N. 508 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 marzo 2001

Ordinanza  emessa  il  1o  marzo  2001 dal g.u.p. del tribunale per i
minorenni di L'Aquila nel procedimento penale a carico di S. R.

Reati  e  pene - Reato di maltrattamento di animali - Pena accessoria
  della  pubblicazione  della  sentenza  di  condanna  - Applicazione
  automatica,  pur  in  presenza  di  imputato minorenne - Parita' di
  trattamento  tra  imputati  maggiorenni  e  minorenni - Lesione del
  principio della tutela dei minori.
- Codice penale, art. 727, secondo comma.
- Costituzione, artt. 3, secondo comma, e 31, secondo comma.
(GU n.26 del 4-7-2001 )
                    IL TRIBUNALE PER I MINORENNI

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza di remissione degli atti alla
Corte   costituzionale  nel  procedimento  n. 120/2000  R.G.  g.u.p.,
riguardante  S.  R.,  nato  il  14 settembre 1984 in S. Benedetto del
Tronto;  imputato  del  reato  p.  e p. dagli artt. 110, 727, 1o e 2o
comma c.p., perche', in concorso con il fratello maggiorenne Osvaldo,
sottoponeva  un piccolo pittbull a giochi di lotta tra animali, tanto
che  lo  stesso riportava ferite da morso; commesso in Alba Adriatica
il  5 febbraio  2000;  con l'intervento del p.m.: dott.ssa Antonietta
Picardi,  del  difensore:  avv. Franca Di Felice, in sostituzione del
difensore d'ufficio non comparso;

                           Fatto e diritto

    Con  verbale  datato  5  febbraio  2000  i  Carabinieri  di  Alba
Adriatica  comunicavano  alla  procura  della  Repubblica  presso  il
tribunale  di  Teramo  di aver sequestrato un cane di razza pittbull,
sottoposto  a  maltrattamenti,  consistiti  nell'uso  dell'animale in
combattimento  con  altri  cani  della  sua  razza. Il p.m. presso il
tribunale  di  Teramo inviava gli atti riguardanti S. R. alla procura
presso  questo  tribunale,  competente  per  materia  essendo  lo  S.
minorenne.  Con  nota  datata  23 febbraio 2000 i Carabinieri di Alba
Adriatica  riferivano  che  dalle indagini svolte era stato accertato
l'uso  del  cane per i combattimenti, da parte di S. Osvaldo e S. R.,
anche attraverso sommarie informazioni testimoniali.
    Il  15 maggio 2000 il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio di S. R.
e  il  1o  marzo  2001 si celebrava l'udienza preliminare. Al termine
dell'udienza  il  p.m.  chiedeva  la  condanna dell'imputato ai sensi
dell'art.  32,  comma 2, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, a lire
cinque  milioni  di  multa, ai sensi dell'articolo 727, secondo comma
c.p..  A  questo punto, pur confermando la sua richiesta di condanna,
il   p.m.   chiedeva   sollevarsi   eccezione   di  costituzionalita'
dell'art. 727,  secondo  comma  c.p.,  nella  parte in cui si prevede
l'applicazione,    di    diritto,   della   pena   accessoria   della
pubblicazione,  a seguito di sentenza di condanna, pur in presenza di
imputato  minorenne, per contrasto con gli artt.i 3, secondo comma, e
31,  secondo  comma, della Costituzione. Il difensore chiedeva in via
principale  dichiararsi  non doversi procedere nei confronti dello S.
e,  in  via  subordinata, si associava alla richiesta di eccezione di
costituzionalita', formulata dal p.m.
    Il g.u.p. all'esito della camera di consiglio, dichiarava che era
sua  intenzione  pronunciare  condanna nei confronti di S. R., per il
reato  previsto dall'art. 727 c.p., a lire cinque milioni di ammenda.
Il  g.u.p.  fondava  tale  decisione sul verbale di sequestro e sulle
sommarie  informazioni acquisite. Il g.u.p., a questo punto, decideva
di aderire alla richiesta del p.m., perche' alla condanna conseguiva,
ipso  jure,  la pena accessoria della pubblicazione della sentenza su
quotidiani.  Questo giudice sollevava eccezione di costituzionalita',
con  sospensione  del  processo, e si riservava di emettere ordinanza
piu' diffusa.
    Con la presente ordinanza si scioglie quella riserva.
    L'eccezione sollevata dal p.m. e' rilevante, perche' la rimozione
da  parte  della  Corte  costituzionale  della  disposizione,  insita
nell'art. 727,  secondo  comma,  c.p. nella parte e nella proporzione
indicate, ossia l'estensione indiscriminata ai minorenni, impedirebbe
il   dispiegamento   di   effetti   pregiudizievoli  derivanti  dalla
pubblicazione della sentenza.
    La  questione  e'  non  manifestamente  infondata,  perche' nella
specie  ricorre  la  violazione  di  due articoli della Costituzione,
ossia  l'art. 31,  secondo  comma,  Cost., e l'art. 3, secondo comma,
Cost.,  perche'  l'art. 727,  secondo  comma,  c.p.  parifica,  negli
effetti, le posizioni di imputati maggiorenni e minorenni.
    La  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  ha posto, negli
ultimi  decenni,  sempre  piu'  la sua attenzione sulla necessita' di
tutela  del  minore. Importanti sono state, fra le altre, le sentenze
n. 46  del  1978,  n. 222  del 1983, n. 78 del 1989, n. 188 del 1990,
n. 125  del  1992,  n. 168  del  1994, n. 227 del 1995, 504 del 1995,
n. 235  del  1996, n. 109 del 1997, n. 296 del 1997, n. 403 del 1997,
n. 16  del  1998,  n. 324 del 1998, n. 450 del 1998, n. 359 del 2000.
Dall'analisi  di queste decisioni si perviene alla enunciazione di un
principio  generale,  per  il  quale il trattamento penale dei minori
deve  essere  improntato  alle  specifiche  esigenze dell'eta'. Varie
norme   internazionali  sulla  tutela  dei  minori  esprimono  quelle
necessita'.  In  particolare, l'art. 40 della Convenzione sui diritti
del  fanciullo,  firmata  in  New  York  il  20  novembre 1989 e resa
esecutiva  in  Italia dalla legge 27 marzo 1991, n. 176, e' esplicito
sul  punto.  Altrettanto  chiari  sono  il  Patto  internazionale sui
diritti  civili  e  politici, firmato in New York il 19 dicembre 1966
(reso  esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881), che
richiede   ai  singoli  ordinamenti  nazionali  di  prevedere  per  i
minorenni  un  trattamento  processuale  speciale  (artt. 10, secondo
comma,  lett.  b;  14,  quarto  comma)  e  le Regole di Pechino delle
Nazioni  unite.  La  tutela  dei  minori si colloca fra gli interessi
costituzionalmente garantiti che la Repubblica s'impegna a sviluppare
solennemente  nell'art. 31,  secondo  comma  della  Costituzione.  Lo
stesso   processo   penale   minorile,   introdotto   con  il  d.P.R.
22 settembre  1988,  n. 448, che di quei principi costituisce pratica
attuazione,  s'ispira  alle  regole  fondamentali  d'adeguatezza,  di
minima   offensivita',  del  carattere  residuo  della  detenzione  e
dell'esigenza di non contrassegnare il minore. Quest'ultima esigenza,
in  particolare,  riceve,  nella  specie,  una  preoccupante lesione,
perche' con la pubblicazione sulla stampa si colpisce, al massimo, il
minore  nel suo onore giuridico, ossia nella vita sociale, presente e
futura, con ovvie ricadute su un suo reinserimento.
    E'  presente  anche  la  violazione  di  un  principio  generale,
riguardante i diritti fondamentali. La Corte costituzionale nel corso
degli   ultimi   anni   ha  affermato,  piu'  volte,  che  l'assoluta
parificazione,   nelle   situazioni   sfavorevoli,  fra  minorenni  e
maggiorenni,   contrasta   con   gli   intendimenti  del  legislatore
costituzionale.  In quei casi l'apparente uguaglianza crea disparita'
sostanziali,  perche'  per  situazioni  uguali  c'e'  bisogno  di una
disciplina  uguale,  per situazioni diverse di disciplina diversa, ai
sensi    dell'art. 3,   secondo   comma,   della   Costituzione.   La
discrezionalita',   accordata   al   legislatore,   nel   considerare
autonomamente  i vari fatti giuridici, attribuendovi diversi o uguali
effetti,  che  derivano  da  un  medesimo  evento  (nella  specie, la
pubblicazione della sentenza), si arresta di fronte ad una violazione
di un principio fondamentale come quello della tutela del minore.
    Non soccorre la disposizione dell'art. 13 del d.P.R. 22 settembre
1988,  n. 448,  perche'  esso  prevede  il divieto di pubblicazione e
divulgazione  di notizie riguardanti i minori, ma non si estende alle
pene  accessorie.  Diverse  sono  le  sedi  e  le  funzioni,  poiche'
l'art. 13   riguarda   il  procedimento  in  corso,  mentre  la  pena
accessoria  presuppone  che  il procedimento si sia esaurito e fra le
due  norme  non  c'e' alcun rapporto di genere a specie. Fra l'altro,
l'art. 13  risale  al  1988  mentre  l'art. 1 della legge 22 novembre
1993,  n. 473,  ha  riformulato  l'art. 727  c.p., e cio' conferma la
persistenza, nel tempo, della volonta' in materia del legislatore.
    Questo g.u.p. non puo' scegliere interpretazioni piu' favorevoli,
a  causa  del carattere della norma, ossia l'automaticita', chiaro ed
inequivocabile.
    La  pronuncia  della  Corte sul punto e' ammissibile, perche' non
comporta  scelte  riservate  al  legislatore  o interventi additivi e
lascia  integra la portata generale della norma sottoposta a giudizio
di costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Letto  l'art. 134  Cost.,  letti  gli artt. 1 e segg. della legge
costituzionale  11 marzo  1953, n. 1, e 23 segg. della legge 11 marzo
1953, n. 87; e gli altri articoli di legge;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 727, secondo comma c.p., nella
parte  nella  quale  si  prevede l'applicazione automatica della pena
accessoria  della  pubblicazione,  a seguito di sentenza di condanna,
pur  in  presenza  di imputato minorenne, con riferimento all'art. 3,
secondo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione.
    Dispone   la   sospensione   del   procedimento  in  corso  e  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  la  notifica  della  presente ordinanza al Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  al  p.m. in sede, all'imputato S. R., agli
esercenti  la  potesta'  su  di  lui, al difensore e la comunicazione
della  stessa al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente
del   Senato  della  Repubblica  e  alle  altre  parti  non  presenti
all'udienza.
        L'Aquila, addi' 1o marzo 2001
                   Il Presidente estensore: Eramo
01C0612