N. 505 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 aprile 2001
Ordinanza emessa il 26 aprile 2001 dalla Corte di appello di Venezia nel procedimento penale a carico di Vignaga Giancarlo ed altri Processo penale - Dibattimento - Rinnovazione per mutamento del giudice persona fisica - Dichiarazioni gia' assunte nella precedente istruzione dibattimentale - Utilizzabilita' per la decisione mediante semplice lettura - Preclusione, secondo l'interpretazione delle sezioni unite della Corte di cassazione, quando l'esame del dichiarante possa aver luogo e sia stato richiesto da una delle parti - Disparita' di trattamento rispetto ad altre ipotesi, di maggiore delicatezza probatoria, in cui il riesame non e' obbligatorio - Pregiudizio dell'esercizio della funzione giurisdizionale - Lesione del principio di ragionevole durata del processo. - Cod. proc. pen., artt. 511, 514 e 525, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 25, 101 e 111.(GU n.26 del 4-7-2001 )
LA CORTE D'APPELLO Nel processo penale a carico di Vignaga Giancarlo ed altri; Rilevato che si procede in relazione a reati in materia sessuale, oggetto della sentenza del tribunale di Rovigo in data 24 settembre - 21 dicembre 1998 - con cui due dei tre imputati sono stati condannati per una parte dei delitti loro originariamente contestati - a seguito delle impugnazioni proposte dagli imputati condannati, dal procuratore della Repubblica di Rovigo avverso tutti gli imputati, dal procuratore generale avverso uno degli imputati; Rilevato che uno degli appellanti ha proposto nei motivi dell'impugnazione l'eccezione di nullita' della sentenza di primo grado, per non avere partecipato all'intera istruttoria dibattimentale tutti i giudici che hanno concorso a deliberare la sentenza; Osservato che l'eccezione ha evidente rilevanza preliminare rispetto all'esame delle doglianze di tutti gli appellanti nel merito, posto che la questione procedurale proposta, che sia riconducibile alla nullita' della sentenza ovvero alla nullita' o inutilizzabilita' delle prove orali assunte prima della definitiva modifica del collegio giudicante, influisce in modo determinante sull'esito della decisione di questo giudizio di appello; Rilevato che, dagli atti risulta che all'udienza del 21 maggio 1998, dopo che numerose udienze dibattimentali erano state celebrate, con lo svolgimento di diffusa e determinante attivita' istruttoria (in particolare l'esame delle persone offese e di numerosi testi), per il mutamento di uno dei tre componenti del collegio giudicante, dovuto ad impedimento non contingente del componente sostituito, il tribunale procedeva alla rinnovazione del dibattimento; In tale contesto tutte le parti riproponevano la richiesta di ammissione anche prove orali, come originariamente formulata, ed il tribunale con l'ordinanza disciplinante l'ulteriore corso del processo statuiva, tra l'altro, che "tanto premesso non appare necessario rinnovare l'esame dei testi finora gia' esaminati, atteso che la modifica della composizione del collegio giudicante di per se' solo non giustifica l'accoglimento della richiesta"; Rilevato che, per il punto della decisione che qui allo stato solo interessa, in definitiva le parti pubblica e private avevano richiesto l'introduzione di tutte le prove gia' richieste nella fase preliminare del precedente dibattimento, nonche' di altre prove la cui pertinenza e rilevanza era emersa nelle more del lungo dibattimento; in particolare, quanto ai testi gia' esaminati, nessuna argomentazione diversa dalla mera formale richiesta di riassunzione era stata proposta (salvo una questione, formale, relativa al fatto che, nelle stesse more del dibattimento due testi erano stati sottoposti a procedimento penale per falsa testimonianza, poi definito con archiviazione per la tempestiva ritrattazione); Ritenuto che la questione della necessita' della rinnovazione delle prove orali gia' assunte nella pienezza del contraddittorio, quando vi sia mutamento totale o parziale del giudicante, e' stata oggetto di netti contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione del combinato disposto degli artt. 511, 514 e 525 c.p.p.; Rilevato che le sezioni unite della Corte di cassazione hanno sul punto (sent. 15.1 - 17 febbraio 1999, ric. Iannasso e altro, sentenza successiva a quella in questa sede appellata) affermato il principio che, indispensabile la rinnovazione del dibattimento per evitare la nullita' assoluta di cui al capoverso dell'art. 525 c.p.p., la testimonianza raccolta dal giudice nella sua originaria composizione, pur ritualmente raccolta nei verbali acquisiti al fascicolo per il dibattimento, non e' utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, quando l'esame del dichiarante possa aver luogo e sia stato (anche solo genericamente) richiesto da una parte; Ritenuto pertanto che, seguendo tale indirizzo giurisprudenziale, di tutte le dichiarazioni assunte nella prima fase del lungo dibattimento di primo grado non potrebbe tenersi conto per la decisione di appello; non solo, ma se ci si dovesse adeguare all'indirizzo giurisprudenziale della successiva sez. 3, sent. 24 maggio-3 agosto 2000 n. 8828, ric. Iodice (che ha annullato la sentenza di appello rinviando gli atti al giudice di primo grado, in un caso in cui la Corte distrettuale - essendosi il giudice di primo grado limitato a dare lettura delle precedenti acquisite dichiarazioni testimoniali senza rinnovare l'esame del teste, pur richiestone dalla difesa - aveva risentito il teste appunto nel giudizio di appello, argomentando che non si tratterebbe di atti nulli, percio' rinnovabili nel processo di secondo grado, ma di atti inutilizzabili perche' prove illegittimamente acquisite), neppure potrebbe procedersi in questa sede alla rinnovazione degli esami in questione; Rilevato che il richiamato orientamento interpretativo delle sezioni unite e' stato si' oggetto di consistenti critiche, tant'e' che successiva giurisprudenza di merito ha ripetutamente e motivatamente disatteso l'insegnamento (sia consentito, per agilita' espositiva, il mero richiamo esemplificativo alle condivise ordinanze di due sezioni del Tribunale di Roma, 13 maggio 1999 in proc. Pacifico e 17 maggio 1999 in proc. Nicoletti e altri, e del pretore di Foggia-Manfredonia, 7 dicembre 1999, in proc. Tomaiuolo, tutte in Cass. penale 2000, m. 171, 172 e 1047, pagg. 196-202 e 1801), ma pare aver trovato unanime adesione nella giurisprudenza di legittimita', cosi' di fatto imponendosi come diritto vivente, posto il ruolo strutturale di ultimo interlocutore sulla questione, assolto dalla suprema Corte; Ritenuto che l'interpretazione del combinato disposto degli artt. 511, 514 e 525 c.p.p., secondo cui, nel caso di mutamento totale o parziale del giudicante, le prove orali acquisite in precedenza, pur nel pieno contraddittorio, non possono essere utilizzate mediante semplice lettura dei verbali dibattimentali quando vi sia una anche immotivata richiesta di riesame del dichiarante da parte di una delle parti, appare contrastare con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 25, 101, 111, sicche' va dichiarata la non manifesta infondatezza della relativa questione di legittimita' costituzionale; Rilevato che analoga questione e' gia' stata proposta dal tribunale di Asti, con l'ordinanza 13 novembre 2000 in proc. Moraglio (pubblicata al n. 141 nella Gazzetta Ufficiale supplemento 1a serie speciale n. 10 del 7 marzo 2001) e dal tribunale di Foggia, con l'ord. 16 novembre 2000 in proc. Di Biase (pubblicata al n. 227 nella Gazzetta Ufficiale suppl. 1a serie speciale n. 13 del 28 marzo 2001) e che, sempre per ragioni di economia espositiva, innanzitutto le argomentazioni li' esposte vanno qui richiamate (richiamo che deve ritenersi consentito, essendo l'alternativa quella del riportare in questo punto, pedissequamente, quell'invece pubblicato argomentare, gia' conosciuto proprio dalla Corte che si va ad adire); Ritenuto comunque che l'interpretazione che qui si contesta (l'obbligo del riesame del dichiarante anche quando la richiesta di riesame sia priva di qualsiasi argomentazione e, quindi, senza che il giudice possa esercitare i suoi poteri di valutazione della ammissibilita' della prova, riconosciutigli ed impostigli dagli artt. 190 e 190-bis c.p.) in realta': non e' affatto imposta dalla lettera della norma, in quanto la locuzione "a meno che l'esame non abbia luogo", che chiude il capoverso dell'art. 525 c.p.p., non legittima affatto la sola indicazione del caso dell'obiettiva impossibilita' della riassunzione (anzi ultronea, in presenza dello specifico art. 512), ben consentendo invece la considerazione del caso in cui, per qualunque motivo (tra cui l'esercizio dei poteri/doveri di cui agli artt. 190 e 190-bis c.p.p.) non abbia storicamente luogo; non attiene alle modalita' di introduzione della prova nel processo, sotto il, quello si' costituzionalmente garantito, diverso profilo del diritto al contraddittorio nella sua formazione dibattimentale; si risolve, a ben vedere, nell'esaltazione dell'oralita' quale apodittico canone e fonte di legittimita' dell'atto probatorio, in un contesto sistematico nel quale, invece, non solo manca alcuna norma che consenta una tale conclusione ma, addirittura, vi sono plurime, inequivoche ed insuperabili indicazioni del carattere solo tendenziale dell'oralita': basti pensare innanzitutto all'istituto dell'incidente probatorio, ma poi, specialmente e, sia consentito il termine, clamorosamente, all'intero giudizio di appello, secondo grado di merito in cui il giudice e' libero di modificare le valutazioni di attendibilita', credibilita' e adeguatezza delle prove orali dopo la sola e mera lettura delle carte contenute nel fascicolo per il dibattimento (essendo eccezionale la rinnovazione dell'istruttoria e, per quel che qui rileva, comunque non imposta come previa condizione per la modifica delle valutazioni del primo giudice quanto alle prove orali). Ultima ma significativa conferma normativa dell'esposta lettura sistematica e' data dal nuovo testo del primo comma dell'art. 190-bis c.p.p., sostituito dall'art. 3 della legge 1o marzo 2001 n. 63, laddove viene previsto che, quando le precedenti dichiarazioni siano state assunte nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, "l'esame e' ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze"; ne' tale ultima innovazione, che non e' la prima, come ricordato nelle condivise argomentazioni contenute nelle ordinanze di rimessione dei giudici di Asti e Foggia, potrebbe essere considerata un'eccezione ad un opposto principio generale: si e' gia' osservato che l'art. 525.2 c.p.p. non impone affatto la lettura datagli dalle sezioni unite, mentre apparirebbero davvero singolare che le eccezioni riguardino proprio le situazioni di maggiore potenziale delicatezza dell'aspetto probatorio (i reati ex art. 51.3-bis c.p.p.; le situazioni di incompatibilita', astensione e ricusazione in relazione all'art. 1 decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 553 conv. legge 23 dicembre 1996 n. 652; la composizione monocratica o collegiale del giudice, ex art. 33-novies c.p.p.; la incompetenza del giudice che ha proceduto, ex art. 26 c.p.p.); In definitiva, questi ripetuti interventi legislativi debbono essere interpretati come indicazione univoca e reiterata della oggettiva volonta' del legislatore sul punto dell'utilizzabilita' degli atti acquisiti al processo, nel rispetto delle norme ed in particolare del contraddittorio, anche nel caso di mutamento della persona fisica del giudicante, in assenza di una precedente norma contraria ed in presenza, quindi, di un vuoto normativo sulla problematica, non tenuta presente al momento della redazione del codice del 1988; Ritenuto che, tutto cio' argomentato, l'imporre il riesame del teste, gia' sentito nel pieno contraddittorio, in presenza di una richiesta generica e senza l'indicazione specifica di ragioni da sottoporre al consueto vaglio di cui agli artt. 190 e 190-bis c.p.p., pare contrastare: con l'art. 3 della Costituzione, laddove tale riesame obbligato verrebbe escluso per le situazioni di maggior preoccupazione quanto alla genuina e "terza" acquisizione delle prove ed invece imposto nelle situazioni "fisiologiche" (quale e' l'occasionale mutamento del giudice per ragioni del tutto svincolate dalle vicende endoprocedimentali): con disparita' di soluzione caratterizzata da evidente irrazionalita'; con gli artt. 25 e 101 della Costituzione, parametri costituzionali che regolano l'esercizio della funzione giurisdizionale consentendo, come gia' insegnato dalla Corte costituzionale ed opportunamente evidenziato nella richiamata ordinanza del giudice di Asti, di enucleare anche l'efficienza del processo (intesa quale necessaria attitudine del sistema processuale a conseguire attraverso opportuni meccanismi normativi idonei allo scopo l'accertamento dei fatti e delle responsabilita) quale bene costituzionalmente tutelato; nella specie, imporre l'integrale riesame di tutte le prove orali gia' assunte nella massima pienezza del contraddittorio, senza altra ragione che quella, normativamente non prevista e non ricavabile dal sistema processuale penale quale principio generale indefettibile, del garantire l'oralita' quale mezzo necessario per la conoscenza del giudice, si risolve in una palese gratuita inefficienza, tanto piu' che tale riesame non comporta interruzione o sospensione dei termini prescrizionali; con l'art. 111.2 della Costituzione, giacche' l'incombente determina un evidente allungamento della durata del processo, senza che alcuna ragione di tutela di beni ed interessi, individuali o collettivi, tutelati costituzionalmente o anche solo dalla legge ordinaria lo giustifichi; quindi un allungamento dei tempi di ragionevole durata, per causa irragionevole; Osserva in proposito questa corte veneta che la Corte costituzionale ha recentemente insegnato (ordinanza 25 gennaio - 9 febbraio 2001 n. 32, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale suppl. 1a serie speciale n. 7 del 14 febbraio 2001) che "l'esigenza di garantire la maggior celerita' possibile dei processi deve tendere ad una durata degli stessi che sia, appunto, "ragionevole in considerazione anche delle altre tutele costituzionali in materia, in relazione al diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio garantito dall'art. 24 della Costituzione; che il legislatore continua quindi a disporre della piu' ampia discrezionalita' in materia, pur essendo vincolato a scelte che non siano prive di una valida ragione, ora anche sotto il profilo della durata dei processi". Nel caso oggetto di esame, si impone una ripetizione (che oltretutto proprio nel caso concreto, e da qui la speciale rilevanza della violazione di questo parametro, determinerebbe la necessita' di celebrare numerose udienze) di attivita' istruttoria, a fronte dell'assenza di alcuna lesione o necessita' di contraddittorio, dell'assenza di alcuna essenziale rilevanza sulla valutazione della prova e dell'assenza di una norma o di un principio sistematico che imponga l'oralita' quale forma indefettibile di conoscenza della prova; La questione, oltre che non manifestamente infondata, per quanto finora argomentato, e' anche rilevante nel presente processo: l'adesione alla giurisprudenza delle sezioni unite comporterebbe l'annullamento della sentenza di primo grado (seguendo l'interpretazione della richiamata sentenza lodice) e comunque l'impossibilita' di tener conto delle dichiarazioni assunte nelle udienze precedenti quella del 21 maggio 1998; Per contro, non risultando dal verbale dell'udienza del 21 maggio 1998 argomentazioni a sostegno della rinnovata richiesta di riesame di tutti i testi ed imputati, diverse da quella sulla qualita' di teste-persona sottoposta ad indagini di due dei testi, l'interpretazione che fa salvo il potere di valutazione della richiesta di riesame secondo i principia posti dagli artt. 190 e 190-bis c.p. consentirebbe alla Corte di disattendere l'eccezione ed utilizzare tutte le dichiarazioni rese prima di quell'udienza; E' vero che, in teoria, questa Corte potrebbe discostarsi dall'interpretazione delle sezioni unite ma, per quanto gia' ricordato, l'adesione successiva delle diverse sezioni semplici a quella interpretazione renderebbe vano, senza l'avallo autorevolissimo del giudice delle leggi, un tale pronunciamento; Ritenuto, da ultimo, che la soluzione proposta nel dispositivo appare priva di qualunque margine di discrezionalita', riservato al legislatore, costituendo invece applicazione necessitata dei principi processuali dettati dal codice di rito in materia di valutazione dell'ammissibilita' e rilevanza delle prove; Ritenuto che va quindi dichiarata la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sopra esposta e formalizzata come nel dispositivo che segue, e che vanno altresi' adottati i conseguenti provvedimenti ordinatori.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87 dell'11 marzo 1957; Dichiara, d'ufficio, rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 25, 101 e 111 Cost., la questione di legittimita' costituzionale; Del combinato disposto degli artt. 511, 514 e 525.2 c.p.p., come interpretati dalle sezioni unite nella sentenza 15 gennaio - 17 febbraio 1999, ric. Iannasso e altro e, in particolare, nella parte in cui non prevedono che, nel caso di mutamento totale o parziale del giudicante, le dichiarazioni assunte nella precedente istruzione dibattimentale, quando l'esame del dichiarante possa aver luogo e sia stato richiesto da una delle parti, siano utilizzabili per la decisione mediante semplice lettura, dopo l'applicazione degli artt. 190 e 190-bis c.p.p. Sospende il presente giudizio ed ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Letta nella pubblica udienza del 26 marzo 2001, in Venezia. Il presidente: Rodighiero Il relatore estensore: Citterio 01C0609