N. 564 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 aprile 2001

Ordinanza  emessa  il 19 aprile 2001 dal giudice di pace di Locri nel
procedimento  civile  vertente tra Parasporo Antonella Maria e comune
di Sant'Ilario dello Jonio

Sanzioni  amministrative  -  Giudizio  di  opposizione  all'ordinanza
  ingiunzione   -   Notificazioni   all'opponente   che   si  difende
  personalmente  -  Disciplina  -  Prevista  notifica  degli  atti in
  cancelleria,  nel  caso  in cui l'opponente non abbia dichiarato la
  residenza  o  eletto  domicilio  nel comune dove ha sede il giudice
  adito  - Mancata previsione della notificazione presso la residenza
  anagrafica  del  ricorrente - Disparita' di trattamento processuale
  rispetto   all'amministrazione   -   Violazione  del  principio  di
  eguaglianza  e  di  pari  dignita' dinanzi alla legge - Lesione del
  diritto di azione e di difesa.
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22, comma 3, e 23, comma 4.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.32 del 22-8-2001 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Procedimento  civile  n. 255/2001  R.G.  tra: Parasporo Antonella
Maria  contro  comune  di  Sant'Ilario  dello  Jonio,  in persona del
Sindaco  pro  tempore,  opposizione avverso ordinanza di pagamento di
sanzione  pecuniaria  -  legge  24 novembre 1981 n. 689. Questione di
legittimita' costituzionale.

                       Premesso e ritenuto che

    Dagli  atti  del  procedimento  civile  n. 255/2001, vertente tra
Parasporo  Antonella  Maria  - che ha dichiarato di stare in giudizio
personalmente  - cosi' avvalendosi della facolta' di cui all'art. 82,
primo  comma, cod. proc. civ., correlato, per quanto di procedura, al
quarto  comma di cui all'art. 23 della legge 24 novembre 1981, contro
comune  di  Sant'Ilario  dello Jonio, discende che l'attore ha inteso
proporre  ricorso  avverso  il  verbale  di contestazione elevato dal
Comando  dei  Vigili  Urbani del comune di Sant'Ilario dello Jonio in
data  27  settembre  2000  e  recante il n. 821/2001, notificato allo
opponente addi' 23 febbraio 2001. Nell'atto introduttivo del giudizio
parte istante evidenziava:
        che  il  27  settembre  2000,  alle  ore  12,21, agenti della
Polizia  Municipale  del  comune  di Sant'Ilario dello Jonio, tramite
misuratore  di velocita', accettavano che il conducente della vettura
Volswagen  Passat,  targata  BD 864 JA  transitava nel territorio del
comune di Sant'Ilario dell Jonio alla progressiva chilometrica 93,500
a  velocita' superiore a 50 km orari, cosi' violando il disposto di a
all'art. 142/198 del codice della strada;
        che in data 27 settembre 2000, funzionari preposti dal comune
e   non  gli  stessi  accertatori  hanno  trasmesso  al  proprietario
dell'autovettura   di   cui   e'   detto,  verbale  di  contestazione
dell'infrazione  di  cui  sopra al codice della strada, adducendo che
non  si  era  potuto  provvedere,  nella  immediatezza,  e  nei  modi
regolamentari,  previsti  dall'art. 384  del d.P.R. 16 dicembre 1992,
n. 495,  a voce: "Regolamento di esecuzione del codice della strada",
ed in riferimento all'art. 201 di esso, alla contestazione immediata;
        che  col  ricorso  de  quo  il  suddetto  opponente  rilevava
l'illegittimita'  del  verbale  di  contestazione  di  infrazione per
violazione  degli  artt. 200 e 201 del c.d.s. oltre che violazione ex
art. 200  codice  della  strada  per  mancata contestazione immediata
dell'  infrazione.  Cio'  nel rilievo che sul punto 1) nel verbale di
contestazione  e' dato leggere "non e' stato possibile procedere alla
contestazione  immediata della violazione in quanto l'apparecchiatura
di rilevazione ha consentito la determinazione dell'illecito dopo che
il  veicolo era gia' a distanza dal posto di accertamento, e comunque
nell'impossibilita'  di  essere  fermato  in  tempo  utile e nei modi
regolamentari".
    Rilevava,   ancora,   che   quanto   dedotto   dagli  agenti  per
giustificare  la  mancata contestazione appare, anche a parere di chi
scrive  mera  clausola  di  stile  piuttosto  che  una reale esigenza
dettata   da  una  possibilita'  oggettiva  cosi'  per  come  sancito
dall'art. 14  legge  n. 689/1981  e  art. 200  c.d.s.) sono esplicite
nell'impone  un'obbligo  incondizionato  e  non  ammettono margini di
apprezzamento,  stante  la  loro  tassativita'  (cosi'  la Pretura di
Siderno 4 febbraio 1999; pretura di Cremona 30 aprile 1992).
    Evidenziando  che  la  disattenzione  di tale obbligo costituisce
violazione   di   legge,   come   tale  rende  illeggittimo  l'intero
procedimento  amministrativo  di  irregolazione  amministrativa,  dal
momento  che  la  ratio  della  contestazione immediata, obbedisce ad
un'esigenza di salvaguardia del diritto della difesa ex art. 24 della
Costituzione.
    Infatti  la  normativa riconosce, nell'ottica di questa superiore
tutela, la necessita' del contraddittorio immediato per assicurare le
migliori  opportunita'  di tutela e di difesa da parte del cittadino,
il  quale ha un ovvio interesse a svolgere le proprie eccezioni anche
e  sopratutto  nell'immediatezza  del fatto, poiche' l'attualita' del
contesto   infrazionale  consente  la  possibilita'  di  elementi  di
valutazione  piu'  immediati  e  compiuti  rispetto ad una successiva
ricostruzione storica.
    Tutto  cio'  non e' marginale, neppure in presenza, come nel caso
de  quo,  di misurazione automatica delta velocita', concretizzandosi
l'interesse  del  contravvenuto ad oppone, per esempio, rilievi sulla
esatta  ubicazione  dell'apparecchio  ai fini di un'eventuale perizia
nonche'   sulla   effettiva   presenza  dei  verbalizzanti  in  loco.
Contestazione  immediata  che  potrebbe  facilmente  sfociare  in  un
inaccettabile arbitrio.
    Cio'  costituisce,  anche,  violazione  ex  art. 201  c.d.s.,  in
difetto   di  precisa  e  dettagliata  motivazione  circa  la  omessa
contestazione,
    La   fattispecie   dell'eccesso   di   velocita'   accertato  con
dispositivo  automatico  occorre  rilevare  che  le previsioni di cui
l'art. 384  lettera e) del regolamento di attuazione al c.d.s., siano
influenti.
    Oggi giorno non esistono apparecchi in rilevamento che consentono
la  determinazione  dell'illecito in tempo successivo ovvero dopo che
il  veicolo  oggetto  di  rilievo  era  gia'  a distanza dal posto di
accertamento  misuratori  elettronici attualmente in uso, sono dotati
di   un  monitor  che  visualizza  la  velocita'  contestualmente  al
passaggio del veicolo per cui in concreto non esiste una possibilita'
di rilevazione in tempo successivo ed a distanza.
    Inoltre  le  attrezzature  a  prestazione  fissa,  attraverso  un
monitor  separato e portatile e' dotato di segnale acustico e visivo,
consentono  la visualizzazione del dato numerico a distanza e dunque,
in  anticipo  sull'arrivo  del  veicolo  colto in infrazione. Secondo
quanto  confermato  anche  in alcune pronunce della giurisprudenza di
merito  (vedasi  pretura  Belluno  28/1989)"  gli  agenti accertatori
possono  allontanarsi dal punto di rilevazione per uno spazio tale da
permettere  l'imitazione  dell'alt  del  veicolo,  senza  per  questo
costringere il conducente ad effettuare brusche manovre".
    Nel  caso  di  specie,  se la presenza di due agenti era piu' che
sufficiente  per  provvedere alla contestazione immediata e personale
dell'infrazione,   potendosi  in  ogni  caso  provvedere  a  chiamare
un'altra   pattuglia  dall'altro  lato  e'  del  tutto  inconsistente
l'affermazione  secondo la quale, in quel luogo l'arresto del veicolo
avrebbe  potuto  determinare una situazione di pericolo, posto che lo
autovelox ben avrebbe potuto essere installato in un altro luogo.
    Cosi'  si  mette in dubbio il rispetto del dettato normativo, che
impone  che l'autorita' di vigilanza si ponga sempre e comunque nelle
condizioni  di  poter provvedere all'addebito immediato attraverso la
predisposizione delle condizioni necessarie e sufficienti a tal fine.
    Del resto la condotta degli agenti appare poi piu' grave nel caso
de   quo,   in  quanto  un'autovettura  che  procede  alla  velocita'
accertata,  ben  puo'  essere fermata in uno spazio limitato. Infatti
sarebbe  stato  sufficiente  che  uno dei due agenti si fosse posto a
distanza dell'apparecchiatura di rilevamento per fermare, in assoluta
sicurezza,  il  veicolo  e  procedere  alla  contestazione immediata,
(cosi'  anche pretura Pavia 15 aprile 1996; pretura Perugia 15 luglio
1994).
    Che   l'omessa  contestazione  immediata,  posta  quest'ultima  a
garanzia  del  contravventore  di far valere nell'immediatezza le sue
ragioni,  si  sarebbe  giustificata  solo  in  presenza di un fattore
eccezionale,  che  deve  essere  indicato  nella  totalita'  dei suoi
elementi  caratterizzanti,  non  essendo  sufficiente una motivazione
fondata  sui  generici motivi impeditivi, ne' tantomeno la dichiarata
impossibilita'  dell'apparecchiatura  di  rilevazione  di determinare
l'illecito  nell'immediatezza  del fatto (cosi' pretura Lagonegro, 23
aprile 1998; pretura Cremona 30 aprile 1992; pretura Rovigo 14 agosto
1990).
    Ne discende che siffatto comportamento rende pertanto illegittimo
il  provvedimento  amministrativo per violazione degli art. 200 e 201
c.d.s.
    Chiedeva,   infine,  che,  in  accoglimento  all'opposizione,  il
giudice  di  pace  adito  annullasse  l'ordinanza  opposta  con  ogni
conseguenza di legge.
    Rilevato, inoltre, che:
        a  seguito della presentazione di tale ricorso in cancelleria
veniva  fissata  l'udienza  del  29 marzo 2001 per la discussione del
medesimo;
        che  la  notificazione  avveniva  nelle  forme della consegna
nell'ufficio di cancelleria del giudice adito;
        per  conseguenza,  il  ricorrente  non  compariva  alla prima
udienza fissata;
        il  giudice,  attesa  la  mancata comparizione del ricorrente
riservava di decidere.

                            Osservato che

    A  mente  dell'art. 82  cod. proc. civ. primo comma, correlato al
disposto di cui all'art. 58 delle disposizioni di attuazione del cod.
proc.  civ.,  la  mancata  dichiarazione  di residenza od elezione di
domicilio,  presso la Cancelleria del giudice adito, sceverano il suo
esercizio  del  diritto  di  difesa rispetto ad atti e fatti posti in
essere dalla amministrazione nei confronti di esso medesimo.
    In  effetti  la  questione che si pone e' in diritto, ed e' stata
piu'  risolta  con  alterne  pronuncie,  mentre  sono  invocati quali
precedenti  pronunce che non si attagliano alla presente fattispecie,
riguardando  i  casi di notifica fatta al procuratore che eserciti le
sue  funzioni davanti ad una pretura inclusa nella circoscrizione del
tribunale   cui   lo   stesso   procuratore   e'   assegnato   (sent.
nn. 4676/1989,    2962/1988,   2087/1985,   4/1983),   fatto   questo
pacificamente  escluso nella specie. La Suprema corte, affermando che
la  norma  dell'art. 82  del  regio decreto 22 gennaio 1934 n. 37 non
esclude  la validita' delle notificazioni che vengano eseguite (dalla
controparte   che   potrebbe  avvalersi  di  detta  disposizione)  al
procuratore nel suo effettivo domicilio, ha riconosciuto la validita'
ed   efficacia  della  alternativa  notifica  presso  la  cancelleria
(operata nella specie).
    Esattamente  piu'  esplicita  ed  adesiva  risulta, per altro, la
sentenza  S. U. n. 5100/1990, dalla quale e' stata tratta la seguente
massima:  "Nel procedimento dinanzi al giudice monocratico, l'art. 58
disp.  att.  cod. proc. civ., ove prevede la notificazione degli atti
presso  la cancelleria, nei confronti della parte che non abbia fatto
dichiarazione   di   residenza   o  elezione  di  domicilio  a  norma
dell'an. 314  cod.  proc. civ., riguarda il solo caso in cui la parte
stia  in  giudizio  personalmente,  mentre nel caso di costituzione a
mezzo  di  procuratore la notificazione medesima (nella specie, della
sentenza  impugnati  al  fine  della decorrenza del termine breve per
l'impugnazione),  a  norma  dell'art. 82 del regio decreto 22 gennaio
1934  n. 37, va effettuata, se il procuratore operi nell'ambito della
propria  circoscrizione,  nel domicilio da esso indicato o risultante
dall'albo  professionale  (ancorche' si trovi in un comune diverso da
quello  della sede dell'ufficio giudiziario), ovvero, quando eserciti
fuori  di  detta circoscrizione, nel domicilio eletto nel luogo della
sede    dell'ufficio    giudiziario   considerandosi,   in   difetto,
elettivamente  domiciliato  presso  la  cancelleria  di quell'ufficio
(conf.  la  suprema  Corte  anche  in sent. nn. 2948/1990, 2284/1990,
3670/1985).

                       Ritenuto, altresi' che

    Nel  caso in cui il destinatario della notificazione abbia eletto
domicilio  presso  una  persona o un ufficio, la notificazione stessa
puo' essergli fatta nel domicilio eletto.
    E'  un  punto  di vista prevalente, anche in dottrina, che questa
forma  di  notificazione e', di regola, facoltativa e concorrente con
la  notificazione  eseguita  alla  persona secondo le modalita' sopra
indicate; diventa, peraltro, obbligatoria, anche quando l'elezione di
domicilio  e'  stata  inserita in un contratto e l'obbligatorieta' e'
stata espressamente pattuita.
    La  scelta  di  un  domiciliatario puo', talvolta, essere imposta
dalla  procedura  cosi' che la parte che si costituisce personalmente
e'  tenuta  a dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune
ove  ha  sede  l'ufficio  giudiziario competente, onde evitare che le
notificazioni  e  le  comunicazioni degli atti durante il processo le
vengano  fatte presso la cancelleria del giudice adito (art. 58 disp.
att.  cod.  proc.  civ.),.  anziche' nella residenza dichiarata o nel
domicilio eletto (art. 170, terzo comma).
    Le  norme  di  rito hanno parificato alla elezione domicilio, per
taluni  fini,  la  nomina di un difensore come proprio rappresentante
tecnico nel processo
    In  applicazione  a  tale  criterio  l'art. 170  cod. proc. civ.,
sancisce che, dopo la costituzione in giudizio, tutte notificazioni e
comunicazioni  debbono  essere fatte al procuratore costituito, salvo
che la legge disponga altrimenti.
    Atteso  che  la notificazione si effettua mediante consegna della
copia  al  domiciliatario,  invece nella elezione di domicilio, detta
consegna   avviene   a  mani  della  persona  indicata,  o  del  capo
dell'ufficio,  se  e'  indicato  soltanto l'ufficio, e, comunque, nel
luogo indicato nella elezione stessa.
    Sicche' la consegna della copia nelle mani della persona del capo
dell'ufficio  presso  il  quale e' stato eletto domicilio equivale a'
consegna nelle mani proprie destinatario.
    Nei  casi  pratici  avviene  che  la notificazione, inoltre, puo'
essere   fatta  mediante  consegna  della  persona  di  famiglia  del
domiciliatario,  o comunque addetta alla casa, e, persino, in assenza
del  solo  ed  unico  destinatario  dell'atto, alle mani del portiere
dello stabile o ad un vicino di casa che, in dispregio alle norme del
disposto  di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, di tutela della
privacy, si dichiari disponibile a riceversela.
    Pari destino, anche se chiusi in busta, hanno gli atti notificati
per posta al domiciliatario.
    Senza  considerare  poi  che,  nelle notificazioni al procuratore
costituito  e' sufficiente la consegna di sola copia dell'atto, anche
se  il  procuratore e' costituito per piu' parti (art. 170, ventesimo
comma).
    Il  tutto  fatta  eccezione  per  la notificazione della sentenza
quando   e'   fatta   a   fine   della  decorrenza  del  termine  per
l'impugnazione al procuratore costituito..
    In  detta ipotesi e' richiesta la consegna di tante copie, quante
sono  le  parti  per  cui il procuratore e' costituito (art. 285 cod.
proc. civ.).
    Dunque  la notificazione fatta alla parte presso il procuratore -
o il soggetto indicato dall'attore quale domiciliatario - nel caso di
difesa  non tecnica, ed e' equivalente, a quella fatta all'attore, in
quanto  domiciliatario del cliente e percio' le notificazioni possono
essere eseguite a lui o presso di lui (2).
    L'unico  caso  in  cui  la notificazione non puo essere fatta nel
domicilio eletto, e, ove effettuata essa e' nulla, attiene al decesso
di  quest'ultimo ovvero quando esso si e' trasferito fuori della sede
indicata  nella elezione di domicilio o e' cessato l'ufficio indicato
quale domicilio dell'attore.

                             Atteso che

    Il  caso  preso  in  esame, avuto riguardo alla notificazione del
decreto  di  fissazione  d'udienza  di cui all'art. 23 della legge 24
novembre  1981, in concomitanza con una capillare campagna di stampa,
posta  in atto da varie associazioni, sedicenti di tutela dei diritti
dei   cittadini  e  di  salvaguardia,  per  costoro,  da  conseguenze
riguardanti   la   loro   sfera   giuridica,   richiama,   nella  sua
formulazione,  il  dettato  del  cessato art. 82 cod. proc. civ. che,
prima  della  vigenza  dell'art. 20  della  legge  21  novembre 1991,
n. 374,  che  ne ha sostituito il testo iniziale, con la formulazione
attuale,  disciplinava  la  difesa  del  cittadino dinanzi ai cessati
uffici  di  conciliazione  ed  anche,  ed in particolari circostanze,
dinanzi ai pretori.
    Tant'e'  che  la  giurisprudenza  ha  esaminato  con  particolare
frequenza  le  varie  forme dei provvedimenti coi quale il pretore, a
mente del citato articolo, oggi abrogato, poteva autorizzare la parte
a stare in giudizio di persona, nonche' gli effetti della mancanza di
un procuratore legalmente abilitato all'atto che ha compiuto.
    La potesta' allora attribuita al pretore, che qui ci interessa al
fine  di pervenire alla conclusione alla limitata ampiezza difensiva,
a  favore  di  se  stesso,  attribuita alla parte che sta in giudizio
personalmente,  veniva data in considerazione della natura ed entita'
della  causa,  e  ben poteva essere esercitata su istanza anche orale
della parte.
    Ne'  puo'  formare  materia  di  controllo da parte della suprema
Corte, nemmeno sotto l'aspetto di una violazione della legge formale,
per mancanza del provvedimento scritto.
    Cio' e' ancor piu' verosimile in quanto era di per se sufficiente
che l'autorizzazione risultasse. Semplicemente, dal verbale di causa.
(Cass., 11 aprile 1951 n. 846).
    Nel  dualismo  tra  le  funzioni  processuali,  espletate in modo
ancorpiu' privilegiato con la difesa tecnica effettuata dal difensore
abilitato, e della difesa compiuta personalmente dalla parte, si sono
inserite le pronunzie della Suprema corte di cui si e' detto.
    Ritiene questo giudice di pace che la ecc.ma Consulta, che ebbe a
pronunciarsi  il  lontano  19  gennaio  1988, con ordinanza n. 42, in
esito  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 22
terzo  comma  della legge 24 novembre 1981 n. 689, nella parte in cui
pone l'obbligo della elezione del domicilio nel comune ove aveva sede
l'allora  pretore adito, debba riesaminare, anche alla luce di quanto
esposto, la pronuncia.
    Non  v'e'  dubbio,  infatti,  che oggidi' l'estrema mobilita' del
cittadino  -  dettate  dall'esigenza  di  continui  spostamenti della
frenetica  vita  dell'iniziato  terzo  millennio - nel percorrere, in
lungo  ed  in  largo,  per  lavoro  e  per  impegni  non debba essere
cadenzata  dall'obbligo  di  reperire,  per  ogni  dove,  il  proprio
domicilio eletto.
    Ed  ancor meno che il cittadino, sia esso di Palermo o di Milano,
che  si  trova  a percorrere quest'estremo lembo d'Italia, essendogli
recapitato,  a  mo'  di  ricordo  del viaggio, un plico contenente la
sanzione amministrativa, opponendosi ad essa non sia nelle condizioni
di sapere quale sia il suo destino processuale.
    Fatto  che se il medesimo cittadino avesse residenza anagrafica a
Locri  non  avrebbe  verun  problema, ne' economico, ne' motorio, non
solo per difendersi personalmente, ma anche per vedersi recapitato, a
casa  propria,  ogni  atto  del procedimento che si celebra dinanzi a
questo giudice di Pace.
    Salvo che il legislatore non abbia evidentemente inteso impone ad
esso   il   pagamento   della   sanzione,   quale   via   piu'  breve
all'alternativa  di  sborsare  pari  importo  per  approntare  la sua
difesa, sia essa tecnica, o gestita da se medesimo.
    E'  evidente  la  incostituzionalita' della norma che preclude la
notificazione  degli  atti  del  giudizio di opposizione ad ordinanza
ingiunzione  -  dal  primo all'ultimo - presso l'esatta residenza del
ricorrente.
    Tale  principio  contrasta  col  disposto di cui all'art. 3 nella
parte in cui non viene riconosciuto al cittadino medesima eguaglianza
e pari dignita' dinanzi alla legge, precipuamente procedurale.
    Il  medesimo  principio contrasta col disposto di cui all'art. 24
della  Costituzione,  nella  parte  in  cui riconosce al cittadino la
libera facolta' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti
ed  interessi  legittimi,  essendo  la  difesa un diritto inviolabile
sempre e dovunque.
    Il  richiamato  principio  contrasta,  in  ultimo,  con  tutto lo
spirito  etico  e  morale della carta costituzionale secondo il quale
sul  destino  del  cittadino non possono e ne' devono pesare fatti ed
atti da esso non voluti: siano essi la nascita, il suo sito ed il suo
nome.
                        Ritenuto, infine, che
    Quanto    al    provvedimento   sanzionatorio   della   autorita'
amministrativa,  e'  previsto  che  gli  interessati possono proporre
opposizione  davanti al giudice del luogo in cui e' stata commessa la
violazione  entro  il  termine  di  30 giorni dalla notificazione del
provvedimento,  mediante  deposito  in  cancelleria  del  ricorso con
allegata l'ordinanza notificata.
    Secondo  la  prevalente  giurisprudenza  della  Suprema corte, il
ricorso   deve   essere   materialmente   consegnato   al   personale
dell'ufficio  giudiziario,  e,  quindi,  non  puo' formare oggetto di
invio per posta o con altre forme di trasmissione, ad esempio via fax
(Cass. sez. un. 17 giugno 1988 n. 4120).
    Nel   ricorso,   l'opponente,  ove  non  abbia  in  loco  un  suo
procuratore  per  il  giudizio  de  quo,  e' obbligato a dichiarare o
eleggere  domicilio  nel  comune in cui ha sede il giudice adito, e a
presentarsi   alla  prima  udienza,  per  evitare  la  convalida  del
provvedimento    opposto    (art. 23,:comma    5,),    a   differenza
dell'ordinario  rito civilistico per quanto riguarda la cancellazione
della causa dal ruolo (art. 181 c.p.c.).
    Quanto   appena   premesso,   ritiene  questo  giudice,  che  non
garantisce a chi intende opporsi alla sanzione, che non sia assistito
da  un  legale,  la concreta possibilita' di difendersi, tenuto conto
dei  gravami procedurali che vengono a trovarsi sull'iter processuale
del  ricorrente  - in tema, peraltro, di modesta offensivita' - ed in
particolare,  a  tale  riguardo la necessita' di adire il giudice del
luogo  in  cui  e' stata commessa la presunta violazione, anziche' di
quello di residenza del ricorrente.
    Questo   giudice,  che  ha  piu'  volte  sollevato  questione  di
costituzionalita' in esito alla disparita' di trattamento processuale
fra  chi  adisce  il  giudice  in  proprio e chi, invece e' munito di
difesa  tecnica,  ha anche rilevato come, nell'estremo lembo di terra
ove  finisce  il  continente,  ed  ove opera il giudicante, sia molto
attuale e ripetuta l'ipotesi che il cittadino del nord Italia venga a
trascorrere  le ferie dove, almeno il sole, qui non e' mai latitante,
e,  qualche  giorno,  o mese, dopo del rientro, si veda recapitare al
suo  domicilio, distante anche millequattrocento km da questi luoghi,
una  sanzione  amministrativa  che  gli  ingiunge  di  pagare  alcune
centinaia di migliaia di lire.
    Sicche'   un   cittadino   abitante   a   Milano  per  contestare
un'infrazione  stradale  elevatagli  nella  zona  di Locri, ha dovuto
presentare  personalmente  in  cancelleria  il suo ricorso e, quindi,
comparire  successivamente in udienza, sopportando un costo notevole,
anche  in termini economici, con dispendio di energie e di tempo, che
gli  sarebbero  stati  risparmiati, se la competenza in materia fosse
stata  del  giudice  del  luogo ove egli risiede. Proprio perche', in
ossequio  alla  citata  pronuncia  della Suprema corte, del 17 giugno
1988 n. 4120, esso non puo' usufruire dell'invio per posta.
    Avviene   quindi   che   detta   procedura   privilegi   il  Foro
dell'Amministrazione  che  ha  comminato  la  sanzione cosi' rendendo
particolarmente difficoltoso al ricorrente esercitare direttamente il
suo  connaturale diritto di difesa, sia dell'art. 24 secondo il quale
tutti  possono  agire  in  giudizio,  e  sia  ai sensi dell'art. 111,
secondo  comma  della  Costituzione, legge costituzionale 23 novembre
1999, n. 2.
    Per  effetto  della  normativa  appena citata, "ogni processo si'
svolge  nel  contraddittorio  tra le parti, in condizioni di parita',
davanti a giudice terzo e imparziale".
    Avviene, dunque, che l'attribuzione della competenza territoriale
al  giudice del commissi delicti, e cioe' del luogo dell'accertamento
dell'infrazione,  potrebbe  essere  in  contrasto  con i principi del
giusto  processo,  cosi'  conclamato da qualche tempo, e della esatta
amministrazione  della  giustizia,  di  cui qualsiasi convenzione che
voglia  fare salvi i diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,
cio'  in  quanto  di fatto al presunto incolpato non e' garantita una
posizione processuale paritaria rispetto all'amministrazione e quindi
mancano  i presupposti perche' il suo ricorso abbia valenza effettiva
e   non  solo  teorica,  tanto  piu'  considerando  come  le  pretese
dell'autorita'  che  ha  irrogato  la  sanzione  siano,  tra l'altro,
immediatamente esecutive.
    Esigenze  attuali  di  speditezza  e di aderenza ai tempi moderni
vanno  di pari passo alle cadenze del procedimento dinanzi al giudice
di    pace   che   prevede,   all'art. 320   c.p.c.,   l'obbligatorio
interrogatorio  libero delle parti subito "nella prima udienza", cio'
al   fine   acquisire  dagli  "interessati"  utili  elementi  per  la
trattazione  della  causa,  e  quindi  incentiva  un rapporto diretto
dell'organo  giudicante  con  i protagonisti processuali, tanto piu',
se,  come  nel  caso  di specie, il ricorrente puo' stare in giudizio
senza l'assistenza di un legale.
    Senza  considerare,  poi,  che  lo stesso rito della n. 689/1981,
impone  al  giudice  di  pace  di  valutare  la  "personalita'"  e le
eventuali     "condizioni     economiche    disagiate"    dell'autore
dell'infrazione,  in  sede di applicazione delle sanzioni (art. 11) e
concessione del pagamento rateale della pena irrogata (art. 26).
    Tutto   cio',  evidenzia  questo  giudice,  postula  comunque  la
necessaria presenza personale dell'incolpato ingiudizio.
    Non  ultima  la  disposizione  di cui all'art. 23, settimo comma,
della  legge  n. 689/1981  che  stabilisce  la lettura in udienza del
dispositivo da parte del giudice, proprio allo scopo di rappresentare
oralmente al ricorrentel'autorita' della decisione.
    E' questa la fondamentale attivita' processuale, prevista proprio
nell'interesse  difensivo del trasgressore, e' da ritenersi di dubbia
realizzazione  nel  caso  in  cui l'opponente si trovi a risiedere in
sito   lontano  da  dove  va  celebrato  il  processo  e  non  ha  le
possibilita'  economiche  per  rivolgersi  ad  un  legale - anch'esso
lontano  dalla  sua  residenza  - onde sostenere cola' in giudizio le
proprie ragioni contro l'amministrazione.
    Non   ultima  e  la  riflessione  sull'ammontare  della  sanzione
irrogata,  in  genere,  che  non e' tale da giustificare la spesa per
l'assistenza di un professionista, anche nell'ipotesi in cui fosse di
tutta evidenza l'estraneita' del verbalizzato, specie se si considera
la diffusa tendenza dei giudici a compensare le spese o liquidarle in
misura molto simbolica.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Attesa    la    rilevanza   della   pronuncia   di   legittimita'
costituzionale ai fini della decisione del presente giudizio;
    Ritenuta   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita'  costituzionale, alla luce delle premesse sopra esposte,
dell'art. 22,  terzo comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689 e del
successivo  art. 23,  quarto  comma, non prescriva, al comma secondo,
del  medesimo  art. 23,  la  notifica  all'opponente  presso  la  sua
residenza anagrafica;
    Ritenuta   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita'  costituzionale,  sempre  alla luce delle premesse sopra
esposte,  dell'art. 22,  terzo  comma,  della  legge 24 novembre 1981
n. 689   e   del  successivo  art. 23,  quarto  comma,  in  relazione
all'art. 24  ed anche all'art. 111, secondo comma, della Costituzione
-   legge  costituzionale  23  novembre  1999  n. 2,  in  esito  alla
condizione  di  parita'  delle  parti,  e  nella  parte  in  cui  non
prescriva,  al  comma  secondo,  del  medesimo  art. 23,  la notifica
all'opponente presso la sua residenza anagrafica;
    Sospende   il  presente  giudizio  recante  il  n. 255/2001  R.G.
pendente  tra: Parasporo Antonella Maria contro comune di Sant'Ilario
dello Jonio, in persona del sindaco pro tempore;
    Ordina   trasmettersi   gli   atti   alla  Eccellentissima  Corte
costituzionale in Roma;
    Dispone che a cura della cancelleria venga comunicata copia della
presente   ordinanza   di   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e del fascicolo relativo:
        1) al signor Presidente del Consiglio dei ministri in Roma;
        2) al signor Presidente del Senato della Repubblica in Roma;
        3) al signor Presidente della Camera dei deputati in Roma;
        4)   al  signor  Presidente  del  Consiglio  regionale  della
Calabria in Reggio Calabria;
        5) al signor Presidente del tribunale di Locri;
        6)   al   ricorrente   nel   domicilio  obbligatorio  di  cui
all'art. 58  del  regio  decreto  18 dicembre 1941 n. 1368, presso la
cancelleria civile di questo giudice di pace;
        7)  al  comune  di  Sant'Ilario  dello  Jonio, in persona del
sindaco pro tempore.
    Emesso in Locri addi' 19 aprile 2001.
                     Il giudice di pace: Pezzani
01C0668