N. 551 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 febbraio 2001
Ordinanza emessa il 7 febbraio 2001 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Abati Silvio ed altri contro il Ministero della sanita' ed altri Sanita' pubblica - Professori e ricercatori universitari afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia - Esercizio o rinnovo dell'opzione per l'attivita' assistenziale intramuraria, ovvero per l'attivita' libero-professionale extramuraria - Termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo censurato - Previsione dell'equivalenza legale della mancata comunicazione dell'opzione entro il termine predetto, alla scelta dell'attivita' assistenziale esclusiva - Mancata subordinazione dell'esercizio dell'opzione alla previa concreta disponibilita' di strutture adeguate in cui esercitare l'attivita' assistenziale intramuraria - Irragionevolezza - Contrasto con il principio di buon andamento della P.A. - D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 8. - Costituzione, artt. 3 e 97. Sanita' pubblica - Professori e ricercatori universitari afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia - Previsione, quale requisito necessario per l'attribuzione di incarichi di direzione di struttura nonche' dei programmi, della scelta per l'attivita' assistenziale esclusiva - Lesione del principio di autonomia didattico-scientifica e dicompenetrazione tra attivita' sanitaria assistenziale e attivita' didattica e di ricerca scientifica - Eccesso di delega. - D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 7. - Costituzione, artt. 33 e 76. Sanita' pubblica - Professori e ricercatori universitari afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia - Irretrattabilita', salvo limitate eccezioni, della scelta per l'attivita' assistenziale intramuria - Lesione del principio di autonomia didattico-scientifica. - D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 10. - Costituzione, art. 33. Sanita' pubblica - Norme relative all'organizzazione interna delle aziende sanitarie e in materia di personale delle stesse - Assoggettamento dell'attivita' assistenziale del sanitario universitario alle determinazioni organizzative del direttore generale dell'azienda ospedaliera - Attribuzione al direttore generale del potere di conferimento e revoca degli incarichi di strutture semplici e di natura professionale, su proposta del responsabile dellastruttura complessa di appartenenza del sanitario, nonche' degli incarichi di direzione di strutture complesse sulla base di mera intesa con il rettore - Incidenza delle determinazioni del direttore generale sulle attribuzioni in materia didattica e scientifica riservate all'Universita' - Lesione del principio della liberta' di insegnamento in relazione all'attribuzione di un incarico assistenziale che non consente un'adeguata e proficua utilizzazione di strutture e personale per esigenze di didattica e ricerca - Eccesso di delega. - D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, artt. 3 e 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11. - Costituzione, artt. 33 e 76.(GU n.32 del 22-8-2001 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 16287/2000 proposto da Abati Silvio, Agrifoglio Giorgio, Annoni Federico, Austoni Edoardo, Bagni Carlo Maria, Bianchi Porro Gabriele, Botti Fiorenzo, Busacca Mauro, Cabitza Paolo, Caputo Ruggero, Carrara Alberto, Cavagnini Francesco, Centanni Stefano, Cofrancesco Elisabetta, Contessini Avesani Ettore, Corradi Alberto, Cortellaro Michele, Crosti Carlo, D'Alberton Alberto, De Franchis Roberto, Di Carlo Valerio, Domanin Maurizio, Ducati Alessandro, Ferrazzi Enrico Mario, Fichera Giuseppa, Fiorentini Cesare, Galliera Maurizio, Giovannelli Barilari Massimo, Kunkl Enrico, Leonetti Gastone, Marconato Roberto, Menni Silvano, Montorsi Marco, Morganti Alberto, Nencioti Torquato, Opocher Enrico, Pagano Antonio, Pazzaglia Piero, Petrolati Maurizio, Podda Mauro, Privitera Gaetano Pierpaolo, Rampoldi Vincenzo, Rocco Francesco, Scorza Raffaella, Secchi Antonio, Smirne Salvatore, Staudacher Carlo, Tommasino Concezione, Torri Gaetano, Torri Giorgio, Zuin Massimo, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Mario Racco ed elettivamente domiciliati presso lo studio dello stesso in Roma, viale Mazzini n. 114/b. Contro Ministero della sanita' e Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, in persona dei rispettivi Ministri p.t. e Universita' degli studi di Milano, in persona del rettore p.t.; per l'accertamento, del diritto dei ricorrenti, in quanto professori universitari della facolta' di medicina, a vedersi garantita l'applicazione della normativa vigente sull'ordinamento universitario, quale risulta dal d.P.R. n. 382/1980 e successive modificazioni e integrazioni e dalle ulteriori disposizioni legislative intervenute in materia, in tema di esercizio dell'attivita' istituzionale di didattica e ricerca e direzione delle strutture assistenziali, attivita' libero professionale e regime di impegno a tempo pieno o definito. Cio' in relazione alle intervenute disposizioni del d.lgs. n. 229/1999 e del d.lgs. n. 517/1999; nonche' per l'annullamento della nota dell'Universita' di Milano del 28 febbraio 2000 prot. n. P/03208, avente ad oggetto: "Opzione per lo volgimento dell'attivita' libero professionale", previa: devoluzione alla Corte costituzionale, in via incidentale, della questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni del d.lgs. n. 229/1999 e del d.lgs. n. 517/1999 come esposto in ricorso; sospensione, medio tempore, dell'efficacia della citata comunicazione del 28 febbraio 2000 e di ogni ulteriore provvedimento, emanato e/o emanando dall'ateneo di riferimento, ancorche' al momento non cognito, immediatamente e pedissequamente applicativo dei citati decreti legislativi n. 517/1999 e n. 229/1999, ove adottato nei termini preventivamente censurati nel presente ricorso in quanto ritenuto viziato da illegittimita' costituzionale. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore, per la Camera di consiglio del 7 febbraio 2001, il consigliere Bruno Mollica; Uditi, altresi', i difensori come da verbale; Vista l'ordinanza cautelare della sezione n. 917/2001; Ritenuto e considerato in: Fatto e diritto 1. - I ricorrenti, docenti universitari afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia, in servizio presso il Policlinico universitario di Milano, impugnano con ricorso rubricato al n. 16287/2000, il provvedimento specificato in epigrafe, con cui viene intimato di optare per l'esercizio dell'attivita' assistenziale intramuraria (definita anche come "attivita' assistenziale esclusiva") o dell'attivita' libero professionale extramuraria ai sensi dell'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517. 2. - Il ricorso investe vari profili della legislazione delegata di riforma del settore sanitario: va allora definito e circoscritto l'oggetto del giudizio, restando estranee allo stesso alcune delle argomentazioni esposte dalla difesa degli istanti, in quanto l'esame di questo giudice deve incentrarsi esclusivamente sull'oggetto diretto ed immediato della contestazione giudiziale, e cioe' l'esercizio della detta opzione da parte dei sanitari universitari e le conseguenze che ne derivano alla loro posizione di status nell'una e nell'altra ipotesi. 3. - In sede di delibazione dell'istanza cautelare proposta dai ricorrenti, la sezione ha deliberato, relativamente ai ricorrenti Concezione Tommasino, Valerio Di Carlo, Maurizio Petrolati ed Alessandro Ducati, la sopravvenuta carenza di interesse alla pronuncia giudiziale sulla domanda proposta e, relativamente al ricorrente Maurizio Galliera, l'inconfigurabilita' della attualita' del danno; relativamente ai restanti ricorrenti la sezione ha meditatamente ritenuto di accordare, sia pure interinalmente, il chiesto provvedimento di sospensione, rinviando a separata contestuale ordinanza la proposizione della questione di costituzionalita' del relativo sistema normativo per possibile contrasto, quantomeno, con gli artt. 3, 97, 33 e 76 della Costituzione, avuto altresi' riguardo all'entrata in vigore del d.lgs. n. 254/2000. In questa sede, in punto di rilevanza, basti ricordare l'orientamento della Corte costituzionale secondo il quale il requisito della rilevanza non viene meno nel caso in cui il giudice, contemporaneamente all'ordinanza di rimessione, abbia disposto, con separato provvedimento, la sospensione stessa, in via provvisoria e temporanea, sino alla ripresa del giudizio cautelare (cfr. sentt. nn. 444 del 1990, 367 del 1991 e 4 del 2000); e cio' anche per il caso che la dedotta incostituzionalita' di una o piu' norme legislative costituisca l'unico motivo del ricorso innanzi al giudice a quo, essendo comunque individuabile nel giudizio principale un petitum separato e distinto dalle questioni di legittimita' costituzionale, sul quale questo giudice e' chiamato a pronunciarsi (cfr. sentt. nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del 2000 cit.). 4. - Sempre in punto di rilevanza, va ricordato che la contestata opzione e' imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 cit.: si che', dovendosi fare necessariamente applicazione delle dette disposizioni, il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. D'altro canto, il provvedimento in questa sede impugnato costituisce puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con la conseguenza che l'eventuale eliminazione delle stesse dalla realta' giuridica determinerebbe il soddisfacimento dell'interesse sostanziale dei ricorrenti. 5. - L'entrata in vigore del d.lgs. 28 luglio 2000 n. 254 - che reca disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. n. 229/1999 - impone al collegio di soffermarsi sulla normativa introdotta dall'art. 3 (che sostituisce il comma 10 all'art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502/1992, introdotto dall'art. 13 d.lgs. n. 229/1999) ai fini della verifica della rilevanza o meno di tale disposizione sulla controversia all'esame della sezione. L'art. 3 cit. consente, in caso di carenza di strutture e spazi idonei alle necessita' connesse allo svolgimento delle attivita' libero professionali in regime ambulatoriale, limitatamente alle medesime attivita' e fino al 31 luglio 2003, l'utilizzo del "proprio studio professionale" da parte dei sanitari universitari optanti per l'attivita' intramuraria. Tale norma non rileva, peraltro, allo stato, nel giudizio che ne occupa. Ed invero, la questione di costituzionalita' del sistema normativo posto a base dell'impugnata opzione viene sollevata dal collegio sotto tre distinti profili (di cui, infra): per contrasto con l'art. 33 della Costituzione in relazione al principio dell'autonomia universitaria nel perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici; per contrasto con l'art. 76 della Costituzione; per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, specificatamente, della norma dell'art. 5, comma 8, d.lgs. n. 517/1999 nella parte in cui, imponendo di compiere una scelta entro un termine perentorio, e attribuendo alla mancata opzione dell'interessato un significato legale tipico (equivalenza alla scelta per l'attivita' assistenziale esclusiva), non condiziona o correla l'esercizio dell'opzione alla concreta disponibilita' delle strutture. Appare di tutta evidenza che i primi due aspetti (contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione) non sono minimamente scalfiti dalla portata del detto art. 3, in quanto la rilevata questione di costituzionalita' viene sollevata, giusta la prospettazione che segue, indipendentemente dal profilo della necessita' di prescrizione della previa individuazione delle strutture. Un approfondimento meriterebbe il punto relativo al contrasto dell'art. 5, comma 8, cit. con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto riferito alla concreta disponibilita' delle strutture. Ma, in questa sede, non sembra possa ritualmente porsi tale questione. Ed invero, la "novita'" introdotta dal legislatore delegato attiene esclusivamente alle attivita' professionali "in regime ambulatoriale" e quindi investe solo la posizione dei sanitari universitari che espletano la propria attivita' in tale regime. Orbene, se e' vero che i ricorrenti non si qualificano espressamente sotto tale profilo, e' pur vero che la resistente amministrazione non eccepisce alcunche' sul punto dell'attivita' specificatamente espletata dai ricorrenti: deve allo stato degli atti ragionevolmente ritenersi, pertanto, che la norma dell'art. 3 per nulla incida sulla posizione degli odierni ricorrenti in riferimento all'attivita' di pertinenza. Ne' puo' orientare diversamente il richiamo, ad opera del precitato art. 3, alle previsioni dell'art. 72 legge 23 dicembre 1998 n. 448 per quanto espressamente concerne l'attivita' libero professionale "in regime di ricovero". Tale disposizione, che demanda al direttore generale dell'azienda sanitaria l'assunzione di "iniziative" per il reperimento di spazi sostitutivi al di fuori dell'azienda stessa, si muove sul piano dei meri intenti operativi, mentre e' la prescrizione normativa in questa sede contestata che, per essere conforme - ad avviso di questo giudice - ai canoni costituzionali (secondo le considerazioni di cui infra), avrebbe necessariamente richiesto l'introduzione della previsione di concreta disponibilita' delle strutture medesime quale condizione per l'esercizio dell'opzione per cui e' causa. 6. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente infondata; ed invero, come gia' esposto e ritenuto nella precitata ordinanza cautelare, la sezione dubita della legittimita' costituzionale delle norme poste a base dei detti provvedimenti e delle disposizioni alle stesse sottese (o comunque connesse): ritiene pertanto di dover sollevare, anche d'ufficio per i profili non trattati dai ricorrenti, la relativa questione di costituzionalita' per contrasto con i gia' ricordati artt. 3, 97, 33 e 76 della Costituzione. 7. - Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999, che, come gia' esposto, impone un termine perentorio (che sia di tale natura non sembra revocabile in dubbio, attese le conseguenze derivanti dall'omesso esercizio dell'opzione nel termine fissato, previste dall'ultima parte del comma stesso) per l'esercizio dell'opzione ai sensi e per gli effetti di cui al comma 7: tale ultimo comma stabilisce che i professori ed i ricercatori universitari afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia optano rispettivamente per l'esercizio di attivita' assistenziale intramuraria ai sensi dell'art. 15-quinquies del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni e "secondo le tipologie di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 2 dello stesso articolo" ovvero per l'esercizio di attivita' libero professionale extramuraria; tali "tipologie" fanno espresso riferimento alle "strutture aziendali individuate dal direttore generale d'intesa con il collegio di direzione", con cio' ponendo una stretta correlazione tra l'individuazione delle strutture destinate all'attivita' libero professionale e l'esercizio dell'attivita' medesima. Tale stretta correlazione e', del resto, logico corollario della "compenetrazione tra l'attivita' sanitaria assistenziale e quella didattico-scientifica dei docenti universitari della facolta' di medicina, che operano nelle cliniche e negli istituti universitari di ricovero e cura", che costituisce "il dato caratterizzante le loro funzioni ed il conseguente stato giuridico" (cfr. Corte costituzionale 16 maggio 1997 n. 134). E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali del personale universitario da quelle di didattica e di ricerca si pone anche l'art. 5 del decreto ministeriale 31 luglio 1997, che reca le linee guida per la stipula dei protocolli d'intesa universita-regioni. Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 e dall'art. 15-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502/1992, e' quindi configurabile un obbligo dell'amministrazione di individuare le strutture aziendali entro cui va esercitata l'attivita' assistenziale intramuraria (o le soluzioni alternative, di cui all'art. 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448), si' da rendere concretamente disponibili le strutture stesse ed i servizi (in tal senso, cfr., anche, Cons. Stato, VI sezione, ordinanza 24 marzo 2000 n. 1431). E tale obbligo dell'amministrazione e' correlato al "diritto all'esercizio di attivita' libero professionale individuale... nell'ambito delle strutture aziendali" (art. 15-quinquies, punto 2, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 nel testo introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229) da parte dei sanitari universitari, diritto il cui esercizio sembra di dubbia attuabilita' in assenza della detta individuazione e predisposizione delle strutture, non apparendo rilevante, sul piano della effettivita' del diritto stesso, la mera possibilita' di tutela nelle competenti sedi nei confronti dei funzionari inadempienti (ex art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998). Se cio' e' vero, sembra ravvisabile una intrinseca contraddittorieta', pur nel medesimo contesto normativo, tra il comma 8 dell'art. 5 d.lgs. n. 517/1999 cit. - nella parte in cui introduce il censurato termine "perentorio" per l'opzione, omettendo di subordinare o comunque correlare l'opzione medesima alla concreta disponibilita' delle strutture - ed il comma 7, nella parte in cui (rinviando alle tipologie di cui alle lettere a), b), c), d), comma 2, art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni) fa riferimento all'individuazione delle strutture medesime, con conseguente configurabilita', per tale profilo, di un'ipotesi di contrasto tra la censurata disposizione dell'art. 5 comma 8, del d.lgs. n. 517/1999, sub specie di manifesta irragionevolezza ed intrinseca contraddittorieta' col sistema normativo in cui si colloca e l'art. 3 della Costituzione - inteso come generale canone di coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento (Corte costituzionale n. 204/1982) - nonche' col principio di buon andamento ex art. 97 della Costituzione: quest'ultimo, in particolare, sotto il profilo della mancanza di proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore delegato rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' da perseguire, nonche' sotto il profilo della razionale organizzazione dei servizi. Appare quindi non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999 nella parte in cui, imponendo di compiere una scelta entro un termine perentono, e attribuendo alla mancata opzione dell'interessato un significato legale tipico (equivalenza alla scelta per l'attivita' assistenziale esclusiva), non condiziona o correla l'esercizio dell'opzione alla concreta disponibilita' delle strutture, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione sotto i profili indicati. 8. - Il collegio dubita nel contempo della conformita' ai parametri costituzionali ex art. 33 della Costituzione dell'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta opzione relativamente al personale sanitario universitario, in uno con le disposizioni allo stesso sottese (o comunque connesse, art. 5 commi da 1 a 6 e da 8 a 11, e art. 3 in parte qua) in quanto sembra porsi ex se - indipendentemente, cioe', dal profilo della necessita' di prescrizione della previa individuazione delle strutture - altresi' in contrasto con il principio dell'autonomia universitaria nel perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici. Stabilisce il comma 7 cit. che "l'opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione ai professori e ricercatori universitari di incarichi di direzione di struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4". A tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati di una prescrizione siffatta, giusta altresi' le conseguenze derivanti alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi 4, 5 e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al comma 4, infra o interdipartimentali, sono dichiaratamente finalizzati "alla integrazione delle attivita' assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali, nonche' al coordinamento delle attivita' sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale". La preclusione della attribuzione della responsabilita' e della gestione dei detti programmi per i sanitari universitari non optanti per l'attivita' assistenziale esclusiva appare con tutta evidenza lesiva di quel principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria assistenziale e attivita' didattica e di ricerca scientifica, che costituisce dato caratterizzante l'attivita' dei sanitari universitari e che trova tutela (anche) nei principi di autonomia didattico-scientifica postulati dall'art. 33 della Costituzione. Ma la stessa opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva - tra l'altro irretrattabile, a norma del comma 10 dell'art. 5 cit., fatta eccezione per limitate specifiche ipotesi - non sembra in linea con i principi di autonomia didattico-scientifica ex art. 33 della Costituzione. L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale del sanitario universitario alle determinazioni organizzative assistenziali del direttore generale dell'azienda ospedaliera (sia pure d'intesa col rettore o su proposta del responsabile di struttura complessa; cfr., in particolare, commi 1, 2, 5, 6 dell'art. 5 cit.): dell'adempimento delle attivita' assistenziali - che pur "si integrano" con quelle di didattica e di ricerca a norma del comma 2 dell'art. 5 - il personale universitario risponde al (solo) direttore generale, ai sensi dello stesso comma; l'attribuzione e la revoca degli incarichi di struttura semplice e degli incarichi di natura professionale e' disposta dal direttore generale su proposta del responsabile della struttura complessa di appartenenza del sanitario (comma 6); l'incarico di direzione di struttura complessa e' attribuito (e revocato) dal direttore generale sulla base di (mera) intesa con il rettore, ai sensi del comma 5 (analogamente a quanto disposto per il direttore del dipartimento ad attivita' integrata dall'art. 3, comma 4). Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del direttore generale sulle attribuzioni in materia didattica e di ricerca riservate all'istituzione universitaria (anche per cio' che concerne l'attivita' di programmazione di tali aspetti); la stessa collocazione funzionale assistenziale per effetto della esercitata opzione - rimessa, in definitiva, al direttore generale - ben puo' incidere, in concreto, sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in particolare, all'attribuzione di un incarico assistenziale che non consenta un'adeguata e proficua utilizzazione di strutture e personale per esigenze di didattica e ricerca nel quadro della programmazione del dipartimento). L'attivita' di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di condizionamenti in relazione alle determinazioni in materia assistenziale di un direttore generale che ha come obiettivo gestionale essenzialmente la realizzazione di un progetto di assistenza sanitaria ospedaliera, e non certo di un programma universitario scientifico-didattico. Cio' in presenza di una posizione "marginale" assegnata dal sistema normativo in esame agli organi istituzionali dell'universita' in materia di coordinamento degli interessi che sono propri dell'autonomia dell'istituzione (id est, di insegnamento e ricerca scientifica), posizione non bilanciata dalla previsione di partecipazione (recte, intesa) del rettore alla nomina del direttore del dipartimento ad attivita' integrata ex art. 3, comma 4, quale centro di collegamento tra assistenza, didattica e ricerca. Se e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione del detto necessario coordinamento e' pur vero che gli interessi istituzionali dell'universita' restano comunque ampiamente condizionati dalle scelte gestionali del direttore del dipartimento: e cio' in termini di programmazione, organizzazione e gestione dell'attivita' di insegnamento e di aggiornamento e ricerca scientifica, che la Costituzione assegna primariamente all'autonomia dell'universita' stessa. Ed invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume la responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione delle risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti, tenendo "anche" conto della necessita' di soddisfare le peculiari esigenze connesse alle attivita' didattiche e scientifiche, con cio' conferendo, nelle scelte decisionali, priorita' ai profili dell'assistenza rispetto a quelli della ricerca e della didattica, in violazione, altresi', del disposto dell'art. 6 lett. b) della legge delega (vedasi al riguardo il successivo punto 9), laddove si intende "assicurare" lo svolgimento delle attivita' assistenziali "funzionali alle esigenze della didattica e della ricerca", con inversione, quindi, del processo logico postulato dal legislatore delegante. Quanto sopra fa dubitare, anche, in via derivata, della conformita' al dettato costituzionale delle norme in tema di organizzazione interna delle aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs. cit., per i riflessi sulla posizione dei sanitari optanti per l'attivita' assistenziale esclusiva, nella parte in cui non prevedono una partecipazione diretta di organi universitari alle scelte decisionali in tema di collegamento tra assistenza, didattica e ricerca. Sembra quindi non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 5 comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 e delle norme ad esso sottese, o comunque connesse, in parte qua (art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11 e art. 3) per contrasto con l'art. 33 della Costituzione. 9. - La normativa delegata in materia di opzione dei sanitari universitari non sembra inoltre avere compiutamente realizzato - attese le evidenziate incongruenze del sistema - il disegno del legislatore delegante in ordine alla "coerenza fra l'attivita' assistenziale e le esigenze della formazione e della ricerca" (art. 6, lett. b), c), della legge 30 novembre 1998 n. 419, anche in relazione a quanto sopra esposto). E' ben vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo laddove si prevede - come gia' ricordato al punto 8 - una organizzazione dipartimentale al fine di assicurare l'esercizio integrato delle attivita' assistenziali, didattiche e di ricerca (art. 3) anche sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture assistenziali; ma sembra al collegio che debba ragionevolmente dubitarsi della effettivita' della richiesta "coerenza" tra le dette esigenze e l'attivita' assistenziale (oltre che per i motivi gia' illustrati) in presenza di un espresso disposto della legislazione delegata che non consente al sanitario universitario non optante per l'attivita' assistenziale esclusiva la preposizione, non solo alla direzione di strutture, con conseguente impossibilita' di impostazione dei programmi, delle modalita' e degli specifici contenuti della ricerca scientifica, ma addirittura ai programmi espressamente finalizzati alla "integrazione delle attivita' assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali". E tale limite di legge non puo' essere posto nel nulla neppure dal sistematico rinvio a futuri (ed incerti nei contenuti) protocolli d'intesa. D'altro canto, non puo' esservi "coerenza" tra i detti profili se il sistema e' "sbilanciato" verso la primaria considerazione delle esigenze assistenziali; ne' il legislatore delegato si e' mosso nell'ottica di un rafforzamento dei processi di collaborazione tra universita' e servizio sanitario nazionale ex art. 6 lett. a) della legge delega, se e' vero che l'autonomia dell'universita' ne risulta ampiamente "sacrificata", giusta le pregresse considerazioni. Non sembra altresi' che la delega ex art. 6, lett. c) cit. abbia ad oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del personale sanitario universitario: nel momento in cui si va ad alterare, quantomeno per il personale universitario non optante per l'attivita' assistenziale esclusiva, il quadro di ragionevole compenetrazione fra attivita' didattico-scientifica e attivita' assistenziale, siccome consolidato anche dal complessivo andamento della pluriennale legislazione in materia, si va invero ad incidere in modo sostanziale sulla particolare connotazione della posizione dei sanitari universitari, che costituisce il "dato caratterizzante le loro funzioni ed il conseguente stato giuridico" (Corte costituzionale n. 134/1997 cit.). L'art. 6 della legge delega, alla lett. c), si e' limitato a demandare al legislatore delegato l'emanazione di "idonee disposizioni in materia di personale" nel quadro dell'esigenza di assicurare la "coerenza" fra l'attivita' assistenziale e quella di formazione e ricerca, e non ha inteso assolutamente consentire lo stravolgimento dello stato giuridico dei sanitari universitari: ed invero, l'oggetto della delega e' espressamente e chiaramente definito nella prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e' intesa all'emanazione di decreti legislativi specificatamente "volti a ridefinire i rapporti tra servizio sanitario nazionale e universita'", ed in tali limiti deve mantenersi l'attivita' normativa del legislatore delegato. Ne' e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia per la collocazione sistematica della norma che per il richiamo inequivoco al "solo personale della dirigenza sanitaria" in servizio al 31 dicembre 1998 - il criterio direttivo di cui all'art. 2, lett. q), della legge n. 419/1998 cit., in ordine alla previsione di modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto di lavoro quale scelta individuale. Sembra pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione (e delle norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i canoni costituzionali ex art. 76 della Costituzione. 10. - Per le considerazioni che precedono, va conseguentemente sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione; dell'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 per contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione; nonche' dell'art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del d.lgs. n. 517/1999 cit., in parte qua, per contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione. Va disposta, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale delle suindicate norme.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999 n. 517 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione; dell'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 per contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione, dell'art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del d.lgs. n. 517/1999, in parte qua per contrasto con gli art. 33 e 76 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio. Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 febbraio 2001. Il Presidente: Cossu Il consigliere estensore: Mollica 01C0645