N. 515 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 settembre 2000
Ordinanza emessa il 18 settembre 2000 (pervenuta alla Corte costituzionale il 25 maggio 2001) dal tribunale di Taranto nel procedimento penale a carico di Putignano Raffaele Ambiente (Tutela dell') - Inquinamento - Disposizioni sul trattamento delle acque reflue urbane e sulla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fondi agricoli - Abrogazione della legge 10 maggio 1976, n. 319 - Conseguente depenalizzazione e degradazione ad illecito amministrativo dell'immissione di coliformi totali e fecali - Violazione dei principî contenuti nelle leggi deleganti nn. 52/1996 e 128/1998 - Eccesso di delega. - D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, artt. 59, commi 5 e 6, e 63. - Costituzione, artt. 76 e 77, primo comma.(GU n.26 del 4-7-2001 )
IL TRIBUNALE Esaminata l'istanza depositata in data 11 maggio 2000, con la quale il difensore di fiducia di Putignano Raffaele, avv. Antonio Altamura, chiede la revoca della sentenza n. 2813/1998, emessa dal pretore di Taranto in data 27 ottobre 1998, con la quale il Putignano fu condannato alla pena di L. 16.000.000 di ammenda perche' ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 21, comma 3, legge n. 319/1976; Sentite le parti nel corso dell'udienza camerale celebrata in data 27 giugno 2000; Rilevato quanto segue: con l'istanza di revoca suddetta, depositata ex art. 673 c.p.p., la difesa del condannato Putignano, premesso che l'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 ha determinato l'espressa abrogazione della legge 10 maggio 1976, n. 319, ha chiesto la revoca della menzionata sentenza di condanna; ha invero specificato in udienza che "la condotta contestata consiste nel superamento dei limiti tabellari con riferimento a colonbatteri totali e fecali, punito con la legge n. 319/1976", aggiungendo che "tale legge e' stata abrogata dall'art. 63, legge n. 152/1999 e la condotta su menzionata non e' sanzionata penalmente dalla nuova legge; quest'ultima infatti, all'art. 59, comma 5, prevede la sanzione penale, con riferimento al superamento dei limiti, solo con riferimento ai parametri pericolosi di cui all'allegato della tabella 5". Il rappresentate della pubblica accusa in udienza ha concluso "con richiesta di: accoglimento della richiesta di revoca della sentenza perche' la nuova disciplina non contempla nella tab. 5 dell'all. 5 le cariche batteriologiche individuate nella sentenza tra gli elementi il cui superamento dei limiti e' sanzionato penalmente". Con ordinanza interlocutoria depositata in data 24 luglio 2000 sono stati acquisiti, ex art. 666, comma 5, c.p.p., gli atti posti a fondamento della sentenza di cui e' chiesta la revoca, dai quali s'evince che il Putignano fu condannato poiche', in uscita da uno dei pozzi dell'impianto di depurazione da lui gestito in Taranto nella sua qualita' di "legale rappresentante della ditta Putignano e figli S.r.l.", era stata rilevata la presenza di colonbatteri totali e fecali in misura superiore ai limiti consentiti dalla legge n. 319/1976. Premesso che i colonbatteri o colibacilli, scientificamente identificati come Escherichia coli, costituiscono la categoria maggiormente significativa di coliformi (vedi dizionario medico illustrato Dorland), il Putignano fu condannato applicando nei suoi confronti l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976, nella parte in cui richiamava la tabella C allegata alla legge medesima che, ai numeri 47 e 48 prevedeva, quali parametri da prendere in considerazione ai fini di cui alla normativa, appunto i coliformi (totali e fecali). Orbene, preliminarmente sottolineato che la normativa del 1999 e' stata introdotta con decreto legislativo e non con legge (circostanza che, e' opportuno subito anticiparlo, nel caso di specie e' particolarmente rilevante), dall'esame della tabella 5 dell'allegato 5 al decreto - unica tabella richiamata dall'art. 59 ai fini dell'attribuzione di responsabilita' penalmente rilevanti, s'evince che il superamento dei valori limite fissati per gli Escherichia coli dalla antecedente tabella 3 (la cui nota "6", tra l'altro, attribuisce all'autorita' amministrativa competente all'approvazione dell'impianto per il trattamento di acque reflue urbane la fissazione del limite, che il legislatore delegato ha soltanto ritenuto di consigliare in misura "non superiore ai 5000 UFC/100 mL") non e' penalmente sanzionato, contestualmente essendo in toto scomparsa, inoltre, dall'intero allegato 5 (intestato ai "Limiti di emissione degli scarichi idrici"), la terminologia "coliformi totali" e "colformi fecali" (che compare, invece, nelle tabelle 1/A, 3/A ed 1/C dell'allegato 2, intestato ai "Criteri per la classificazione dei corpi idrici a specifica destinazione"). Il legislatore delegato insomma, modificando le sostanze (nella legge "Merli" sempre indicate come "Parametri") rilevanti ai fini del diritto penale, ha fatto si' che risultasse modificata anche la fattispecie incriminatrice, in tal modo depenalizzando alcune condotte; una depenalizzazione che, inevitabilmente, riguarda anche il passato, andando ad incidere pure su quanto gia' giudicato, non soltanto escludendo, in virtu' dell'art. 2, secondo comma, c.p., l'applicazione della sanzione penale, ma anche impedendo l'esecuzione della condanna sotto forma della sanzione amministrativa cosi' come introdotta: l'autorevole insegnamento della suprema Corte e' invero nel senso che, quando un fatto non e' piu' previsto dalla legge come reato, bensi' come illecito amministrativo, chi abbia commesso quel reato che sia stato trasformato in illecito amministrativo non puo' essere soggetto ad alcuna sanzione, ne' penale ne' amministrativa (per il principio di legalita' dell'illecito amministrativo, ex art. 1 legge 24 novembre 1981, n. 689, e di non applicabilita', in via estensiva ed in assenza di apposita norma transitoria, del principio di retroattivita' della norma penale piu' favorevole). E' ben noto, infatti, il lungo dibattito che ha tenuto impegnati dottrina e giurisprudenza fino all'emanazione della sentenza a SS.UU. della suprema Corte 16 marzo - 27 giugno 1994, n. 7394, a tenor della quale e' inapplicabile l'art. 2, terzo comma, c.p. alle sanzioni amministrative, sia nel caso in cui ad una legge che preveda sanzioni amministrative ne succeda un altra, sia nel caso - com'e', nella sostanza, quello di specie - in cui una legge che punisca determinate violazioni con la sanzione amministrativa "succeda" ad una legge che puniva quelle violazioni con la sanzione penale; insomma, in assenza di norme transitorie quali son quelle di cui agli artt. 40 e 41 (con particolare riferimento, per quanto qui interessa, al secondo comma di quest'ultima disposizione di legge) della legge 24 novembre 1981, n. 689, o, per venire a tempi recentissimi, agli artt. 100 e ss. del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 - frutto della sentita "preoccupazione principe" del legislatore (sono parole delle suddette sezioni unite) "di regolare armonicamente tutte le varie situazioni del passato - violazioni gia' giudicate, violazioni i cui procedimenti fossero ancora pendenti" - si impone l'applicazione pura e semplice dell'art. 2, secondo comma, c.p., che determina la cessazione totale degli effetti delle sentenze e dei decreti di condanna. Questo principio non e' stato mai piu' messo in discussione, troppi essendo stati i casi in cui quella "preoccupazione principe" ha mosso il legislatore all'evidente fine di rendere retroattivo cio' che retroattivo non potrebbe altrimenti essere: sebbene non "superprimario", giacche' non avente rilevanza costituzionale, la suprema Corte (sez. I, sent. 21 gennaio - 23 febbraio 1993, n. 1792, P.G. in proc. nazionale) ha definito pero' "primario" il principio di legalita' dettato dall'art. 1, legge n. 689/1981 ("nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione"); di esso e' stata dunque fatta applicazione - oltre che in occasione delle pur rarissime ipotesi in cui il legislatore non ha avuto a cuore quell'armonica regolamentazione che, invece, ha in genere segnato le caratteristiche delle diverse "depenalizzazioni" succedutesi nel tempo - proprio in tema di tutela delle acque dall'inquinamento (v. Cass. Pen., sez. III, 21 giugno - 21 settembre 1996, n. 2724, Taidelli ed altri, con riguardo alle innovazioni normative introdotte con il decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, in legge 17 maggio 1995, n. 172). D'altra parte, se e' vero che, quando la legge punisce condotte contrarie a prescrizioni poste con atto amministrativo che influisce su singoli casi, l'emanazione di nuovi atti (o il mutamento del loro contenuto) non costituisce novazione legislativa rilevante ex art. 2, secondo comma, c.p., in quanto non si prospetta alcuna modificazione di regole generali di condotta (Cass. pen., sez. III, 24 settembre - 18 ottobre 1996, n. 9163, Rizzi), e' pure vero che, appunto, perche' non si abbia novazione legislativa rilevante, la fattispecie incriminatrice deve rimanere di per se' penalmente rilevante, comprensiva di tutti i suoi elementi costitutivi, anche se, premessa la punibilita' in sede penale di una certa condotta, questa risulti ridotta nella sua portata: si tratta del caso in cui, ad esempio, con atto amministrativo sia prevista la riduzione dei limiti di accettabilita' di uno scarico, e che quell'atto costituisca un'integrazione del precetto penale in un elemento normativo della fattispecie; l'atto amministrativo e', cioe', il presupposto di fatto della legge penale incriminatrice, la quale ne sanziona la trasgressione. In questi casi, insegna la suprema Corte che il mutamento dell'atto amministrativo non comporta una differente valutazione della fattispecie legale astratta, bensi' determina la modifica del precetto e l'instaurazione di una nuova fattispecie incriminatrice, sicche', regolando le due norme fatti storicamente diversi, non sorge problema di successione di leggi. Nel caso di specie, pero', non di mero mutamento dei valori limite si e' trattato, bensi', come sopra premesso, di totale sottrazione alla rilevanza penale dello scarico nelle acque di alcune sostanze (rectius, di bacilli gram-negativi enterici fermentanti: v. ancora il suddetto Dizionario medico); e' invero mutato l'oggetto materiale dell'azione, con significativa e rilevante successione di leggi. Esprimendosi in materie che, mutatis mutandis, sono analoghe a quella in esame, perche' le fattispecie incriminatrici sono necessariamente integrate da norme extrapenali, la Corte di cassazione ha cosi' statuito: "Il singolo oggetto materiale dell'azione... puo' diventare rilevante quando, verificandosi una successione di leggi, taluno degli oggetti materiali sia, dalla vecchia o dalla nuova legge, escluso dalla incriminazione", cosicche', come, quando un imputato sia accusato di detenzione illecita di anfetamine in compresse, all'epoca del fatto ancora non incluse, pero', nell'elenco delle sostanze stupefacenti, quella detenzione dev'essere ritenuta in realta' lecita, con conseguente assoluzione perche' il fatto non era previsto dalla legge come reato, cosi', viceversa, laddove una persona sia processata per detenzione e porto illegale di arma da guerra, ma quell'arma sia una pistola Beretta modello 34, calibro 9 corto - in virtu' del decreto ministeriale del 21 maggio 1990 iscritta, in sede di aggiornamento, nel Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo -, l'integrazione del precetto penale con una disposizione piu' favorevole al reo determina l'applicazione della nuova fattispecie, anche se al tempo in cui fu commesso il fatto lo stesso era diversamente qualificato (Cass. pen., sez. I, 11 marzo-4 agosto 1980, Forth e 30 gennaio-16 aprile 1991, n. 4339, Bardellinu). Tanto premesso, nel caso che qui occupa, ancorche' formalmente la modifica (eliminazione dei coliformi totali e fecali dalla tabella penalmente rilevante e loro esclusivo inserimento in quelle valide ai soli fini della costruzione di fattispecie integranti illeciti amministrativamente sanzionati) sia stata operata con atto legislativo, occorre verificare se il Governo, nell'esercizio della funzione nell'occasione delegatagli, abbia rispettato i principi ed i criteri direttivi determinati dal delegante: occorre verificare - perche' rilevante ai fini del giudizio di esecuzione in corso, tenuto conto dell'incidenza che l'attuale assenza d'incriminazione penale dello sversamento di coliformi ha anche rispetto alle condanne irrevocabilmente pronunciate per questo tipo di condotte, benche' oggi amministrativamente sanzionate - se il legislatore delegante avesse previsto una depenalizzazione, sia pure parziale, in materia di tutela dell'ambiente e, in particolare, della protezione dall'inquinamento mediante il trattamento delle acque reflue urbane. Il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 e' intitolato "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole": con una serie di leggi di delegazione, infatti, il Parlamento aveva inteso temporaneamente attribuire l'esercizio della funzione legislativa al Governo affinche' fosse data attuazione alle direttive degli organi comunitarie, fra le quali alcune specificamente interessanti la materia della tutela delle acque. Oltre alle direttive concernenti la particolare materia in questione, il legislatore delegato ha dunque fatto riferimento, in apertura del testo licenziato con pubblicazione nel supplemento ordinario n. 101/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 124 del 29 maggio 1999, anche alle leggi-delega 22 febbraio 1994, n. 146, 6 febbraio 1996, n. 52, 24 aprile 1998, n. 128, 5 gennaio 1994, n. 36 e 15 marzo 1997, n. 59, le prime tre direttamente interessanti la materia in oggetto. Dal complessivo esame della normativa di riferimento mai emerge, pero', la volonta' del legislatore primario di delegare una pur parziale depenalizzazione, di espungere dall'ordinamento vigente fatti specie incriminatrici o di restringere la portata di alcune di esse; al contrario, ogni legge-cornice ha avuto cura di specificare che la mira del delegato doveva essere quella di perfezionare la disciplina antinquinamento, mantenendo lo status quo per cio' che concerne la sanzionabilita' in sede penale delle condotte gia' costituenti reato ed inasprendo - se necessario ed in linea con le direttive comunitarie - il sistema sanzionatorio penale ed amministrativo, mai neppure abbassando i valori limite gia' previsti dalla legislazione vigente, laddove le direttive da recepire li avessero prefigurati in misura meno restrittiva di quella gia' in vigore nella Repubblica. Il riordino della materia doveva, insomma, determinare un rafforzamento della tutela, giammai un abbassamento della guardia, cosi' sotto il profilo delle previsioni strettamente tecniche come sotto l'aspetto delle sanzioni da applicare agli inadempienti. Richiamando qui - senza ripercorrere per intero la variegata legislazione di delega, peraltro tutta intrisa di direttive concernenti la conservazione di quanto gia' predisposto a ferma tutela del bene ambiente e, la' dove necessario, il rafforzamento delle cautele - soltanto le norme direttamente interessanti il tema delle misure di salvaguardia dall'inquinamento delle acque, devono essere segnalati: l'art. 2 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, che, intitolato "Criteri e principi' direttivi generali della delega legislativa", alla lettera d) del primo comma espressamente prevede "Salvi gli specfici principi' e criteri direttivi dettati negli articoli seguenti ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'art. 1 saranno informati ai seguenti principi' e criteri generali: ... d) salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a lire duecento milioni e' dell'arresto fino a tre anni, saranno previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli articoli 34 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi saranno previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravita'. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma, non inferiore a lire cinquantamila e non superiore a lire duecento milioni, sara' prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli suindicati. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni suindicate saranno determinate nella loro entita' tenendo conto della diversa potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole, comprese quelle che impongano particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del vantaggio patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole o alla persona o ente nel cui interesse egli agisce. In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per violazioni che siano omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni medesime". Oltre alla specifica clausola di salvezza della preesistente normativa penale, risulta di rilievo anche l'ulteriore specificazione secondo la quale l'eventuale, ulteriore e necessaria previsione di sanzioni penali avrebbe potuto prevedere l'applicazione alternativa o congiunta della pena detentiva e di quella pecuniaria proprio nelle materie gia' escluse dalla prima grande depenalizzazione che ha inciso sul sistema penale dal 1980 ad oggi: "Le sanzioni penali, ..., saranno previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno dei tipo di quelli tutelati dagli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689."; e l'art. 34 citato, alla lettera g), prevede esattamente - espressamente escludendola dalla depenalizzazione -, "la legge 10 maggio 1976, n. 319, sulla tutela delle acque dall'inquinamento;" (cui, invece, come si e' visto e si vedra' piu' avanti, avendo il legislatore delegato ritenuto addirittura di interamente abrogarla, si impedisce ora di ottemperare a quella che era la sua funzione di massima protezione). Ancora, risulta assai significativo l'espresso riferimento a quanto gia' in vigore nel momento in cui il delegante indicava al Governo come avrebbe dovuto comportarsi in presenza di violazioni omogenee e di pari offensivita' rispetto a quelle gia' prese in considerazione dall'ordinamento italiano: "In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per violazioni che siano omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni medesime.": lungi dal dover essere eliminato o ridotto, il preesistente, penalmente rilevante, poteva anzi costituire modello da imitare in deroga - sfavorevole al reo - persino rispetto ai limiti di pena che, cosi' come introdotti dalla legge delega, fossero risultati troppo blandi al cospetto di nuove violazioni equiparabili, quanto a gravita', a quelle gia' sanzionate; l'art. 7 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, che, piu' specificamente prevedendo la "Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie.", specificamente prescrive: "1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale, il Governo, salve le norme penali vigenti, e' delegato ad emanare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di direttive delle comunita' europee, attuate ai sensi della presente legge in via regolamentare o amministrativa, e di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. 2. La delega sara' esercitata con decreti legislativi adottati a norma dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie e dei Ministri competenti per materia, che si informeranno ai principi' e criteri direttivi di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), della presente legge.". Il Parlamento non lascia dunque spazio a dubbi interpretativi in merito alla necessita' che, anche nel dare attuazione alla delega inerente alla disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie, il Governo avrebbe dovuto rispettare i suddetti principi' e criteri direttivi che espressamente prevedono la salvezza delle norme penali preesistenti nella loro interezza, con possibilita', semmai, di loro integrazione, ma mai di abrogazione; l'art. 3 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, che, intitolato "Criteri e principi' direttivi generali della delega legislativa.", ancora sottolinea: "1. Salvi gli specfici principi' e criteri direttivi stabiliti negli articoli seguenti ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'art. 1 saranno informati ai seguenti principi' e criteri generali: ... c) salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a lire duecento milioni e dell'arresto fino a tre anni, saranno previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689. ... In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni medesime. E' agevole verificare che, anche in questo caso, valgono le medesime considerazioni svolte con riguardo alla legge n. 146/1994, cosi' come per la norma che segue; l'art. 7 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, intitolato "Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di comunitarie.", che recita "1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale, il Governo, salve le norme penali vigenti, e' delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di direttive delle Comunita' europee, attuate ai sensi della presente legge in via regolamentare o amministrativa, e di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. 2. La delega sara' esercitata con decreti legislativi adottati a norma dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea e dei Ministri competenti per materia, che si informeranno ai principi' e criteri direttivi di cui all'art. 3, comma 1, lettera c), della presente legge."; l'art. 2 della legge 24 aprile 1998, n. 128, che, anch'esso intitolato "Criteri e principi' direttivi generali della delega legislativa.", pure prevede "1. Salvi gli specfici principi' e criteri direttivi stabiliti negli articoli seguenti ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'art. 1 saranno informati ai seguenti principi' e criteri direttivi generali: c) salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a lire duecento milioni e dell'arresto fino a tre anni, saranno previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689. ... In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni medesime; ...". L'ostinazione con la quale il Parlamento insiste nel prevedere la salvezza del preesistente penalmente rilevante fa pensare, per un verso, che anche qui ci si trovi di fronte ad una "preoccupazione principe"; per altro, che proprio nulla di quanto prima era sanzionato penalmente avrebbe dovuto essere toccato in sede di riordinamento della materia; l'art. 8 della legge 24 aprile 1998, n. 128, che, intitolato "Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie.", ancora una volta specifica "1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, e' delegato ad emanare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di direttive delle Comunita' europee attuate in via regolamentare o amministrativa ai sensi della legge 22 febbraio 1994, n. 146, della legge 6 febbraio 1996, n. 52, nonche' della presente legge e per le violazioni di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. 2. La delega e' esercitata con decreti legislativi adottati a norma dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro competente per il coordinamento delle politiche comunitarie, e del Ministro della giustizia, di concerto con i ministri competenti per materia; i decreti legislativi si informeranno ai principi' e criteri direttivi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c)."; il combinato disposto degli articoli 10 e 17 della legge 24 aprile 1998, n. 128. L'art. 10, intitolato al "Riordinamento normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie", prevede si' il coordinamento delle norme vigenti con quelle da introdurre nell'ordinamento mediante il recepimento delle sopravvenute direttive cumunitarie (peraltro prevedendo soltanto "integrazioni e modificazioni necessarie al predetto coordinamento", ma e' seguito ed espressamente richiamato dall'art. 17, secondo il quale, nella specifica materia della "Tutela delle acque dall'inquinamento", "... 2. In sede di recepimento delle direttive di cui al comma 1 sono apportate le modificazioni ed integrazioni necessarie al coordinamento ed al riordino della normativa vigente in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, secondo le modalita' di cui all'art. 10, assicurando: ... b) l'adozione di sistemi predeterminati di liquidazione del danno ambientale per la prevenzione e il ristoro dello stesso, la revisione del relativo sistema sanzionatorio prevedendo, insieme al riordino delle sanzioni penali, l'introduzione e l'applicazione di adeguate sanzioni amministrative. Il riordino del sistema sanzionatorio della tutela delle acque dall'inquinamento potra' avvenire mediante l'introduzione di sanzioni penali e amministrative, nel rispetto dei principi' e dei criteri direttivi indicati nell'art. 2, comma 1, lettera c), ma con sanzioni penali nei limiti rispettivamente dell'ammenda fino a lire 500 milioni e dell'arresto fino a cinque anni, e con sanzioni amministrative del pagamento di una somma non inferiore a lire 500 mila e non superiore a lire 500 milioni; ...". Ragionando in direzione esattamente opposta a quella della depenalizzazione, il Parlamento ha dunque chiaramente indicato che, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, la risposta dello Stato dev'essere particolarmente rigorosa, addirittura piu' che raddoppiando i limiti di pena genericamente previsti dal precedente art. 2 e dalle precedenti leggi-delega. Ma v'e' di piu': il delegante e' stato anche attentissimo a specificare ripetutamente che anche i valori limite gia' dalla legislazione italiana previsti per lo scarico di sostanze non possono essere ridotti in sede di recepimento delle direttive comunitarie, a conferma della ferma volonta' di adeguarsi si' alla legislazione europea, ma sempre e soltanto quando questa risulti piu' drastica di quella italiana previgente, mai quando determini un ridimensionamento della risposta alla messa in pericolo dell'ambiente e, in particolare, per quanto qui interessa, delle acque. Se e' vero, infatti, che l'art. 17 della legge 24 aprile 1998, n. 128 cosi' prosegue: "... 2. In sede di recepimento delle direttive di cui al comma 1 sono apportate le modificazioni ed integrazioni necessarie al coordinamento ed al riordino della normativa vigente in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, secondo le modalita' di cui all'art. 10, assicurando: ... c) il rispetto dei limiti di accettabilita' degli scarichi e dei parametri di qualita' dei corpi idrici ricettori definiti dalla normativa europea, nel senso che non puo' derogarsi ai limiti ivi previsti con valori meno restrittivi;", e' pure vero che il Parlamento gia' aveva espressamente precisato, nell'art. 36 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, che "L'attuazione delle direttive in materia di tutela delle acque dall'inquinamento... sara' informata ai seguenti principi' e criteri direttivi: ...; b) mantenimento dei livelli di protezione ambientale previsti dalla normativa nazionale, ove piu' rigorosi di quelli derivanti dalla normativa comunitaria;", e, nel successivo art. 37, aveva specificatamente ribadito che "L'attuazione della direttiva del Consiglio 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque riflue urbane, sara' informata ai seguenti ulteriori principi' e criteri direttivi: ...". E' allora veramente arduo ritenere che il Governo, escludendo i coliformi totali e fecali dalla Tabella inerente alle sostanze il cui sversamento fuori di limiti predeterminati comporta l'applicazione di sanzioni penali, abbia rispettato la delega conferitagli; cio' soprattutto perche', a ribadire l'intento del legislatore primario, v'e' anche il secondo comma, lett. a), dell'art. 17, legge n. 128/1998 gia' citato, secondo il quale "In sede di recepimento delle direttive di cui al comma 1 (la 91/271/CEE e la 91/676/CEE) sono apportate le modificazioni ed integrazioni necessarie..., assicurando: a) una incisiva ed effettiva azione di tutela della acque attraverso l'adozione di misure volte alla tutela quantitativa della risorsa e alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento idrico, ivi compreso il ricorso ...., a meccanismi incentivanti per il perseguimento degli obiettivi, alla diffusione di un diffuso ed effettivo sistema di controlli preventivi e successivi, ....", ed e' evidente che non risulta ossequiosa di questa politica legislativa l'eliminazione, sia pure parziale, della tipologia di sanzione che maggiormente esercita, per sua natura, una funzione incentivante verso il rispetto dell'ambiente. D'altra parte, che precisamente volta ad assicurare sempre maggior tutela in materia sia stata l'azione del Parlamento, e che il legislatore primario abbia voluto riservare a se' ogni diversa valutazione, evitando il ricorso ad una delegazione "aperta", che in presenza di nuove direttive europee, e' dimostrato dal contenuto dell'art. 3, terzo comma, legge 10 maggio 1976, n. 319, con il quale ritenne di esercitare un preventivo e severo controllo persino con riguardo ai valori dei limiti di accettabilita' degli scarichi introdotti con la stessa legge "Merli": al Comitato dei Ministri, costituito dai Ministri per i lavori pubblici, per la marina mercantile e per la sanita', cui aveva attribuito la competenza ad esercitare le funzioni di cui al precedente art. 2, il Parlamento demando' un ulteriore compito: "Dopo otto anni dall'entrata in vigore della presene legge, il Comitato suddetto puo' provvedere, di intesa con le regioni, con decreto del Presidente della Repubblica, a modificare i valori contenuti nella tabella A allegata alla presente legge, per adeguarli alle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche. Ulteriori eventuali modifiche ai valori tabellari suddetti potranno essere apportate ad intervalli di tempo non inferiori a quattro anni. Lo stesso Comitato dei ministri puo' in ogni momento provvedere con decreto del Presidente della Repubblica ad adeguare i valori dei limiti di accettabilita' degli scarichi di cui alle tabelle A e C della presente legge ai corrispondenti valori definiti dalle apposite direttive della Comunita' economica europea, qualora questi ultimi valori risultino piu' restrittivi.".: Mai, insomma, il recepimento delle direttive comunitarie avrebbe potuto determinare un affievolimento della tutela apprestata dal legislatore italiano, neppure in termini di riduzione dei valori ritenuti inquinanti, e da nulla s'evince che, rilasciando, in epoca successiva, le suddette deleghe, il Parlamento aia voluto derogare a quel principio, autorizzando il Governo non ad un mero adeguamento, bensi' al sostanziale azzeramento dei valori limite, con totale abrogazione, insieme con l'intera legge "Merli", delle tabelle alla stessa allegate e richiamate dalla fattispecie penale incriminatrice del suo art. 21. Escluso che la delega complessiva (tutt'altro che ampia) possa giustificare l'abrogazione completa della legge n. 319/1976, con il travolgimento dell'art. 21 e l'espunzione, dalle tabelle penalmente rilevanti, di quelle sostanze che mai avrebbero potuto essere modificate dal Governo, se non con riguardo ai valori nell'ambito delle stesse previste e con le precise garanzie di cui all'art. 3, terzo comma, dev'essere in questa sede ribadito che la questione in esame assume rilievo nel presente giudizio di esecuzione poiche', dalla violazione della delega, e' dipesa una modificazione ella normativa tale da determinare l'assenza di punibilita' penale dei fatti pregressi e, quindi. la revocabilita' della sentenza con la quale Putignano Raffaele fu condannato per aver superato i valori limite riferiti ai coliformi totali e fecali; e poiche' trattasi - per quanto sopra esposto - di questione non manifestamente infondate, essendo palese l'eccesso di delega che ha viziato l'introduzione della nuova normativa, gli atti devono essere trasmessi alla Corte costituzionale, con contestuale sospensione del giudizio in corso e notificazioni e comunicazioni previste dalla legge.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione - dell'art. 63 decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, nella parte in cui abroga l'intera legge 10 maggio 1976, n. 319 e, quindi, integralmente l'art. 21 di questa e le tebelle A e C dallo stesso richiamate, e dell'art. 59, comma 5 e 6, decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 nella parte in cui, prevedendo, ai fini della costruzione della fattispecie penalmente sanzionata dello scarico si acque reflue industriali, ovvero da una immissione occasionale, soltanto le sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5, e non anche i coliformi totali e fecali ( i cui limiti di emissione, sotto la restrittiva denominazione di Escherichia coli, sono previsti nelle tabelle 3 e 4 del medesimo allegato 5 - rilevanti ai soli fini dell'applicazione di sanzioni amministrative), esclude che questi ultimi possano costituire l'oggetto materiale della fattispecie incriminatrice; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata a Putigliano Raffaele, al pubblico ministero ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Taranto, addi' 18 settembre 2000 Il giudice dell'esecuzione: Ingenito 01C0622