N. 464 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2001
Ordinanza emessa il 30 marzo 2001 dal tribunale di Pesaro nel procedimento civile vertente tra Bardeggia Marco ed altra e Cassa di Risparmio di Perugia Credito (Istituti di) - Interessi bancari - Clausole anatocistiche contenute in contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della delibera CICR di cui all'art. 25 d.lgs. n. 342/1999 - Prevista validita' ed efficacia fino all'entrata in vigore di tale delibera - Eccesso di delega in rapporto agli artt. 1, comma 5, legge n. 128/1998e 25 legge n. 142/1992 - Violazione dei limiti all'emanazione di norme di interpretazione autentica - Contrasto con la tutela del risparmio - Violazione delle funzioni riservate al potere giudiziario. - D.Lgs. 1o settembre 1993, n. 380, art. 120, comma 3, introdotto dall'art. 25, comma 3, d.lgs. 4 agosto 1999,n. 342 [recte: D.lgs. 4 agosto 1999, n. 342, art. 25, comma 3]. - Costituzione, artt. 3, 24, 47, 76, 101, 102 e 104.(GU n.25 del 27-6-2001 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza, nella causa civile n. 763/1999 R.G e 10/1999-G.I., promossa: da Bardeggia Marco e Benevenuti Gabriella, rappresentati e difesi dall'avv. F. Gori, presso il quale hanno eletto domicilio, come da delega a margine dell'atto di citazione in opposizione, opponenti; Nei confronti della Cassa di Risparmio di Perugia, rappresentata e difesa dall'avv. M. Coli, presso il quale hanno eletto domicilio, come da delega in calce alla comparsa di costituzione e di risposta, opposta; avente ad oggetto: "opposizione a decreto ingiuntivo n. 25/1999, provvisoriamente esecutivo, emesso dal presidente del tribunale il 23 febbraio 1999"; Premesso in fatto Con ricorso in data 23 febbraio Cassa di Risparmio di Perugia - S.p.a. ha esposto, ex art. 633 cod. proc. civ., di essere creditrice nei confronti del creditore principale Marco Bardeggia e del fideiussore Gabriella Benvenuti della somma di L. 54.273.036 oltre ad accessori di legge, in virtu' dello scoperto di c/c n. 52791/61, acceso in data 13-14 luglio 1994, producendo estratti conto al 30 settembre 1998 ed al 31 dicembre 1998 nonche' elaborato contabile della sofferenza. Emessa l'ingiunzione di pagamento, provvisoriamente esecutiva ex art. 642 cod. proc. civ., Marco Bardeggia e Gabriella Benvenuti hanno proposto rituale opposizione con atto di citazione in data 10 maggio 1999 per i seguenti motivi: 1) l'inesattezza della somma ingiunta, non rispondente agli effettivi prelievi; 2) l'applicazione di un tasso di interesse non conforme alle pattuizioni contrattuali; 3) l'inammissibilita' ed illegittimita' del praticato anatocismo nonche' del tasso (10%) di interessi dal 27 gennaio 1999 al saldo di cui al decreto opposto. Gli opponenti, con memoria ex art. 183 cod. proc. civ., hanno prospettato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 3 decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342 nella parte in cui prevede che "le clausole relative alla produzione di interessi su interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci sino a tale data", con riferimento agli artt. 76, 3, 24, 101, 102, 104 e 47 della Costituzione. Osservato in diritto E' evidente la rilevanza della questione di costituzionalita' sul giudizio in corso. Il contrasto esistente tra le parti in ordine al computo degli interessi e la richiesta di parte opponente di un accertamento tecnico circa l'ammontare del debito ed il tasso di interesse applicato postula, infatti, l'applicazione alla fattispecie dell'art. 25 decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 342, entrato in vigore il successivo 15 ottobre, disposizione che dopo aver modificato la rubrica dell'art. 120 decreto legislativo 1o settembre 1993 n. 385, che ora recita "Decorrenza delle valute e modalita' di calcolo degli interessi" ed aggiunto al comma 1 del citato articolo ed il seguente comma "il CICR stabilisce modalita' e criteri per la produzione degli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni di conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicita' nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori", al terzo comma recita "le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci sino tale data e dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilira' altresi' le modalita' e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia puo' essere fatta valere solo dal cliente". E' di tutta evidenza che con la norma surrichiamata il legislatore delegato ha inteso disciplinare la materia dell'anatocismo bancario, dopo che il tradizionale consolidato orientamento giurisprudenziale favorevole alla legittimita' della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dalla clientela e' stato di recente oggetto di un clamoroso retrofront della Cassazione che con due pronunce (16 marzo 1999, n. 2374 e 30 marzo 1999 n. 3096), ha escluso la ricorrenza di un uso normativo che consentisse la deroga alla regola racchiusa nell'art. 1283 codice civile con conseguente nullita' delle clausole dei contratti di conto corrente aventi ad oggetto la capitalizzazione trimestrale. La disposizione di cui all'art. 25 del decreto legislativo n. 342/1999 muove dalla riconosciuta necessita' di stabilire la medesima periodicita' nel conteggio degli interessi attivi e passivi maturati nel corso delle operazioni bancarie - non trovando alcuna valida e ragionevole giustificazione la previsione di una capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori del cliente a fronte di una capitalizzazione annuale degli interessi creditori nei confronti della banca - demandando la specifica disciplina della materia ad un successivo provvedimento del comitato interministeriale per il credito e il risparmio da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Per i contratti stipulati prima di tale data, il legislatore delegato ha, invece stabilito la piena validita' ed efficacia delle clausole che prevedono l'anatocismo. Tale ultima previsione, avente efficacia retroattiva in deroga al disposto dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, appare inequivocabilmente volta ad operare una sanatoria delle situazioni pregresse, risolvendo in radice il contenzioso tra banche e utenti in ordine alla validita' delle clausole in tema di capitalizzazione trimestrale, vorticosamente cresciuto in seguito al richiamato recente orientamento della Suprema Corte. Non v'e' dubbio, quindi, che la normativa in parola trovi immediata applicazione nel giudizio in corso ed assuma rilevanza ai fini dell'indagine tecnico - contabile da esperire e, in definitiva, in ordine alla decisione della causa. Sussistono pero', come detto, consistenti dubbi in merito alla legittimita' costituzionale dell'art. 25 comma 3 decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 342 sotto vari profili: 1) Contrasto con l'art. 76 della Costituzione carenza assoluta di legge delega. Il decreto legislativo 342/1999 rilevante nel presente giudizio, e' stato infatti emanato in attuazione dell'art. 1, quinto comma, legge n. 128/1998 che delegava il governo ad amare "disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 385/1993 e successive modificazioni nel rispetto dei principi e criteri direttivi con l'osservanza della procedura indicati nell'art. 25, legge n. 14/1992". Nel testo dell'art. 25, legge n. 142/1992 non era pero' contenuto alcun principio e criterio direttivo attinente alla materia dell'anatocismo; la delega legislativa concerneva soltanto il generico potere del governo di emanare disposizioni integrative e correttive del t.u. bancario. Pertanto da tale delega con oggetto puramente tecnico-formale (in ossequio all'art. 76 della Costituzione) era espressamente esclusa la possibilita' di determinare una sanatoria delle clausole bancarie sull'anatocismo a mezzo di un interpretazione autentica delle norme giuridiche preesistenti (implicitamente richiamate dal testo dell'art. 120, terzo t.u. bancario). D'altronde, il vecchio testo del t.u. bancario non conteneva disposizioni specifiche in tema di anatocismo, come tali suscettibili di integrazione e/o correzione. In nessun caso, comunque, la legge avrebbe potuto delegare al governo l'interpretazione autentica implicita o esplicita di norme giuridiche. Dal testo dell'art. 76 della Costituzione emerge che il potere di normazione delegato al governo riguarda le sole scelte c.d. di discrezionalita' tecnica, e cioe' l'individuazione delle soluzioni di dettaglio, empiricamente meglio praticabili per la realizzazione delle scelte di merito risultanti dalla legge-delega, e riservate al Parlamento. L'interpretazione autentica di una o piu' norme implicando una scelta tra due prospettazioni egualmente possibili, ma tra loro contrapposte comporta necessariamente l'esercizio di una discrezionalita' non meramente tecnica, bensi' di merito e politica, come tale fuori dei poteri normativi del governo. Si rileva pertanto la necessita' di una chiara demarcazione nei rapporti tra i poteri dello Stato, al fine di evitare che all'abuso sistematico della decretazione d'urgenza, venuto meno dopo la sentenza della Consulta n. 360/1996, si sostituisca l'abuso della legislazione delegata. 2) L'art. 25, comma 3, d.lgs n. 342/1999, come norma interpretativa - Contrasto con gli artt. 3, 24, 101, 102 e 104 della Costituzione. A) Violazione dei limiti costituzionali al potere del legislatore di emanare disposizioni interpretative. In ogni caso se il legislatore delegato avesse inteso dare un'interpretazione autentica dell'art. 1283 codice civile, avrebbe dovuto occuparsi complessivamente della disciplina dell'anatocismo, quale fonte di obbligazione riferibile a qualsiasi tipo di negozio giuridico. Cio' in quanto nella sistematica del codice l'istituto dell'anatocismo e' collocato fra le obbligazioni in generale (piu' specificamente le obbligazioni pecuniarie) e di conseguenza riguarda tutti i contratti dai quali derivino obbligazioni pecuniarie. La norma in esame invece fa esclusivo riferimento al ristretto ambito dei contratti bancari, come e' facilmente desumibile dal secondo comma dello stesso art. 25, che tratta solo degli "interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria". L'interpretazione autentica non puo' restringere l'ambito di efficacia della disposizione oggetto di interpretazione; ne' puo' introdurre discipline differenziate per fattispecie particolari (l'anatocismo nei soli contratti bancari ai sensi dell'art. 25 in esame) che rientrano nell'ambito della disciplina previgente insieme ad altre fattispecie in un contesto sistematico piu' generale (l'anatocismo in tutte le obbligazioni pecuniarie e dunque in tutti i contratti ai sensi dell'art. 1283 c.c.). In base a tali considerazioni pertanto l'art. 25 decreto legislativo n. 342/1999 va ben oltre i limiti entro i quali deve mantenersi la norma interpretativa: la disposizione in esame si limita infatti da un'apodittica affermazione di validita' ed efficaci a delle clausole sull'anatocismo contenute nei contratti bancari stipulati prima dell'entrata in vigore della futura delibera con cui il CICR fissera' le modalita' e i criteri per la produzione degli interessi sugli interessi. Essa pertanto non contiene alcuna norma che possa saldarsi sul piano interpretativo con l'art. 1283 codice civile per dar luogo ad un precetto normativo unitario fornendo cosi' elementi ermeneutici utili alla interpretazione di leggi preesistenti. La norma in esame invece esprime solo un giudizio diretto a dirimere senza motivazione contenziosi pendenti o eventuali. B) Violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza (art. 3 Cost). Il principio di ragionevolezza contenuto nell'art. 3 della Costituzione, quale principio di uguaglianza che si traduce in un "generale canone di coerenza dell'ordinamento") (Corte costituzionale n. 204/1982) e' violato, secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale, tutte le volte che una "norma generale" ritenuta valida sia ingiustificatamente derogata da una "disciplina particolare" (Corte costituzionale n. 46/1983). Nel caso in esame la "norma generale" e' dettata dal combinato disposto degli artt. 1283 codice civile e 25 commi primo e secondo del d. lgs n. 342/1999. Dall'interpretazione sistematica di dette norme si evince che in nessun caso e' legittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi a favore delle banche fino ad oggi praticata. Ed infatti in base all'art. 1283 codice civile l'anatocismo, fatti salvi gli usi contrari, e' ammesso solo a determinate condizioni, cioe' a decorrere dalla domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla scadenza e comunque per interessi dovuti da almeno sei mesi; sicche' in mancanza di usi contrari, l'anatocismo si riduce a ben poca cosa, in quanto inizia a decorrere solo dal momento in cui il creditore intraprende l'azione giudiziaria contro il debitore, oppure per volonta' del debitore manifestata in seguito alla scadenza degli interessi base. E' evidente che la ratio della norma risiede nell'interesse collettivo alla tutela del debitore da facili esposizioni alla levitazione dei tassi (spesso fino ai limiti dell'usura) in conseguenza della sua posizione di contraente debole. Per altro verso, in base all'art. 25 comma 2 decreto legislativo n. 342/1999, l'anatocismo nei contratti bancari che saranno stipulati in futuro, potra' aversi solo in base al ripristino di una situazione contrattuale di equilibrio fra clienti e banche, ossia a condizione che le medesime modalita' di calcolo degli interessi composti siano fissate sia per gli interessi creditori che per quelli debitori delle banche. Da tale quadro normativo di riferimento si evince che il legislatore per il passato (in forza del precetto contenuto nell'art. 1283 codice civile e per il futuro (in forza della novella di cui all'art. 25 secondo comma) ha inteso sempre tutelare il contraente piu' debole (il debitore in generale con l'art. 1283; ed il cliente delle banche con l'art. 25 secondo comma), ponendolo al riparo dalle facili pressioni alle quali puo' essere assoggettato in forza della necessita' che talora lo costringe a fare ricorso al credito in misura crescente e progressiva. Dunque la medesima ratio ispiratrice congiunge le due disposizioni, facendone una "norma generale" posta a tutela del contraente piu' debole e comunque del risparmiatore (ai sensi dell'art. 47 Cost.). In stridente ed illogico contrasto con detta "norma generale" si pone il terzo comma del predetto art. 25, in quanto integra una "norma speciale" che ingiustificatamente deroga alla ratio ed alla disciplina della "norma generale" disponendo che per il passato, ossia per i contratti stipulati sotto la vigilanza dell'art. 1283 codice civile le clausole relative all'anatocismo restano "valide ed efficaci". Cio' non ha alcun logico fondamento, e' in contrasto con il generale canone di coerenza interna all'ordinamento e crea una manifesta ed ingiusta discriminazione nei danni di coloro i quali sotto la vigenza dell'art. 1283 codice civile avevano pattuito con le banche interessi anatocistici ed oggi si vedono improvvisamente privati della tutela di una norma che era vigente per tutta la durata del rapporto fin dal momento della pattuizione dell'anatocismo e che li poneva al riparo dell'illegittimita' di tale clausola per i casi in cui la stessa fosse stata applicata al di fuori dei limiti e delle condizioni previste nello stesso art. 1283 codice civile. Inoltre la manifesta ingiustizia e disparita' di trattamento si configura anche in danno degli altri operatori economici e quali, a differenza delle banche, alle quali soltanto si riferisce la novella dell'art. 25, non beneficiano dell'affermazione di validita' ed efficacia dei contratti (ad esempio di conto corrente ordinario) eventualmente stipulati con previsione di interessi anatocistici. C) Violazione delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (artt. 24, 101, 102 e 104 della Costituzione). L'art. 25 comma 3 decreto legislativo n. 342/1999, non contenendo alcun precetto dotato di generalita' ed astrattezza ed affermando la validita' e l'efficacia delle clausole sulla capitalizzazione trimestrale contenute in tutti i contratti stipulati in passato dalle banche, svolge una funzione prettamente giurisdizionale, in quanto si sostituisce all'autorita' giudiziaria nel dirimere il contenzioso in atto fra le banche e clienti che verte proprio sulla validita' delle clausole contrattuali relative all'anatocismo. In tal modo e' stato privato il cittadino della possibilita' di tutelare i propri diritti ed interessi legittimi dinanzi all'autorita' giurisdizionale (art. 24 Cost); e' stata violata la riserva della funzione giurisdizionale in favore dei magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sul regolamento giudiziario (art. 102 Cost); e' stata violata l'indipendenza e l'autonomia della magistratura (art. 104 Cost) sia in conseguenza del contrasto con la riserva di cui innanzi, sia per avere un altro potere dello Stato imposto ai giudici la soluzione di singoli casi giudiziari. 3) Contrasto con gli art. 3 e 47 cost. Le clausole sull'anatocismo trimestrale contrastano con il principio costituzionale della tutela del risparmio e in particolare con il principio contenuto nell'art. 47 secondo comma della costituzione per cui le norme che disciplinano il credito dovrebbero favorire l'accesso al risparmio verso investimenti produttivi. Il meccanismo dell'anatocismo trimestrale determina un enorme aumento effettivo del costo del denaro, traducendosi in un generale aumento dei costi delle imprese, incidendo sul livello dei prezzi di mercato e sulla competitivita' soprattutto dei piccoli e medi operatori rispetto a quelle delle grandi imprese nazionali e di produttori esteri riducendo la competitivita' degli operatori economici in tutte le sue forme. Per effetto della diffusione dei meccanismi dannosi dell'anatocismo trimestrale, le banche vengono o meno al loro compito istituzionale di intermediari nell'uso del risparmio, compito che ha una funzione produttiva. La norma in esame violando i suddetti principi costituzionali, e' rivolta a convalidare gli effetti dannosi di una politica oligopolistica e di cartello imposta agli operatori economici, ma non da loro accettata, in violazione della norma generale contenuta nell'art. 1283, ispirata ai principi di ordine pubblico e di tutela del contraente piu' debole del risparmio. Una norma siffatta, finalizzata a convalidare una pratica dannosa per l'economia ed imposta in violazione di una norma civilistica generale si pone pero' in contrasto con i principi di ragionevolezza e coerenza interna dell'ordinamento contenuti nell'art. 3 della Costituzione nonche' con i principi di tutela del risparmio di cui all'art. 47 della Costituzione;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 76, 3, 24, 101, 102, 104 e 47 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, terzo comma del decreto legislativo1o settembre 1993, n. 380, come introdotto dall'art. 25 decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, nella parte in cui prevede che "le clausole relative alla produzione di interessi su interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci sino a tale data"; Sospende il giudizio ai sensi e per gli effetti dell'art. 295 cod. proc. civ.; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Pesaro il 30 marzo 2001. Il giudice unico: Miscione 01C0555