N. 486 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 luglio 2000

Ordinanza   emessa   il   14   luglio   2000  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  15  maggio  2001)  dal  tribunale  di Pescara nel
procedimento  civile  vertente  tra Tirino Impianti S.r.l. ed altri e
Caripe S.p.a.

Credito  (Istituti  di)  - Interessi bancari - Clausole anatocistiche
  contenute in contratti stipulati anteriormenteall'entrata in vigore
  della  delibera  CICR  di  cui  all'art.  25  d.lgs.  n. 342/1999 -
  Prevista validita' ed efficacia fino alla data di entrata in vigore
  di  tale  delibera  -  Irragionevole  trattamento  di favore per le
  banche  rispetto  agli  altri  operatori  economici - Irragionevole
  deroga   alle   norme  generali  sull'anatocismo  -  Contrasto  con
  l'utilita' e i fini sociali del credito e del risparmio.
- D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, art. 25, commi 2 e 3.
- Costituzione, artt. 3, 41, secondo e terzo comma, e 47.
(GU n.25 del 27-6-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    A  scioglimento  della  riserva assunta all'udienza del 31 maggio
2000  nel  procedimento  iscritto  al  n. 805 r.g.a.c. dell'anno 2000
promosso da Tirino Impianti S.r.l., Piero Salvatore, Donato Salvatore
e  Diego  Salvatore  nei  confronti della Caripe S.p.a. rileva quanto
segue:
        con  atto di citazione notificato il 10 marzo 2000 i predetti
proponevano   opposizione   avverso   il  decreto  ingiuntivo  di  L.
852.008.040,  provvisoriamente  esecutivo, emanato dal Presidente del
tribunale  di  Pescara  in  data  26  gennaio 2000 su richiesta ed in
favore   della   Caripe,   eccependo   l'applicazione   di  interessi
ultralegali  non  dovuti  ed in particolare, lamentando la violazione
dell'art. 1283  c.c.  per  capitalizzazione trimestrale delle spese e
competenze passive.
    L'istituto di credito opposto, costituitosi, contestava punto per
punto  le  doglianze  ex adverso sollevate deducendo essere legittima
l'applicazione di interessi anatocistici su base trimestrale.
    Devesi  premettere  che  la  suprema  Corte, inaugurando un nuovo
orientamento  in  materia,  si  e'  pronunciata per la nullita' delle
clausole che, in relazione agli usi, nel settore bancario, consentono
l'anatocismo  trimestrale  (cfr. Cass. 16 marzo 1999, n. 2374 e Cass.
30  marzo  1999,  n. 3096),  e  che, successivamente, il legislatore,
avvalendosi  della  delega  conferitagli  dalla legge n. 128 del 1998
(legge  comunitaria anni 1995-1997), con d.lgs 4 agosto 1999, n. 342,
art. 25,  secondo  comma, ha provveduto a modificare il d.lgs. n. 385
del  1993  "T.U.  delle  leggi  in  materia  creditizia  e  bancaria"
(art. 120),  ed  ha  stabilito  che  le modalita' ed i criteri per la
produzione  degli  interessi  anatocistici  sulle operazioni bancarie
sono  stabilite  con  delibera  C.I.C.R., con l'unico vincolo che sia
assicurata  nei  confronti della clientela la stessa periodicita' nel
calcolo  degli  interessi  sia  passivi  che  attivi  ed ha previsto,
inoltre,  (art. 25,  terzo  comma)  che,  fino  all'emanazione  della
predetta  delibera, sono valide ed efficaci le clausole relative alla
produzione  degli  interessi  anatocistici  contenute  nei  contratti
stipulati sino a quel momento.
    Ancora,   di   recente,   la  Corte  di  cassazione  ha  ribadito
l'orientamento  sopra  meglio richiamato secondo cui va dichiarata la
nullita'  della  clausola  contenuta  in  un  contratto  bancario che
prevede  la  capitalizzazione  trimestrale  degli interessi (Cass. 11
novembre 1999, n. 12507).
    Da  ultimo,  il  C.I.C.R. - con delibera del 9 febbraio 2000 - ha
provveduto  al  compito  di  stabilire  modalita'  e  criteri  per la
produzione degli interessi sugli interessi;
    Tanto  premesso,  questo,  giudicante  ritiene  rilevante  e  non
manifestamente  infondata  l'eccezione  sollevata  dall'opponente  di
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 25, commi 2 e 3, del d.lgs.
n. 342  del 1999 per violazione degli articoli 3, 41 e 47 della Carta
costituzionale.
    La norma, infatti, produce l'effetto di sanare - non soltanto per
il  passato,  ma  addirittura sino alla emanata delibera del C.I.C.R.
sopra   menzionata   -   clausole  negoziali  che,  alla  luce  della
giurisprudenza  sopra  richiamata debbono essere considerate come del
tutto nulle.
    La  norma in esame, inoltre, appare innanzitutto in contrasto con
l'art. 3  della  Carta  costituzionale  in  quanto  consentirebbe  un
irragionevole  trattamento piu' favorevole tra gli istituti bancari e
tutti gli altri operatori economici che prestano servizi finanziari e
che  pure  sono  sottoposti,  come le banche, ad un analogo regime di
tipo  autorizzativo  ed  ispettivo  nonche' agli stessi meccanismi di
vigilanza ad opera delle preposte autorita' di controllo.
    In   secondo   luogo,   la   medesima   norma  suscita  dubbi  di
costituzionalita'   anche  sotto  il  profilo  della  ragionevolezza,
principio  anch'esso contenuto nel principio di eguaglianza, e che si
traduce  in  un  "generale canone di coerenza dell'ordinamento" (cfr.
Corte cost. n. 204 del 1982 nonche' Corte cost. n. 204 del 1997) e si
reputa  violato  ogni  qualvolta una norma generale, ritenuta valida,
sia derogata da una disciplina particolare ovvero, nel caso in esame,
allorquando la disciplina generale sancita dagli articoli 1283 c.c. e
dall'art. 25,  comma  2,  d.lgs  n. 342 del 1999 venga derogata dalla
disciplina particolare e transitoria di cui al comma 3 del richiamato
art. 25.
    Infine,  la  norma  in  esame sembra porsi in contrasto anche con
l'art. 41,   commi   2   e  3,  nonche'  con  l'art. 47  della  Carta
costituzionale  posto che, da un lato, piu' che l'utilita' ed il fine
sociale,  sembra  tutelare  esclusivamente  una  certa  categoria  di
operatori finanziari ovvero le banche, a discapito di tutti gli altri
operatori  finanziari  o  consumatori-utenti e dall'altro, perche' la
norma   non   appare   diretta  ad  incoraggiare  il  risparmio  e  a
contemperare  i  contrapposti  interessi  in gioco quanto piuttosto a
porre  a  riparo  gli  istituti  di credito bancario dalle istanze di
ripetizione    che   la   clientela   in   virtu'   dell'orientamento
giurisprudenziale di legittimita' ha ed avrebbe potuto avanzare.
    Pertanto  considerato,  deve  sospendersi  il giudizio e gli atti
vanno  rimessi  alla  Corte costituzionale, apparendo rilevante e non
manifestamente     infondata    la    questione    di    legittimita'
costituzionalita'.
    Per  le  stesse  ragioni  deve  ritenersi  che sussistono i gravi
motivi per sospendere la provvisoria esecuzione del decreto monitorio
opposto.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 649 c.p.c. e 23 della legge n. 87 del 1953;
    Sospende l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto;
    Dichiara,  inoltre,  rilevante  e non manifestamente infondata la
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 25, commi 2 e 3,
del  d.lgs.  4 agosto 1999, n. 342, per violazione degli artt. 3, 41,
commi 2, 3, e 47 della Carta costituzionale e per l'effetto, sospende
il giudizio;
    Manda  alla  cancelleria  perche'  trasmetta  gli atti alla Corte
costituzionale,  disponendo  la  notifica della presente ordinanza al
Presidente del Consiglio dei ministri, oltre alla comunicazione della
stessa  ai  Presidenti  della  Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica ed alle parti in causa.
        Pescara, addi' 14 luglio 2000
                         Il giudice: Ambrosi
01C0580