N. 17 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 11 giugno 2001
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 11 giugno 2001 (della Provincia autonoma di Trento) Previdenza e assistenza sociale - Decreto del Ministro per la solidarieta' sociale 21 dicembre 2000, n. 452, concernente "Regolamento recante disposizioni in materia di assegni di maternita' e per il nucleo familiare" Previsione, anche per il territorio delle Province autonome, dei livelli e requisiti di accesso stabiliti, oltre che dalle disposizioni, di cui agli artt. 65 e 66 legge n. 447/1998, anche dai regolamenti attuativi delle stesse Conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia di Trento - Dedotta riduzione della potesta' legislativaprimaria della Provincia di Trento in materia di assistenza sociale alla mera attuazione di regolamenti statali - Cost. art. 117 in relazione agli artt. 17, comma 1, lett. b), legge n. 400/1988 e all'art. 2, decreto legislativon. 266/1992 - Richiamo al conflitto n. 35/1999 sollevato dalla stessa Provincia di Trento. - Decreto del Ministro per la solidarieta' sociale 21 dicembre 2000, n. 452, art. 23. - Statuto T.A.A., art. 8, numero 25 e 16, in relazione all'art. 2, d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 e all'art. 5, comma 1, legge 30 novembre 1989, n. 386.(GU n.29 del 25-7-2001 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 1262 del 25 maggio 2001 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 29 maggio 2001 (rep. n. 25257) rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia stessa (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma, presso io studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri 5, Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione che non spetta allo Stato di vincolare le Province autonome, nella concessione ed erogazione degli assegni per il nucleo familiare e di maternita' di cui agli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, al rispetto di livelli e requisiti accesso previsti da norme di livello regolamentare, e per il conseguente annullamento dell'art. 23 del decreto del Ministro per la solidarieta' sociale 21 dicembre 2000, n. 452, concernente "Regolamento recante disposizioni in materia di assegni di maternita' e per il nucleo familiare, in attuazione dell'articolo 49 della legge 22 dicembre 1999, n. 488, e degli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 81 del 6 aprile 2001, nella parte in cui tale articolo cosi' dispone, per violazione: dell'articolo 8, n. 25), e dell'articolo 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; delle relative norme di attuazione e, in particolare, del d.P.R. 28 marzo 1975; n. 469, e dell'articolo 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; dell'art. 5, comma 1, della legge 30 novembre 1989, n. 386; dei principi e regole costituzionali in materia di rapporti tra regolamenti statali e potesta' provinciali. F a t t o La Provincia autonoma di Trento dispone della potesta' legislativa primaria in materia di assistenza e beneficenza pubblica, nonche' della relativa potesta' amministrativa ai sensi dell'articolo 8, n. 25) e dell'articolo 16 del d.PR. 31 agosto 1972, n. 670 e delle relative norme di attuazione. In tale materia gli artt. 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, hanno istituito una nuova forma di assistenza economica alle famiglie, prevedendo assegni per il nucleo familiare e assegni di maternita', secondo una disciplina che qui non rileva nel suo dettaglio specifico. In base a tali disposizioni, entrambi i tipi di assegni sono concessi dai comuni; gli importi concessi dai comuni sono erogati dall'INPS e da ultimo posti a carico di uno speciale fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il quale lo Stato rimborsa all'INPS gli importi erogati. La legge n. 448/1998, peraltro, non contraddice di per se' la competenza provinciale, dato che all'articolo 82 contiene una esplicita norma di salvaguardia, in virtu' della quale le disposizioni contenute nella stessa legge (ivi compresi dunque gli articoli 65 e 66) Si applicano alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano "nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione". Tuttavia, il primo regolamento per l'applicazione di tali norme legislative, emanato con decreto del Ministro per la solidarieta' sociale 15 luglio 1999, n. 306 (ai sensi dell'art. 65, comma 6, e dell'art. 66, comma 6, della legge), ometteva di introdurre apposite clausole per il rispetto delle competenze provinciali, dimenticando i vincoli derivanti, quanto alla provincia di Trento, dallo Statuto di autonomia e dalle norme di attuazione. Questa provincia, dunque, aveva impugnato il d.m. n. 306/1999 per conflitto di attribuzioni (ricorso n. 35/1999), lamentando, appunto, il fatto che il regolamento statale avesse, anche in relazione alla provincia di Trento, affidato le funzioni amministrative in questione all'INPS, invece che alla provincia, ed in particolare avesse affidato all'INPS la funzione di soggetto erogatore dei benefici concessi dai competenti enti locali della provincia, e di soggetto destinatario dei rimborsi statali sull'apposito speciale Fondo costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il giudizio cosi' instaurato dalla Provincia davanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale e' tuttora pendente (e' chiamato per la discussione ad una ormai prossima udienza), ma esso e' in realta' ormai privo di oggetto, dal momento che l'originario regolamento attuativo n. 306 del 1999 e' stata abrogato dall'art. 24, comma 1, del d.m. 21 dicembre 2000, n. 452, qui impugnato. Per vero, il nuovo regolamento contiene una apposita clasuola di salvaguardia delle prerogative delle province autonome, stabilendo all'art. 23 che, "ai sensi dell'articolo 82 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, gli assegni per il nucleo familiare e di maternita' previsti dagli art. 65 e 66 della legge n. 448 del 1998 sono concessi ed erogati, per gli aventi diritto residenti nei comuni delle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle province medesime, secondo le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, nell'ambito del livello e dei requisiti di accesso previsti dalle citate disposizioni di legge e "dai regolamenti attuativi". Il nuovo regolamento risulta dunque, rispetto al precedente, assai piu' rispettoso delle competenze delle province autonome: le quali non avrebbero ora ragione di dolersene se non fosse per il fatto che la parte finale della disposizione (sopra evidenziata in corsivo) prevede che la provincia debba operare non solo "nell'ambito del livello e dei requisiti di accesso previsti dalle citate disposizioni di legge" ma, in aggiunta, di quelli precisati "dai regolamenti attuativi". E' chiaro che, in questi termini, il ruolo della provincia sarebbe ridotto a quella di un mero esecutore della normativa statale, e che la sua potesta' legislativa primaria nella materia si ridurrebbe alla potesta' di ... dare attuazione ai regolamenti statali di attuazione. La Provincia autonoma di Trento, per parte sua, ha dato attuazione agli artt. 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, con la legge provinciale 20 marzo 2000, n. 3, recante "Misure collegate con la manovra di finanza pubblica per l'anno 2000". Precisamente, secondo l'art. 65 di tale legge "gli assegni per il nucleo familiare e di maternita' di cui agli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), come modificati dall'articolo 50 e dall'articolo 63 della legge 17 maggio 1999, n. 144, sono erogati secondo i criteri e le modalita' stabiliti con regolamento adottato nel rispetto del livello di intervento previsto dalle predette disposizioni statali e tenuto conto dei benefici eventualmente in godimento per le stesse finalita'" (enfasi aggiunta). In altre parole, la normativa provinciale gia' in vigore, tra l'altro regolarmente vistata dal Governo, gia' prevede che nella Provincia di Trento si seguano i livelli di intervento stabiliti dalle leggi statali. Ma al di sotto del livello legislativo, la' dove si tratti di disciplina meramente governativa, la provincia ritiene di non dovere e potere essere vincolata. La norma contenuta nella parte finale dell'art. 23 risulta, dunque, lesiva dell'autonomia costituzionale della provincia per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Assoluta incostituzionalita' di disposizioni che vincolano la potesta' legislativa provinciale al rispetto di fonte regolamentare statale attuativa. La norma impugnata risulta doppiamente incostituzionale, da un lato perche' una normativa secondaria ministeriale non puo' sovrapporsi o comunque interferire con l'esercizio della potesta' legislativa primaria delle regioni speciali e delle province autonome, dall'altro per violazione del sistema dei rapporti tra norme statali e norme provinciali. In generale, l'intervento di una disciplina regolamentare in materia regionale contrasta con i principi regolatori del rapporto fra fonti statali e fonti regionali: cio' vale per tutte le regioni, come risulta dall'art. 117 della Costituzione e dall'art. 17, comma 1, lett, b) della legge n. 400 del 1988, ed e' confermato per la Provincia autonoma di Trento dall'art. 2 d.lgs. n. 266 del 1992, che considera solo le leggi statali come uniche fonti idonee a condizionare la potesta' legislativa provinciale. Tale principio e' stato piu' volte riconosciuto da codesta Corte: particolarmente esplicita sul punto e' la sent. n. 84 del 2001 (resa su un ricorso di questa Provincia): "secondo il consolidato orientamento della Corte, un regolamento (governativo o ministeriale) non puo' contenere norme miranti a limitare la sfera di competenza delle regioni nelle materie loro attribuite, in quanto esse non sono soggette, in linea di principio, alla disciplina dettata con i regolamenti governativi (sentenze n. 507 del 2000 e n. 352 del 1998)"; "la regola di base nel rapporto fra fonti secondarie statali e fonti regionali e' quella della separazione delle competenze, tale da porre le regioni al riparo dalle interferenze dell'esecutivo centrale (sentenza n. 250 del 1996)". Ne consegue che "la potesta' regolamentare volta ad attuare la legge statale non puo' disciplinare materie riservate alla competenza regionale (sentenze numeri 420 del l999, 482 e 333 del 1995, 461 e 97 del 1992)". E viene anche precisato che "questi principi valgono anche per le competenze costituzionalmente garantite alle Province autonome, che al - pari delle regioni - non possono subire interferenze derivanti da atti regolamentari dello Stato (sentenza n. 31 del 2001)". Si noti che la sentenza appena citata aveva ad oggetto una norma di legge che prevedeva il dovere per le regioni e province autonome di conformarsi ad un regolamento esecutivo statale; a maggior ragione lesiva, dunque, risulta la norma regolamentare qui impugnata, che prevede l'applicazione diretta - nella provincia di Trento - dei regolamenti attuativi degli artt. 65 e 66 della legge n. 448/1998. Infatti, se per le stesse leggi statali il condizionamento della potesta' legislativa provinciale avviene non in termini di diretta applicazione ma di vincolo all'adeguamento, nei limiti in cui lo Statuto lo impone (mentre la diretta applicazione della legge Statale si ha solo dopo la sentenza con la quale codesta Ecc.ma Corte costituzionale abbia eventualmente sancito la violazione del dovere di adeguamento: v. l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992), a fortiori illegittima e lesiva e' la pretesa di applicazione diretta di un regolamento, cioe' di un qualcosa non consentito neppure alla legge. Si noti che la disposizione qui impugnata, non si puo' certo giustificare mediante l'applicazione dell'art. 5, comma 1, della legge 30 novembre 1989, n. 386, che risulta al contrario anch'esso specificamente violato. Infatti, secondo tale disposizione le province autonome "partecipano alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, secondo i criteri e le modalita' per gli stessi previsti". In questi termini, se la stessa funzione di tali fondi di "garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale" implica il rispetto dei basilari scopi che la legge imprime ai fondi stessi, cio' non implica affatto che, per quanto riguarda le province autonome (le cui prerogative statutarie erano espressamente fatte salve dall'art. 82 della legge n. 448 del 1998, quali limite dell'applicazione della stessa legge), il vincolo possa estendersi alle statuizioni meramente regolamentari. Che le regole di cui all'art. 5, comma 1, debbano essere poste dalla legge si deduce non solo dal complessivo sistema dei rapporti tra Stato e province autonome, ma altresi' dallo stesso art. 5, comma 2, la' dove questo espressamente si riferisce ai finanziamenti recati "da qualunque disposizione di altra legge statale", e dal comma 3, la' dove questo, in relazione ai fondi di cui al comma 2, afferma che la provincia li assegna e li eroga prescindendo dagli adempimenti previsti "dalle stesse leggi". In tutto l'art. 5 della legge n. 386 del 1989 si ha costantemente un rapporto tra legge statale e legge provinciale, secondo una logica che nel 1992 verra' ripresa e sviluppata dal decreto legislativo n. 266, gia' sopra ricordato. In sintesi, l'art. 23 d.m n. 452/2000 risulta illegittimamente lesivo dell'autonomia costituzionale di questa provincia perche' prevede che essa sia vincolata da un regolamento statale, per di piu' non in termini di obbligo di adeguamento ma in termini di applicazione diretta del regolamento stesso. 2. - Specifica illegittimita' derivante dalla circostanza che la disposizione che nel caso specifico vincola la legge provinciale al rispetto della fonte statale regolamentare deriva dal regolamento stesso: Le ragioni sopra esposte hanno carattere per cosi' dire assoluto, nel senso che varrebbero anche se il vincolo alla fonte statale regolamentare fosse posto dalla legge statale (il che nel caso non puo' dirsi, stante la salvaguardia generale posta dall'art. 82 della legge n. 448/1998). Ma se pure tali ragioni non si condividessero, o in ogni modo aggiuntivamente, va considerato che nel caso in questione il carattere vincolante del regolamento per la provincia autonoma e' stabilito dal regolamento stesso. Cio' configura ad avviso della ricorrente provincia una autonoma ragione di incostituzionalita'. Infatti per subordinare una fonte (nel caso la legge provinciale) ad un'altra fonte (nel caso il regolamento statale) occorre una potenziale superiorita' della fonte subordinante a quella che viene subordinata: il che si verifica in astratto per le legge statale (per la quale il divieto di prevedere tale subordinazione deriva dalla Costituzione e, per la provincia, dallo Statuto, e non da una intrinseca incapacita' della fonte), ma non si verifica per nulla per il regolamento statale, il quale e' gia' in quanto tale, a prescindere da ogni altro vincolo, inidoneo a dette le regole del proprio rapporto con la legge provinciale. Cio' non significa, come ben noto, che nel vigente sistema costituzionale non possano esistere strumenti extralegislativi di coordinamento delle autonomie regionali in vista di esigenze unitarie; al contrario, tale strumento esiste ed e' stato inviduato nell'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, seguendo le relative regole sostanziali (previsione legislativa specifica), procedimentali (competenza governativa e, per quel che riguarda la Provincia autonoma di Trento, consultazione di essa, come previsto dall'art. 3 d.lgs. n. 266/1992) e contenutistiche (vincolo della Provincia autonoma "solo al conseguimento degli obiettivi a risultati in essi [negli atti di indirizzo] stabiliti": art. 3 d.lgs. n. 266/1992). In definitiva, il sistema degli atti normativi e di indirizzo statali che possono incidere sulle fonti e sulle funzioni amministrative provinciali, e le modalita' con cui cio' puo' avvenire, sono compiutamente definiti dal decreto legislativo n. 266 del 1992, e non vi e' certo spazio per ulteriori fonti, prive di fondamento legislativo e di giustificazione e fondamento nella Costituzione e nello Statuto di autonomia.
P. Q. M. La ricorrente Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa, chiede voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare che non spetta allo Stato di vincolare la Province autonome, nella concessione ed erogazione degli assegni per il nucleo familiare e di maternita' di cui agli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, al rispetto di livelli e requisiti di accesso previsti da norme di livello regolamentare, e conseguentemente annullare l'art. 23 del decreto del Ministro per la solidarieta' sociale 21 dicembre 2000, n. 452, nella parte in cui tale articolo cosi' dispone, per violazione dei principi e nonne statutari ed attuativi citati in epigrafe, nei termini sopra illustrati. Padova-Roma, addi' 1o giugno 2001 Avv. prof. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi 01c0641