N. 163 SENTENZA 23 - 28 maggio 2001

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Processo penale - Sentenza di assoluzione di un consigliere regionale
  dalla  imputazione  di  calunnia  -  Appelloproposto  dal  pubblico
  ministero  presso  il  tribunale  di  Belluno avverso la sentenza -
  Ricorso  della  Regione  Veneto  per  conflitto di attribuzione nei
  confronti  dello  Stato  -  Assunta lesione della prerogativa della
  immunita'  per  le  opinioni  dei  consiglieri  regionali  e  delle
  funzioni  e  dell'organizzazione  dei  supremi  organi  regionali -
  Carenza dei presupposti oggettivi - Inammissibilita' del conflitto.
- Atto  di  appello  del  pubblico  ministero  presso il tribunale di
  Belluno 6 aprile 1991.
- Costituzione, artt. 122, quarto comma, 121 e 123.
(GU n.22 del 6-6-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo ZAGREBELSKY,Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI,
Guido  NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'atto
di  appello del 6 aprile 1991, proposto dal pubblico ministero presso
il  tribunale  di  Belluno,  avverso  la  sentenza del giudice per le
indagini  preliminari  presso  il  medesimo tribunale, emessa in data
26 marzo  1991,  relativa  alla assoluzione del consigliere regionale
Ettore   Beggiato,   promosso   con  ricorso  della  regione  Veneto,
notificato  il  17 aprile  2000,  depositato  in  cancelleria  il  26
successivo ed iscritto al n. 16 del registro conflitti 2000.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  udienza  pubblica  del  20 febbraio 2001 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
    Uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la regione
Veneto  e  l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  per  regolamento di competenza notificato il
17 aprile  2000  e depositato il 26 aprile 2000, la regione Veneto ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei  confronti dello Stato in
relazione  all'atto di appello proposto il 6 aprile 1991 dal pubblico
ministero   presso  il  tribunale  di  Belluno  avverso  la  sentenza
pronunciata  il 26 marzo 1991 dal giudice per le indagini preliminari
presso il tribunale di Belluno, con la quale il consigliere regionale
Ettore  Beggiato  era  stato  assolto  dalla imputazione di calunnia.
Premessi  brevi  cenni  sulla  vicenda  processuale  - della quale la
ricorrente soltanto "ora" sarebbe venuta a conoscenza - e una diffusa
analisi  delle prerogative sancite dall'art. 122, quarto comma, della
Costituzione,  la  regione  ricorrente ha in particolare sottolineato
come nell'alveo della protezione costituzionale debba essere iscritta
anche  la  funzione  di  indirizzo  politico  e  di  controllo  che i
consiglieri  regionali  sono  chiamati  a svolgere: funzione rispetto
alla  quale  l'immunita'  vale  a  coprire  non  soltanto le opinioni
espresse   attraverso  atti  tipici,  ma  anche  -  alla  luce  della
giurisprudenza   costituzionale   richiamata  nell'atto  del  ricorso
mediante  dichiarazioni  che  presentino  un preciso nesso funzionale
rispetto  alla  attivita'  consiliare. Una volta escluso, dunque, che
l'immunita'  sia  destinata ad operare soltanto nella sede consiliare
ed  in  occasione  dei  lavori  dell'organo  assembleare, ne deriva -
sostiene la regione ricorrente - che l'art. 122, quarto comma, Cost.,
"deve  trovare  applicazione  quando  le  manifestazioni del pensiero
siano  oggettivamente  correlabili  alla  posizione istituzionale del
consigliere  stesso",  sicche' quest'ultimo "deve poter esprimere, in
ragione  del  suo  status  e  dei  compiti  che  gli  sono  assegnati
dall'ordinamento,  le  valutazioni di ordine politico sia particolare
sia  generale  incidenti sulla concreta struttura e sul funzionamento
dell'ente   di   cui   fa   parte".   Conclude   la   ricorrente  che
l'esposto-denuncia  presentato  il  29 novembre  1990 dal consigliere
regionale  Ettore  Beggiato  e  posto  all'origine  del  procedimento
penale,  riguarda  "eventi  di  rilievo  regionale", interessando gli
stessi  la  regione  come  ente  a  fini generali e come titolare "di
competenze  specifiche inerenti l'esercizio di funzioni relative agli
immigrati".
    2.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   chiedendo   che   il   ricorso   sia   respinto.   A  parere
dell'Avvocatura,  infatti, nel ricorso non risulterebbero dedotti gli
estremi  degli  atti  riconducibili alla "funzione consiliare tipica"
che  sarebbero  stati oggetto del procedimento penale per il reato di
calunnia,  ne'  altri elementi idonei a dimostrare la sussistenza del
nesso  funzionale, assunto dalla giurisprudenza di questa Corte quale
presupposto per la insindacabilita' ex art. 68 Cost.
    3.  -  Con  memoria  depositata  in  prossimita' dell'udienza, la
regione  ricorrente  ha  ribadito  le  proprie  tesi,  contestando la
fondatezza degli argomenti addotti dalla Avvocatura erariale.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  regione  ricorrente pone a fondamento del conflitto di
attribuzione sollevato nei confronti dello Stato l'atto di appello, a
suo  tempo  proposto  dal  pubblico  ministero presso il tribunale di
Belluno,  avverso  la  sentenza  pronunciata il 26 marzo 1991, con la
quale  il  giudice  per  le  indagini  preliminari presso il medesimo
tribunale  aveva  assolto  per insussistenza del fatto, a norma degli
artt. 438  e  segg.  e  529  e  segg.  cod.proc.pen.,  il consigliere
regionale  Ettore Beggiato dalla imputazione di calunnia ascrittagli.
A   parere   della  regione,  l'impugnazione  proposta  dal  pubblico
ministero  vulnererebbe  la prerogativa sancita dall'art. 122, quarto
comma,  della  Costituzione e, di riflesso, gli artt. 121 e 123 della
medesima   Carta,   posti   a   presidio   della   disciplina   della
organizzazione e delle funzioni dei supremi organi regionali.
    2.  - Il ricorso e' inammissibile per palese carenza dei relativi
presupposti oggettivi.
    L'atto  di  appello  -  che la regione Veneto assume essere nella
specie  invasivo  e  compromissorio della peculiare garanzia prevista
dall'art. 122,  quarto  comma,  della  Costituzione,  per l'esercizio
della  funzione  di  consigliere  regionale  -  e' privo di qualsiasi
portata "esterna" rispetto allo specifico alveo processuale in cui si
iscrive; esso esprime soltanto l'esercizio del diritto di reclamo che
l'ordinamento  assicura, "nel" e "per" il processo, a tutte le parti,
pubbliche o private che siano. L'impugnazione, infatti, qualunque sia
il  soggetto  legittimato  a  proporla,  ha come termine oggettivo di
riferimento,  non  la  posizione  delle  parti  in  quanto  tali,  ma
unicamente   la  statuizione  giurisdizionale  avverso  la  quale  si
reclama.  Sicche',  e'  la statuizione in se' - e non certo l'atto di
gravame  -  ad  essere se mai potenzialmente suscettibile di assumere
quella  rilevanza  esterna  al processo, idonea a perturbare la sfera
delle  attribuzioni  costituzionalmente  riservate  ad  enti o poteri
dello Stato.
    D'altra  parte,  neppure  e' senza significato la circostanza che
questa Corte - mentre ha ritenuto il pubblico ministero legittimato a
sollevare  conflitto  di attribuzione quale "potere", allorche' venga
in    discorso   l'indipendenza   nell'espletamento   delle   proprie
attribuzioni  finalizzate  all'obbligatorio  esercizio  della  azione
penale  (da  ultimo,  ordinanza n. 521 del 2000) - ha escluso che "il
potere del pubblico ministero di proporre appello avverso la sentenza
di   primo  grado"  possa  ritenersi  "riconducibile  all'obbligo  di
esercitare l'azione penale" (sentenza n. 280 del 1995).
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il  conflitto  sollevato  dalla  regione
Veneto con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 maggio 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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