N. 473 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 aprile 2001
Ordinanza emessa l'11 aprile 2001 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Galati Francesco e provincia di Milano Sanzioni amministrative - Successione di leggi - Applicabilita' della legge posteriore che prevede un trattamento sanzionatorio piu' favorevole all'autore dell'illecito, salva la definitivita' del provvedimento di irrogazione o l'intervenuto pagamento - Mancata previsione - Ingiustificato deteriore trattamento rispetto alle sanzioni amministrative tributarie e valutarie. - Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 1, secondo comma; d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 52, comma 1 (come modificato dall'art. 7, comma 12, del d.lgs. 8 novembre 1997, n. 389). - Costituzione, art. 3.(GU n.25 del 27-6-2001 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile RG 52521/2000, discussa all'udienza dell'11 aprile 2001, promossa con ricorso depositato da Francesco Galati, in proprio e quale legale rappresentante dellaAutotrasporti F.lli Galati snc di Francesco & C., entrambi elettivamente domiciliati presso il dott. AntoninoBorzumati, via Natta n. 15, Milano, ricorrenti nei confronti della provincia di Milano, rappresentata e difesa dai funzionari provinciali dottori Cecilia Franzoi, Marialuisa Pozzi, Luigi Castiglioni ed Egle De Matteis, giusta deliberazione della giunta provinciale n. 862/2000 in data 16 novembre 2000, resistente. Oggetto: opposizione ex art. 22 ss legge 689/1981. Premesso che: gli opponenti hanno tempestivamente impugnato l'ordinanza 28 agosto 2000 con la quale la provincia ha loro ingiunto il pagamento della somma di lire 5.025.000 per aver inviato con un ritardo di quarantotto giorni (il 17 settembre 1997 anziche' entro il 31 luglio 1997) il MUD (modello unico di dichiarazione) relativo ai rifiuti (olii usati, quale prodotto della manutenzione dei veicoli nell'attivita' di autotrasporto) prodotti e smaltiti nell'anno 1996 (art. 11, comma 3 e 52, comma 1 d.lgs 5 febbraio 1997, n. 22), chiedendone, previa sospensione, la declaratoria di nullita' o in subordine di annullabilita' o inefficacia; l'opposizione si fonda sull'errata indicazione, nel verbale di accertamento, della norma violata (essendo stato indicato l'art. 12, comma 1 d.lgs. n. 22/1997 anziche' l'art. 11, comma 3) e soprattutto sulla pretesa inapplicabilita' alla specie della sanzione di cui all'art. 52, comma 1 d.lgs. 22/1997, sanzione da lire 5 milioni a lire 30 milioni, riferibile, secondo gli opponenti, soltanto all'omesso invio del MUD e non anche al semplice ritardo (contenuto in sessanta giorni), comportamento (congruamente) sanzionato (da lire 50.000 a lire 300.000) solo successivamente, con il d.lgs. n. 389 dell'8 novembre 1997; la provincia si e' costituita deducendo l'ininfluenza del rilevato errore materiale (posto che dal contesto dell'atto risultava comunque chiaro l'illecito contestato e non si era in alcun modo pregiudicato il diritto di difesa) e sostenendo che prima della modifica apportata dal d.lgs. n. 389/1997 l'ipotesi del ritardo nell'invio doveva ritenersi equiparata, sotto il profilo sanzionatorio, all'omissione totale; ha sostenuto altresi' che la sanzione piu' mite introdotta con il decreto del novembre 1997 non poteva essere applicata nella fattispecie in mancanza di una specifica norma, stante i principi' di legalita' e irretroattivita' di cui all'art. 3, legge n. 689/1981, come intesi da costante giurisprudenza; le parti, fruendo dei termini concessi ex art. 23 legge n. 689/1981, hanno depositato ulteriori memorie, gli opponenti insistendo per l'annullamento della sanzione o, in subordine, per l'applicazione della disposizione piu' favorevole, l'opposta, ribadendo la tesi dell'inapplicabilita' della sanzione ridotta perche' introdotta successivamente alla commissione e all'accertamento del fatto e perche' non richiesta dall'opponente nel ricorso; infine, all'odierna udienza, le parti hanno discusso la causa richiamandosi ai rispettivi atti; Considerato che sembra necessario sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con l'art. 3 Cost., dell'art. 1, comma 2, legge n. 689/1981 ovvero dell'art. 7, comma 12 del d.lgs. n. 389/1997, che ha modificato l'art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 22/1997, entrambi nella parte in cui non prevedono che se la legge in vigore al momento in cui fu commessa la violazione e quella posteriore stabiliscono sanzioni amministrative diverse, si applichi la legge piu' favorevole al responsabile, salva la definitivita' del provvedimento di irrogazione o l'intervenuto pagamento. Trattasi invero di questione rilevante e non manifestamente infondata. Rilevante, perche', ferma l'insignificanza dell'errato richiamo nel verbale della norma violata (che non ha inciso sulla chiara percezione dell'illecito contestato e sulla piena esplicazione, documentata in atti, del diritto di difesa degli interessati), la possibilita' di applicare la nuova disposizione consentirebbe l'irrogazione di una sanzione di importo pari ad un centesimo (1/100) di quella prevista dalla norma precedente, a termini della quale il ritardo doveva considerarsi senz'altro parificato all'omesso invio. Ne' sembra sostenibile la tesi della resistente, per cui comunque difetterebbe una tempestiva domanda degli opponenti in tal senso. Da un lato, tale domanda, in relazione alle conclusioni assunte di nullita' o annullabilita' e inefficacia, sembra potersi ravvisare gia' nel ricorso (cfr. punto 10, ove la modifica di cui al d.lgs. n. 383/1997 viene indicata come importante "per il caso di specie" la sanzione "da lire 50.000 a lire 300.000, sicuramente adeguata e non sproporzionata e (il?) legittima rispetto a quella applicata..."). Dall'altro lato, si tratta nella fattispecie di individuare la norma sanzionatrice di una certa pacifica condotta e a fronte delle contrapposte tesi delle parti sull'applicabilita' o meno dell'art. 52 vecchio testo, la precisa individuazione della norma applicabile e' questione che attiene alla necessaria verifica della fondatezza della pretesa (afflittiva) azionata, non diversamente da quanto accade in un ordinario giudizio di cognizione in ordine all'accertamento di un dato credito, ex adverso interamente contestato e la cui fondatezza il giudice riconosce solo parzialmente. Non manifestamente infondata, perche', per giurisprudenza consolidata, in tema di illeciti amministrativi (sia tali ab origine, sia derivanti da depenalizzazione) i principi di legalita', irretroattivita' e il divieto di analogia escluderebbero l'applicabilita' della disciplina posteriore piu' favorevole, ex art. 2 c.p.; sicche' una eventuale pronuncia di segno diverso adottata in questa sede sarebbe ragionevolinente destinata a scontrarsi con il "diritto vivente" e dunque alla riforma. Orbene, a parte le perplessita' che discendono da motivazioni incentrate su divieti di analogia (per lettera e ratio delle relative norme evidentemente giustificabili se circoscritti ad interpretazioni in malam partem) o su differenze qualitative delle situazioni considerate (che riguardano gli effetti piuttosto che l'intrinseca natura afflittiva comune al fatto-reato e all'illecito amministrativo, distinguibili come tali solo per scelta discrezionale del legislatore e non certo per una loro differenza ontologica), non sembra possibile in questa sede trascurare un fenomeno che pare ormai porsi in termini di evoluzione ordinamentale. Non vi e' piu' infatti soltanto il riferimento all'art. 2 c.p., la cui applicazione analogica tanti problemi pone. Gli stessi principi sono stati introdotti nel sistema delle sanzioni amministrative tributarie (art. 3 d.lgs. n. 472/1997), rispetto al quale non sembrano ipotizzabili le "differenze qualitative" dedotte quasi in modo traslatizio dalla costante giurisprudenza per escludere il ricorso all'analogia. Ed ora anche nel sistema delle sanzioni amministrative valutarie. Cosi' l'art. 23-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 148/1988 - testo unico norme valutarie - introdotto dall'art. 1 della legge 7 novembre 2000 n. 326, che, nell'abrogare il comma 2 dell'art. 23 testo unico cit. affermante, pur con qualche ambiguita', il principio di ultrattivita' della norma sanzionatoria, ribadisce il principio di legalita', esclude espressamente l'assoggettamento a sanzioni che secondo una legge posteriore non costituiscono violazione punibile e sancisce l'applicazione della legge piu' favorevole, salva la definitivita' del provvedimento di irrogazione. Detta norma, poi, abrogando il principio di ultrattivita' e introducendo le regole gia' estese dal sistema penale a quello delle sanzioni tributarie (disciplina ex nunc, contestuale e identica, nei limiti del favor, per le situazioni comunque non definite), si pone nel segno della continuita' anche con la recente abrogazione dell'art. 20 legge n. 4/1929 (che prevedeva l'ultrattivita' delle norme penali finanziarie) ad opera dell'art. 24 del d.lgs. n. 507/1999. Ma la circostanza forse piu' significativa, ed espressiva della consapevolezza dello stesso legislatore dell'esigenza di ovviare alla mancata originaria previsione di una disciplina transitoria collegata alle modifiche del d.lgs. n. 389/1997, puo' ravvisarsi nella iniziativa parlamentare tendente alla modifica legislativa dell'art. 57 del decreto Ronchi (n. 22/1997), ora decaduta a causa dello scioglimento delle Camere. Come documentato dalla stessa resistente, infatti (doc. 8), fra gli emendamenti proposti dal relatore figurava anche un comma 6-quater, da aggiungere all'art. 57 (recante disposizioni transitorie) del piu' volte citato decreto n. 22/1997 ai sensi del quale "Se la legge del tempo in cui fu commesso l'illecito amministrativo e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono piu' favorevoli al responsabile, salvo che la relativa sanzione amministrativa sia stata pagata o sia stata determinata in modo definitivo" Nel contesto sopra richiamato, la differenza di trattamento sanzionatorio nella misura del centuplo per fatti commessi a distanza di pochi mesi e poi contestualmente giudicati e altresi' la differenza di trattamento rispetto a settori contigui dell'ordinamento sanzionatorio amministrativo (tributario e valutano) oltreche' penale, appare a questo giudice (come gia' al legislatore che ha tentato invano di porvi rimedio) ingiustificata e manifestamente irragionevole, tanto da richiedere la pronuncia del giudice delle leggi. E, stante l'evoluzione dell'ordinamento, la questione sembra proponibile, alternativamnte, in termini generali, con riguardo all'art. 1, comma 2, legge n. 689/1981 o in particolare, con riguardo all'art. 7, comma 12, del d.lgs. n. 389/1997, che ha modificato l'art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 22/1997.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata. in relazione all'art 3 della Costituzione, la sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, legge n. 689/1981 ovvero dell'art. 7, comma 12, del d.lgs.n. 389/1997, che ha modificato l'art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 22/1997, entrambi nella parte in cui non prevedono che se la legge in vigore al momento in cui fu commessa la violazione e quella posteriore stabiliscono sanzioni amministrative diverse, si applichi la legge piu' favorevole al responsabile, salva la definitivita' del provvedimento di irrogazione o l'intervenuto pagamento; Dispone la sospensione del giudizio in corso e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, dando atto che della stessa ordinanza all'odierna udienza e' stata data integrale lettura alle parti in causa. Milano, addi' 11 aprile 2001. Il giudice: Bonaretti 01C0567