N. 180 SENTENZA 4 - 8 giugno 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Previdenza   e  assistenza  -  Pensioni  dell'assicurazione  generale
  obbligatoria  -  Quota  aggiuntiva  di  pensione  -  Calcolo per le
  pensioni   liquidate   prima   del   1o gennaio   1988   -  Mancata
  rivalutazione  della  retribuzione pensionabile fino all'entrata in
  vigore  del  nuovo  sistema - Assunta, irragionevole, disparita' di
  trattamento  e  lamentato contrasto con il principio di adeguatezza
  del trattamento previdenziale - Non fondatezza della questione.
- Legge   29 maggio   1982,  n. 297,  art. 3,  undicesimo  comma,  in
  relazione  all'art. 21,  comma 6, della legge 11 marzo 1988, n. 67,
  come  interpretato dall'art. 3, comma 2-bis del d.l. 21 marzo 1988,
  n. 86  (convertito,  con modificazioni, nella legge 20 maggio 1988,
  n. 160).
- Costituzione, artt. 3 e 38, secondo comma.
Previdenza   e  assistenza  -  Pensioni  dell'assicurazione  generale
  obbligatoria  -  Quota  aggiuntiva  di  pensione  -  Calcolo per le
  pensioni   liquidate   prima   del   1o gennaio   1988   -  Mancata
  rivalutazione  della  retribuzione pensionabile fino all'entrata in
  vigore  del  nuovo  sistema - Assunta, irragionevole, disparita' di
  trattamento  e  lamentato contrasto con il principio di adeguatezza
  del  trattamento  previdenziale  - Difetto di rilevanza - Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Legge   29 maggio   1982,  n. 297,  art. 3,  undicesimo  comma,  in
  relazione  all'art. 21,  comma 6, della legge 11 marzo 1988, n. 67,
  come  interpretato dall'art. 3, comma 2-bis del d.l. 21 marzo 1988,
  n. 86  (convertito,  con modificazioni, nella legge 20 maggio 1988,
  n. 160).
- Costituzione, artt. 3 e 38, secondo comma.
(GU n.23 del 13-6-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3, undicesimo
comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento
di fine rapporto e norme in materia pensionistica), in relazione agli
artt. 21, comma 6, della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per
la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge
finanziaria  1988), e 3, comma 2-bis del decreto-legge 21 marzo 1988,
n. 86  (Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di
mercato   del  lavoro,  nonche'  per  il  potenziamento  del  sistema
informatico  del  Ministero  del  lavoro e della previdenza sociale),
convertito,  con  modificazioni,  in  legge  20 maggio  1988, n. 160,
promossi  con due ordinanze emesse il 24 giugno 1999 dal tribunale di
Bologna nei procedimenti civili vertenti tra l'Istituto Nazionale per
la previdenza sociale (INPS) e Saverio Montella, e tra l'INPS e Luigi
Rizzi,  iscritte  ai  numeri  638 e 639 del registro ordinanze 1999 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, 1a serie
speciale, dell'anno 1999.
    Visti  gli  atti di costituzione di Saverio Montella e dell'INPS,
nonche'  gli  atti  di  intervento  del  presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 6 marzo 2001 il giudice relatore
Franco Bile;
    Uditi  l'avvocato  Carlo De Angelis per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  le  due  ordinanze indicate in epigrafe il tribunale di
Bologna,  giudice  del  lavoro,  ha  proposto  -  in riferimento agli
artt. 3  e  38,  secondo  comma, della Costituzione - la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  undicesimo  comma,  della
legge  29 maggio  1982,  n. 297  (Disciplina  del trattamento di fine
rapporto  e norme in materia pensionistica), considerato in relazione
all'art. 21,  comma 6, della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni
per  la  formazione  del  bilancio annuale e pluriennale dello Stato.
Legge  finanziaria  1988), come interpretato dall'art. 3, comma 2-bis
del   decreto-legge   21 marzo   1988,   n. 86   (Norme   in  materia
previdenziale,  di  occupazione  giovanile  e  di mercato del lavoro,
nonche'  per  il  potenziamento del sistema informatico del Ministero
del   lavoro   e   della   previdenza   sociale),   convertito,   con
modificazioni, in legge 20 maggio 1988, n. 160. Il sistema introdotto
dalla    normativa    impugnata    ha    attribuito   ai   pensionati
dell'assicurazione  generale obbligatoria, a decorrere dal 1o gennaio
1988,  una  quota  aggiuntiva  di pensione calcolata sulla base della
retribuzione  degli  ultimi  cinque  anni,  rivalutata per il periodo
intercorrente  "tra  l'anno solare cui la retribuzione si riferisce e
quello precedente la decorrenza della pensione".
    2. - L'ordinanza iscritta al n. 638 del 1999 e' stata pronunciata
nel  corso  di un giudizio di appello contro la sentenza con la quale
il  pretore  di  Bologna  aveva  accolto  la  domanda proposta contro
l'Istituto  nazionale  per la previdenza sociale (INPS) da S. M., che
era  titolare  dal  1o settembre 1985 di una pensione di vecchiaia il
cui  importo  era  stato  calcolato  con  il  sistema del c.d. "tetto
pensionabile"  ai  sensi  della  legge  n. 297 del 1982, ed aveva poi
beneficiato della quota aggiuntiva di pensione prevista dall'art. 21,
comma  6,  della  legge n. 67 del 1988, determinata secondo i criteri
dalla stessa norma indicati.
    Ritenendo  che la quota aggiuntiva dovesse calcolarsi rivalutando
le  retribuzioni rilevanti non solo per il quinquennio anteriore alla
data  di  decorrenza della pensione (1o settembre 1985), ma anche per
il  periodo successivo fino al 1o gennaio 1988, egli aveva chiesto la
condanna dell'INPS alla corresponsione delle relative differenze, con
interessi e rivalutazione monetaria.
    Avendo  il  pretore  accolto la domanda, su appello dell'INPS, il
tribunale  ha  sollevato  la questione di legittimita' costituzionale
prima ricordata.
    Secondo  il  giudice  rimettente,  il  sistema  introdotto  dalla
normativa  impugnata  comporta  la  conseguenza  che  i  titolari  di
pensioni  liquidate  anteriormente  al  1o gennaio  1988 (fra i quali
l'appellato)   possono   giovarsi  della  rivalutazione  della  quota
aggiuntiva  di  pensione  per  il  periodo  intercorrente "tra l'anno
solare  cui  la  retribuzione  si  riferisce  e  quello precedente la
decorrenza  della  pensione"  (che  nella  specie e' il 1984), ma non
anche  della  rivalutazione  fra  questa  data e quella di entrata in
vigore del nuovo sistema (1o gennaio 1988).
    Il  giudice rimettente ritiene che tale disciplina violi l'art. 3
della Costituzione (essendo irrazionale che coloro che sono andati in
pensione  prima  del 1o gennaio 1988 "siano penalizzati dalla mancata
perequazione [rectius, rivalutazione] della retribuzione pensionabile
per  il  periodo intercorrente tra il loro pensionamento originario e
la sua successiva riliquidazione"), nonche' l'art. 38, secondo comma,
della  Costituzione  (perche'  "la  mancata  rivalutazione dei valori
monetari  relativi  alla  retribuzione  pensionabile  si riflette sul
trattamento pensionistico, diminuendone il valore economico effettivo
e  rendendolo  non  piu' idoneo a fornire agli interessati quei mezzi
adeguati  di  vita, di cui abbisognano, e che la norma costituzionale
vuole siano assicurati").
    3.  -  La  stessa  questione  e' stata posta anche dall'ordinanza
iscritta al n. 639 del 1999, pronunziata dal tribunale di Bologna, in
sede  di  appello  contro  la  sentenza con la quale il pretore della
citta'  aveva  accolto  la  domanda  proposta contro l'INPS da L. R.,
titolare di una pensione di vecchiaia dal 1o gennaio 1976. A parte la
diversa  data  di decorrenza della pensione, la vicenda processuale e
la  motivazione  dell'ordinanza di remissione sono identiche a quella
dell'altro giudizio, prima considerato.
    4.  -  In  entrambi  i  giudizi  e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  depositando memorie nelle quali ha sostenuto
l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione.
    5.  - L'INPS si e' costituito in entrambi i giudizi, sostenendo -
in   quello  di  cui  all'ordinanza  n. 638  -  l'infondatezza  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  e  -  in  quello  di cui
all'ordinanza  n. 639  -  l'inammissibilita'  di  essa per difetto di
rilevanza.
    6.  -  Nel  giudizio di cui alla prima ordinanza si e' costituita
(fuori  termine)  la  parte privata M., aderendo alle conclusioni del
giudice  rimettente  e  sviluppando  poi  le sue tesi con una memoria
illustrativa depositata nell'imminenza dell'udienza odierna.

                       Considerato in diritto

    1.   -  I  due  giudizi  pongono  la  questione  di  legittimita'
costituzionale della stessa norma, e quindi devono essere riuniti.
    2.  - Il giudice rimettente dubita della conformita' agli artt. 3
e  38,  secondo  comma,  della  Costituzione  dell'art. 3, undicesimo
comma,  della  legge 29 marzo 1982, n. 297, in relazione all'art. 21,
comma  6,  della legge 11 marzo 1988, n.67, interpretato dall'art. 3,
comma  2-bis  del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con
modificazioni, in legge 20 maggio 1988, n. 160.
    L'art. 3  della legge n. 297 del 1982 - modificando la disciplina
delle   pensioni   dell'assicurazione   generale   obbligatoria   per
invalidita',  vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, ed in
particolare  il  sistema (gia' esistente nell'ordinamento precedente)
del  c.d.  "tetto  pensionabile"  -  determino'  all'ottavo  comma la
retribuzione  annua  pensionabile,  per  le  pensioni  con decorrenza
successiva  al  30 giugno  1982, nella quinta parte della somma delle
retribuzioni   percepite   in  costanza  di  rapporto  di  lavoro  (o
corrispondenti  a  periodi  riconosciuti  figurativamente,  ovvero ad
eventuale  contribuzione  volontaria)  risultante  dalle  ultime  260
settimane  di  contribuzione  (pari,  in  pratica, agli ultimi cinque
anni)   precedenti   la   decorrenza   della   pensione;  e  stabili'
all'undicesimo   comma  la  rivalutazione  della  retribuzione  media
settimanale  di  ciascun  anno  solare  in misura corrispondente alla
variazione   dell'indice   annuo  del  costo  della  vita  (calcolato
dall'ISTAT   ai  fini  della  scala  mobile  delle  retribuzioni  dei
lavoratori  dell'industria) tra l'anno solare di riferimento e quello
precedente la decorrenza della pensione.
    Il  sistema  e' stato poi mitigato dalla legge n. 67 del 1988, il
cui  art. 21  ha  previsto,  al  comma  6,  la  computabilita'  - con
decorrenza   dal  1o gennaio  1988  -  della  parte  di  retribuzione
eccedente  il  "tetto  pensionabile"  secondo  aliquote di rendimento
fissate  nella  tabella allegata, precisando che la quota di pensione
cosi' determinata si somma a quella originaria.
    Il  sesto comma dell'art. 21 e' stato interpretato autenticamente
dall'art. 3,  comma  2-bis del decreto-legge n. 86 del 1988, aggiunto
dalla  legge  di  conversione  n. 160  del  1988,  nel  senso  che la
retribuzione pensionabile rilevante per la determinazione della quota
aggiuntiva  si  calcola  sulla  media delle retribuzioni imponibili e
pensionabili,  rivalutate  a  norma dell'undicesimo comma dell'art. 3
della  legge n. 297 del 1982, e relative alle ultime duecentosessanta
settimane  di  contribuzione, cioe', in pratica, allo stesso modo che
per la quota non eccedente il tetto.
    Per   effetto   del   richiamo   a   tale  undicesimo  comma,  la
rivalutazione  e'  fatta  secondo la variazione dell'indice annuo del
costo  della vita "tra l'anno solare cui la retribuzione si riferisce
e quello precedente la decorrenza della pensione".
    3.   -  La  norma  ha  dato  luogo  a  dubbi  interpretativi,  in
particolare  sull'applicabilita'  del  sistema delle quote aggiuntive
solo  alle  pensioni  decorrenti dal 1o gennaio 1988 o anche a quelle
liquidate prima.
    Questa   Corte   ha   dichiarato  non  fondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  prospettata sull'assunto che il sistema
non  concernesse  le  pensioni  liquidate anteriormente al 1o gennaio
1988, ritenendola basata su un erroneo presupposto interpretativo, ed
ha  affermato che i benefici di cui all'art. 21 della legge n. 67 del
1988  si  applicano  anche  ai soggetti gia' pensionati al 1o gennaio
1988,  in  quanto tale data segna solo il momento a partire dal quale
si  computa  la  retribuzione  eccedente il tetto e si corrisponde la
quota  aggiuntiva  (sentenza  n. 72  del 1990). Il principio e' stato
confermato  e precisato dalla sentenza n. 296 del 1995, nel senso che
il   meccanismo   previsto   dalla   norma  in  esame  "si  esaurisce
nell'erogazione  di  una  semplice  "quota" di pensione, da sommare a
quella  "determinata  in  base  al limite massimo" della retribuzione
annua   pensionabile,   con   conseguente   esclusione  di  qualsiasi
operazione di complessivo ricalcolo del trattamento".
    Sulla  base  di  questa  interpretazione,  la  giurisprudenza  di
legittimita'  si  e'  consolidata - divenendo "diritto vivente" - nel
senso che, ai fini della liquidazione della quota aggiuntiva relativa
a pensioni liquidate prima del 1o gennaio 1988, le retribuzioni medie
imponibili e pensionabili devono essere rivalutate per il periodo che
va  da  ciascun  anno  solare considerato fino all'anno antecedente a
quello dell'originaria decorrenza della pensione.
    4.  -  Sull'implicita premessa che la norma impugnata debba cosi'
essere interpretata, l'ordinanza n. 638 la ritiene in contrasto:
        a)  con  l'art. 3  Cost.,  essendo irrazionale che coloro che
sono  andati in pensione prima del 1o gennaio 1988 "siano penalizzati
dalla  mancata  perequazione  della  retribuzione pensionabile per il
periodo  intercorrente  tra il loro pensionamento originario e la sua
successiva riliquidazione";
        b)  con  l'art. 38, secondo comma, Cost., perche' "la mancata
rivalutazione   dei   valori   monetari  relativi  alla  retribuzione
pensionabile  si riflette sul trattamento pensionistico, diminuendone
il  valore economico effettivo e rendendolo non piu' idoneo a fornire
agli  interessati  quei  mezzi adeguati di vita di cui abbisognano, e
che la norma costituzionale vuole siano assicurati".
    5. - La questione non e' fondata.
    Anzitutto  il  giudice rimettente ragiona erroneamente in termini
di  "riliquidazione"  della pensione, senza considerare che le citate
sentenze  della  Corte hanno escluso che la norma impugnata dia luogo
ad un "complessivo ricalcolo del trattamento".
    Ma  soprattutto  -  nella  sostanza  - finisce per sollecitare un
sindacato  sull'esercizio  della  discrezionalita' del legislatore in
tema  di  modulazione  temporale  dell'applicabilita' dei trattamenti
previdenziali.
    Orbene, tale sindacato e' possibile soltanto sotto il profilo del
controllo  di ragionevolezza (cfr., fra le altre, sentenza n. 202 del
1999,  ordinanza n. 177 del 1999): e nella specie e' da escludere che
la scelta legislativa sia irragionevole.
    In  effetti, la soluzione auspicata dal rimettente - secondo cui,
ai fini del calcolo della "quota aggiuntiva" su pensioni anteriori al
1o gennaio  1988,  la retribuzione media pensionabile dovrebbe essere
rivalutata  non  solo  dai  singoli anni dell'ultimo quinquennio fino
all'anno   antecedente   il  pensionamento  (come  dispone  la  norma
impugnata),  ma  anche  per il periodo successivo, fino al 1o gennaio
1988  - comporterebbe l'applicazione a tali pensioni di un meccanismo
radicalmente  diverso rispetto a quello apprestato dalla stessa norma
per tutte le altre.
    Infatti  -  mentre  per  le pensioni liquidate dopo il 1o gennaio
1988   la   quota   aggiuntiva   e'  calcolata  tenendo  conto  della
svalutazione  della  retribuzione di ciascun anno di riferimento fino
all'anno  anteriore  a  quello  del  pensionamento  - per le pensioni
liquidate prima di quella data la retribuzione sarebbe rivalutata non
solo  per lo stesso anno di pensionamento, ma anche per un periodo ad
esso  successivo,  posteriore  quindi alla cessazione del rapporto di
lavoro;  e  si  configurerebbe,  sia  pure  ai  soli fini della quota
aggiuntiva,  proprio  quel  "  complessivo ricalcolo" del trattamento
pensionistico  che  la  Corte ha decisamente escluso (sentenza n. 296
del 1995, citata).
    Pertanto,  la  scelta  operata dalla norma in esame (interpretata
nel  senso  della  sua  applicabilita'  anche alle pensioni liquidate
prima  del  1o gennaio  1988)  di  sottoporre  categorie  diverse  di
soggetti  -  collocati in pensione in momenti diversi e nel vigore di
leggi diverse - ad una disciplina coerentemente differenziata, idonea
ad   evitare  contraddizioni  interne  al  sistema,  non  puo'  dirsi
irragionevole e quindi lesiva dell'art. 3 della Costituzione.
    6.  -  La questione e' infondata anche in riferimento all'art. 38
della Costituzione.
    Certamente  il  precetto  costituzionale esige che il trattamento
previdenziale  sia  sufficiente ad assicurare le esigenze di vita del
lavoratore  pensionato;  ma  nell'attuazione  di  tale  principio  al
legislatore  deve  riconoscersi un margine di discrezionalita', anche
in relazione alle risorse disponibili, almeno quando non sia in gioco
la  garanzia  delle  esigenze  minime di protezione della persona (ex
multis, sentenza n. 457 del 1998). E tale garanzia sicuramente non e'
incisa da una scelta legislativa mirante - secondo quanto si e' detto
-  a ricondurre la posizione dei titolari di pensioni liquidate prima
del  1o gennaio 1988 alla disciplina generale del calcolo delle quote
aggiuntive,  che  per  la  rivalutazione della retribuzione considera
unicamente periodi anteriori al pensionamento.
    7.   -   La   questione   sollevata   dall'ordinanza   n. 639  e'
manifestamente  inammissibile per difetto di rilevanza, come eccepito
dall'INPS.
    Secondo  la  giurisprudenza  di  legittimita'  -  che  sul  punto
costituisce  "diritto  vivente" e che non e' contestata dal giudice a
quo  -  la  norma  dell'art. 21, comma 6, della legge n. 67 del 1988,
autenticamente    interpretata    dall'art. 3,   comma   2-bis,   del
decreto-legge n. 86 del 1988, convertito, con modificazioni, in legge
n. 160  del  1988,  essendo  strettamente  correlata  al  sistema  di
liquidazione  introdotto dall'art. 3 della legge n. 297 del 1982, non
e'  applicabile alle pensioni liquidate prima del 30 giugno 1982, nel
vigore della disciplina precedente.
    E  dall'ordinanza  in  esame  emerge  che il giudizio concerne un
soggetto collocato in pensione nel 1976.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3,  undicesimo  comma,  della  legge 29 maggio 1982, n. 297
(Disciplina  del  trattamento  di  fine  rapporto  e norme in materia
pensionistica),  in  relazione  al  comma  6 dell'art. 21 della legge
11 marzo  1988,  n. 67  (Disposizioni  per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato.  Legge finanziaria 1988), come
interpretato  dall'art. 3,  comma  2-bis  del  decreto-legge 21 marzo
1988, n. 86 (Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile
e  di  mercato  del  lavoro, nonche' per il potenziamento del sistema
informatico  del  Ministero  del  lavoro e della previdenza sociale),
convertito,  con  modificazioni,  in  legge  20 maggio  1988,  n.160,
sollevata dal tribunale di Bologna, in riferimento agli artt. 3 e 38,
secondo  comma,  della  Costituzione, con l'ordinanza n. 638 r.o. del
1999;
    Dichiara  manifestamente  inammissibile  la  medesima  questione,
sollevata  dal  tribunale di Bologna, con l'ordinanza n. 639 r.o. del
1999.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2001 .
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
01C0631