N. 560 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2001

Ordinanza  emessa  il  9  maggio  2001  dal  tribunale  di Napoli nel
procedimento penale a carico di Cimminiello Rosario

Processo  penale  -  Richiesta  di giudizio abbreviato subordinata ad
  integrazione  probatoria - Rigetto da parte delgiudice dell'udienza
  preliminare,  motivato  dalla  non  necessita'  dell'integrazione -
  Applicabilita' da parte delgiudice del dibattimento della riduzione
  di   pena   prevista   dall'art.   442  cod.  proc.  pen.,  qualora
  ritengaingiustificato  o  erroneo il rigetto - Mancata previsione -
  Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del diritto di
  difesa dell'imputato.
- Codice di procedura penale, artt. 438, 441 e 442.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.32 del 22-8-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunziato la seguente ordinanza nell'ambito del procedimento
penale  a  carico  di  Cimminiello  Rosario,  in  stato di detenzione
carceraria per tale procedimento;
    Letti gli atti,

                            O s s e r v a

    Nel  corso  degli  atti introduttivi del dibattimento a carico di
Cimminiello  Rosario,  sulla richiesta dei difensori dell'imputato di
applicare,  all'esito del giudizio, la riduzione di pena prevista per
il  rito  abbreviato,  il  p.m.  ha  sollecitato  questo  tribunale a
verificare se la nuova disciplina legislativa del giudizio abbreviato
sia  o meno conforme a Costituzione, con particolare riferimento alla
mancata  previsione  del  potere  per  il giudice del dibattimento di
applicare,  all'esito  del  giudizio,  la  riduzione di pena prevista
dall'art. 442,  comma  2,  c.p.p.,  nel  caso  in  cui ritenga di non
condividere  la  decisione del giudice per le indagini preliminari di
rigettare   la   richiesta   di   giudizio   abbreviato,  subordinata
dall'imputato ad integrazione probatoria.
    Ritiene il collegio, preliminarmente, che la dedotta questione di
legittimita'  costituzionale,  da  approfondire  e precisare nei suoi
profili, debba ritenersi rilevante.
    Nel caso in esame l'imputato, nel termine previsto dall'art. 458,
primo  comma  c.p.p., chiedeva al giudice per le indagini preliminari
che  il  procedimento  a  suo  carico  venisse definito attraverso il
ricorso  al rito alternativo del giudizio abbreviato, subordinato, ai
sensi   dell'art. 438,   quinto   comma,  c.p.p.,  alla  integrazione
probatoria  della escussione delle persone offese, le quali avrebbero
dovuto  riferire  sull'avvenuto  risarcimento  del danno da parte del
prevenuto.
    Il  giudice  per  le indagini preliminari rigettava la richiesta,
ritenendo  che,  ai  fini  della decisione, la richiesta integrazione
probatoria non fosse necessaria, rinviando a giudizio l'imputato.
    Orbene   la  rilevanza  della  questione  nasce  dal  fatto  che,
nonostante  potesse essere disposto il giudizio abbreviato, in quanto
l'integrazione  probatoria  richiesta  aveva una propria rilevanza ai
fini  della  decisione,  incidendo  sulla  valutazione che il giudice
avrebbe   dovuto   svolgere   sulla  personalita'  dell'imputato,  in
relazione  all'entita'  della  pena  da  infliggere,  ove  ne  avesse
riconosciuta   la   responsabilita',  la  mancata  previsione  di  un
controllo  sul  provvedimento  negativo  del  giudice per le indagini
preliminari,  rappresenta un ostacolo per il giudice del dibattimento
a  riconoscere,  all'esito  del giudizio, il diritto dell'imputato ad
ottenere  la  riduzione  di pena prevista dall'art. 442 del codice di
rito.
    Tanto    premesso    la   dedotta   questione   di   legittimita'
costituzionale deve ritenersi non manifestamente infondata.
    Al   riguardo  si  osserva  che,  nella  vigenza  del  precedente
ordinamento  processuale,  la  Corte  costituzionale, con la sentenza
n. 23  del  31  gennaio  1992,  era  intervenuta sulla disciplina del
giudizio abbreviato, dichiarando la illegittimita' costituzionale, in
riferimento  agli  artt. 3  e 24 della Costituzione, degli artt. 438,
439,  440  e  442, c.p.p., nel loro combinato disposto, nonche' degli
artt. 458,  primo  e secondo comma, e 464, primo comma, c.p.p., nella
parte  in cui non prevedevano che, in caso di rigetto della richiesta
di  giudizio  abbreviato,  il  giudice,  all'esito  del dibattimento,
ritenendo  che  il  processo potesse essere definito allo stato degli
atti  dal  giudice  per  le indagini preliminari, avesse il potere di
applicare  la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma
dello stesso codice.
    La  Corte  si  trovava  ad affrontare il caso in cui, pur essendo
intervenuto   il  consenso  del  pubblico  ministero  alla  richiesta
dell'imputato  di  definire  il  procedimento  attraverso il giudizio
abbreviato, il giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto che
il  processo  non  potesse  essere  definito  allo  stato degli atti,
rigettando la richiesta di giudizio abbreviato.
    Pur  trattandosi  di fattispecie concreta diversa da quella presa
in  considerazione  in  analoga  pronuncia di incostituzionalita' del
combinato  disposto  degli  artt. 438,  439, 440 e 442, c.p.p., (cfr.
sentenza  n. 81  del  1991),  originata  dal  dissenso  del  pubblico
ministero  rispetto  alla  richiesta dell'imputato, rilevava la Corte
che  anche  in  questo  caso  veniva  in  discussione  un  profilo di
carattere  sostanziale  "perche'  dall'ammissione  al rito abbreviato
deriva  la  possibilita'  per l'imputato di fruire di una consistente
riduzione di pena".
    Di  conseguenza  "come  nel  caso  di  conflitto  tra  imputato e
pubblico ministero circa l'ammissibilita' del rito abbreviato, in cui
la  Corte ha ritenuto che la controversia sulla pretesa dell'imputato
non  potesse  essere  definita  all'interno dell'udienza preliminare,
deve  ritenersi  che,  qualora  nonostante  l'adesione  del  pubblico
ministero, la pretesa stessa non venga soddisfatta dal giudice per le
indagini preliminari, non possa spettare a questi l'ultima parola, in
modo  preclusivo,  sulla decidibilita' allo stato degli atti, con una
pronuncia  che, senza possibilita' di con trollo, incide sulla misura
della pena".
    Ad  avviso del Giudice delle leggi, riconoscere esclusivamente al
giudice  per  le  indagini  preliminari  il  potere di decidere sulla
definibilita'  del  processo  allo  stato  degli  atti  e, quindi, in
definitiva,  sulla  applicazione della riduzione di pena prevista per
il giudizio abbreviato, in mancanza di una disposizione normativa che
consenta  al  giudice del dibattimento di sindacare la determinazione
del  giudice  per  le indagini preliminari contraria all'adozione del
rito  abbreviato,  sottraendo  a quest'ultimo "un controllo diretto a
verificare  la  sussistenza  del presupposto della decidibilita' allo
stato  degli  atti,  limiterebbe  in modo irragionevole il diritto di
difesa  dell'imputato, nell'ulteriore svolgimento del processo, su di
un aspetto che ha conseguenze sul piano sostanziale".
    Alle  stesse critiche si espone l'attuale disciplina del giudizio
abbreviato.
    Ed  invero  la  riforma  attuata  dalla  legge  16 dicembre 1999,
n. 479,  ha  profondamente  modificato  la  struttura  di questo rito
alternativo,    oggi    rimesso    esclusivamente   alla   iniziativa
dell'imputato,  non  essendo  piu'  previsto il consenso del pubblico
ministero.
    Diversa  e' la posizione del giudice: se l'art. 440, primo comma,
c.p.p.,  abrogato dalla legge n. 479 del 1999, condizionava l'accesso
dell'imputato    al   giudizio   abbreviato   alla   valutazione   di
definibilita'  del processo allo stato degli atti, con la riforma non
si  riconosce al giudice alcun potere di preventiva valutazione sulla
decidibilita'  del  processo  allo  stato  degli  atti,  imponendogli
l'art. 438,  comma 4, c.p.p., di disporre il giudizio abbreviato, una
volta intervenuta la richiesta dell'imputato, pronunciando ordinanza.
    La  non  definibilita'  del processo allo stato degli atti, nella
nuova disciplina, diventa un "accidente" del giudizio abbreviato, che
autorizza  il  giudice,  anche  d'ufficio,  ad  assumere gli elementi
necessari  ai  fini  della  decisione,  a svolgere, cioe', una vera e
propria  attivita'  di assunzione probatoria, secondo quanto previsto
dall'art. 441, quinto e sesto comma, del codice di rito.
    In questo (e, come, si vedra' piu' avanti nella possibilita', per
l'imputato,  di  subordinare  la  richiesta  di  rito  alternativo ad
integrazione  probatoria),  risiede  la vera e propria riformulazione
sistematica  dell'istituto:  da  giudizio  "a  prova  bloccata", che,
fondato  sulla  definibilita'  allo  stato  degli atti, presuppone la
completezza  di un compendio probatorio idoneo a rendere possibile la
pronuncia    di   merito   ed   insuscettibile   di   approfondimenti
dibattimentali,  a  giudizio  consentito  anche in presenza di quelle
integrazioni  probatorie,  considerate, in origine, incompatibili con
la definibilita' allo stato degli atti del processo.
    Al  giudice,  tuttavia,  viene restituito il potere di "bloccare"
l'accesso  al  giudizio  abbreviato,  quando la richiesta di giudizio
abbreviato   sia   condizionata  dall'imputato  ad  una  integrazione
probatoria,  giusto  il disposto dell'art. 438, quinto comma, c.p.p.,
introdotto dalla legge n. 479 del 1999.
    In   questo   caso,  infatti,  il  giudice  dispone  il  giudizio
abbreviato  solo  se  l'integrazione probatoria risulta necessaria ai
fini  della  decisione  e  compatibile  con  le finalita' di economia
processuale  proprie del procedimento. Pur riguardando una condizione
di  ammissibilita'  del giudizio abbreviato completamente diversa (la
necessita'  dell'integrazione  probatoria  ai  fini  della  decisione
ovvero   la   sua   compatibilita'  con  la  "semplicita'"  del  rito
alternativo  e  non  la  definibilita'  del processo allo stato degli
atti),   il  preventivo  potere  di  valutazione  riconosciuto  dalla
"novella"  del  1999  al  giudice, si espone alle stesse osservazioni
critiche   formulate  dalla  Corte  costituzionale  nella  richiamata
sentenza n. 23 del 1992.
    Si  tratta, anche in questo caso, infatti, di un potere sottratto
ad  ogni  verifica  da  pane  del  giudice  per il dibattimento sulla
correttezza  della  decisione con la quale il giudice per le indagini
preliminari   ritiene   non   necessaria   l'integrazione  probatoria
richiesta  dall'imputato (ovvero non conciliabile con le finalita' di
economia  processuale  tipiche  del  rito alternativo), rigettando la
richiesta   di  giudizio  abbreviato,  pronuncia  che  incide,  senza
possibilita'  di  controllo,  sulla  misura  della  pena  e  che,  di
conseguenza,  limita  in  maniera  irragionevole il diritto di difesa
dell'imputato.
    Nel silenzio del legislatore sul punto, appare, dunque, opportuno
sollecitare  l'intervento  della  Corte,  perche'  voglia  dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  degli artt. 438, 441 e 442, c.p.p.,
per   violazione   dei   principi   costituzionali   di   coerenza  e
ragionevolezza  delle norme (art. 3 Cost.) e di tutela del diritto di
difesa  (art. 24  Cost.),  nella  parte  in  cui non prevedono che il
giudice  del dibattimento possa applicare, all'esito del giudizio, la
diminuzione  di  pena  prevista  dall'art. 442,  c.p.p.,  ove ritenga
ingiustificata o comunque erronea la decisione con cui il giudice per
le  indagini  preliminari  abbia  rigettato  la richiesta di giudizio
abbreviato  subordinata ad integrazione probatoria necessaria ai fini
della  decisione,  ritenendola non necessaria ovvero non conciliabile
con   le   finalita'   di   economia  processuale  proprie  del  rito
alternativo.   Non   sembra,  infatti,  a  questo  giudice  di  poter
pervenire,  per  mera  via  interpretativa,  alla  soluzione  che  si
propone,  applicando  sic  et  simpliciter  alla nuova disciplina del
giudizio  abbreviato  i principi enunciati dalla Corte costituzionale
nelle  sentenze richiamate in precedenza, non solo perche' sono state
inserite  nell'ordinamento  processuale,  dalla  legge di riforma del
1999,  nuove disposizioni normative, che hanno radicalmente mutato la
struttura  del  giudizio abbreviato, ed, in particolare, i poteri del
giudice  sulla  richiesta  formulata  dall'imputato,  ma anche per la
necessita'  di  sottoporre  alla  verifica del Giudice delle leggi la
correttezza,  sotto  il  profilo  dei  principi costituzionali che si
assumono  violati,  della  ritenuta  equiparazione  tra  i poteri del
giudice  per  le  indagini preliminari previsti dall'art. 438, quinto
comma,  come  novellato, e quelli che spettavano allo stesso giudice,
ai sensi dell'art. 440, primo comma, c.p.p., ormai abrogato.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 438, 441 e 442, c.p.p., in
relazione  agli  artt. 3  e 24 della Costituzione, nella parte in cui
non  prevedono  che  il  giudice  del  dibattimento  possa applicare,
all'esito   del   giudizio,   la   diminuzione   di   pena   prevista
dall'art. 442,  c.p.p., ove ritenga ingiustificata o comunque erronea
la  decisione  con  cui  il giudice per le indagini preliminari abbia
rigettato   la  richiesta  di  giudizio  abbreviato,  subordinata  ad
integrazione   probatoria   necessaria   ai   fini  della  decisione,
ritenendola  non  necessaria ovvero non conciliabile con le finalita'
di economia processuale proprie del rito alternativo.
    Dispone  l'invio  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  e  la
sospensione  della  decisione  del  processo  relativo  a Cimminiello
Rosario.
    Ordina  che copia della presente ordinanza sia notificata, a cura
della  cancelleria,  alle  parti,  al  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della
Camera  e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  delle  leggi e dei
decreti della Repubblica italiana.
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
    Cosi' deciso in Napoli, addi' 9 maggio 2001
                       Il Presidente: Donzelli
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