di un programma o di un'opinione politica della durata tra uno e tre minuti. In proposito e' previsto che, durante la campagna elettorale, i messaggi in questione devono essere trasmessi gratuitamente dalle emittenti nazionali (art. 4, terzo comma, lett. b), legge n. 28/2000), contrariamente a quanto previsto per le emittenti locali, per le quali e' previsto un rimborso (medesimo art. 4, quinto comma). Orbene, un tale differente regime, che va a svantaggio delle emittenti nazionali, si configura come arbitrario non trovando a sostegno alcun plausibile fondamento giuridico. Non par dubbio, quindi, che una cosi' diversificata disciplina risulti iminotivatamente in contrasto con l'art. 42 della Costituzione e con l'esigenza proclamata da tale norma che gli atti ablatori della proprieta' privata postulino la corresponsione di un indennizzo, il quale non potrebbe non interessare anche l'ipotesi dell'esproprio di spazi radiotelevisivi privati. 7.- Alla stregua di tutte le considerazioni che precedono si solleva la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 2, 3, 4, 5 e 7 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 per contrasto con i principi costituzionali desumibili dagli articoli 3, 21 e 42 della Costituzione. Si dispone, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell'an. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della predetta norma.
P. Q. M. Previa riunione dei ricorsi in epigrafe, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 7 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 per contrasto con i principi costituzionali desumibili dagli articoli 3, 21 e 42 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 e del 20 dicembre del 2000. Il Presidente: Elefante Il consigliere relatore estensore: Calveri 01C0287