N. 450 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 ottobre 2000
Ordinanza emessa il 24 ottobre 2000 (pervenuta alla Corte costituzionale il 7 maggio 2001) dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Presidenza del Consiglio dei ministri ed altro contro Del Gizzo Ernesto Impiego pubblico - Dirigenti statali - Responsabilita' per mancato conseguimento degli obiettivi della gestione - Possibilita' di collocamento a riposo per ragioni di servizio, anziche' di semplice rimozione dalle funzioni e di collocamento a disposizione, come stabilito dalla legge delegante (art. 2 legge 23 ottobre 1992, n. 421) - Eccesso di delega - Riproposizione di questione oggetto dell'Ordinanza della Corte costituzionale n. 246/2000 di restituzione atti. - D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 20, comma 9, u.p. (come sostituito dall'art. 6 d.lgs. 10 novembre 1993, n. 470). - Costituzione, artt. 76 e 77, primo comma.(GU n.24 del 20-6-2001 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello n. 11082/1997, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica pro tempore e dal Ministero delle finanze, in persona del Ministro in carica pro tempore rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui sono per legge domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; Contro il dott. Ernesto Del Gizzo, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Ricciardi presso il cui studioe' elettivamente domiciliato in Roma, viale Tiziano, n. 80; per l'annullamento della sentenza del tribunaleamministrativo regionale del Lazio sezione del 18 settembre 1997, n. 1435, resa inter partes, notificata il 10 novembre 1997; Visto il ricorso con relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ernesto Del Gizzo; Vista l'ordinanza di questa sezione n. 1168 del 23 settembre 1998 di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Vista l'ordinanza di questa sezione n. 37 del 5 febbraio 1999 di correzione di errore materiale; Vista l'ordinanza della Corte costituzionale n. 246 del 26 giugno 2000 di restituzione degli atti al giudice rimettente; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta alla udienza pubblica del 24 ottobre 2000 la relazione del consigliere Pietro Falcone e sentiti l'avvocato dello Stato Fiumara e l'avvocato Ricciardi, ciascuno per le parti rispettivamente rappresentate; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Con decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 1997, registrato alla Corte dei conti il 7 marzo successivo, il dr. Ernesto del Gizzo, direttore generale dei monopoli di Stato, e' stato collocato a riposo per motivi di servizio, per "responsabilita' particolarmente grave o reiterata" di cui all'art. 20, comma 9, ultima parte, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29. Contro il provvedimento indicato, nonche' ogni relativo atto presupposto, connesso e conseguenziale, il Del Gizzo ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio che, con sentenza n. 1435 del18 settembre 1997, ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato. La Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero delle finanze hanno proposto appello, contro l'anzidetta sentenza, con ricorso notificato il 4 dicembre 1997, chiedendo la riforma della sentenza stessa. Le ricorrenti ammmistrazioni lamentano la contraddittorieta' della motivazione, l'invasione della discrezionalita' amministrativa e la violazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 29 del 1993. L'intimato Del Gizzo, costituitosi in giudizio, sostiene l'infondatezza del ricorso ed ha riproposto i motivi formulati in primo grado. Con il primo motivo, deduce la questione d'illegittimita' dell'art. 20, comma 9, ultima parte, del d.lgs. n. 29 del 1993, per contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, con riferimento all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di pubblico impiego ...), per eccesso di delega. Secondo l'appellato, l'indicato decreto legislativo violerebbe i principi ed i criteri direttivi fissati dal Parlamento, in quanto ha reintrodotto, per i dirigenti dello Stato, il "collocamento a riposo per ragioni di servizio", laddove la legge di delega prevedeva, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi della gestione, soltanto "la rimozione dalle funzioni ed il collocamento a disposizione". Questa Sezione, con ordinanza n. 1168 del 23 settembre 1998, ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo che la proposta questione di legittimita' costituzionale, oltre che rilevante, non fosse manifestamente infondata. Con ordinanza n. 246 del 26 giugno 2000, la Corte costituzionale ha ritenuto necessaria una verifica da parte deI giudice remittente degli effetti della duplice abrogazione espressa del citato art. 20, comma 9, del d.lgs. n. 29 del 1993, accompagnata da una nuova disciplina. Pertanto, ha restituito gli atti a questa sezione, perche' valutasse se, alla luce dell'intervenuto mutamento del quadro normativo e delle iniziative conseguenziali dell'amministrazione, la questione sollevata sia tuttora rilevante per la definizione del giudizio a quo. L'amministrazioni appellanti, con memoria del 5 ottobre 2000, ed il Del Gizzo, con memoria del 13 ottobre 2000, hanno sostenuto che il nuovo quadro normativo non ha inciso sulla controversia in atto, in quanto le ricordate modificazioni legislative sono intervenute dopo la conclusione del procedimento. D i r i t t o Questa Sezione, con ordinanza n. 1168 del 23 settembre 1998, ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo che la questione di legittimita' costituzionale - formulata nuovamente dal dott. Ernesto Del Gizzo in appello - oltre che rilevante, non fosse manifestamente infondata. Con ordinanza n. 246 del 26 giugno 2000, l'anzidetta Corte, tra l'altro, ha osservato quanto segue: la norma denunciata (d.lgs. n. 29 del 1993, art. 20, comma 9) e' stata gia' abrogata una prima volta espressamente (insieme col comma 10) per effetto dell'art. 43 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che a sua volta contemporaneamente con gli artt. 13 e 14, ha integralmente disciplinato il conferimento degli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali, la loro revoca e la responsabilita' dirigenziale nelle diverse forme connesse alla inosservanza delle direttive generali e ai risultati negativi dell'attivita' amministrativa e della gestione, con due disposizioni che si inseriscono nel d.lgs. n. 29 del 1993, sostituendone gli articoli 19 e 20 e coprendo interamente anche il contenuto dell'art. 20, commi 9 e 10, abrogati, e nello stesso tempo inserendo, nel comma 2 dell'art. 74 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, l'abrogazione del Capo I, Titolo I, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (precedente disciplina); lo stesso d.lgs. n. 80 del 1998 ha dettato una normativa transitoria dell'art. 19 del d.lgs. n. 29 del 1993; l'intero art. 20 del d.lgs. n. 29 del 1993 e' stato, a sua volta, espressamente abrogato (ad eccezione del comma 8) dall'art. 10, comma 2, del d.lgs. 30 giugno 1999, n. 286. Cio' premesso, la stessa Corte ha ritenuto necessaria una verifica degli effetti della duplice abrogazione espressa accompagnata da nuova disciplina, da parte del giudice investito dell'esame della legittimita' dell'atto impugnato. A tal fine, ha restituito gli atti al giudice rimettente, perche' valuti se, alla luce dell'intervenuto mutamento del quadro normativo e delle iniziative conseguenziali dell'amministrazione, la questione sollevata sia tuttora rilevante per la definizione del giudizio a quo. Come sottolineato dalle parti in causa, per il principio generale tempus regit actum l'intervenuto mutamento del quadro normativo non rileva nella specie che ricade sotto la disciplina posta dall'art. 20, comma 9, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall'art, 6 del d.lgs. 10 novembre 1993, n. 470, per cui l'amministrazione non ha assunto ulteriori iniziative. Pertanto, si ripropone la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Del Gizzo. Quanto alla rilevanza, e' sufficiente considerare che l'impugnato provvedimento di collocamento a riposo dell'interessato trova giustificazione nella norma sospettata di illegittimita' costituzionale; di modo che un'eventuale dichiarazione di fondatezza della sollevata questione implicherebbe, per cio' solo, l'accoglimento del ricorso proposto dal dipendente, con l'annullamento del provvedimento impugnato. Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita', va osservato che la legge23 ottobre 1992, n. 421, di delega del Governo, tra l'altro, per la razionalizzazione della disciplina del pubblico impiego, all'art. 2, comma 1, lettera g) n. 3, individua nella "rimozione dalle funzioni e il collocamento a disposizione" la sanzione per i dirigenti, "in caso di mancato conseguimento degli obiettivi prestabiliti dalla gestione". La legge delegata (d.lgs. n. 29/1993), al contrario, all'art. 20, n. 9 nel testo sostituito dall'art. 6 del d.lgs. 18 novembre 1993, n. 470, da un lato, ha previsto il collocamento a disposizione, per l'inosservanza delle direttive e per i risultati negativi della gestione finanziaria, tecnica e amministrativa; dall'altro, ha stabilito che, in caso di responsabilita' particolarmente grave o reiterata, nei confronti dei dirigenti generali o equiparati, puo' essere disposto - in contraddittorio - il collocamento a riposo per ragioni di servizio, anche se non sia mai stato in precedenza disposto il collocamento a disposizione. Di conseguenza, sembra giustificato il sospetto che, cosi' operando, il legislatore delegato abbia esorbitato dai limiti della delega, in violazione degli articoli 76 e 77, comma, della Costituzione, laddove ha introdotto l'istituto del collocamento a riposo per ragioni di servizio, gia' previsto dall'art. 19, comma 7, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748. Quest'ultima norma e' stata poi espressamente abrogata dall'art. 74, del d.lgs. n. 29/1993, nel testo modificato dall'art. 43, del d.lgs. n. 80/1998, in epoca successiva all'adozione del provvedimento impugnato.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 9, ultima parte, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (nel testo sostituito dall'art. 6 del d.lgs. n. 470/1993) per contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione. Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che la stessa venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, addi' 24 ottobre 2000. Il Presidente: Catallozzi Il consigliere estensore: Falcone 01C0547