N. 553 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 gennaio 2001

Ordinanza  emessa  il  25  gennaio  2001 dalla Commissione tributaria
regionale  di  Venezia sui ricorso propostoda Bragagnolo Palma contro
Ufficio I.V.A. di Padova ed altro

Contenzioso   tributario   -  Sentenza  d'appello  della  Commissione
  tributaria  regionale  -  Esecuzione  in  pendenza  del ricorso per
  cassazione  -  Impossibilita'  di sospensione a norma dell'art. 373
  cod.  proc.  civ.  -  Irrazionale esclusione di poteri cautelari in
  capo al giudice tributario di secondo grado.
- D.Lgs.  31  dicembre 1992, n. 546, art. 49; legge 30 dicembre 1991,
  n. 413, art. 30.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.32 del 22-8-2001 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza sull'istanza proposta ai
sensi dell'art. 373 del codice di procedura civile e depositata il 27
aprile  2000  dalla  sig.ra  Bragagnolo Palma, rappresentata e difesa
dall'avv.  Davide  Druda  e domiciliata nel suo studio in Padova, via
della Pieve, n. 12 giusta mandato in margine all'istanza;
    Contro  l'ufficio  imposta  sul  valore  aggiunto  di Padova sez.
stralcio,  in  persona  del  legale  rappresentante pro tempore e per
quanto possa occorrere ai fini della litis denuntiatio;
    il  Servizio  riscossione  tributi  della  provincia  di Padova -
Concessionario  Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in persona del
legale  rappresentante  pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv.
Adriano  Fornaro  per la sospensione dei seguenti avvisi di rettifica
emessi  dall'ufficio  I.v.a.  di  Padova  nei  confronti dell'azienda
agricola S. Andrea di Bussolin Franco & C. S.d.f.:
        1. n. 821842, relativo all'anno d'imposta 1987;
        2. n. 821843, relativo all'anno d'imposta 1988;
        3. n. 821844, relativo all'anno d'imposta 1989;
        4. n. 821845, relativo all'anno d'imposta 1990;
    oggetto  della  sentenza  n. 196/4/1998  in  data 23 luglio 1998,
della  Commissione  tributaria  regionale  di Venezia, e per essa dei
conseguenti avvisi di mora:
        1.   n. 1200955  per  L.  263.933.192  -  n. 1164991  per  L.
86.379.562 - per Iva 87;
        2.   n. 765926   per   L.   212.852.282   -   n. 1164992  per
L. 69.476.917 - per Iva 88;
        3.   n. 765927   per   L.   157.877.738   -   n. 1164993  per
L. 51.478.418 - per Iva 89;
        4.  n. 1164994 per L. 5.863.288 - n. 765928 per L. 17.964.956
-  per  Iva  90;  per  complessive  lire 835.826.353, notificati alla
sig.ra Bragagnolo Palma il 7 gennaio 2000.
    Visto il ricorso ed i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione rn giudizio;
    Viste le memorie delle parti;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Visto il proprio precedente decreto in data 1 giugno 2000;
    Udita alla pubblica udienza del 20 luglio 2000 il relatore, cons.
Lamberti;
    Ritenuto e considerato quanto segue in fatto e in diritto.

                              F a t t o

    1. - Con   istanza   depositata  il  27  aprile  2000  presso  la
segreteria della Commissione, la sig.ra Bragagnolo Palma, in qualita'
di  socio  e legale rappresentante dell'azienda agricola S. Andrea di
Bussolin  Franco  &  C.  chiedeva,  ai sensi dell'art. 373 c.p.c., la
sospensione   dei   provvedimenti  in  epigrafe,  recanti  un  carico
tributario complessivo di lire 835.826.353.
    Nell'istanza la contribuente adduceva:
    1.1. - quanto  al  fumus  boni  juris,  il difetto di motivazione
degli  avvisi  di  rettifica,  che  rinviavano  per  relationem  a un
provvedimento non conosciuto dalla ricorrente, come deve considerarsi
l'avviso  di rettifica redatto dalla Guardia di finanza nei confronti
del Bragagnolo Angelo;
    1.2 - quanto  al  periculum  in  mora,  che  l'importo del carico
tributario  richiesto  rendeva  inevitabile l'uso di mezzi di credito
del  tutto straordinari per fronteggiare il prosieguo dell'esecuzione
da  parte della concessionaria per il servizio della riscossione, che
aveva gia' notificato gli avvisi di mora.
    2. - Con  decreto  in  data 1 giugno 2000, il Presidente della IV
sezione    della    Commissione    tributaria    regionale,   sospesi
interinalmente gli effetti della sentenza e degli avvisi di mora sino
all'udienza  di  discussione  dell'incidente  di  esecuzione ai sensi
dell'art. 373,  secondo  comma,  ultimo  inciso  c.p.c., disponeva la
comparizione  della parti interessate all'udienza del 20 luglio 2000,
ore 9 per la discussione dell'incidente di esecuzione.
    3. - Innanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto, si
sono   costituiti  la  sig.ra  Bragagnolo  Palma,  che  ha  insistito
sull'ammissibilita'  e  sulla  fondatezza  dell'istanza,  il Servizio
riscossione  tributi  -  Concessionaria di Padova e l'Ufficio Imposta
sul  valore aggiunto di Padova - Sezione Stralcio, che hanno eccepito
l'inammissibilita' della domanda e ne hanno chiesto il rigetto.
    4. - La causa e' stata discussa e presa in decisione il 20 luglio
2000.

                            D i r i t t o

    1. - Viene   in   discussione   la   sospensione  della  sentenza
n. 196/4/1998  in  data  23 luglio 1998, della Commissione tributaria
regionale  di  Venezia, di conferma della sentenza di primo grado che
ha  rigettato il ricorso avverso gli avvisi di rettifica dell'Ufficio
Iva di Padova relativamente agli anni d'imposta 1987-1990. In seguito
alla  decisione  sono  stati  notificati  gli avvisi di mora relativi
all'anno   d'imposta   1987-1990,   recanti   un   carico  tributario
complessivo di lire 835.826.353.
    1.1. - L'istanza  di  sospensione  e'  stata  proposta,  ai sensi
dell'art. 373  c.p.c.,  dalla  contribuente,  in  qualita' di socio e
legale  rappresentante  dell'azienda  agricola  S. Andrea di Bussolin
Franco  &  C.,  in  pendenza  del  ricorso  per Cassazione avverso la
sentenza  ed  e'  stata  accolta  con  il  decreto in epigrafe in via
provvisoria e interinale, dato atto del periculum in mora e del fumus
boni  juris  e  salvo  e riservato, ai fini dell'ammissibilita' della
medesima, l'esito della presente udienza di discussione.
    1.2. - Non  sfugge  al  Collegio la diversita' di indirizzi sulla
questione  dell'applicabilita'  al  processo tributario dell'art. 373
del  codice  di  procedura civile: secondo talune Corti di merito, la
cautela  della  sospensione  sarebbe sempre ammissibile in un sistema
giurisdizionale  svolgentesi per gradi sino all'irrevocabilita' della
sentenza;  secondo  altre,  gli  artt. 47 e 49 del d.lgs. 31 dicembre
1992,   n. 546   non   consentirebbero  la  sospensione  ope  iudicis
dell'esecutivita'  della  sentenza  di  secondo grado in pendenza del
ricorso per Cassazione.
    1.3. - Tale  ultimo  indirizzo  e'  stato  condiviso  anche dalla
recente  decisione  n. 165  di  codesta  ecc.ma Corte (25 - 31 maggio
2000), che ha escluso il contrasto delle norme suddette con l'art. 24
della  Costituzione,  nella  parte in cui precludono alla Commissione
tributaria   regionale  l'adozione  di  misure  cautelari  intese  ad
impedire  l'esecuzione  della pretesa fiscale in pendenza del ricorso
per Cassazione nei confronti della sentenza di secondo grado.
    2. - L'applicazione      dei     suddetti     criteri     implica
l'inammissibilita'  della  presente  domanda  e  il conseguente onere
della  ricorrente,  nella  qualita'  di socio della societa' di fatto
"Azienda agricola S. Andrea di Bussolin Franco & C.", di fronteggiare
prontamente   il   considerevole   carico   fiscale   richiesto   dal
concessionario  per la riscossione tributi della provincia di Padova,
insostenibile,  a  suo avviso, se non facendo uso di mezzi di credito
del tutto straordinari.
    2.1 - Nel  che  la  rilevanza,  ai fini del decidere del presente
procedimento,     del    dubbio    d'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 30,  comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e degli
artt. 47  e  49 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che persiste nel
Collegio,  anche  ad  un'attenta  lettura  della  citata  sentenza di
codesta ecc.ma Corte n. 165 del 2000.
    2.2. - In  tale  sede,  e'  stata,  per  un verso, riaffermata la
sovranita'  del  legislatore  di  prevedere mezzi di tutela cautelare
nelle  fasi  di  giudizio  successive  alla definizione del merito e,
pertanto,  la  conformita' del processo tributario all'art. 24 Cost.,
e,   per   altro  verso,  esclusa  l'uniformita',  costituzionalmente
imposta, fra i vari tipi di processo ... "pur ribadendo la necessita'
di  rispettare  il  generale criterio di ragionevolezza fra le scelte
legislative".
    2.3. - Avendo   il   remittente   circoscritto   il   dubbio   di
costituzionalita'  ai  soli principi della difesa e dell'eguaglianza,
la  ragionevolezza dell'esclusione della fase interinale dal giudizio
di  secondo  grado  non  e' stato tuttavia preso in esame dal codesta
ecc.ma Corte, che ha ritenuto legittima la scelta di non estendere la
tutela  cautelare  ai  gradi  successivi al primo, alla stregua della
garanzia  del  diritto  di  difesa  e  dell'uniformita' fra i tipi di
processo.
    3. - Sotto  il  profilo  della  ragionevolezza  e' quindi rimasto
impregiudicato  l'esame  della questione, ai sensi degli artt. 24 e 3
della  Costituzione,  della  scelta,  operata con la legge n. 413 del
1991,  di  limitare  la  tutela cautelare al primo grado di giudizio.
Proprio  sotto tale ultimo aspetto, l'adito Collegio ritiene di dover
riproporre la questione a codesta ecc.ma Corte.
    3.1 - L'efficacia  temporale  della  sospensione  dell'esecuzione
dell'atto  impugnato limitata a non oltre la decisione di primo grado
disposta  in  sede  di  delega  dall'art. 30  lettera h), della legge
n. 413/1991,  seppure  soddisfa  l'esigenza  di  pronta  e  immediata
riscossione  del  carico  fiscale, non appare al Collegio in grado di
apprestare  gli  strumenti  necessari  ad  assicurare  la  tutela del
contribuente  nei  confronti dell'azione esecutiva del concessionario
per la riscossione.
    Esigenza,  al  contrario,  assicurata  ed addirittura ampliata in
altri   tipi  di  processo,  nei  quali,  parimenti,  il  privato  e'
sottoposto  all'azione  di  una  pubblica  amministrazione  o  di  un
concessionario investito di potesta' pubblicistiche.
    3.2 - Con  precipuo  riferimento alla sospensione cautelare della
riscossione coattiva delle imposte, e' noto al Collegio il precedente
orientamento  di codesta ecc.ma Corte, che nel processo tributario la
tutela  cautelare  non  costituisca  una  componente essenziale della
tutela  giurisdizionale (sent. n. 63 del 1982 e ordd. n. 80 e 168 del
1983, che hanno escluso la fondatezza della questione di legittimita'
costituzionale  riguardo agli artt. 15 e 39 d.P.R. n. 602 del 1973 in
riferimento  agli  art. 3,  24 e 113 della Costituzione e ord. n. 367
del 1983, che ha dichiarato infondata la questione degli art. 35 e 39
d.P.R.  26  ottobre  1972, n. 636, per non essere stato attribuito al
giudice tributario il potere cautelare).
    A  fronte  della  su  enunciata  tendenza  restrittiva, del tutto
diverso  si e' manifestato l'orientamento di codesta ecc.ma Corte nel
processo  amministrativo,  ove il doppio grado del giudizio cautelare
e'  stato ribadito con riferimento all'ultimo comma dell'art. 5 della
legge  3 gennaio 1978, n. 1 (che aveva escluso l'appellabilita' delle
ordinanze  cautelari  a  fini  dell'accelerazione  delle procedure in
materia  di  opere  pubbliche  e  di impianti industriali) dichiarato
costituzionalmente  illegittimo per contrasto con l'art. 125, secondo
comma,  della  Costituzione  (Corte  costituzionale  1 febbraio 1982,
n. 8).
    Che alla giurisdizione tributaria non sia applicabile l'art. 125,
secondo  comma,  Cost.,  non  consente, pero', di ritenere il giudice
tributario di secondo grado del tutto privo di potesta' cautelare nei
confronti dei provvedimenti dell'amministrazione finanziaria, come e'
avvenuto  al momento dell'attuazione della delega di cui all'art. 30,
lettera h) della legge n. 413 del 1991.
    3.3. - Rileva  il  Collegio  come  l'affermazione contenuta nella
sentenza  1 febbraio 1982, n. 8, circa la necessita' del doppio grado
nella   fase  cautelare,  discende  dall'interpretazione  sistematica
dell'art. 125,  secondo  comma  Cost., che istituendo il doppio grado
del  giudizio nel sistema processuale amministrativo, non consente di
escludere  o  limitare la tutela giurisdizionale, e, per conseguenza,
l'appello cautelare anche se solo per determinate materie.
    Oltre  all'articolazione  del  giudizio camerale in due gradi, il
medesimo  assunto  sorregge  anche  il  potere  di  sospensione degli
effetti  delle sentenza di primo grado attribuito dall'art. 33, terzo
comma,  della  legge  6 dicembre 1971, n. 1034, al Consiglio di Stato
nella  sua nuova (per quell'epoca) veste di giudice d'appello. Potere
divenuto  vera  e  propria  potesta'  interinale  del  riesame  della
sentenza    impugnata,    nella    recente   riforma   del   processo
amministrativo.
    3.4. - A  fronte  dell'estensione dei poteri cautelari attribuiti
al  giudice di secondo grado, che nella giurisdizione ordinaria ed in
quella   amministrativa,   fruisce  di  piena  potesta'  d'intervento
interinale, l'assenza di analoghi poteri nel processo tributario, ove
l'intervento  interinale  e'  limitato al solo grado introduttivo del
giudizio  e alla sola sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato
non appare sorretta da alcuna logica razionalita'.
    E  cio'  alla  luce della valenza di principio generale acquisita
dal  doppio  grado  nel processo tributario con l'art. 30, lettera d)
della  legge  di  delega  n. 413  del 1991, confermativo dell'analogo
principio  contenuto nella precedente delega di cui all'art. 10 della
legge  n. 825  del  1971  nonche' della sua completa equiparazione di
tale   tipo   di   processo  a  quello  civile,  per  quanto  attiene
all'applicazione  dell'art. 360  del  codice  di procedura civile e a
quello  amministrativo,  per quanto riguarda l'esclusione della prova
testimoniale e il giuramento dalla fase istruttoria.
    3.5. - A   fronte   di   tale  tendenza  evolutiva  del  processo
tributario,  e'  la  sola tutela interinale a non trovare un compiuto
soddisfacimento,  senza  che  questo  abbia alcuna logica e razionale
giustificazione, rinvenibile nella peculiarita' della materia o nella
portata  degli  interessi  ivi  coinvolti.  La  prima  ha infatti per
oggetto  la  difficile  tematica  dei  rapporti  fra  contribuente  a
amministrazione  finanziaria e la seconda pone l'interprete di fronte
al  delicato bilanciamento fra le esigenze della riscossione e quelle
della tutela dell'attivita' economica.
    Presupposti che piu' che giustificare la totale assenza di poteri
cautelari  in  capo al giudice tributario di secondo grado, farebbero
propendere  per  l'attribuzione  di  tale  potesta', specie quando il
giudizio,  nonostante  abbia percorso anche il secondo grado, non sia
ancora  definitivo,  causa la pendenza del ricorso innanzi alla Corte
di cassazione avverso la sentenza.
    3.6. - Del resto, l'esclusione di tale potesta' nei confronti del
giudice  tributario  di secondo grado e' stabilita dagli articoli 47,
comma  4  e  49 del decreto legislativo n. 546 del 1992, il primo dei
quali  definisce non impugnabile l'ordinanza che decide sulla domanda
di  sospensione  e  il  secondo esclude dal regime delle impugnazioni
l'art. 337  (e,  conseguentemente l'art. 373) del codice di procedura
civile. Non e' pero' espressamente enunciata nell'art. 30 lettera h),
della legge di delega n. 413 del 1991, che limita sino alla decisione
di  primo  grado gli effetti del provvedimento di sospensione, ma non
ne  preclude  esplicitamente  l'impugnazione  ne'  tantomeno inibisce
apertamente  al  giudice di seconda istanza di sospendere gli effetti
della propria sentenza, qualora impugnata per Cassazione.
    Non  appare  a tal punto conforme a razionalita' del sistema - da
applicare  secondo  canoni evolutivi - che il solo giudice tributario
d'appello  sia  del  tutto  privo  di potesta' cautelare, anche nella
forma  eccezionale  prevista  dall'art. 373  del  codice di procedura
civile,  di  sospendere, mediante provvedimento motivato, gli effetti
delle  propria  sentenza con efficacia temporale limitata a non oltre
la  definitiva  conclusione del processo, con sentenza della Corte di
Cassazione.
    4. - Per  quanto  attiene  la  presente fattispecie, alla stregua
dell'irrazionalita'  rispetto  ai  principi  di cui agli artt. 3 e 24
Cost., il Collegio ritiene, pertanto, non manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 49 del decreto
legislativo  31  dicembre  1992,  n. 546, che ha sottratto al giudice
tributario di secondo grado di qualsivoglia potesta' cautelare, sotto
l'aspetto del riesame a fini inibitori della propria stessa sentenza,
in  pendenza  del  ricorso  per Cassazione nonche' dell'art. 30 della
legge  30  dicembre  1991, n. 413, ove si ritenga il predetto decreto
legislativo corretta attuazione della legge di delega.
    4.1. - Il  giudizio  va  pertanto  sospeso  ai sensi dell'art. 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Ai  sensi  dell'art. 23  della  legge  11  marzo  1953, n. 87, va
ordinata    l'immediata    trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale  e  va  ordinato  che,  a  cura  della  segreteria, la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente
del  Consiglio  dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
    4.2. - Nelle more della presente sospensione, il Collegio dispone
che  il contribuente presti, ai sensi dell'art. 373, primo comma, del
codice  di  procedura civile, una cauzione nei confronti dell'Ufficio
pari  all'importo  delle somme dovute, tramite polizza fideiussoria o
assicurativa.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 49 del decreto legislativo 31
dicembre  1992,  n. 546,  nella  parte  in  cui  esclude  dalle norme
applicabili  al  processo tributario di appello l'art. 373 del codice
di   procedura   civile   nonche',  per  le  ragioni  sopraprecisate,
dell'art. 30  della legge 30 dicembre 1991, n. 413, per contrasto con
i principi di razionalita' di cui agli artt. 3 e 24 Cost.;
    Sospende il giudizio;
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza sia notificata alle parti in
causa  e  al  Presidente  del  Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 20 luglio
2000 e del 25 gennaio 2001.
                       Il Presidente: Lamberti
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