N. 68 ORDINANZA 7 - 16 marzo 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  -  Documento di identificazione - Mancata esibizione senza
  giustificato  motivo,  a  richiesta  degli  ufficiali  e  agenti di
  pubblica   sicurezza   -  Sostanziale  inefficacia  della  sanzione
  prevista  -  Prospettata  violazione  del principio di effettivita'
  della  pena  e  del  principio  di  buon  andamento,  con manifesta
  disparita'  di  trattamento  -  Discrezionalita'  legislativa nella
  materia penale - Manifesta infondatezza della questione.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 27 e 97.
(GU n.12 del 21-3-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), promossi, con ordinanze emesse il
1o  e  il  2 giugno  2000,  il  20 giugno  2000 (n. 2 ordinanze) e il
20 luglio 2000, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di  Venezia, iscritte rispettivamente ai nn. 550, 551, 552, 553 e 638
del  registro  ordinanze  2000  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica, 1a serie speciale, n. 41 e n. 45 dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 gennaio 2001 il giudice
relatore Massimo Vari.
    Ritenuto  che,  con cinque ordinanze di analogo tenore, emesse in
data  1o giugno, 2 giugno, 20 giugno (n. 2 ordinanze) e 20 luglio del
2000,  il  giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Venezia  ha  sollevato,  in  riferimento  agli artt. 3, 27 e 97 della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 6,
comma  3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme  sulla condizione dello straniero), che punisce lo straniero il
quale,  a  richiesta  degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza,
non  esibisce,  senza  giustificato  motivo,  il  passaporto  o altro
documento  di  identificazione,  ovvero  il  permesso  o  la carta di
soggiorno;
        che   il   rimettente   -   richiamando,   in  via  generale,
l'importanza   che   i   principi   della   ragionevolezza   e  della
proporzionalita'   rivestono   per   l'opera  del  legislatore  -  e'
dell'avviso  che  la disposizione censurata si ponga in contrasto con
l'art. 27 della Costituzione, sotto l'aspetto dell'effettivita' della
pena, trattandosi di "una norma del tutto inutile, che da un lato non
sortisce alcun effetto deterrente, dall'altro puo' persino comportare
un vantaggio per la sua inosservanza";
        che,  a questo proposito, il giudice a quo osserva che "tutti
coloro che vengono fermati perche' ritenuti cittadini extracomunitari
e  che  sono  sprovvisti di documenti forniscono delle generalita' la
cui  autenticita'  non  e'  possibile  comprovare  in  alcun modo" e,
inoltre,  si  definiscono  senza fissa dimora, con la conseguenza che
"proprio  perche'  irreperibili  e  comunque  non  identificabili non
vengono assoggettati alla sanzione loro inflitta, che, dunque, rimane
una mera statuizione cartacea";
        che, in particolare, cio' si verifica in quanto, per il reato
in questione, viene quasi sempre inflitta, a mezzo di decreto penale,
la  pena  pecuniaria,  secondo una scelta "pressoche' obbligata", dal
momento  che  si  tratta  di  soggetti incensurati "e il fatto non si
appalesa  di gravita' tale da richiedere una condanna che apparirebbe
prima facie sproporzionata";
        che,  in  tal  modo,  a  causa  della  non esecuzione e della
successiva  prescrizione  della  pena, si vanifica il lavoro compiuto
dalle   forze   dell'ordine,   dai   magistrati   e   dal   personale
amministrativo,  risultando violato, in contrasto con l'art. 97 della
Costituzione,  il principio del buon andamento, che va assicurato dal
legislatore attraverso l'emanazione di "norme ragionevoli";
        che,  a  giudizio del rimettente, anche la pena detentiva, in
ragione  della  sua  esiguita',  oltre  che della possibilita' che si
proceda  alla  sospensione  dell'esecuzione, nonche' alla concessione
del   beneficio  della  sospensione  condizionale,  rende  del  tutto
inefficace la sanzione;
        che  il  giudice a quo, - nel rilevare che la legge in cui e'
contenuta   la   disposizione   denunciata  non  sanziona  penalmente
l'introduzione   clandestina  e,  inoltre,  "ha  decriminalizzato  la
condotta  dello  straniero  che si trattenga in Italia sprovvisto del
permesso  di  soggiorno",  prevedendo, altresi', che l'espulsione sia
possibile  solo  quando venga "accertata la identita' dello straniero
o,  comunque,  quest'ultimo  sia  munito  di  documenti di viaggio" -
sostiene  che,  in  ragione  di  cio',  si  determinerebbe:  a)  "una
manifesta disparita' di trattamento (con violazione dell'art. 3 della
Costituzione),   giacche'   non   costituiscono   reato  le  condotte
preliminari   e  piu'  gravi"  rispetto  a  quella  sanzionata  dalla
disposizione  censurata;  b)  un'ulteriore lesione dell'art. 27 della
Costituzione,  in  quanto lo straniero non avrebbe alcuna convenienza
ad  esibire  il  passaporto  o  altro  documento di identita', con la
conseguenza  che  risulterebbe  favorita  l'inosservanza del precetto
posto dalla disposizione denunciata;
        che,  in  quattro dei giudizi in questione (e precisamente in
quelli  relativi  alle  ordinanze iscritte ai nn. 550, 551, 552 e 553
del  registro  ordinanze  del 2000), e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello Stato, il quale ha concluso per la inammissibilita' o
l'infondatezza  della  questione,  evidenziando  che il rimettente ha
inteso  sindacare la discrezionalita' politica del legislatore e che,
in  ogni  caso,  la  denuncia  riguarda una difficolta' di esecuzione
della  pena  prevista  per  il  reato  in  oggetto  e  non  la  norma
incriminatrice.

    Considerato  che  la configurazione delle fattispecie criminose e
la  valutazione  delle  conseguenze penali appartengono alla politica
legislativa   e,   quindi,   all'incensurabile  discrezionalita'  del
legislatore,  con  l'unico  limite  della  manifesta irragionevolezza
(ordinanze n. 207 del 1999, n. 297 del 1998, n. 456 del 1997 e n. 313
del 1995);
        che,  nella  fattispecie,  le  censure  svolte dal rimettente
appaiono  risolversi in una critica alla complessiva disciplina della
materia,   con  valutazioni  che  investono  il  piano  delle  scelte
politiche   del   legislatore  e  che  sono  volte  a  segnalare,  in
particolare,  difficolta'  di  esecuzione della pena inflitta, ma non
sono   tali   da   evidenziare,  con  riferimento  alla  disposizione
denunciata,   ne'  una  irragionevolezza  della  scelta  operata  dal
legislatore,   ne',  in  particolare,  la  violazione  dei  parametri
invocati a sostegno della dedotta questione;
        che,  alla  luce di quanto sopra, la questione deve reputarsi
manifestamente infondata.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Rriuniti i giudizi,
    dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 6,  comma  3,  del  decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero),  sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 27 e 97
della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Venezia, con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2001.
                     Il Presidente: Santosuosso
                         Il redattore: Vari
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 marzo 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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