N. 481 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 2001

Ordinanza  emessa  il  31  marzo  2001  dal  giudice  per le indagini
preliminari  dal  tribunale di Aosta nel procedimento penale a carico
di Ben El Hadj Taoufik Ben Hedi

Processo  penale - Misure cautelari personali - Arresti domiciliari -
  Trasgressione  alle  prescrizioni  imposte  -  Prevista  automatica
  sostituzione  della  misura  con la custodia cautelare in carcere -
  Disparita'  di  trattamento  rispetto  alle  altre misure cautelari
  coercitive  -  Irragionevole  esercizio  della discrezionalita' del
  legislatore.
- Cod. proc. pen., art. 276, comma 1-ter.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.25 del 27-6-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la seguente ordinanza di trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale,  visto  l'art. 23  della  legge 11 marzo 1953,
n. 87.
    Il giudice per le indagini preliminari, dott. Fabrizio Gandini:

                          Ritenuto in fatto

    Con  ordinanza  di  questo giudice per le indagini preliminari in
data  8  luglio  2000  veniva  sostituita  la  misura cautelare della
custodia  in  carcere  a  carico  di  Ben  El  Hadj Taoufik ben Hedi,
imputato  del  delitto  previsto  dall'art. 73  comma  1, decreto del
Presidente  della  Repubblica n. 309/1990 con la misura degli arresti
domiciliari, da scontarsi presso la dimora in Cesena.
    Con  annotazione  di  servizio  del  N.O.R.M.  dei Carabinieri di
Cesena, in data 19 marzo 2001, si comunicava a questo ufficio ed alla
Procura  della  Repubblica  presso il Tribunale di Aosta che: "Ben El
Hadj  Taoufik  Ben  Hedi  si  trovava (alle ore 14.20 dello stesso 19
marzo 2001, n.d.r.) all'altezza della banchina stradale, ben oltre la
recinzione   dell'abitazione   in   cui  deve  scontare  gli  arresti
domiciliari".
    Il pubblico ministero, in relazione alla predetta annotazione, ha
chiesto  l'applicazione dell'art. 276comma 1-ter c.p.p., disponendo -
di  conseguenza  - la revoca della misura degli arresti domiciliari e
la suasostituzione con la custodia cautelare in carcere.

                       Considerato in diritto

    Questo  G.I.P.  ritiene  di  sollevare,  d'ufficio,  questione di
legittimita'  costituzionale  della  disposizione dell'art. 276 comma
1-ter  c.p.p.  per  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione, nella
parte  in  cui  prevede  l'automatica sostituzione della misura degli
arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere - in caso di
trasgressione  alle  prescrizioni  imposte ex art. 284 c.p.p. - senza
alcuna  possibilita'  da  parte  dell'autorita'  giudicante di tenere
conto della entita', dei motivi e delle circostanze della violazione.
    Preliminarmente   deve   ritenersi   che   anche  l'incidente  di
esecuzione sulla misura cautelare in atto, seppur del tutto episodico
ed  eventuale,  costituisca  giudizio  ai  sensi  dell'art. 23  legge
n. 87/1953,  atteso che il mimimun richiesto per la sussistenza di un
giudizio  e' costituito dalla circostanza che, nella fattispecie, sia
posta  in  discussione  la  concreta tutela di un diritto soggettivo,
quali  che  siano  le  forme  del  procedimento instaurato (in questo
senso, Corte Costituzionale Sentenza n. 212/1997). In particolare, la
competenza  di  questo  g.i.p.  si radica ai sensi dell'art. 91 disp.
att. c.p.p., essendo stato proposto ricorso per Cassazione avverso la
sentenza   di  applicazione  della  pena  su  richiesta  della  parti
all'udienza preliminare del 15 dicembre 2000.
    La  questione  e' rilevante, non potendo provvedersi sull'istanza
formulata  dal pubblico ministero indipendentemente dalla risoluzione
della  questione  di  legittimita' costituzionale della norma citata.
Secondo  il  costante  orientamento  della  Corte costituzionale: "la
pregiudizialita'  della  questione medesima, conditio sine qua non ai
fini  del  giudizio  incidentale  di  legittimita' costituzionale, si
concreta  solo  allorche'  il  dubbio  investa  una  norma  dalla cui
applicazione,  ai  fini  della definizione del giudizio innanzi a lui
pendente,  il  giudice  a quo dimostri di non poter prescindere" (per
tutte,  Corte  Costituzionale  Sentenza  n. 190/1984).  Nel  caso  di
specie,  invero,  l'art. 276  comma  1-ter  c.p.p.  e'  l'unica norma
giuridica che disciplina la fattispecie concreta oggetto del presente
giudizio.  Per espressa disposizione legislativa: "In deroga a quanto
previsto  nel  comma  1,  in  caso di trasgressione alle prescrizioni
(...)",  all'organo giudicante non e' lasciata alcuna possibilita' di
valutare  l'entita'  ed  i  motivi  della  violazione.  Nel  caso  di
accertamento  di  una  violazione  alle  prescrizioni  imposte con la
misura degli arresti domiciliari: "il giudice dispone la revoca della
misura  e  la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere".
La norma e' formulata in modo univoco, nel senso che all'accertamento
della  violazione deve seguire - in ogni caso - la sostituzione della
misura con la custodia cautelare in carcere.
    Tanto premesso, l'art. 276 comma 1-ter c.p.p., nella parte in cui
prevede la obbligatoria ed automatica sostituzione della misura degli
arresti  domiciliari con la custodia cautelare in carcere, in caso di
trasgressione   alle   prescrizioni   concernenti   il   divieto   di
allontanarsi  dalla  propria  abitazione  o da altro luogo di privata
dimora,  senza  alcuna possibilita' di valutare l'entita', i motivi e
le  circostanze della trasgressione, appare in contrasto con l'art. 3
della Costituzione. Non vi e' dubbio che la norma dell'art. 276 comma
1-ter  c.p.p.,  cosi'  come  formulata,  sia  del tutto conforme alla
disposizione   dell'art. 13   comma  2  della  Costituzione,  essendo
specificamente  descritta  la  fattispecie  astratta che determina la
restrizione  della  liberta' personale della persona (gia) sottoposta
alla   misura   degli   arresti   domiciliari.  Ne'  puo'  venire  in
considerazione  il  disposto dell'art. 27 della Costituzione, essendo
inapplicabile   alla   misure   cautelari   coercitive  per  costante
giurisprudenza della Corte costituzionale.
    Tuttavia,   appare  evidente  il  contrasto  con  l'art. 3  della
Costituzione,   per   violazione  del  principio  di  eguaglianza  ed
irragionevole  esercizio  della discrezionalita' del legislatore. Due
sono   le  posizioni  oggetto  della  comparazione,  e  dunque  della
irragionevole  discriminazione:  colui che e' sottoposto ad un misura
cautelare  personale, sia essa coercitiva od interdittiva e colui che
e'   sottoposto   alla   misura  cautelare  personale  degli  arresti
domiciliari.  Nel  primo  caso,  la  trasgressione  alle prescrizioni
imposte   dal   giudice   viene  da  questi  valutata,  tenuto  conto
dell'entita'  dei  motivi  e  delle circostanze della violazione; nel
secondo  caso,  non  vi  e'  nessuna  violazione,  ma  la  automatica
sostituzione con la misura della custodia cautelare.
    La   discriminazione  tra  le  due  situazioni  di  fatto  appare
ragionevole  ed  arbitraria,  dettando  una  diversa  disciplina  per
situazioni  sostanzialmente omogenee. La Corte costituzionale, con la
nota  sentenza  n. 450/1995,  ritenne costituzionalmente legittima la
discriminazione   stabilita  -  proprio  nella  materia  cautelare  -
dall'art. 273   comma 3   c.p.p,   per  i  reati  gravitanti  intorno
all'art. 416-bis    c.p..    Occorre    pero'   rilevare   che   tale
discriminazione  venne  ritenuta  non irragionevole in considerazione
dell'elevato   e  specifico  coefficiente  di  pericolosita'  per  la
convivenza  e la sicurezza collettiva inerente a tali reati. Nel caso
che  ci  occupa  non  puo'  ritenersi  che  la misura cautelare degli
arresti  domiciliari  venga  sempre  applicata  in  relazione a reati
caratterizzati dell'elevato e specifico coefficiente di pericolosita'
per  la  convivenza  e  la  sicurezza collettiva. Infatti, l'art. 280
c.p.p. - quanto alle condizioni di applicabilita' - dispone che tutte
le  misure coercitive possono essere applicate solo quando si procede
per  delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o
della  reclusione  superiore  nel  massimo ad anni tre (comma 1). Non
viene  compiuta  alcuna  distinzione  tra  la  misura  degli  arresti
domiciliari  e  le  altre  misure  coercitive. La differenza tra tali
misure  non  e'  nella  gravita'  dei  reati  che ne costituiscono il
presupposto,  ma  nella  quantita' di liberta' personale che viene in
concreto sacrificata.
    Viceversa,  l'art. 280  c.p.p.  introduce una distinzione, quanto
alla gravita' dei reati, tra la custodia cautelare in carcere e tutte
le  altre  misure cautelari coercitive (art. 280 comma 2 c.p.p. ). In
breve:  la  discriminazione appare ragionevole solo in considerazione
di  una  specifica  e  diversa  gravita'  dei reati presupposto (cfr.
Sentenza  n. 450/1995  della Corte costituzionale); l'art. 280 c.p.p.
equipara,  quanto  alla  gravita'  dei reati, la misura degli arresti
domiciliari  con  le  altre  misure  coercitve.  Ergo: l'art. 3 della
Costituzione appare violato anche secondo un ulteriore profilo.
    Nel  caso  previsto  dall'art. 276  comma 1-ter c.p.p. il giudice
viene  privato del potere/dovere di adeguare la misura cautelare alle
esigenze cautelari da soddisfarsi nel caso concreto (art. 275 comma 1
c.p.p.  ) e - soprattutto - di garantire la proporzione tra la misura
cautelare  applicata  e la gravita' del fatto. L'automatismo previsto
dalla   norma  censurata  consente  di  poter  affermare  che,  nella
sostanza,   la   misura   della   custodia   cautelare  applicata  in
sostituzione  agli  arresti domiciliari altro non costituisce che una
mera  sanzione  alla  disobbedienza  posta  in  essere dal prevenuto.
L'ulteriore  sacrificio  della liberta' personale cosi' imposto puo',
tenuto   conto   delle   circostanze,   non   essere  in  alcun  modo
giustificato,  rispetto  alla  soddisfazione delle esigenze cautelari
ricorrenti  ed alla proporzione con il reato per il quale si procede.
Correttamente   l'art. 276  comma  1  c.p.p.  affida  la  giudice  la
valutazione  relativa  alla  sostituzione od al cumulo con una misura
cautelare  piu' grave, "tenuta conto dell'entita', dei motivi e delle
circostanze   della   violazione.".   Viceversa,  nei  casi  previsti
dall'art. 276  comma  1-ter,  tale  valutazione e' stata compiuta una
volta e per sempre dal legislatore.
    Per  tutti  questi  motivi  deve  essere ordinata la trasmissione
degli   atti  alla  Corte  costituzionale,  per  la  decisione  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata d'ufficio, con
tutti, i provvedimenti imposti dall'art. 23 legge n. 87/53.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio in corso;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la predetta ordinanza sia
notificata al pubblico ministero ed all'imputato;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la predetta ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al
Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
        Aosta, addi' 31 marzo 2001
           Il giudice per le indagini preliminari: Gandini
01C0575