N. 105 SENTENZA 22 marzo - 10 aprile 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  -  Espulsione  amministrativa  -  Espulsione  disposta dal
  prefetto  - Impossibilita' di dare esecuzione con immediatezza alla
  misura  -  Trattenimento  dello  straniero  presso  il centro, piu'
  vicino,  di  permanenza  temporanea e di assistenza - Oggetto della
  convalida  giudiziaria - Ritenuta sottrazione al vaglio del giudice
  della  legittimita'  dell'accompagnamento  alla  frontiera  a mezzo
  della   forza   pubblica   -  Lamentata  incidenza  sulla  liberta'
  personale,   con   violazione   del   principio  della  riserva  di
  giurisdizione  -  Non  fondatezza, nei sensi di cui in motivazione,
  della questione.
- D.Lgs.  25 luglio 1998, n. 286, artt. 13, commi 4, 5 e 6; 14, comma
  4.
- Costituzione, art. 13, secondo e terzo comma.
Straniero - Espulsione amministrativa - Trattenimento dello straniero
  presso  il  centro,  piu'  vicino,  di  permanenza  temporanea e di
  assistenza  -  Durata  della  permanenza  nel  centro  fissata  nel
  massimo,    anziche'    stabilita    con   provvedimento   motivato
  dell'autorita'  giudiziaria  -  Asserita  violazione  del principio
  della riserva di giurisdizione - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5.
- Costituzione, art. 13, secondo e terzo comma.
(GU n.16 del 18-4-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo   ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda
CONTRI,  Guido NEPPI MODONA, Piero AlbertoCAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e
6,  e  dell'art.  14,  commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  promossi con sei ordinanze del 2 novembre 2000 (r.o. dal
n. 762 al n. 767 del 2000), otto del 4 novembre 2000 (r.o. dal n. 768
al n. 775 del 2000) e tredici del 6 novembre 2000 (r.o. dal n. 776 al
n. 788   del   2000)   dal   tribunale  di  Milano,  in  composizione
monocratica,  iscritte nel registro ordinanze 2000 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 49,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con sei ordinanze in data 2 novembre 2000 (r.o. dal n. 762
al  n. 767  del  2000)  e  con otto ordinanze in data 4 novembre 2000
(r.o.  dal n. 768 al n. 775 del 2000), tutte di analogo contenuto, il
tribunale  di  Milano,  in composizione monocratica, ha sollevato, in
riferimento  all'art.  13, secondo e terzo comma, della Costituzione,
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e
6,  e  dell'art.  14,  commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  nella  parte  in  cui  non  prevedono:  - che la mancata
convalida del trattenimento, in caso di insussistenza dei presupposti
di cui all'art. 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, elida gli
effetti  del  provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo
di  forza  pubblica;  -  che il provvedimento di accompagnamento alla
frontiera  a  mezzo  di  forza  pubblica sia comunicato all'autorita'
giudiziaria ed assoggettato a convalida entro 48 ore da parte di tale
autorita'.
    Quanto  alla  rilevanza,  in tutte le ordinanze si osserva che il
giudizio   di   convalida  del  trattenimento  presso  il  centro  di
permanenza  temporanea  e  di  assistenza  non puo' "essere portato a
compimento  in  difetto della pregiudiziale risoluzione del dubbio di
costituzionalita' gravante sull'accompagnamento coatto alla frontiera
disposto  in  via amministrativa", accompagnamento del quale, in sede
di  convalida,  devono essere accertati i presupposti di validita' ai
sensi dell'art. 14, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998.
    Quanto   alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'   costituzionale,   i   remittenti   rilevano   che   il
trattenimento  dello  straniero  presso  i  centri  di  permanenza ed
assistenza  di  cui  al  citato  art. 14 e' finalizzato ad assicurare
effettivita'  alla  normativa  in tema di allontanamento e presuppone
che   all'espulsione  debba  farsi  luogo  con  accompagnamento  alla
frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica.  Quest'ultimo,  rendendo
suscettibile di coercitiva esecuzione il provvedimento di espulsione,
inciderebbe  sulla  liberta' personale e dovrebbe essere assoggettato
alle  garanzie  poste  dall'art.  13 della Costituzione. Sul punto il
tribunale   di   Milano   richiama  il  costante  orientamento  della
giurisprudenza  costituzionale  che, distinguendo la diversa sfera di
operativita'   dei   precetti   posti  dagli  artt.  13  e  16  della
Costituzione,    ha   individuato   l'elemento   qualificante   della
restrizione  della liberta' personale nell'assoggettamento all'altrui
potere.
    I   remittenti  -  premesso  che  la  prerogativa  costituzionale
dell'art.  13,  concernendo  un  diritto  inviolabile e fondamentale,
compete   anche   allo   straniero   -   lamentano   che  i  casi  di
accompagnamento   alla   frontiera  conseguenti  a  provvedimenti  di
espulsione  amministrativa  violerebbero  la riserva di giurisdizione
per   la   mancata  previsione  di  un  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  che  dia le ragioni di quella misura, preventivamente ex
art.  13,  secondo comma, della Costituzione, ovvero successivamente,
mediante  convalida  del  giudice entro quarantotto ore, a seguito di
comunicazione  da  parte dell'autorita' di pubblica sicurezza ex art.
13, terzo comma, della Costituzione.
    Inoltre,   la  violazione  della  riserva  di  giurisdizione,  di
immediata  rilevabilita'  nell'ipotesi  in  cui  lo straniero espulso
venga  effettivamente accompagnato alla frontiera a mezzo della forza
pubblica  (in questo caso il giudice non ne viene neanche informato),
sussisterebbe,  ad  avviso dei remittenti, anche quando lo straniero,
per l'impossibilita' di eseguire con immediatezza l'espulsione, venga
trattenuto  ai  sensi  dell'art. 14, comma 1, del decreto legislativo
n. 286   del  1998  presso  un  centro  di  permanenza  temporanea  e
assistenza.  Infatti,  nonostante  l'art.  14,  comma 4, prescriva al
giudice della convalida di valutare la sussistenza dei presupposti di
cui all'art. 13 del medesimo decreto, oggetto della convalida sarebbe
solo il provvedimento di trattenimento presso il centro. Cio' sarebbe
confermato,  oltre che dalla lettera del citato art. 14, comma 4, che
sembrerebbe riferirsi al solo "provvedimento del questore", anche dal
rilievo  che la mancata convalida del trattenimento non travolgerebbe
il   provvedimento   di   "espulsione   con   accompagnamento",   che
continuerebbe cosi' a gravare sullo straniero.
    2.  -  Con  altre  tredici ordinanze di analogo contenuto in data
6 novembre 2000 (r.o. dal n. 776 al n. 788 del 2000), il tribunale di
Milano,  in composizione monocratica, ha sollevato identica questione
di  legittimita' costituzionale degli artt. 13, commi 4, 5 e 6, e 14,
commi  4  e  5,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in
riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.
    La  questione e' prospettata negli stessi termini e con le stesse
argomentazioni delle ordinanze di cui al punto che precede.
    Nelle  tredici  ordinanze  in  esame  il  tribunale  di Milano ha
sollevato  altresi',  sempre  in  riferimento  all'art. 13, secondo e
terzo   comma,   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
costituzionale  del solo comma 5 dell'art. 14 del decreto legislativo
25 luglio  1998, n. 286, "nella parte in cui prevede che la convalida
del  provvedimento del questore comporta la permanenza nel centro per
un  periodo  di  complessivi  venti  giorni  e  non  prevede  che  la
permanenza    nel    centro   consegua   a   provvedimento   motivato
dell'autorita'   giudiziaria  per  il  periodo  di  tempo  da  questa
indicato, nel rispetto del limite massimo di venti giorni".
    Ad  avviso  del  giudice  a quo la permanenza presso i centri (il
cosiddetto  "trattenimento")  sarebbe  misura dall'evidente carattere
forzoso,  come  dimostrato: dall'assoluto divieto per lo straniero di
allontanarsi dal centro [art. 21, comma 1, del d.P.R. 31 agosto 1999,
n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del
decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286)]; dalla previsione del
potere del questore di ripristinare la misura del trattenimento senza
ritardo,  con  l'ausilio  della  forza  pubblica, in caso di indebito
allontanamento  (art. 14,  comma  7,  del  d.lgs.  n. 286  del 1998);
dall'attribuzione  al  questore  della  responsabilita'  delle misure
occorrenti  per  la sicurezza e l'ordine pubblico del centro, nonche'
di  quelle  necessarie  per  impedire l'indebito allontanamento e per
ripristinare  la  misura  (art. 21,  comma  9,  del d.P.R. n. 394 del
1999).
    In   sostanza,  prosegue  il  remittente,  il  trattenimento  pur
effettuato  in  strutture  che  non  fanno  capo  all'amministrazione
penitenziaria,  ma  a  quella del Ministero dell'interno integrerebbe
una forma di detenzione amministrativa che dovrebbe ricadere sotto il
disposto  dell'art.  13,  secondo comma, della Costituzione ed essere
quindi  fondata  su  un atto motivato dell'autorita' giudiziaria, che
non  si  limiti  alla  pura  convalida dell'operato dell'autorita' di
pubblica sicurezza.
    In tal senso, la disposizione censurata, che prevede la convalida
del  trattenimento,  stabilendo che essa "comporta" la permanenza nel
centro per un periodo di complessivi venti giorni, contrasterebbe con
l'art.   13  della  Costituzione,  in  quanto  attribuirebbe  a  tale
provvedimento   non   solo   la   funzione  di  ratificare  l'operato
dell'autorita'  di pubblica sicurezza, ma anche quella di legittimare
per  il futuro la privazione della liberta' personale, per un periodo
di tempo predeterminato.
    Il  contrasto sarebbe ancor piu' evidente ove si consideri che il
giudice  non  potrebbe  in  alcun modo valutare entro quali limiti il
sacrificio  della  liberta' del trattenuto sia giustificato alla luce
delle  ragioni  indicate  nel  primo  comma  dell'art. 14 del decreto
legislativo n. 286 del 1998.
    Quand'anche  questo  vaglio  fosse reso possibile dalle generiche
indicazioni  sul punto fornite dall'autorita' di pubblica sicurezza -
conclude  il giudice a quo - la disciplina in esame non consentirebbe
comunque  al  giudice  di  limitare  la  durata  del trattenimento al
periodo di tempo ritenuto congruo rispetto alle concrete esigenze del
caso.  Ne',  successivamente alla convalida, sarebbe possibile per il
giudice  far  cessare  il trattenimento allorche' ne venissero meno i
presupposti o qualora esso si protraesse oltre i termini.
    3.  -  E'  intervenuto  in  tutti  i  giudizi  il  Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  e ha chiesto che la questione sia dichiarata
inammissibile o non fondata.
    Secondo  la difesa erariale sarebbe erroneo il presupposto da cui
muove  il  remittente,  e  cioe' che l'accompagnamento alla frontiera
incida   sulla  liberta'  personale  dello  straniero.  L'Avvocatura,
premesso  che  le coazioni fisiche di lieve entita' non sembrerebbero
lesive  del  disposto  dell'art.  13  della  Costituzione, rileva che
l'accompagnamento  avrebbe carattere meramente accessorio rispetto al
provvedimento  principale  di  espulsione,  di  cui determinerebbe le
modalita'  esecutive.  In  particolare, il provvedimento espulsivo si
sostanzierebbe  nell'ordine  allo  straniero  di abbandonare il suolo
nazionale,  mentre  l'accompagnamento  coattivo sarebbe una modalita'
esecutiva   complementare   a   tale   ordine  e,  consistendo  nella
individuazione   ed   esecuzione   di   un  itinerario  obbligatorio,
inciderebbe soltanto sulla liberta' di circolazione.
    Peraltro,  una  simile limitazione della liberta' di circolazione
dello  straniero  sarebbe  coerente  con  le  garanzie previste dalla
Costituzione,  corrispondendo  a  precise  e  ragionevoli esigenze di
tutela  della  sicurezza  pubblica:  la  necessita'  di  prevenire il
ritorno  a  situazioni  di  clandestinita'  e  quella di garantire la
tenuta   del   sistema   di   contrasto   dell'immigrazione  illegale
integrerebbero,  infatti,  - secondo la difesa dello Stato - i motivi
di  sicurezza  che  giustificano  la  limitazione  della  liberta' di
circolazione.
    Ad   avviso   dell'Avvocatura,   la  questione  sarebbe  comunque
infondata  anche  qualora si ritenesse che l'accompagnamento coattivo
determini una restrizione della liberta' personale, perche' la durata
dell'accompagnamento   sarebbe  circoscritta  al  tempo  strettamente
necessario  allo  svolgimento  del  tragitto  fino  alla  frontiera e
ricorrerebbero  le  ragioni  di  necessita'  ed urgenza che abilitano
l'autorita'   di   pubblica   sicurezza   ad  adottare  provvedimenti
restrittivi della liberta' personale.
    In   relazione   a   tale   profilo,  l'Avvocatura  aggiunge  che
l'esigenza,  ineludibile  da  parte  dello  Stato,  di  presidiare le
proprie   frontiere  e  quella  di  predisporre  un  ordinato  flusso
migratorio   ed   una   adeguata  accoglienza  giustificherebbero  il
sacrificio minimo della liberta' personale imposto allo straniero con
l'accompagnamento coattivo.
    In  ogni  caso,  secondo  la  difesa  erariale,  nelle ipotesi di
trattenimento   nei   centri   di   permanenza   temporanea   non  si
verificherebbe  alcuna  violazione della riserva di giurisdizione. Il
giudice,  infatti,  all'atto  della  convalida  del trattenimento nel
centro,  sarebbe  chiamato a valutare i presupposti di cui agli artt.
13  e  14  del  decreto  legislativo  n. 286  del  1998  e  quindi la
sussistenza  delle  condizioni per poter effettuare un'espulsione con
accompagnamento  alla  frontiera,  sicche',  in  definitiva, dovrebbe
pronunciarsi,  oltre  che sulla legittimita' del trattenimento, anche
su  quella  della  misura  dell'accompagnamento; pertanto, poiche' la
misura  del  trattenimento, cosi' come prevista dall'art. 14, avrebbe
ragione  di  esistere esclusivamente quale presupposto del successivo
accompagnamento in frontiera, l'Avvocatura conclude affermando che la
convalida   del   trattenimento   comporterebbe   anche   quella  del
provvedimento  di  accompagnamento  alla  frontiera, che non potrebbe
ritenersi sottratto al sindacato del giudice.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Sollecitata  da  sei ordinanze del tribunale di Milano, in
composizione  monocratica,  del  2 novembre  2000 (r.o. dal n. 762 al
n. 767 del 2000), otto del 4 novembre 2000 (r.o. dal n. 768 al n. 775
del  2000)  e  tredici del 6 novembre 2000 (r.o. dal n. 776 al n. 788
del   2000),   questa   Corte   e'   chiamata  a  pronunciarsi  sulla
legittimita',  in  riferimento  all'art.  13,  secondo e terzo comma,
della  Costituzione,  dell'art.  13,  commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14,
commi  4  e  5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello  straniero).  Poiche' le ordinanze
propongono  la  medesima  questione  o questioni connesse, i relativi
giudizi debbono essere riuniti per essere decisi congiuntamente.
    2.  -  Prima di dare conto dei temi affrontati dalle ordinanze di
rimessione,  e'  opportuno richiamare, nelle sue linee essenziali, il
quadro  legislativo  dal  quale  prendono  le  mosse  le questioni di
legittimita'  costituzionale proposte dal tribunale di Milano. L'art.
10  del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede che la polizia di
frontiera  puo' respingere gli stranieri che si presentano ai valichi
di  frontiera  senza  i requisiti per l'ingresso nel territorio dello
Stato.   Il  respingimento  con  accompagnamento  alla  frontiera  e'
altresi'  disposto  dal  questore  nei confronti degli stranieri che,
entrando  in  Italia  sottraendosi  ai  controlli  di frontiera, sono
fermati  all'ingresso  o  subito  dopo  o  sono stati temporaneamente
ammessi  nel  territorio  per  necessita'  di  pubblico  soccorso. Il
successivo  art.  13  disciplina, invece, l'espulsione amministrativa
dello  straniero,  che  e' disposta in ogni caso con decreto motivato
(art. 13,  comma 3) e puo' avvenire in due modi: mediante intimazione
a  lasciare  il  territorio  dello Stato entro il termine di quindici
giorni  e  ad  osservare  le  prescrizioni  per  il  viaggio e per la
presentazione  all'ufficio  di  polizia di frontiera, oppure mediante
accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
    A  quest'ultima  modalita'  si ricorre sempre quando l'espulsione
sia  stata  disposta  dal  Ministro dell'interno per motivi di ordine
pubblico  o  di  sicurezza dello Stato, ovvero quando lo straniero si
sia  trattenuto  indebitamente  nel  territorio  dello Stato oltre il
termine  fissato con l'intimazione [art. 13, comma 4, lettera a)]. In
tutti  gli  altri  casi l'accompagnamento alla frontiera, pur essendo
materialmente  eseguito,  come  nei casi precedenti, dal questore, e'
riconducibile  ad un provvedimento del prefetto, il quale, in sede di
adozione  del  provvedimento  di espulsione, potra' disporre che essa
sia  eseguita  mediante accompagnamento solo ove ritenga sussistente,
tenuto  conto  di  circostanze  obiettive  riguardanti  l'inserimento
sociale, familiare e lavorativo dello straniero, un concreto pericolo
che questi si sottragga all'esecuzione del provvedimento.
    In particolare, il decreto di espulsione adottato dal prefetto ai
sensi  dell'art.  13,  comma  2,  cui  si  accompagni una motivazione
circostanziata circa le ragioni che lo hanno indotto ad optare per la
espulsione  immediata con accompagnamento alla frontiera anziche' per
quella  differita con intimazione, e' il presupposto per l'esecuzione
dell'accompagnamento  nei  confronti  dello straniero che sia entrato
nel  territorio  dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o
non sia stato immediatamente respinto e sia privo di valido documento
attestante la sua identita' e nazionalita' [art. 13, comma 2, lettera
a),  e comma 5]; dello straniero che si sia trattenuto nel territorio
dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine
prescritto,  salvo  che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, o il
cui  permesso  di  soggiorno  sia  stato  revocato  o annullato o sia
scaduto  da piu' di sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il
rinnovo  [art. 13,  comma  2,  lettera  b), e comma 6]; infine, dello
straniero  che appartenga a categorie di persone pericolose [art. 13,
comma 2, lettera c), e comma 4, lettera b)].
    Avverso  i  provvedimenti  di espulsione adottati dal prefetto e'
dato  ricorso al giudice ordinario (art. 13, commi 8, 9 e 10), mentre
il decreto di espulsione emesso dal Ministro dell'interno per ragioni
di  ordine  pubblico o di sicurezza dello Stato puo' essere impugnato
dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma
(art. 13, comma 11, del decreto legislativo n. 286 del 1998).
    Secondo  l'art.  14  del  medesimo decreto legislativo n. 286 del
1998,   quando   non  sia  possibile  eseguire  con  immediatezza  il
provvedimento  di  espulsione amministrativa mediante accompagnamento
alla  frontiera ovvero il respingimento, perche' occorre procedere al
soccorso  dello  straniero,  ad  accertamenti supplementari in ordine
alla   sua   identita'  o  nazionalita'  ovvero  all'acquisizione  di
documenti  di  viaggio, o ancora per l'indisponibilita' del vettore o
di  altro  mezzo  di  trasporto  idoneo,  il  questore dispone che lo
straniero  sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso
il  centro  di  permanenza temporanea e di assistenza piu' vicino. Il
provvedimento  che  dispone il trattenimento deve essere trasmesso al
giudice  senza  ritardo e comunque entro le quarantotto ore dalla sua
adozione affinche' lo convalidi nelle successive quarantotto ore, ove
ne  sussistano  i  presupposti  e  sentito  l'interessato. La mancata
convalida  comporta la perdita di efficacia del provvedimento, mentre
la convalida legittima il trattenimento per un periodo di complessivi
venti  giorni, prorogabili dal giudice, su richiesta del questore, di
ulteriori dieci giorni.
    3.   -   Cosi'  sommariamente  ricostruita  la  disciplina  della
espulsione  amministrativa,  va  rilevato che in tutti i procedimenti
che  hanno dato origine alle questioni di legittimita' costituzionale
si  versa  in ipotesi di convalida di trattenimento che conseguono ad
espulsioni  amministrative  disposte  dal  prefetto;  resta  pertanto
estranea   al   presente   giudizio   la  disciplina  dell'espulsione
amministrativa  per  motivi  di  ordine pubblico o di sicurezza dello
Stato, di competenza del Ministro dell'interno.
    In  tutte  le  ordinanze  si  assume  la violazione dell'art. 13,
secondo  comma,  della  Costituzione,  sul  rilievo che oggetto della
convalida   di   cui  all'art.  14,  comma  4,  sarebbe  soltanto  il
provvedimento  che  dispone  il  trattenimento  presso  il  centro di
permanenza temporanea e assistenza e che quindi sfuggirebbe al vaglio
del  giudice  della  convalida  la  misura  dell'accompagnamento alla
frontiera  a mezzo della forza pubblica quale modalita' di esecuzione
di  una  espulsione amministrativa; in via subordinata si rileva che,
pure  a  voler ritenere che il controllo del giudice abbia ad oggetto
anche  l'accompagnamento, questo non verrebbe travolto dal diniego di
convalida del trattenimento.
    Qualche  passaggio  argomentativo  e  una  certa ambiguita' nella
formulazione  dei  dispositivi  potrebbero  indurre a ritenere che la
censura  proposta come principale sia diretta contro il provvedimento
di  accompagnamento  alla  frontiera  in se', anche indipendentemente
dall'esistenza  di  un provvedimento di trattenimento da convalidare.
Tuttavia  il  requisito  della  rilevanza  impone  di interpretare le
ordinanze di rimessione nel senso che con esse ci si limiti a dolersi
del  fatto  che,  in  sede  di  convalida del trattenimento presso il
centro di permanenza, non sia consentita al giudice la verifica della
legittimita'  dell'accompagnamento  alla  frontiera. Diversamente, le
ordinanze,  in parte qua non potrebbero sottrarsi alla sanzione della
inammissibilita',  giacche' nel procedimento di convalida ex art. 14,
comma  4,  puo'  venire  in  considerazione  solo il provvedimento di
espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera a mezzo della forza
pubblica cui faccia seguito una misura di trattenimento.
    4.  -  La questione, la cui consistenza si e' ora precisata, deve
essere dichiarata non fondata nei sensi di cui appresso si dira'.
    Il  trattenimento  dello  straniero presso i centri di permanenza
temporanea e assistenza e' misura incidente sulla liberta' personale,
che  non puo' essere adottata al di fuori delle garanzie dell'art. 13
della  Costituzione.  Si  puo'  forse  dubitare se esso sia o meno da
includere  nelle  misure restrittive tipiche espressamente menzionate
dall'art.  13;  e  tale  dubbio puo' essere in parte alimentato dalla
considerazione che il legislatore ha avuto cura di evitare, anche sul
piano  terminologico,  l'identificazione  con  istituti  familiari al
diritto  penale,  assegnando  al  trattenimento  anche  finalita'  di
assistenza  e  prevedendo  per  esso  un  regime  diverso  da  quello
penitenziario.  Tuttavia,  se  si  ha  riguardo  al suo contenuto, il
trattenimento  e'  quantomeno  da  ricondurre alle "altre restrizioni
della  liberta'  personale",  di cui pure si fa menzione nell'art. 13
della Costituzione. Lo si evince dal comma 7 dell'art. 14, secondo il
quale  il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci
misure   di   vigilanza  affinche'  lo  straniero  non  si  allontani
indebitamente  dal  centro e provvede a ripristinare senza ritardo la
misura ove questa venga violata.
    Si  determina  dunque  nel  caso  del trattenimento, anche quando
questo  non  sia  disgiunto  da  una  finalita' di assistenza, quella
mortificazione  della  dignita'  dell'uomo  che  si  verifica in ogni
evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e che e' indice
sicuro   dell'attinenza   della  misura  alla  sfera  della  liberta'
personale.
    Ne'   potrebbe   dirsi   che   le  garanzie  dell'art.  13  della
Costituzione subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri, in vista
della  tutela  di altri beni costituzionalmente rilevanti. Per quanto
gli  interessi  pubblici  incidenti  sulla materia della immigrazione
siano  molteplici  e per quanto possano essere percepiti come gravi i
problemi  di  sicurezza  e  di  ordine  pubblico  connessi  a  flussi
migratori  incontrollati, non puo' risultarne minimamente scalfito il
carattere  universale  della  liberta'  personale, che, al pari degli
altri  diritti  che  la  Costituzione proclama inviolabili, spetta ai
singoli   non  in  quanto  partecipi  di  una  determinata  comunita'
politica, ma in quanto esseri umani. Che un tale ordine di idee abbia
ispirato  la  disciplina  dell'istituto emerge del resto dallo stesso
art.  14  censurato,  la'  dove,  con  evidente riecheggiamento della
disciplina  dell'art.  13,  terzo  comma, della Costituzione, e della
riserva  di  giurisdizione  in  esso  contenuta,  si  prevede  che il
provvedimento  di  trattenimento dell'autorita' di pubblica sicurezza
deve   essere   comunicato   entro   quarantotto   ore  all'autorita'
giudiziaria  e  che,  se  questa  non  lo  convalida nelle successive
quarantotto ore, esso cessa di avere ogni effetto.
    5.  -  E'  dunque  in  questo  contesto  normativo  -  in  cui la
formulazione  dell'art.  13,  terzo  comma,  della  Costituzione, con
riferimento   alla  misura  del  trattenimento,  appare  dalla  legge
ricalcata  alla lettera - che devono essere valutate le censure mosse
dai  remittenti,  secondo  i  quali  il  giudice  della convalida non
potrebbe   estendere   la  propria  valutazione  all'accompagnamento,
giacche'  questo rimarrebbe estraneo al procedimento giurisdizionale,
e  in ogni caso la sanzione dell'inefficacia conseguente alla mancata
convalida del trattenimento non riguarderebbe anche l'accompagnamento
alla frontiera.
    Una  simile interpretazione, sorretta da argomenti testuali assai
labili,   non   puo'   essere  condivisa.  Secondo  le  ordinanze  di
rimessione, l'art. 14, comma 4, quando, riferendosi all'oggetto della
convalida,  usa il termine "provvedimento" al singolare, intenderebbe
fare  esclusivo  riferimento al provvedimento del questore, autorita'
competente    a    disporre    il    trattenimento,   e   non   anche
all'accompagnamento  alla  frontiera  (potenzialmente riconducibile a
provvedimenti  di  piu'  autorita'),  il  quale continuerebbe cosi' a
gravare  sullo  straniero  nonostante  la  mancata  convalida. A tale
argomentazione  e'  agevole  opporre,  gia'  sul piano letterale, che
l'art.   14,   comma  4,  stabilisce  che  il  giudice  convalida  il
provvedimento  del questore, sentito l'interessato, solo "ove ritenga
sussistenti   i  presupposti  di  cui  all'art.  13  ed  al  presente
articolo". Da cio' e' possibile desumere che il controllo del giudice
investe   non   solo   il   trattenimento,   ma   anche  l'espulsione
amministrativa   nella   sua   specifica   modalita'   di  esecuzione
consistente  nell'accompagnamento  alla frontiera a mezzo della forza
pubblica, regolata dall'art. 13.
    Ulteriormente  seguendo  questa  linea  argomentativa, tendente a
valorizzare  dati  testuali,  non puo' essere trascurato il fatto che
l'art. 14, comma 3, dispone che il questore del luogo in cui si trova
il  centro  trasmetta  al  giudice copia degli "atti": non quindi del
solo  provvedimento  di  trattenimento,  ma  di  tutti  gli  atti del
procedimento,  incluso  evidentemente  il provvedimento di espulsione
amministrativa   corredato   dalle  valutazioni  del  prefetto  sulle
circostanze  che lo hanno indotto a ritenere che lo straniero potesse
sottrarsi  all'esecuzione  di  una  semplice  intimazione  e lo hanno
persuaso   a  scegliere  l'accompagnamento  immediato  come  modo  di
esecuzione dell'espulsione. Un simile onere di trasmissione, entro il
termine   perentorio   di  quarantotto  ore,  non  puo'  avere  altro
significato   se   non  quello  di  rendere  possibile  un  controllo
giurisdizionale  pieno, e non un riscontro meramente esteriore, quale
si  avrebbe  se  il  giudice  della  convalida  potesse  limitarsi ad
accertare  l'esistenza  di un provvedimento di espulsione purchessia.
Il  giudice  dovra'  infatti rifiutare la convalida tanto nel caso in
cui  un  provvedimento  di  espulsione con accompagnamento manchi del
tutto,   quanto  in  quello  in  cui  tale  provvedimento,  ancorche'
esistente,  sia  stato adottato al di fuori delle condizioni previste
dalla legge.
    Se  a  questi  argomenti testuali si affiancano considerazioni di
ordine  sistematico  circa la collocazione e la funzione della misura
del  trattenimento  nel  procedimento  di  espulsione amministrativa,
l'interpretazione  restrittiva dei poteri del giudice della convalida
fatta propria dalle ordinanze di rimessione si conferma priva di ogni
consistenza.  Il trattenimento costituisce la modalita' organizzativa
prescelta   dal   legislatore   per   rendere   possibile,  nei  casi
tassativamente  previsti  dall'art.  14,  comma  1, che lo straniero,
destinatario di un provvedimento di espulsione, sia accompagnato alla
frontiera  ed  allontanato  dal  territorio  nazionale. Il decreto di
espulsione   con  accompagnamento,  che,  giova  ribadire,  ai  sensi
dell'art.  13,  comma  3, deve essere motivato, rappresenta quindi il
presupposto  indefettibile della misura restrittiva, e in quanto tale
non  puo'  restare  estraneo al controllo dell'autorita' giudiziaria.
Per  eliminare  ogni  eventuale  residuo dubbio basta considerare che
l'accompagnamento  inerisce  alla materia regolata dall'art. 13 della
Costituzione,   in   quanto  presenta  quel  carattere  di  immediata
coercizione    che    qualifica,    per    costante    giurisprudenza
costituzionale,  le restrizioni della liberta' personale e che vale a
differenziarle   dalle   misure  incidenti  solo  sulla  liberta'  di
circolazione.
    E'  proprio  muovendo  da  simili  premesse che questa Corte, fin
dalla  sentenza  n. 2  del  1956,  ha affermato che la traduzione del
rimpatriando con foglio di via obbligatorio e' misura incidente sulla
liberta' personale e, nella piu' recente sentenza n. 210 del 1995, ha
negato  che  l'ordine di rimpatrio comporti lesione dei beni protetti
dall'art.  13  della  Costituzione,  in  considerazione del carattere
obbligatorio,  ma  non  coercitivo, che tale ordine presenta. Ancora,
sulla  distinzione  tra  mera  obbligatorieta'  e coercitivita' della
misura  si  e'  basata  la  sentenza  n. 194  del  1996,  in  tema di
accompagnamento   per  i  necessari  accertamenti  tossicologici  del
conducente  di  un  veicolo  in  condizioni  di  alterazione fisica o
psichica che si possano ragionevolmente ritenere correlate all'uso di
sostanze  stupefacenti o psicotrope. In quella non lontana decisione,
in  effetti, per escludere la attinenza dell'accompagnamento all'area
della  liberta'  personale e' stata decisiva la considerazione che il
destinatario  della misura puo' rifiutarsi di seguire gli agenti, pur
esponendosi  in  tal caso al rischio di un giudizio e di una sanzione
penale,  senza  pero'  che  l'autorita'  di  polizia possa esercitare
alcuna forma di coazione fisica.
    Infine,  in  una fattispecie assai vicina a quelle attuali, nella
sentenza  n. 62  del  1994,  l'espulsione  con  accompagnamento  alla
frontiera  a  mezzo della forza pubblica dello straniero sottoposto a
custodia  cautelare  o  in espiazione di una pena detentiva, anche se
residua, non superiore a tre anni, e' stata ritenuta misura incidente
sulla liberta' personale, sulla premessa, non esplicitata, ma non per
questo  meno  chiara, che il passaggio dalla condizione di detenzione
ad altra misura coercitiva determinasse una diversita' di grado e non
di  qualita',  identica  rimanendo, in entrambe le ipotesi, la natura
del bene costituzionale coinvolto.
    Se pure dunque l'interpretazione prospettata dai remittenti fosse
astrattamente   plausibile   limitando   l'analisi  alla  sola  legge
ordinaria, e' comunque la forza del precetto costituzionale dell'art.
13  a imporre una accezione piena del controllo che spetta al giudice
della  convalida:  un  controllo che non puo' fermarsi ai margini del
procedimento  di  espulsione,  ma  deve  investire i motivi che hanno
indotto  l'amministrazione  procedente  a  disporre  quella peculiare
modalita'   esecutiva   dell'espulsione   -   l'accompagnamento  alla
frontiera  -  che e' causa immediata della limitazione della liberta'
personale  dello  straniero  e  insieme  fondamento  della successiva
misura del trattenimento.
    6.  -  Una  volta  chiarito che il controllo si estende a tutti i
presupposti   del  trattenimento,  e'  risolta  per  implicito  anche
l'ulteriore questione, posta subordinatamente dai remittenti, secondo
i  quali  nessuna  delle disposizioni censurate prevede espressamente
che  il  diniego  di  convalida  sia  suscettibile  di  incidere  sul
provvedimento di espulsione con accompagnamento.
    Anche  in  assenza  di  una espressa previsione in tal senso, non
puo'   dubitarsi   che,   nell'ipotesi  in  cui  il  giudice  ritenga
insussistenti  o  non  congruamente  motivate le ragioni per le quali
l'autorita'   di   polizia   non  si  sia  limitata  ad  adottare  un
provvedimento  di  espulsione  con  intimazione,  ma  abbia  disposto
l'esecuzione dell'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera,
il  diniego  di  convalida  travolgerebbe,  insieme al trattenimento,
anche  la  misura  dell'accompagnamento  alla frontiera a mezzo della
forza pubblica.
    Se   infatti  presidio  della  liberta'  personale,  nel  sistema
delineato   dall'art.  13  della  Costituzione,  e'  l'atto  motivato
dell'autorita' giudiziaria, non v'e' alcuna possibilita' di sostenere
che  un  atto  coercitivo  come  l'accompagnamento,  che direttamente
incide   sulla   liberta'  della  persona  e  che  e'  allegato  come
presupposto  della  misura  del  trattenimento,  possa essere assunto
dall'autorita'   di   polizia  come  pienamente  legittimo  e  ancora
eseguibile  quando  il  giudice  ne  abbia accertato l'illegittimita'
ponendo  proprio  tale  accertamento  a  fondamento  del  diniego  di
convalida.
    7.  - L'art. 14, comma 5, dell'anzidetto decreto legislativo, pur
menzionato  in  tutte  le  ordinanze,  e'  fatto oggetto di specifica
censura  soltanto nelle ordinanze dal n. 776 al n. 788 del 2000, che,
con  una seconda questione, ne denunciano l'illegittimita', sempre in
riferimento  all'art.  13,  secondo e terzo comma, della Costituzione
"nella  parte  in  cui prevede che la convalida del provvedimento del
questore  comporta  la  permanenza  nel  centro  per  un  periodo  di
complessivi  venti  giorni e non prevede che la permanenza nel centro
consegua  a  provvedimento motivato dell'autorita' giudiziaria per il
periodo  di tempo da questa indicato, nel rispetto del limite massimo
di venti giorni".
    La  questione  e'  infondata. Il legislatore, con valutazione che
non   appare  affetta  da  irragionevolezza,  ha  ritenuto  che,  per
rimuovere   gli   impedimenti  all'esecuzione  del  provvedimento  di
espulsione,  sia necessario un periodo di tempo che puo' giungere nel
massimo  a  venti  giorni,  prorogabili  di  ulteriori dieci giorni a
richiesta  del  questore, limite varcato il quale e' da ritenersi che
il  trattenimento  perda  efficacia.  Non  si  tratta  di un tempo di
restrizione  della  liberta'  personale  che  deve  essere  consumato
interamente.  E'  infatti previsto dall'art. 14, comma 1, del decreto
legislativo  di cui si tratta che lo straniero deve essere trattenuto
"per  il  tempo  strettamente  necessario" e quindi, concorrendone le
condizioni,  la  misura  deve cessare prima dello spirare del termine
ultimo.   Il   fatto   che  la  convalida  si  riferisca  all'operato
dell'autorita'  di  pubblica sicurezza e, insieme, costituisca titolo
per  l'ulteriore  trattenimento  fino al limite dei venti giorni, non
comporta  alcuna  violazione  della  riserva  di  giurisdizione posta
dall'art.   13   della   Costituzione,   giacche'   il  trattenimento
convalidato  e'  riferibile,  sia per la restrizione gia' subita, sia
per  il  periodo  residuo  entro  il quale puo' protrarsi, ad un atto
motivato dell'autorita' giudiziaria.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi;
    1)  Dichiara  non  fondata,  nei  sensi di cui in motivazione, la
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e
6,  e  dell'art. 14, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286  (Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti la disciplina
dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello  straniero),
sollevata,  in  riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della
Costituzione,  dal  tribunale di Milano, in composizione monocratica,
con le ordinanze indicate in epigrafe;
    2)   Dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale   dell'art.   14,   comma   5,  del  medesimo  decreto
legislativo  n. 286  del 1998, sollevata, in riferimento all'art. 13,
commi  secondo  e terzo, della Costituzione, dal tribunale di Milano,
in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Mezzanotte
                      Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 10 aprile 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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