N. 551 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 febbraio 2001

Ordinanza  emessa  il  7 febbraio  2001  dal tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  sul  ricorso proposto da Abati Silvio ed altri
contro il Ministero della sanita' ed altri

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina  e  chirurgia  -  Esercizio  o rinnovo
  dell'opzione per l'attivita' assistenziale intramuraria, ovvero per
  l'attivita'  libero-professionale extramuraria - Termine perentorio
  di  quarantacinque  giorni  dalla  data  di  entrata  in vigore del
  decreto  legislativo censurato - Previsione dell'equivalenza legale
  della mancata comunicazione dell'opzione entro il termine predetto,
  alla   scelta  dell'attivita'  assistenziale  esclusiva  -  Mancata
  subordinazione  dell'esercizio  dell'opzione  alla  previa concreta
  disponibilita'  di strutture adeguate in cui esercitare l'attivita'
  assistenziale  intramuraria  -  Irragionevolezza - Contrasto con il
  principio di buon andamento della P.A.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 8.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla facolta' di medicina e chirurgia - Previsione, quale requisito
  necessario   per   l'attribuzione  di  incarichi  di  direzione  di
  struttura  nonche'  dei  programmi,  della  scelta  per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva  -  Lesione  del  principio  di  autonomia
  didattico-scientifica  e  dicompenetrazione tra attivita' sanitaria
  assistenziale  e  attivita'  didattica  e  di ricerca scientifica -
  Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 7.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina e chirurgia - Irretrattabilita', salvo
  limitate  eccezioni,  della  scelta  per  l'attivita' assistenziale
  intramuria     -     Lesione    del    principio    di    autonomia
  didattico-scientifica.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 10.
- Costituzione, art. 33.
Sanita'  pubblica  -  Norme relative all'organizzazione interna delle
  aziende  sanitarie  e  in  materia  di  personale  delle  stesse  -
  Assoggettamento    dell'attivita'   assistenziale   del   sanitario
  universitario   alle  determinazioni  organizzative  del  direttore
  generale  dell'azienda  ospedaliera  -  Attribuzione  al  direttore
  generale  del  potere  di  conferimento e revoca degli incarichi di
  strutture  semplici  e  di  natura  professionale,  su proposta del
  responsabile   dellastruttura   complessa   di   appartenenza   del
  sanitario,  nonche'  degli  incarichi  di  direzione  di  strutture
  complesse  sulla  base  di  mera  intesa con il rettore - Incidenza
  delle  determinazioni  del direttore generale sulle attribuzioni in
  materia didattica e scientifica riservate all'Universita' - Lesione
  del   principio   della   liberta'  di  insegnamento  in  relazione
  all'attribuzione  di  un  incarico  assistenziale  che non consente
  un'adeguata  e  proficua utilizzazione di strutture e personale per
  esigenze di didattica e ricerca - Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, artt. 3 e 5, commi da 1 a 6 e da 8
  a 11.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
(GU n.32 del 22-8-2001 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 16287/2000
proposto  da  Abati  Silvio,  Agrifoglio  Giorgio,  Annoni  Federico,
Austoni  Edoardo,  Bagni  Carlo  Maria, Bianchi Porro Gabriele, Botti
Fiorenzo,  Busacca  Mauro,  Cabitza  Paolo,  Caputo  Ruggero, Carrara
Alberto,   Cavagnini   Francesco,   Centanni   Stefano,   Cofrancesco
Elisabetta,  Contessini  Avesani  Ettore, Corradi Alberto, Cortellaro
Michele,  Crosti  Carlo,  D'Alberton Alberto, De Franchis Roberto, Di
Carlo  Valerio,  Domanin Maurizio, Ducati Alessandro, Ferrazzi Enrico
Mario,   Fichera  Giuseppa,  Fiorentini  Cesare,  Galliera  Maurizio,
Giovannelli   Barilari   Massimo,  Kunkl  Enrico,  Leonetti  Gastone,
Marconato  Roberto,  Menni Silvano, Montorsi Marco, Morganti Alberto,
Nencioti  Torquato,  Opocher Enrico, Pagano Antonio, Pazzaglia Piero,
Petrolati   Maurizio,   Podda  Mauro,  Privitera  Gaetano  Pierpaolo,
Rampoldi Vincenzo, Rocco Francesco, Scorza Raffaella, Secchi Antonio,
Smirne  Salvatore,  Staudacher  Carlo,  Tommasino  Concezione,  Torri
Gaetano,  Torri  Giorgio,  Zuin Massimo, tutti rappresentati e difesi
dall'avv.  Mario  Racco ed elettivamente domiciliati presso lo studio
dello stesso in Roma, viale Mazzini n. 114/b.
    Contro  Ministero  della  sanita'  e Ministero dell'universita' e
della  ricerca  scientifica  e tecnologica, in persona dei rispettivi
Ministri  p.t.  e  Universita'  degli studi di Milano, in persona del
rettore  p.t.;  per  l'accertamento,  del  diritto dei ricorrenti, in
quanto  professori universitari della facolta' di medicina, a vedersi
garantita  l'applicazione  della  normativa  vigente sull'ordinamento
universitario,  quale  risulta  dal  d.P.R.  n. 382/1980 e successive
modificazioni   e   integrazioni   e   dalle  ulteriori  disposizioni
legislative   intervenute   in   materia,   in   tema   di  esercizio
dell'attivita' istituzionale di didattica e ricerca e direzione delle
strutture  assistenziali,  attivita' libero professionale e regime di
impegno a tempo pieno o definito.
    Cio'  in  relazione  alle  intervenute  disposizioni  del  d.lgs.
n. 229/1999  e  del  d.lgs.  n. 517/1999;  nonche' per l'annullamento
della  nota  dell'Universita'  di  Milano  del 28 febbraio 2000 prot.
n. P/03208,   avente   ad   oggetto:   "Opzione   per  lo  volgimento
dell'attivita' libero professionale", previa:
        devoluzione  alla  Corte  costituzionale, in via incidentale,
della questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni del
d.lgs. n. 229/1999 e del d.lgs. n. 517/1999 come esposto in ricorso;
        sospensione,   medio  tempore,  dell'efficacia  della  citata
comunicazione del 28 febbraio 2000 e di ogni ulteriore provvedimento,
emanato e/o emanando dall'ateneo di riferimento, ancorche' al momento
non  cognito, immediatamente e pedissequamente applicativo dei citati
decreti  legislativi  n. 517/1999  e  n. 229/1999,  ove  adottato nei
termini  preventivamente  censurati  nel  presente  ricorso in quanto
ritenuto viziato da illegittimita' costituzionale.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore,  per  la  Camera  di consiglio del 7 febbraio
2001, il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi, altresi', i difensori come da verbale;
    Vista l'ordinanza cautelare della sezione n. 917/2001;
    Ritenuto e considerato in:

                           Fatto e diritto

    1.  -  I ricorrenti, docenti universitari afferenti alla facolta'
di   medicina   e   chirurgia,  in  servizio  presso  il  Policlinico
universitario   di   Milano,   impugnano  con  ricorso  rubricato  al
n. 16287/2000,  il  provvedimento  specificato  in  epigrafe, con cui
viene intimato di optare per l'esercizio dell'attivita' assistenziale
intramuraria    (definita   anche   come   "attivita'   assistenziale
esclusiva")  o  dell'attivita'  libero  professionale extramuraria ai
sensi dell'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517.
    2.  - Il ricorso investe vari profili della legislazione delegata
di  riforma  del settore sanitario: va allora definito e circoscritto
l'oggetto  del  giudizio,  restando estranee allo stesso alcune delle
argomentazioni  esposte dalla difesa degli istanti, in quanto l'esame
di   questo  giudice  deve  incentrarsi  esclusivamente  sull'oggetto
diretto   ed   immediato  della  contestazione  giudiziale,  e  cioe'
l'esercizio  della detta opzione da parte dei sanitari universitari e
le conseguenze che ne derivano alla loro posizione di status nell'una
e nell'altra ipotesi.
    3.  -  In sede di delibazione dell'istanza cautelare proposta dai
ricorrenti,  la  sezione  ha  deliberato, relativamente ai ricorrenti
Concezione   Tommasino,  Valerio  Di  Carlo,  Maurizio  Petrolati  ed
Alessandro   Ducati,   la  sopravvenuta  carenza  di  interesse  alla
pronuncia  giudiziale  sulla  domanda  proposta  e,  relativamente al
ricorrente  Maurizio  Galliera, l'inconfigurabilita' della attualita'
del  danno;  relativamente  ai  restanti  ricorrenti  la  sezione  ha
meditatamente  ritenuto  di  accordare,  sia  pure interinalmente, il
chiesto   provvedimento   di   sospensione,   rinviando   a  separata
contestuale    ordinanza   la   proposizione   della   questione   di
costituzionalita'   del  relativo  sistema  normativo  per  possibile
contrasto,   quantomeno,   con   gli  artt. 3,  97,  33  e  76  della
Costituzione,  avuto  altresi'  riguardo  all'entrata  in  vigore del
d.lgs. n. 254/2000.
    In   questa   sede,   in  punto  di  rilevanza,  basti  ricordare
l'orientamento   della  Corte  costituzionale  secondo  il  quale  il
requisito  della rilevanza non viene meno nel caso in cui il giudice,
contemporaneamente  all'ordinanza  di rimessione, abbia disposto, con
separato  provvedimento,  la sospensione stessa, in via provvisoria e
temporanea,  sino  alla  ripresa  del giudizio cautelare (cfr. sentt.
nn. 444  del  1990,  367  del 1991 e 4 del 2000); e cio' anche per il
caso   che  la  dedotta  incostituzionalita'  di  una  o  piu'  norme
legislative costituisca l'unico motivo del ricorso innanzi al giudice
a  quo,  essendo  comunque  individuabile  nel giudizio principale un
petitum   separato   e   distinto  dalle  questioni  di  legittimita'
costituzionale,  sul  quale questo giudice e' chiamato a pronunciarsi
(cfr. sentt. nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del 2000 cit.).
    4. - Sempre in punto di rilevanza, va ricordato che la contestata
opzione  e'  imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre
1999,   n. 517   cit.:   si   che',  dovendosi  fare  necessariamente
applicazione  delle  dette  disposizioni, il giudizio non puo' essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
costituisce puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con la
conseguenza  che  l'eventuale eliminazione delle stesse dalla realta'
giuridica    determinerebbe    il    soddisfacimento   dell'interesse
sostanziale dei ricorrenti.
    5.  -  L'entrata in vigore del d.lgs. 28 luglio 2000 n. 254 - che
reca  disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. n. 229/1999 -
impone   al   collegio  di  soffermarsi  sulla  normativa  introdotta
dall'art. 3  (che  sostituisce  il comma 10 all'art. 15-quinquies del
d.lgs.  n. 502/1992,  introdotto  dall'art. 13 d.lgs. n. 229/1999) ai
fini della verifica della rilevanza o meno di tale disposizione sulla
controversia all'esame della sezione.
    L'art. 3  cit.  consente, in caso di carenza di strutture e spazi
idonei  alle  necessita'  connesse  allo  svolgimento delle attivita'
libero  professionali  in  regime  ambulatoriale,  limitatamente alle
medesime  attivita' e fino al 31 luglio 2003, l'utilizzo del "proprio
studio  professionale" da parte dei sanitari universitari optanti per
l'attivita' intramuraria.
    Tale  norma non rileva, peraltro, allo stato, nel giudizio che ne
occupa.
    Ed   invero,   la  questione  di  costituzionalita'  del  sistema
normativo  posto  a  base  dell'impugnata opzione viene sollevata dal
collegio  sotto  tre  distinti profili (di cui, infra): per contrasto
con   l'art. 33   della   Costituzione   in  relazione  al  principio
dell'autonomia universitaria nel perseguimento dei fini istituzionali
didattici   e   scientifici;   per   contrasto  con  l'art. 76  della
Costituzione;  per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione,
specificatamente,   della   norma   dell'art. 5,   comma   8,  d.lgs.
n. 517/1999  nella  parte  in  cui,  imponendo di compiere una scelta
entro  un  termine  perentorio,  e  attribuendo  alla mancata opzione
dell'interessato  un  significato  legale  tipico  (equivalenza  alla
scelta  per  l'attivita'  assistenziale  esclusiva), non condiziona o
correla  l'esercizio  dell'opzione alla concreta disponibilita' delle
strutture.
    Appare  di  tutta evidenza che i primi due aspetti (contrasto con
gli  artt. 33  e 76 della Costituzione) non sono minimamente scalfiti
dalla  portata  del  detto art. 3, in quanto la rilevata questione di
costituzionalita'  viene  sollevata,  giusta  la  prospettazione  che
segue, indipendentemente dal profilo della necessita' di prescrizione
della previa individuazione delle strutture.
    Un  approfondimento  meriterebbe  il  punto relativo al contrasto
dell'art. 5,  comma  8, cit. con gli artt. 3 e 97 della Costituzione,
in quanto riferito alla concreta disponibilita' delle strutture.
    Ma,  in  questa  sede,  non  sembra  possa ritualmente porsi tale
questione.
    Ed  invero,  la  "novita'"  introdotta  dal  legislatore delegato
attiene   esclusivamente  alle  attivita'  professionali  "in  regime
ambulatoriale"  e  quindi  investe  solo  la  posizione  dei sanitari
universitari che espletano la propria attivita' in tale regime.
    Orbene,   se   e'  vero  che  i  ricorrenti  non  si  qualificano
espressamente  sotto  tale  profilo,  e'  pur  vero che la resistente
amministrazione  non  eccepisce  alcunche'  sul  punto dell'attivita'
specificatamente espletata dai ricorrenti: deve allo stato degli atti
ragionevolmente  ritenersi,  pertanto,  che  la norma dell'art. 3 per
nulla  incida sulla posizione degli odierni ricorrenti in riferimento
all'attivita' di pertinenza.
    Ne'  puo'  orientare  diversamente  il  richiamo,  ad  opera  del
precitato art. 3, alle previsioni dell'art. 72 legge 23 dicembre 1998
n. 448   per   quanto   espressamente   concerne  l'attivita'  libero
professionale "in regime di ricovero".
    Tale disposizione, che demanda al direttore generale dell'azienda
sanitaria  l'assunzione  di  "iniziative" per il reperimento di spazi
sostitutivi  al  di fuori dell'azienda stessa, si muove sul piano dei
meri intenti operativi, mentre e' la prescrizione normativa in questa
sede  contestata  che,  per  essere  conforme  -  ad avviso di questo
giudice  - ai canoni costituzionali (secondo le considerazioni di cui
infra),   avrebbe   necessariamente  richiesto  l'introduzione  della
previsione  di concreta disponibilita' delle strutture medesime quale
condizione per l'esercizio dell'opzione per cui e' causa.
    6. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
infondata;  ed  invero,  come gia' esposto e ritenuto nella precitata
ordinanza   cautelare,   la   sezione   dubita   della   legittimita'
costituzionale  delle  norme  poste  a base dei detti provvedimenti e
delle disposizioni alle stesse sottese (o comunque connesse): ritiene
pertanto  di  dover  sollevare,  anche  d'ufficio  per  i profili non
trattati  dai  ricorrenti, la relativa questione di costituzionalita'
per  contrasto  con  i  gia'  ricordati  artt. 3,  97,  33 e 76 della
Costituzione.
    7. - Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
comma  8,  del  d.lgs. n. 517/1999, che, come gia' esposto, impone un
termine  perentorio  (che sia di tale natura non sembra revocabile in
dubbio,   attese   le  conseguenze  derivanti  dall'omesso  esercizio
dell'opzione  nel  termine  fissato,  previste  dall'ultima parte del
comma stesso) per l'esercizio dell'opzione ai sensi e per gli effetti
di cui al comma 7: tale ultimo comma stabilisce che i professori ed i
ricercatori  universitari  afferenti  alla  facolta'  di  medicina  e
chirurgia   optano   rispettivamente  per  l'esercizio  di  attivita'
assistenziale intramuraria ai sensi dell'art. 15-quinquies del d.lgs.
30  dicembre  1992  n. 502  e  successive modificazioni e "secondo le
tipologie  di  cui  alle  lettere  a),  b), c) e d) del comma 2 dello
stesso   articolo"   ovvero   per  l'esercizio  di  attivita'  libero
professionale   extramuraria;   tali   "tipologie"   fanno   espresso
riferimento  alle  "strutture  aziendali  individuate  dal  direttore
generale d'intesa con il collegio di direzione", con cio' ponendo una
stretta  correlazione  tra l'individuazione delle strutture destinate
all'attivita'   libero  professionale  e  l'esercizio  dell'attivita'
medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
"compenetrazione  tra  l'attivita'  sanitaria  assistenziale e quella
didattico-scientifica  dei  docenti  universitari  della  facolta' di
medicina, che operano nelle cliniche e negli istituti universitari di
ricovero  e  cura",  che costituisce "il dato caratterizzante le loro
funzioni   ed   il   conseguente   stato   giuridico"   (cfr.   Corte
costituzionale 16 maggio 1997 n. 134).
    E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
del  personale  universitario  da quelle di didattica e di ricerca si
pone anche l'art. 5 del decreto ministeriale 31 luglio 1997, che reca
le   linee   guida   per   la   stipula   dei   protocolli   d'intesa
universita-regioni.
    Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517/1999   e   dall'art. 15-quinquies,   comma   2,   del   d.lgs.
n. 502/1992,  e' quindi configurabile un obbligo dell'amministrazione
di  individuare  le  strutture  aziendali  entro  cui  va  esercitata
l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le soluzioni alternative,
di  cui all'art. 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448),
si'  da  rendere  concretamente  disponibili le strutture stesse ed i
servizi  (in  tal  senso,  cfr.,  anche,  Cons.  Stato,  VI  sezione,
ordinanza 24 marzo 2000 n. 1431). E tale obbligo dell'amministrazione
e'   correlato   al   "diritto   all'esercizio  di  attivita'  libero
professionale  individuale...  nell'ambito delle strutture aziendali"
(art. 15-quinquies,  punto  2, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502  nel  testo  introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999
n. 229)  da parte dei sanitari universitari, diritto il cui esercizio
sembra di dubbia attuabilita' in assenza della detta individuazione e
predisposizione  delle  strutture, non apparendo rilevante, sul piano
della effettivita' del diritto stesso, la mera possibilita' di tutela
nelle  competenti  sedi nei confronti dei funzionari inadempienti (ex
art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
contraddittorieta', pur nel medesimo contesto normativo, tra il comma
8  dell'art. 5 d.lgs. n. 517/1999 cit. - nella parte in cui introduce
il   censurato  termine  "perentorio"  per  l'opzione,  omettendo  di
subordinare  o  comunque  correlare  l'opzione medesima alla concreta
disponibilita'  delle  strutture  - ed il comma 7, nella parte in cui
(rinviando  alle  tipologie di cui alle lettere a), b), c), d), comma
2,    art. 15-quinquies   del   d.lgs.   n. 502/1992   e   successive
modificazioni)  fa  riferimento  all'individuazione  delle  strutture
medesime,  con  conseguente  configurabilita',  per  tale profilo, di
un'ipotesi  di  contrasto  tra  la censurata disposizione dell'art. 5
comma   8,   del   d.lgs.   n. 517/1999,   sub  specie  di  manifesta
irragionevolezza   ed   intrinseca   contraddittorieta'  col  sistema
normativo  in  cui  si colloca e l'art. 3 della Costituzione - inteso
come  generale  canone  di coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento
(Corte  costituzionale  n. 204/1982)  - nonche' col principio di buon
andamento   ex   art. 97   della   Costituzione:   quest'ultimo,   in
particolare,  sotto il profilo della mancanza di proporzionalita' dei
mezzi  prescelti  dal  legislatore  delegato  rispetto  alle esigenze
obiettive da soddisfare o alle finalita' da perseguire, nonche' sotto
il profilo della razionale organizzazione dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999 nella
parte  in  cui,  imponendo  di  compiere  una scelta entro un termine
perentono,  e  attribuendo  alla  mancata opzione dell'interessato un
significato  legale  tipico  (equivalenza alla scelta per l'attivita'
assistenziale   esclusiva),  non  condiziona  o  correla  l'esercizio
dell'opzione   alla  concreta  disponibilita'  delle  strutture,  per
contrasto  con  gli  artt. 3  e 97 della Costituzione sotto i profili
indicati.
    8.  -  Il  collegio  dubita  nel  contempo  della  conformita' ai
parametri  costituzionali  ex art. 33 della Costituzione dell'art. 5,
comma  7,  del d.lgs. n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta
opzione  relativamente  al  personale sanitario universitario, in uno
con  le disposizioni allo stesso sottese (o comunque connesse, art. 5
commi  da  1 a 6 e da 8 a 11, e art. 3 in parte qua) in quanto sembra
porsi  ex se - indipendentemente, cioe', dal profilo della necessita'
di   prescrizione  della  previa  individuazione  delle  strutture  -
altresi'  in  contrasto con il principio dell'autonomia universitaria
nel perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici.
    Stabilisce  il  comma  7  cit.  che  "l'opzione  per  l'attivita'
assistenziale esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione ai
professori  e  ricercatori  universitari di incarichi di direzione di
struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4".
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
di   una   prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
derivanti alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi 4,
5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al comma
4,  infra  o  interdipartimentali,  sono  dichiaratamente finalizzati
"alla  integrazione  delle  attivita'  assistenziali, didattiche e di
ricerca,  con  particolare  riguardo alle innovazioni tecnologiche ed
assistenziali,  nonche' al coordinamento delle attivita' sistematiche
di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
gestione  dei detti programmi per i sanitari universitari non optanti
per  l'attivita'  assistenziale  esclusiva  appare con tutta evidenza
lesiva  di  quel principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria
assistenziale  e  attivita'  didattica  e di ricerca scientifica, che
costituisce    dato    caratterizzante   l'attivita'   dei   sanitari
universitari  e  che  trova  tutela (anche) nei principi di autonomia
didattico-scientifica postulati dall'art. 33 della Costituzione.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
tra  l'altro  irretrattabile,  a norma del comma 10 dell'art. 5 cit.,
fatta eccezione per limitate specifiche ipotesi - non sembra in linea
con  i  principi  di autonomia didattico-scientifica ex art. 33 della
Costituzione.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
del   sanitario   universitario   alle  determinazioni  organizzative
assistenziali  del  direttore  generale dell'azienda ospedaliera (sia
pure d'intesa col rettore o su proposta del responsabile di struttura
complessa;  cfr., in particolare, commi 1, 2, 5, 6 dell'art. 5 cit.):
dell'adempimento   delle   attivita'  assistenziali  -  che  pur  "si
integrano"  con  quelle di didattica e di ricerca a norma del comma 2
dell'art. 5 - il personale universitario risponde al (solo) direttore
generale,  ai  sensi  dello  stesso comma; l'attribuzione e la revoca
degli  incarichi  di  struttura  semplice e degli incarichi di natura
professionale  e'  disposta  dal  direttore  generale su proposta del
responsabile  della struttura complessa di appartenenza del sanitario
(comma   6);  l'incarico  di  direzione  di  struttura  complessa  e'
attribuito  (e  revocato) dal direttore generale sulla base di (mera)
intesa  con  il  rettore, ai sensi del comma 5 (analogamente a quanto
disposto  per  il  direttore  del dipartimento ad attivita' integrata
dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
direttore  generale  sulle  attribuzioni  in  materia  didattica e di
ricerca  riservate  all'istituzione universitaria (anche per cio' che
concerne  l'attivita'  di  programmazione di tali aspetti); la stessa
collocazione  funzionale  assistenziale  per effetto della esercitata
opzione  -  rimessa,  in definitiva, al direttore generale - ben puo'
incidere,  in  concreto,  sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
particolare,  all'attribuzione  di  un incarico assistenziale che non
consenta   un'adeguata   e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
personale  per  esigenze  di  didattica  e  ricerca  nel quadro della
programmazione del dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
condizionamenti   in   relazione   alle   determinazioni  in  materia
assistenziale   di  un  direttore  generale  che  ha  come  obiettivo
gestionale   essenzialmente   la  realizzazione  di  un  progetto  di
assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di  un  programma
universitario scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
sistema normativo in esame agli organi istituzionali dell'universita'
in   materia   di  coordinamento  degli  interessi  che  sono  propri
dell'autonomia  dell'istituzione  (id  est, di insegnamento e ricerca
scientifica),   posizione   non   bilanciata   dalla   previsione  di
partecipazione  (recte, intesa) del rettore alla nomina del direttore
del  dipartimento  ad  attivita'  integrata ex art. 3, comma 4, quale
centro di collegamento tra assistenza, didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
del  detto  necessario  coordinamento  e'  pur vero che gli interessi
istituzionali    dell'universita'    restano    comunque   ampiamente
condizionati  dalle scelte gestionali del direttore del dipartimento:
e  cio'  in  termini  di  programmazione,  organizzazione  e gestione
dell'attivita'   di   insegnamento   e  di  aggiornamento  e  ricerca
scientifica,  che la Costituzione assegna primariamente all'autonomia
dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
la responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale in
ordine  alla  razionale  e  corretta  programmazione e gestione delle
risorse  assegnate  per  la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
tenendo  "anche"  conto  della  necessita' di soddisfare le peculiari
esigenze  connesse alle attivita' didattiche e scientifiche, con cio'
conferendo,   nelle   scelte   decisionali,   priorita'   ai  profili
dell'assistenza rispetto a quelli della ricerca e della didattica, in
violazione,  altresi',  del disposto dell'art. 6 lett. b) della legge
delega (vedasi al riguardo il successivo punto 9), laddove si intende
"assicurare" lo svolgimento delle attivita' assistenziali "funzionali
alle  esigenze  della  didattica  e  della  ricerca", con inversione,
quindi, del processo logico postulato dal legislatore delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
conformita'   al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema  di
organizzazione  interna  delle  aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs.
cit.,  per  i  riflessi  sulla  posizione  dei  sanitari  optanti per
l'attivita' assistenziale esclusiva, nella parte in cui non prevedono
una   partecipazione  diretta  di  organi  universitari  alle  scelte
decisionali  in  tema  di  collegamento  tra  assistenza, didattica e
ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita' dell'art. 5 comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 e delle
norme  ad  esso  sottese,  o comunque connesse, in parte qua (art. 5,
commi  da  1  a  6  e da 8 a 11 e art. 3) per contrasto con l'art. 33
della Costituzione.
    9.  -  La  normativa  delegata in materia di opzione dei sanitari
universitari  non  sembra  inoltre  avere  compiutamente realizzato -
attese  le  evidenziate  incongruenze  del  sistema  - il disegno del
legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza  fra  l'attivita'
assistenziale  e  le  esigenze  della  formazione  e  della  ricerca"
(art. 6,  lett. b), c), della legge 30 novembre 1998 n. 419, anche in
relazione a quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
laddove   si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  8  -  una
organizzazione  dipartimentale  al  fine  di  assicurare  l'esercizio
integrato  delle  attivita'  assistenziali,  didattiche  e di ricerca
(art. 3)  anche  sotto  l'aspetto della utilizzazione delle strutture
assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che  debba  ragionevolmente
dubitarsi  della effettivita' della richiesta "coerenza" tra le dette
esigenze  e  l'attivita'  assistenziale  (oltre che per i motivi gia'
illustrati)  in  presenza  di un espresso disposto della legislazione
delegata  che non consente al sanitario universitario non optante per
l'attivita'  assistenziale  esclusiva  la preposizione, non solo alla
direzione   di   strutture,   con   conseguente   impossibilita'   di
impostazione   dei  programmi,  delle  modalita'  e  degli  specifici
contenuti  della  ricerca  scientifica,  ma  addirittura ai programmi
espressamente   finalizzati   alla   "integrazione   delle  attivita'
assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle
innovazioni tecnologiche ed assistenziali".
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
dal sistematico rinvio a futuri (ed incerti nei contenuti) protocolli
d'intesa.
    D'altro canto, non puo' esservi "coerenza" tra i detti profili se
il  sistema  e'  "sbilanciato" verso la primaria considerazione delle
esigenze  assistenziali;  ne'  il  legislatore  delegato  si e' mosso
nell'ottica  di  un  rafforzamento dei processi di collaborazione tra
universita'  e  servizio sanitario nazionale ex art. 6 lett. a) della
legge  delega, se e' vero che l'autonomia dell'universita' ne risulta
ampiamente "sacrificata", giusta le pregresse considerazioni.
    Non  sembra altresi' che la delega ex art. 6, lett. c) cit. abbia
ad oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del personale
sanitario  universitario:  nel  momento  in  cui  si  va ad alterare,
quantomeno per il personale universitario non optante per l'attivita'
assistenziale esclusiva, il quadro di ragionevole compenetrazione fra
attivita'  didattico-scientifica  e  attivita' assistenziale, siccome
consolidato   anche   dal  complessivo  andamento  della  pluriennale
legislazione in materia, si va invero ad incidere in modo sostanziale
sulla   particolare   connotazione   della   posizione  dei  sanitari
universitari,  che  costituisce  il  "dato  caratterizzante  le  loro
funzioni  ed  il  conseguente  stato giuridico" (Corte costituzionale
n. 134/1997 cit.).
    L'art. 6  della  legge  delega,  alla  lett. c), si e' limitato a
demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione   di   "idonee
disposizioni  in  materia  di  personale" nel quadro dell'esigenza di
assicurare  la  "coerenza"  fra l'attivita' assistenziale e quella di
formazione  e  ricerca,  e  non ha inteso assolutamente consentire lo
stravolgimento  dello  stato  giuridico dei sanitari universitari: ed
invero,   l'oggetto  della  delega  e'  espressamente  e  chiaramente
definito  nella  prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e'
intesa  all'emanazione di decreti legislativi specificatamente "volti
a   ridefinire   i   rapporti  tra  servizio  sanitario  nazionale  e
universita'", ed in tali limiti deve mantenersi l'attivita' normativa
del legislatore delegato.
    Ne'  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia
per  la  collocazione  sistematica  della  norma  che per il richiamo
inequivoco  al "solo personale della dirigenza sanitaria" in servizio
al  31 dicembre 1998 - il criterio direttivo di cui all'art. 2, lett.
q),  della  legge  n. 419/1998  cit.,  in  ordine  alla previsione di
modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto di lavoro quale
scelta individuale.
    Sembra  pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione
(e  delle  norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i
canoni costituzionali ex art. 76 della Costituzione.
    10.  -  Per  le considerazioni che precedono, va conseguentemente
sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
comma  8,  del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, per contrasto con gli
artt. 3  e  97  della  Costituzione; dell'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517/1999  per  contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione;
nonche'  dell'art. 5,  commi  da 1 a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del
d.lgs. n. 517/1999 cit., in parte qua, per contrasto con gli artt. 33
e 76 della Costituzione.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale delle suindicate norme.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 5,  comma  8,  del  d.lgs. 21
dicembre  1999  n. 517  per  contrasto  con  gli  artt. 3  e 97 della
Costituzione;  dell'art. 5,  comma  7,  del  d.lgs.  n. 517/1999  per
contrasto  con  gli  artt. 33  e  76 della Costituzione, dell'art. 5,
commi  da 1 a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del d.lgs. n. 517/1999, in
parte qua per contrasto con gli art. 33 e 76 della Costituzione.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Roma, nella camera di consiglio del 7 febbraio
2001.
                        Il Presidente: Cossu
                                    Il consigliere estensore: Mollica
01C0645