N. 157 ORDINANZA 10 - 21 maggio 2001
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Circolazione stradale - Ausiliari del traffico - Conferimento a soggetti privati estranei all'amministrazione delle funzioni di accertamento delle violazioni alle norme del codice della strada e di verbalizzazione e contestazione immediata della violazione, con l'efficacia probatoria prevista dagli artt. 2699 e 2700 cod. civ. - Asserito contrasto con il principio di eguaglianza e il diritto di difesa e con la regola concorsuale nell'accesso agli impieghi pubblici - Manifesta infondatezza della questione. - Legge 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, commi 132 e 133, come interpretato dall'art. 68, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488. - Costituzione, artt. 3, 24, 97 e 98.(GU n.1000 del 25-5-2001 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 132 e 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), come modificato - rectius: interpretato - dall'art. 1 del d.l. 2 novembre 1999, n. 391 (Disposizioni interpretative delle norme sul conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni al codice della strada), quest'ultimo espressamente abrogato dall'art. 68, comma 5, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), poi sostituito - rectius: interpretato - dallo stesso art. 68, comma 1, promosso con Ordinanza emessa il 11 aprile 2000 dal giudice istruttore presso il tribunale di Pavia nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Raggia Gabriella ed altra e il comune di Pavia, iscritta al n. 683 delregistro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46 - 1a serie speciale dell'anno 2000. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il giudice relatore Riccardo Chieppa. Ritenuto che nel corso dei giudizi riuniti, promossi avverso i verbali di contestazione, emessi dalla polizia municipale di Pavia per violazione dell'art. 7 del codice della strada, il giudice istruttore presso il tribunale di Pavia ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 98 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 132 e 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), come modificato - rectius: interpretato - dall'art. 1 del d.l. 2 novembre 1999, n. 391 (Disposizioni interpretative delle norme sul conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni al codice della strada), quest'ultimo espressamente abrogato dall'art. 68, comma 5, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), poi sostituito - rectius: interpretato - dallo stesso art. 68, comma 1; che il giudice a quo - dopo una ricostruzione del quadro normativo che ha preceduto l'esplicito conferimento agli ausiliari del traffico dei poteri di contestazione immediata, nonche' di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia di cui agli artt. 2699 e 2700 cod. civ. (d.l. n. 391 del 1999 e poi art. 68 della legge n. 488 del 1999) e dell'indirizzo giurisprudenziale che ne e' seguito - osserva che l'attribuzione a soggetti estranei all'amministrazione di tali poteri si porrebbe in conflitto con il principio di uguaglianza e con la garanzia del diritto di difesa; principî ispiratori della legge n. 689 del 1981; che - sempre secondo il giudice rimettente - tali disposizioni riconoscono agli atti degli ausiliari del traffico, cioe', di privati cittadini, non legati alla pubblica amministrazione da alcun rapporto di servizio, l'efficacia di prova legale, parificandoli a quelli compiuti da pubblici ufficiali; che, secondo l'ordinanza del tribunale di Pavia, il legislatore non ha riconosciuto detta efficacia ai verbali redatti dalle guardie giurate di enti pubblici, di enti collettivi o di privati previsti dall'art. 133 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in quanto i verbali redatti da tali soggetti "fanno fede in giudizio fino a prova contraria"; pertanto, anche sotto tale profilo, viene ravvisata la violazione dell'art. 3 della Costituzione, che impone una parita' di trattamento a situazioni soggettive uguali ed omogenee; che la normativa contestata, sempre secondo l'ordinanza, comporterebbe, inoltre, violazione degli artt. 97 e 98 della Costituzione per lesione del principio generale, secondo cui l'accesso ai pubblici uffici deve avvenire mediante concorso pubblico, preordinato a garantire l'imparzialita' ed il buon andamento della pubblica amministrazione; che nessun dubbio sussisterebbe - ad avviso del giudice a quo - sulla rilevanza della questione, poiche' ai fini del giudizio apparirebbe prioritario stabilire la legittimita' di un ausiliare del traffico ad accertare una violazione del codice della strada ed a procedere come un agente di polizia ed, inoltre, verificare se l'atto di accertamento possa essere ritenuto atto pubblico facente piena prova ai sensi dell'art. 2700 cod. civ; che nel presente giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza ai fini della decisione di merito o, comunque, sia rigettata, avuto riguardo alla circostanza che la possibilita' che la legge abiliti determinati soggetti a svolgere il controllo sull'osservanza di disposizioni la cui violazione e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria e' gia' contemplata dall'art. 13 della legge n. 689 del 1981 (... "salvol'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti"); che, tuttavia, secondo la tesi della difesa dello Stato, il conferimento di tali poteri non comporterebbe - a differenza di quanto sostenuto dal giudice a quo - alcuna limitazione delle garanzie poste a tutela dei diritti dei cittadini, atteso che la relativa procedura sanzionatoria e l'organizzazione del servizio restino di competenza degli uffici e dei comandi di polizia urbana e, comunque, l'efficacia probatoria attribuita dagli artt. 2699 e 2700 del codice civile possa essere superata mediante la querela di falso; che infine, sempre secondo l'Avvocatura generale dello Stato, tali soggetti sarebbero, comunque, legati alla pubblica amministrazione da un rapporto di dipendenza o perche' gia' in servizio presso la stessa p.a. ovvero perche' dipendenti delle societa' che gestiscono un servizio pubblico sulla base di un atto concessorio ed ai quali il sindaco avrebbe conferito, previo accertamento dei necessari requisiti soggettivi (art. 68 della legge n. 488 del 1999), le funzioni di accertamento delle violazioni alle norme del codice della strada e, pertanto, abilitati a predisporre un documento avente l'efficacia probatoria dell'atto pubblico. Considerato che il giudice rimettente, con una motivazione plausibile, ritiene che le norme denunciate siano applicabili alle fattispecie al suo esame e che la questione sia rilevante ai fini della definizione del giudizio: di conseguenza la eccezione di inammissibilita' proposta dall'Avvocatura generale dello Stato deve essere considerata infondata; che la questione incidentale di legittimita' costituzionale e' limitata, dal giudice rimettente, a due profili: se - sul piano costituzionale - in riferimento agli articoli 3, 24, 97 e 98 della Costituzione, un ausiliario del traffico possa essere legittimato ad accertare una violazione del codice della strada ed a procedere con la verbalizzazione e contestazione immediata della violazione; se all'accertamento possa essere attribuito valore di atto pubblico con efficacia di prova piena ai sensi dell'art. 2700 cod. civ; che, nel caso in esame, l'efficacia di piena prova, fino a querela di falso, riguarda un processo civile in sede di opposizione a verbale di contravvenzione per una delle infrazioni al codice della strada tassativamente contemplate dalle disposizioni in esame e "limitatamente alle aree oggetto di concessione" per parcheggi o "sulle corsie riservate al trasporto pubblico"; che la questione e' manifestamente infondata, in quanto il legislatore ordinario puo' prevedere che l'autorita' amministrativa possa attribuire specifiche funzioni di accertamento o di verifica, oltre che a propri dipendenti, anche a dipendenti di enti o societa' cui sia stato affidato un servizio pubblico o che siano concessionari di un servizio in senso largo, quando questo accertamento o verifica sia connesso o sia utile per il migliore svolgimento dello stesso servizio; che, infatti, rientra in una scelta discrezionale del legislatore consentire che talune funzioni, obiettivamente pubbliche, possano essere svolte anche da soggetti privati che abbiano una particolare investitura da parte della pubblica amministrazione, in relazione al servizio svolto; che lo stesso legislatore puo' discrezionalmente determinare gli effetti ed il valore probatorio (in sede civile) dei suddetti accertamenti e verifiche ed anche dare efficacia di atto pubblico ai relativi verbali, e tale scelta e' censurabile, in sede di controllo di legittimita' costituzionale, solo sotto il profilo della manifesta irragionevolezza o palese arbitrarieta', ipotesi da escludere, nella fattispecie, attese le finalita' della norma e la progressiva rilevanza dei problemi delle soste e parcheggi e delle corsie riservate al trasporto pubblico nelle aree urbane; che di conseguenza e' manifesta l'infondatezza del profilo di violazione del principio di eguaglianza essendo differenti le situazioni e le esigenze rispetto ad altri verbali di accertamento; che, per quanto riguarda il diritto di difesa e l'efficacia fino a querela di falso, le argomentazioni dell'ordinanza, sulla disparita' tra posizione della pubblica amministrazione e soggetto privato, porterebbero irrazionalmente a negare, in genere, valore prioritario, nell'attuale sistema del processo civile, a qualsiasi verbale di contestazione di una infrazione, redatto da soggetto qualificato dal legislatore per gli effetti dell'art. 2700 cod. civ; che invece tale valore discende da un sistema che imprime un carattere particolarmente privilegiato agli atti redatti da publici ufficiali (rispondendo anche ad esigenze di garanzia del buon andamento della pubblica amministrazione) ed insieme assicura le garanzie a tutela del diritto di difesa, con un equilibrio nel contesto, che prevede sanzioni di particolare gravita' qualora gli atti dovessero risultare non veritieri (con conseguente onere di una piu' avvertita vigilanza da parte degli uffici amministrativi a prevenire abusi) e nel contempo consente all'interessato, attraverso un apposito procedimento, il ricorso ai normali mezzi di prova (sentenza n. 255 del 1994; ordinanza n. 504 del 1987); che d'altro canto l'interpretazione dell'art. 2700 cod. civ., in ordine all'efficacia di prova piena e alla esigenza della speciale procedura di querela di falso per superarla (senza alcun limite ai diritti di difesa), e' stata condotta dalla giurisprudenza di legittimita' in modo accentuatamente rigoroso, in relazione alle esigenze giustificative del particolare regime probatorio; di modo che restano esclusi sia i fatti non attestati compiuti in presenza del pubblico ufficiale, sia l'ambito delle funzioni dello stesso pubblico ufficiale e la legittima preposizione dello stesso anche in ordine ai requisiti previsti dalla legge o ad eventuali provvedimenti interdittivi, sia la esistenza dei divieti di cui sia affermata la inosservanza, sia la validita' e regolarita' dei relativi segnali e cartelli indicatori, sia la esistenza di cause di giustificazione; che, infine, l'ordinanza di rimessione, in ordine all'art. 97 della Costituzione, si basa su un erroneo presupposto, cioe' che l'esercizio di pubbliche funzioni di una pubblica amministrazione debba necessariamente avvenire utilizzando esclusivamente dipendenti legati da rapporto di impiego stabile con la stessa amministrazione e quindi assunti mediante procedura concorsuale; che, invece, occorre distinguere tra apparato burocratico degli uffici, con rapporto di lavoro dipendente (per i quali e' prevista di regola la selezione concorsuale, "salvi i casi stabiliti dalla legge": art. 97, terzo comma, della Costituzione), ed esercizio di funzioni pubbliche, con un rapporto sottostante anche meramente onorario o volontaristico o di mero servizio o di obbligo ovvero di utilizzazione, anche non esclusiva, sulla base di previsione e di requisiti fissati dalla legge (art. 51, della Costituzione); che pertanto tutti i profili denunciati sono manifestamente infondati. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 132 e 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), come interpretato dall'art. 68, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 98 della Costituzione, dal giudice istruttore presso il tribunale di Pavia, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2001. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Chieppa Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 21 maggio 2001 Il direttore della cancelleria: Di Paola 01C0522