N. 102 ORDINANZA 5 aprile 2001

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Regione  Lombardia - Deliberazione del consiglio regionale - Proposta
  di  indizione  di  referendum  consultivo  per  il trasferimento di
  funzioni   statali  alla  Regione  -  Ricorso  del  Presidente  del
  Consiglio dei ministri - Istanza di sospensione della deliberazione
  consiliare  impugnata  -  Assenza  delle  gravi ragioni che possono
  giustificare la sospensiva - Rigetto dell'istanza.
- Deliberazione del consiglio regionale della Lombardia n. VII/25 del
  15 settembre 2000.
- Legge  11  marzo  1953,  n. 87,  art.  40;  norme integrative per i
  giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 28.
(GU n.15 del 11-4-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI
MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,
Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito della
delibera  del  consiglio  regionale  della  Lombardia  n. VII/25  del
15 settembre  2000,  recante  "Proposta  di  indizione  di referendum
consultivo  per il trasferimento delle funzioni statali in materia di
sanita',  istruzione, anche professionale, nonche' di polizia locale,
alla  Regione", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri,  notificato  il 1o dicembre 2000, depositato in cancelleria
il 5 successivo e iscritto al n. 56 del registro conflitti 2000.
    Visto l'atto di costituzione della regione Lombardia;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 5 aprile 2001 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per
la regione Lombardia.
    Ritenuto  che  con  ricorso  notificato  il  1o dicembre  2000  e
depositato  il  5 dicembre  2000  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  ha  proposto  conflitto di attribuzione nei confronti della
regione  Lombardia,  in  relazione  alla  deliberazione del consiglio
regionale  del  15 settembre  2000,  n. VII/25,  recante "Proposta di
indizione   di  referendum  consultivo  per  il  trasferimento  delle
funzioni   statali   in   materia   di   sanita',  istruzione,  anche
professionale, nonche' di polizia locale, alla regione";
        che  il  Governo ricorrente impugna la suddetta deliberazione
in   quanto   con   essa  il  consiglio  regionale  della  Lombardia,
contraddicendo i principi affermati nella sentenza n. 470 del 1992 di
questa   Corte,  chiamerebbe  la  popolazione  iscritta  nelle  liste
elettorali  dei  comuni della regione medesima a esprimere il proprio
voto  su  un  quesito  (cosi' formulato nella parte dispositiva della
deliberazione:  "Volete  voi  che  la  regione  Lombardia, nel quadro
dell'unita'   nazionale,   intraprenda  le  iniziative  istituzionali
necessarie  alla  promozione del trasferimento delle funzioni statali
in  materia  di  sanita', istruzione, anche professionale, nonche' di
polizia  locale,  alla  regione?")  che,  non  essendo  riferibile  a
provvedimenti   che   possano  dirsi  "di  competenza"  del  medesimo
Consiglio  regionale,  come invece stabilisce l'art. 25, primo comma,
della  legge  della  regione  Lombardia  28 aprile 1983, n. 34 (Nuove
norme sul referendum abrogativo della regione Lombardia - Abrogazione
della   legge   regionale   31 luglio   1973,   n. 26   e  successive
modificazioni),   atterrebbe   all'esercizio,  da  parte  del  citato
consiglio,  della  facolta' di presentare alle Camere una proposta di
legge di revisione della Costituzione della Repubblica;
        che    inoltre    il    ricorrente   richiama,   a   sostegno
dell'impugnazione, la sentenza n. 496 del 2000 diquesta Corte, che ha
definito  i  limiti  della ammissibilita' della partecipazione di una
frazione del popolo tramite referendum consultivo in ambito regionale
ai   procedimenti   di   revisione   costituzionale,   escludendo  in
particolare  che  sia  consentita una "doppia pronuncia" popolare, di
una  parte  prima  e  dell'intero  poi,  relativamente alle decisioni
politiche di modifica della Costituzione;
        che  il  ricorrente rileva infine che il quesito referendario
oggetto  della  deliberazione  impugnata  e'  privo  dei requisiti di
chiarezza  e di omogeneita', menzionando - accanto a materie che gia'
sono  devolute,  dalla Costituzione e dalle leggi di attuazione, alle
autonomie    regionali    -   materie   come   "l'istruzione,   anche
professionale" che implicherebbero una revisione costituzionale, alla
stregua del vigente testo dell'art. 117 della Costituzione;
        che  il  Governo ricorrente chiede altresi' preliminarmente a
questa  Corte  la  sospensione  dell'esecuzione  della  delibera  del
consiglio regionale impugnata, sulla duplice premessa della "gravita'
e  vistosita'  del  vulnus  arrecato alle attribuzioni statali" e per
"l'esigenza  di  impedire  distorsioni  e  di  prevenire emulazioni",
sottolineando,   in   una   successiva  memoria,  che  l'auspicio  di
"correttezza   costituzionale"   da  parte  della  regione  e'  stato
frustrato,  avendo - successivamente al ricorso - il Presidente della
regione  Lombardia  disposto,  con un proprio decreto del 28 febbraio
2001,   lo   svolgimento  del  referendum  consultivo,  per  la  data
"concomitante con la tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento
della  Repubblica", decreto a sua volta separatamente impugnato dallo
stesso ricorrente;
        che   nel   giudizio  per  conflitto  cosi'  promosso  si  e'
costituita  la  regione  Lombardia, che, richiamando l'art. 65, primo
comma, del proprio Statuto e la legge regionale n. 34 del 1983 che ne
ha dato attuazione, contesta il presupposto - da cui muove il Governo
ricorrente - del necessario collegamento tra il referendum consultivo
oggetto  della  delibera  e  il procedimento politico-parlamentare di
revisione   costituzionale,   osservando   in  contrario  che  l'atto
impugnato  attiene  a  "iniziative istituzionali" di "promozione" del
trasferimento  di  talune funzioni statali, nelle materie menzionate,
da  prendersi  "nel  quadro  dell'unita'  nazionale":  si tratterebbe
dunque  di iniziative legislative ordinarie, o in campo organizzativo
e  amministrativo,  ma  comunque di attivita' che non si svolgono sul
piano della revisione costituzionale;
        che,  adducendo  altresi'  profili di possibile "virtualita'"
del  conflitto promosso dal Governo per difetto di lesivita' da parte
dell'atto  impugnato  di  una  qualsiasi attribuzione riconducibile a
parametri  costituzionali,  la resistente regione, nel concludere per
l'inammissibilita'  o per il rigetto del ricorso, chiede la reiezione
dell'istanza  di  sospensione della delibera per cui e' conflitto, in
particolare  osservando - in una memoria successivamente depositata -
che  il decreto di "indizione" del referendum adottato dal Presidente
della  regione  costituisce,  in  base  alla  disciplina  legislativa
regionale,  un  atto dovuto, e che comunque non potrebbero ravvisarsi
ne'  gli  estremi del fumus boni iuris (per gli argomenti addotti sul
merito  del conflitto) ne' un estremo di "danno" a un bene di rilievo
costituzionale,     non     sussistendo     alcun     pericolo     di
"soggettivizzazione"  della  popolazione  della regione Lombardia che
sia  apprezzabile sul piano costituzionale, ne' tantomeno sussistendo
un corrispondente effetto di pericolo perl'unita' della Repubblica.
    Considerato  che,  con  la delibera del consiglio regionale della
Lombardia del 15 settembre 2000, gli elettori della regione Lombardia
sono   chiamati  a  pronunciarsi  sull'opportunita'  che  la  regione
medesima "nel quadro dell'unita' nazionale, intraprenda le iniziative
istituzionali  necessarie  alla  promozione  del  trasferimento delle
funzioni   statali   in   materia   di   sanita',  istruzione,  anche
professionale, nonche' di polizia locale";
        che  tale  quesito  e'  posto  -  secondo  il preambolo della
delibera  della quale esso forma parte integrante - nella prospettiva
"di  un rafforzamento delle prerogative autonomistiche spettanti alla
regione  e  di riconduzione di materie di competenza dei ministeri ad
un  modello  di  amministrazione  e gestione ispirato ad un effettivo
federalismo che, in base al principio di sussidiarieta', valorizzi il
ruolo  e  le  autonomie di tutti i soggetti istituzionali locali", al
fine  di  "intraprendere  iniziative  istituzionali  necessarie  alla
promozione  del  trasferimento  delle  funzioni statali in materia di
sanita',  istruzione, anche professionale, nonche' di polizia locale,
alla regione, nel quadro dell'unita' nazionale";
        che la delibera consiliare in questione non coinvolge "scelte
fondamentali  di  livello costituzionale" in presenza delle quali non
e'  consentita  la  separata  consultazione  di  frazioni  del  corpo
elettorale  (sentenza  n. 496  del 2000) e che pertanto non ricorrono
quelle   gravi   ragioni   che,  sole,  giustificano  la  sospensione
dell'esecuzione   degli   atti   che  danno  luogo  al  conflitto  di
attribuzione  tra Stato e regione (art. 40 della legge 11 marzo 1953,
n. 87).
    Visti  gli  artt. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 28 delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata ogni pronuncia sul rito e sul merito del ricorso,
    Rigetta  l'istanza  di  sospensione  della delibera del consiglio
regionale della Lombardia n. VII/25 del 15 settembre 2000, presentata
dal  Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Zagrebelsky
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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