N. 174 ORDINANZA 23 - 31 maggio 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  sui redditi - Agevolazioni tributarie - Ritenuta a titolo di
  imposta  sugli  interessi  maturati  su  conti  correnti  bancari -
  Applicabilita'  anche  ai soggetti esclusi dall'imposta sui redditi
  delle  persone  giuridiche  -  Asserita  lesione  del  principio di
  capacita' contributiva, con disparita' di trattamento rispetto alla
  generalita'   deicontribuenti   -   Manifesta   infondatezza  della
  questione.
- D.P.R.  29 settembre 1973, n. 600, art. 26, comma 4, terzo periodo,
  sostituito   dall'art.  12,  comma  1,del  decreto  legislativo  21
  novembre  1997, n. 461, come interpretato autenticamente con l'art.
  14 della legge 18 febbraio 1999, n. 28.
- Costituzione, artt. 3 e 53.
(GU n.22 del 6-6-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA, CarloMEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' dell'art. 26, comma 4, terzo periodo,
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, (Disposizioni comuni in materia
di  accertamento delle imposte sui redditi), sostituito dall'art. 12,
comma   1,  del  d.lgs.  21 novembre  1997,  n. 461,  e  interpretato
autenticamente  dall'art. 14  della  legge  18 febbraio  1999, n. 28,
(Disposizioni     in    materia    tributaria,    di    funzionamento
dell'Amministrazione   finanziaria   e   di  revisione  generale  del
catasto),  promosso  con  ordinanza  emessa  il 28 ottobre 1999 dalla
Commissione  tributaria  regionale  di  Milano  sul  ricorso proposto
dall'Intendenza  di  finanza di Como contro l'Azienda Comasca Servizi
Municipali,   iscritta  al  n. 100  del  registro  ordinanze  2000  e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7 marzo 2001 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un giudizio di appello - avente ad
oggetto  l'accertamento  della legittimita' delle ritenute di imposta
operate    sugli    interessi   bancari   percepiti   da   un'azienda
municipalizzata  nell'anno 1991 - la Commissione tributaria regionale
di  Milano, con ordinanza emessa il 28 ottobre 1999, ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3  e  53  della  Costituzione,  questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 4, terzo periodo, del
d.P.R.  29 settembre 1973, n. 600, (Disposizioni comuni in materia di
accertamento  delle  imposte  sui  redditi), sostituito dall'art. 12,
comma   1,   del  d.lgs.  21 novembre  1997,  n. 461  e  interpretato
autenticamente  dall'art. 14  della  legge  18 febbraio  1999, n. 28,
(Disposizioni     in    materia    tributaria,    di    funzionamento
dell'Amministrazione   finanziaria   e   di  revisione  generale  del
catasto);
        che  il  predetto  art. 26  del  d.P.R.  n. 600 del 1973, nel
disporre  che  le  banche  operano  una  ritenuta  percentuale  sugli
interessi ed altri proventi corrisposti ai titolari di conti correnti
e  di depositi, stabilisce che le ritenute sono applicate a titolo di
imposta  nei  confronti  dei soggetti esenti dall'imposta sul reddito
delle persone giuridiche e in ogni altro caso;
        che,   come  osserva  il  rimettente,  tale  norma  e'  stata
interpretata in alcune decisioni nel senso della sua inapplicabilita'
ai  soggetti  esenti  da  IRPEG,  intendendosi  per  tali  i soggetti
estranei  al  tributo  non  solo  nella  fase della dichiarazione dei
redditi ma anche in ogni momento di manifestazione di imponibilita' a
loro carico;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  le aziende municipali, in
quanto  enti  strumentali  del  comune,  sono  sottoposte al medesimo
regime fiscale di questi e sono quindi non soggetti a IRPEG, ai sensi
dell'art. 88  del  d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, (Approvazione del
testo  unico  delle  imposte sui redditi), nel testo risultante dalle
modifiche   introdotte   con   la  legge  22 dicembre  1990,  n. 403,
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
31 ottobre  1990,  n. 310, recante disposizioni urgenti in materia di
finanza locale);
        che,  come afferma il giudice a quo tali aziende, non essendo
soggette  ad  IRPEG,  non  dovrebbero  nemmeno  essere  soggette alla
imposta  sostitutiva  di  IRPEG  sugli  interessi  maturati sui conti
correnti bancari e non dovrebbero percio' subire ritenute a titolo di
una inesistente imposta;
        che  l'art. 14  della  legge  n. 28  del  1999,  recante  una
interpretazione   autentica  della  disciplina  in  esame  ed  avente
efficacia  retroattiva,  ha  disposto  che  l'art. 26, comma 4, terzo
periodo,  del  d.P.R.  n. 600 del 1973, deve intendersi nel senso che
"tale  ritenuta  si  applica anche nei confronti dei soggetti esclusi
dall'imposta sui redditi delle persone giuridiche";
        che pertanto la norma dovrebbe applicarsi anche nei confronti
degli  enti  e delle persone giuridiche non soggette ad IRPEG, con il
conseguente accoglimento dell'appello;
        che,  tuttavia,  ad avviso del giudice a quo, la norma, cosi'
come  autenticamente  interpretata,  si porrebbe in contrasto con gli
artt. 3   e   53  della  Costituzione,  in  quanto  l'imposta  -  non
sostitutiva  di  IRPEG posta a carico di soggetti non assoggettati ad
IRPEG  -  si configurerebbe come una imposta del tutto autonoma, pari
al  trenta  per  cento  degli  interessi maturati sui conti correnti,
svincolata  da  qualunque riferimento alla capacita' contributiva, la
cui  sussistenza  presuppone la considerazione globale sia dei ricavi
che dei costi di gestione sopportati dal contribuente;
        che,  inoltre,  la  norma  determinerebbe  una  disparita' di
trattamento  rispetto alla generalita' dei contribuenti, traducendosi
in  un  sistema  tributario  particolare,  applicabile  soltanto  nei
confronti dei soggetti non assoggettati ad IRPEG;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
        che  la  difesa  erariale,  dopo aver sottolineato come siano
rimesse  alla discrezionalita' del legislatore l'individuazione delle
situazioni  significative  della  capacita'  contributiva e l'entita'
dell'onere  tributario,  osserva  che  non  puo' ritenersi violato il
principio  di  capacita'  contributiva,  in  quanto, nella specie, il
presupposto  di  imposta  e'  rappresentato  dal  reddito di capitale
consistente negli interessi attivi sui conti correnti;
        che,  inoltre,  la  circostanza che non sarebbero considerati
gli  altri  eventuali ricavi ne' i costi di gestione non varrebbe, ad
avviso dell'Avvocatura, ad escludere l'idoneita' al prelievo, poiche'
comunque  nella determinazione del reddito di capitale non e' ammessa
alcuna deduzione, ex art. 42 del d.P.R. n. 917 del 1986;
        che  dovrebbe  altresi' ritenersi insussistente la denunciata
disparita' di trattamento tra contribuenti, non essendo irragionevole
la  scelta  del  legislatore di assoggettare a prelievo il reddito di
capitale  dei  titolari  di  conti  correnti,  anche  se  trattasi di
soggetti esclusi dall'applicazione dell'IRPEG.
    Considerato  che  la  Commissione rimettente lamenta anzitutto la
violazione   dell'art. 53   della   Costituzione,  poiche'  la  norma
impugnata,  nella  interpretazione  autentica introdotta dall'art. 14
della  legge  n. 28  del  1999,  configurerebbe una imposta del tutto
autonoma,  non  sostitutiva di IRPEG, la quale sarebbe posta a carico
di  soggetti  non  assoggettati  ad  IRPEG  e  sarebbe  svincolata da
qualunque riferimento alla capacita' contributiva;
        che,  inoltre, il giudice a quo prospetta anche la violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto, a suo avviso, la norma
determinerebbe   una   disparita'   di   trattamento   rispetto  alla
generalita'  dei  contribuenti, traducendosi in un sistema tributario
particolare,  applicabile  soltanto  nei  confronti  dei soggetti non
assoggettati ad IRPEG;
        che  la  questione,  nei  termini  in  cui  e'  posta, appare
manifestamente infondata;
        che  occorre  anzitutto  precisare come dai criteri direttivi
contenuti  nella  legge  di delega della riforma tributaria 9 ottobre
1971,  n. 825, e precisamente in quelli indicati negli artt. 9, n. 3m
e  10,  n. 5m  si rilevi chiaramente la natura sostitutiva del regime
della   ritenuta   a   titolo  di  imposta,  che,  in  quanto  misura
agevolativa,  ha carattere eccezionale e derogatorio (sentenza n. 272
del 1994);
        che questa Corte ha gia' avuto occasione di sottolineare come
l'esenzione  tributaria  non  costituisca  espressione del diniego di
capacita'  contributiva,  rilevando l'erroneita' dell'assunto in base
al  quale  "la  previsione  di  esenzione  dalle imposte debba sempre
equivalere ad un riconoscimento legislativo della insussistenza della
capacita' contributiva" (sentenza n. 159 del 1985);
        che,  in particolare, l'esenzione, concretando una ipotesi di
agevolazione   concessa   a  soggetti  che  ordinariamente  sarebbero
sottoposti   alla   obbligazione   tributaria,   presuppone   proprio
l'esistenza della capacitacontributiva;
        che   la   diversa  categoria  dottrinale  della  esclusione,
consistente in una delimitazione negativa della sfera di applicazione
del  tributo, si basa pur sempre su una valutazione discrezionale del
legislatore,  che  esclude l'attitudine di un determinato soggetto al
pagamento del tributo;
        che  nell'esercizio  di  tale discrezionalita' il legislatore
per  un  verso  non  e'  tenuto  ad estendere agevolazioni e benefici
tributari  a  fattispecie  prive  della  necessaria omogeneita' e per
altro  verso  non  e'  obbligato  a  mantenere il regime derogatorio,
qualora  mutino  o  siano  diversamente valutate le condizioni per le
quali  il  detto  regime era stato disposto, purche' cio' avvenga nei
limiti  della non arbitrarieta' e della ragionevolezza e nel rispetto
dei principi costituzionali in materia;
        che,   nella  fattispecie,  l'applicazione  dell'art. 26  del
d.P.R.  n. 600  del  1973  anche  nei  confronti dei soggetti esclusi
dall'IRPEG  non  viola  il  principio  di  capacita' contributiva, in
quanto  il  presupposto  d'imposta,  da  individuarsi nel possesso di
redditi  di  capitale  e  precisamente nell'ammontare degli interessi
maturati su conto corrente, risulta pienamente realizzato;
        che  la  tassazione  di  redditi  prodotti da coloro che sono
dichiarati  "non  soggetti  ad  imposta"  non  determina  la  lesione
dell'indicato  principio  costituzionale,  in quanto, come si e' gia'
rilevato,  la  esclusione  o  la esenzione da imposta non e' comunque
sinonimo di assenza della capacita' contributiva;
        che  la  invocata  disparita'  di  trattamento  rispetto alla
generalita'  dei  contribuenti  -  relativa  al  rilievo che la norma
impugnata  si  tradurrebbe  in  un  sistema  tributario  particolare,
applicabile  soltanto  nei confronti dei soggetti non assoggettati ad
IRPEG   -   costituisce  una  censura  generica  e  per  certi  versi
contraddittoria,  in  quanto  non  considera  che  il  sistema  della
ritenuta  d'imposta rappresenta comunque un regime piu' favorevole al
contribuente rispetto a quello della ritenuta d'acconto;
        che,  pertanto, anche sotto tale profilo la questione risulta
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 26,   quarto  comma,  terzo
periodo,  del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, (Disposizioni comuni
in  materia  di  accertamento  delle imposte sui redditi), sostituito
dall'art. 12,  comma  1,  del  decreto  legislativo 21 novembre 1997,
n. 461,  come  interpretato  autenticamente con l'art. 14 della legge
18 febbraio  1999,  n. 28,  (Disposizioni  in  materia tributaria, di
funzionamento   dell'Amministrazione   finanziaria   e  di  revisione
generale  del  catasto),  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53
della  Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Milano
con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Contri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 31 maggio 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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