N. 500 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 ottobre 2000

Ordinanza   emessa   il   18   ottobre  2000  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  21  maggio  2000)  dal  tribunale  amministrativo
regionale  dell'Emilia-Romagna  sul ricorso proposto da H.I.T. S.p.a.
contro la Regione Emilia-Romagna ed altre.

Turismo e industria alberghiera - Regione Emilia-Romagna - Disciplina
  delle   agenzie   di   viaggio   e   di  turismo  -  Previsione  di
  autorizzazione regionale condizionata all'accertamento di requisiti
  di  professionalita' e al versamento di deposito cauzionale e tassa
  regionale  anche  per le filiali delle imprese, ivi comprese quelle
  aventi  sede  in  altre  regioni  -  Esorbitanza  dei  limiti della
  competenza  regionale e violazione dei limiti stabiliti dalla legge
  quadro  n. 217/1983  -  Incidenza  sul  principio  di  liberta'  di
  iniziativa  economica  privata - Violazioni degli artt. 52 e 59 del
  Trattato  U.E.  - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale
  n. 362/1998.
- Legge  reg. Emilia-Romagna 26 luglio 1997, n. 23, artt. 5, comma 1,
  6, commi 1, lett. g), e 3, e 8, commi 4 e 6.
- Costituzione,  artt.  11, 41,117 (in relazione all'art. 9, legge 17
  maggio 1983, n. 217) e 120; Trattato U.E., artt. 52 e 59; d.lgs. 22
  giugno 1991, n. 230, voce 23 della tariffa allegata.
(GU n.26 del 4-7-2001 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 851/1999,
pronosto  dalla  H.l.T. - Holding Italiana Turismo S.p.a., in persona
dell'amministratore delegato dott. C. Baratta, rappresentata e difesa
dagli   avv.ti   M.   Burghignoli,   G.   Silingardi  e  A.  Corrado,
elettivamente  domiciliata presso lo studio del terzo in Bologna, via
Marsala n. 28;
    Contro:
        Regione  Emilia-Romagna,  in  persona  del  Presidente  della
giunta in carica, non costituita;
        provincia  di Bologna, in persona del Presidente della giunta
provinciale,   rappresentata   e   difesa   dall'avv.   Emilia   Neri
dell'ufficio  della  legale provincia, domiciliata in Bologna, Strada
Maggiore n. 80;
        provincia  di Ferrara, in persona del Presidente della giunta
provinciale,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Francesco Baraldi,
domiciliata   presso   la  segreteria  del  Tribunale  amministrativo
regionale - Strada Maggiore n. 53, Bologna;
per l'annullamento:
        della  nota  raccomandata  24  maggio 1999 della provincia di
Bologna  prot.  n. 56283,  con  la  quale  si rigetta la richiesta di
permesso  di  operare  nella  provincia  di  Bologna  "anche senza il
rispetto  di  tutti  gli  adempimenti  previsti dalla legge regionale
n. 23/1997 per le filiali di agenzie di viaggio";
        della  nota  19  maggio 1999 della provincia di Ferrara prot.
n. 21043, con la quale si formula analogo rifiuto;
        nonche'   di   eventuali   atti   presupposti,   collegati  o
successivi.
    Visto il ricorso con i relativi allegati:
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato relatore il consigliere Aldo Scola;
    Uditi,  per  le parti, alla pubblica udienza del 18 ottobre 2000,
gli avv.ti A. Corrado e E. Neri;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    La ricorrente esponeva quanto segue.
    La   ricorrente   esercita   l'attivita'  di  agenzia  di  viaggi
sull'intero  territorio  nazionale,  essendo  a  cio' autorizzata con
provvedimento  rilasciato  in data 28 gennaio 1999 dalla provincia di
Parma.
    Come  e'  noto,  la  sentenza  6 novembre 1998 n. 362 della Corte
costituzionale  ha  recentemente  determinato l'efficacia "nazionale"
dell'autorizzazione   all'esercizio  dell'agenzia  di  viaggi  e,  di
conseguenza,  ha  dichiarato  la  illegittimita' costituzionale della
legge  della  Regione  Lombardia  16 settembre 1996 n. 27, in tutti i
punti  nei  quali condizionava l'esercizio di filiali e succursali di
agenzie  di  viaggio  e  turismo  autorizzate  da  altre  regioni  ad
un'ulteriore  autorizzazione  ed  al  versamento  di  altra  tassa di
concessione  e  di  altra  cauzione,  nonche' all'assunzione di altro
direttore tecnico.
    Conseguentemente,  con lettere consegnate a mano in data 22 marzo
1999  alle  competenti  province,  la  ricorrente,  rappresentando la
propria  intenzione  di  continuare  a  gestire le proprie filiali in
Bologna  e  Ferrara,  comunicava altresi' di non essere piu' in alcun
modo   tenuta,  per  esercitare  la  propria  attivita'  mediante  le
succitate  filiali,  a  munirsi  di  ulteriore  autorizzazione, ne' a
versare  un  ulteriore  deposito  cauzionale, ne' a corrispondere una
ulteriore  tassa  di  concessione,  ne'  ad assumere, o mantenere, un
direttore tecnico esclusivamente addetto alle menzionate filiali.
    Con   le  note  di  cui  in  premesse  le  province  interpellate
rigettavano  nella  sostanza le predette comunicazioni, richiamando a
fondamento  del  rigetto le disposizioni, ancora vigenti, della legge
regionale 26 luglio 1997 n. 23 le quali, in sostanza, assoggettano ad
autorizzazione  regionale  anche  l'apertura  di  filiali  di agenzie
principali  gia'  autorizzate, non importa se dalla stessa o da altra
regione.
    E'  giocoforza ritenere che, vincolate a quanto affermato a cosi'
chiare lettere, le province si stiano accingendo a procedere ai sensi
dell'art. 16, irrogando le sanzioni amministrative pecuniarie (da 3 a
18  milioni), ma soprattutto ai sensi dell'art. 17-ter del T.U.I.P.S.
(r.d. 18 giugno 1931 n. 773, come modificato dal d.lgs. n. 480/1994 e
dal  d.l.  29  marzo  1995  n. 97, convertito in legge 30 maggio 1995
n. 203), ordinando la sospensione dell'attivita' ed inviando rapporto
al p.m. per la contravvenzione di cui all'art. 650, c.p.
    Gli atti impugnati appaiono quindi:
        presupposti dell'applicazione delle sanzioni;
        costituenti un pregiudizio diretto per la ricorrente, perche'
esse dovrebbero adempiervi e conseguentemente astenersi dalla propria
attivita',  ovvero  assoggettarsi  ai  vincoli  previsti  dalla legge
regionale  26/1997 n. 23, benche' dichiarati illegittimi dalla citata
sentenza  n. 362/1998  della  Corte costituzionale. Da cio' deriva in
modo  incontestabile  l'interesse  a  ricorrere,  sollevando  le  qui
descritte  eccezioni  di  illegittimita'  costituzionale  delle norme
indicate come fondamento giuridico dei provvedimenti impugnati.
    1. - Incostituzionalita'  degli artt. 5, comma 1; 6, primo comma,
lett.  g),  e  terzo  comma; 8, commi 4 e 6, della legge regionale 26
luglio 1997 n. 23, per violazione dell'art. 9 della legge "quadro" 17
maggio 1983 n. 217, e quindi dell'art. 117 della Costituzione.
    2. - Incostituzionalita'  degli artt. 5, comma 1; 6, primo comma,
lett.  g),  e  terzo  comma; 8, commi 4 e 6, della legge regionale 26
luglio  1997  n. 23,  per  violazione  degli  artt.  41  e  120 della
Costituzione.
    3.   - Ulteriore  questione  di  costituzionalita' per violazione
degli artt. 11 e 117, Cost., in relazione alla violazione degli artt.
52 e 59 (ed eventualmente dell'art. 30) del trattato.
    4. - Inapplicabilita'   delle   norme  censurate.  Rilevanza  dei
profili.
    Le  due  province  intimate  si  costituivano con memoria. Veniva
respinta  un'istanza  cautelare.  La  ricorrente  depositava  memoria
illustrativa. La vicenda passa in decisione.
                               Diritto
    Analogamente   a   quanto  e'  stato  deciso  con  riguardo  alle
disposizioni  della  legge  regionale  Lombarda  n. 27  del  1996, le
sottoindicate  norme  della  legge  regionale emiliana n. 23 del 1997
incorrono   in   censure  d'incostituzionalita'  identiche  a  quelle
favorevolmente decise dalla Corte. Il collegio intende riferirsi agli
artt. 5, comma 1; 6, primo comma, lett. g), e terzo comma; 8, commi 4
e  6,  della  legge  regionale  26  luglio 1997 n. 23, per violazione
dell'art.  9  della  legge  "quadro"  17 maggio 1983 n. 217, e quindi
dell'art. 117, Cost., degli artt. 41 e 120 della Costituzione e degli
artt. 52 e 59 (ed eventualmente dell'art. 30) del trattato U. E.
    Ora,  in  modo  del tutto analogo alla legge lombarda, dichiarata
incostituzionale per i motivi accennati, la legge regionale 26 luglio
1997   n. 23   dell'Emilia-Romagna  incorre  nelle  medesime  censure
illustrate  partitamente  in  riferimento  alle norme censurate, alla
loro  disciplina,  alla  loro  applicabilita'  al  caso di specie, ai
rispettivi profili e motivi di incostituzionalita'.
    L'art.  5,  commi  1, 2, 3, assoggetta ad autorizzazione anche le
filiali,  in aperto conflitto con la sentenza n. 362/1998 della Corte
costituzionale.
    L'art.  6, primo comma, lett. g), prevede che nell'autorizzazione
venga  annotato il carattere di agenzia principale, ovvero di filiale
o  succursale.  La norma e' incostituzionale per violazione dell'art.
41 della Costituzione, per le medesime ragioni espresse dalla Corte a
proposito   dell'analogo  art.  5,  comma  1,  della  legge  lombarda
n. 27/1996.  Analogamente,  il  terzo  comma  non  potra' regolare le
modificazioni dell'autorizzazione rilasciata alle filiali.
    L'art.  8,  commi  4  e 5, prevede che il direttore tecnico debba
prestare  la  propria opera professionale alle dipendenze di una sola
agenzia  o  filiale o succursale. La norma e' incostituzionale per le
medesime  ragioni  ritenute dalla Corte a proposito dell'analogo art.
14.4 della legge lombarda n. 27/1996.
    Le  disposizioni  censurate  costituiscono  - anche - un evidente
ostacolo  al  libero  esercizio  di  una  professione,  che non trova
giustificazione  in  valori  egualmente  protetti dalla Costituzione.
Nella  specie, l'unica limitazione ammessa consisterebbe nel disposto
del  secondo e terzo comma dell'art. 41 della Costituzione: "utilita'
sociale", che nel caso in oggetto non ricorre.
    La   piu'   volte   citata   sentenza   n. 362/1998  della  Corte
costituzionale  ha ravvisato nell'obbligo autorizzativo per filiali e
succursali   una   violazione   degli  artt.  41,  117  e  120  della
Costituzione.
    Si   solleva   in   questa   sede   un'ulteriore   questione   di
incostituzionalita'  per  violazione  degli  artt.  11  e  117 Cost.,
dipendente  dalla  violazione  della  disciplina comunitaria da parte
della normativa dell'Emilia-Romagna.
    Nel  caso  delle  autorizzazioni amministrative per le agenzie di
viaggio,  difettano,  infatti,  almeno  tre  requisiti che, ad avviso
della  Corte  di  giustizia  C.E.E.  (v. sent. n. 19/93) renderebbero
conforme   al  trattato  la  regolamentazione  nazionale  di  accesso
all'esercizio  dell'attivita'  di  agente di viaggi: in un precedente
relativo  all'autorizzazione  per l'esercizio dell'attivita' di guida
turistica,  a  suo tempo richiesta dall'Italia, dalla Francia e dalla
Grecia,  che  ha  dato  luogo ad altrettanto procedure di infrazione,
cosi'  ha  deciso  la  Corte  di  giustizia (v. sent. n. 180/91): "Le
limitazioni  introdotte devono peraltro essere proporzionate rispetto
all'obiettivo  di  tutela  perseguito,  non  potendosi  ritenere tali
quelle  introdotte, nella fattispecie, dalla Repubblica italiana, che
subordina  la  prestazione  di  servizi  di  guide di turistiche, con
gruppi  di  turisti  provenienti  da  altro Stato membro, al possesso
un'abilitazione  professionale  ai  sensi  della  normativa nazionale
italiana".
    La  violazione  degli  artt.  52  e 59 del trattato U.E. da parte
della  legge  regionale  si  traduce,  come e' noto, nella violazione
indiretta   degli   artt,   11   e  117  della  Costituzione.  (Corte
costituzionale 10 novembre 1994 n. 384).
    Nel  caso  di  specie,  la  violazione  degli  artt.  52 e 59 del
trattato U.E. si realizza in due modi:
        A) mediante   la   fissazione   di   regole  di  accesso  non
rispondenti  alle quattro condizioni gia' descritte, riassumibili nei
criteri di ragionevolezza e proporzionalita';
        B) mediante  la realizzazione di spazi commerciali separati e
non  comunicanti,  all'interno  delle singole regioni. Cio' a cagione
del  disconoscimento di efficacia delle autorizzazioni amministrative
rese dalle altre regioni.
    Sotto questo secondo profilo, puo' ravvisarsi, anche, una "misura
di     effetto    equivalente"    alle    restrizioni    quantitative
all'importazione, con ulteriore violazione dell'art. 30 del trattato.
    Il  collegio  intende,  infine,  riferirsi  alla voce n. 23 della
tariffa  allegata al d.lgs. 22 giugno 1991 n. 230, nella parte in cui
viene  stabilito  che  le  filiali,  anche con gestione non autonoma,
delle  agenzie di viaggio aventi la sede principale in altra regione,
siano  tenute a munirsi di distinta licenza con conseguente pagamento
della relativa tassa di concessione regionale.
    Cosi'  fissati i termini della questione da sottoporre alla Corte
costituzionale, non appare inutile ripetere che le disposizioni della
Costituzione  che  si  assumono  violate  sono  gli artt. 41, 117 (in
relazione  all'art.  9 della legge-quadro n. 217 del 1983) e 120, per
motivi  identici  a quelli evidenziati dalla Corte costituzionale con
la sentenza n. 362 del 1998.
    Sulla rilevanza, si e' gia' detto circa la prevedibile necessita'
di  applicare  le  norme  suindicate  per  poter  definire  l'odierno
giudizio.
    Si   e'   gia'   detto,   cioe',  che  i  servizi  turismo  delle
amministrazioni  provinciali  di Bologna e Ferrara, nell'adottare gli
atti  impugnati, hanno dato per presupposta, ai fini dell'apertura di
una  nuova  filiale  o  del  cambio di titolarita' e denominazione di
filiale  di agenzia esistente, la necessita' di osservare le seguenti
prescrizioni,  stabilite,  appunto,  dalla  legge regionale n. 23 del
1997:   a)  l'obbligo  di  una  specifica  autorizzazione  anche  per
l'apertura  di  una  filiale;  b)  la  necessita'  di  assicurare  le
prestazioni del direttore tecnico in ciascuna singola filiale a tempo
pieno   e  con  carattere  di  continuita'  ed  esclusivita';  c)  la
necessita'  di annotare, nell'autorizzazione, il carattere di agenzia
principale,  ovvero  di  filiale,  dell'impresa;  d)  l'obbligo,  per
esercitare  la  propria attivita' mediante l'apertura di una filiale,
di  versare  un'ulteriore  somma  di  denaro  a  titolo  di  deposito
cauzionale;  e) l'obbligo di provvedere al pagamento di una ulteriore
tassa di concessione regionale.
    In     conclusione,     assorbiti     gli    ulteriori    profili
d'incostituzionalita'  addotti  dalle  ricorrenti,  ribadita  la  non
manifesta  infondatezza  -  oltre  che,  come  si e' appena visto, la
rilevanza   -   della   questione   di   legittimita'  costituzionale
surriferita,  dev'essere  sospeso  il  giudizio  in  corso e disposto
l'immediato invio degli atti alla Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Sospende il giudizio in corso e solleva questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt.  5,  comma 1; 6, primo comma, lett. g, e
terzo  comma;  8,  commi  4 e 6, della legge regionale 26 luglio 1997
n. 23,  per  violazione dell'art. 9 della legge-quadro 17 maggio 1983
n. 217,  e  quindi  dell'art.  117  Cost., degli artt. 41 e 120 della
Costituzione, degli artt. 52 e 59 (ed eventualmente dell'art. 30) del
trattato  U.E.,  della  legge  regione  Emilia-Romagna 26 luglio 1997
n. 23,  oltre  che  della voce 23 della tariffa allegata al d.lgs. 22
giugno  1991  n. 230,  nelle  parti  specificate  in  motivazione, in
riferimento  agli  artt.  11,  41, 117 (in relazione all'art. 9 della
legge n. 217 del 1983) e 120 della Costituzione.
    Dispone  che,  a cura della segreteria della sezione, la presente
ordinanza  sia  notificata  alle parti in causa nonche' al Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e al Presidente della giunta regionale
dell'Emilia-Romagna,  nonche'  comunicata  ai Presidenti della Camera
dei  deputati,  del Senato della Repubblica e del Consiglio regionale
dell'Emilia-Romagna.
    Dispone  inoltre  che  la  segreteria della sezione trasmetta gli
atti  processuali  alla Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
Roma.
    Cosi' deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 18 ottobre
2000.
                        Il Presidente: Meale
                                  Il consigliere estensore: Scola
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