N. 207 SENTENZA 6 - 26 giugno 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Rilevanza   della  questione  -  Conseguenze  lamentate  dal  giudice
  rimettente  -  Riferibilita'  ad una interpretazione non vincolante
  della  legge  denunciata  o  ad  atti amministrativi - Eccezione di
  irrilevanza della questione - Rigetto.
Regione  Valle  d'Aosta  -  Lavori  pubblici di interesse regionale -
  Appalti  -  Requisiti di accesso ad un albo regionale delle imprese
  partecipanti  alle gare d'appalto - Concreta determinazione rimessa
  ad  atti  della Giunta regionale - Lamentata irragionevolezza della
  disciplina - Non fondatezza della questione.
- Legge Regione Valle d'Aosta 20 giugno 1996, n. 12, art. 23.
- Costituzione, art. 3.
Regione  Valle  d'Aosta  -  Lavori  pubblici di interesse regionale -
  Appalti - Iscrizione delle imprese partecipanti alle gare d'appalto
  ad  un albo regionale di preselezione - Requisito della adeguata ed
  efficiente  organizzazione  aziendale  sul  territorio  regionale -
  Discriminazione  delle imprese localizzate in qualsiasi altra parte
  del   territorio   nazionale,  ostacolante  il  diritto  al  libero
  esercizio  di  attivita' economiche - Illegittimita' costituzionale
  in parte qua. - Assorbimento di altri profili.
- Legge Regione Valle d'Aosta 20 giugno 1996, n. 12, art. 23, commi 1
  e 9.
- Costituzione, artt. 3 e 120 (e artt. 41 e 97).
(GU n.26 del 4-7-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo   ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda
CONTRI,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,
Giovanni Maria FLICK,
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 23 della legge
regionale  della Valle d'Aosta 20 giugno 1996, n. 12 (Legge regionale
in  materia di lavori pubblici), promossi con due ordinanze emesse il
14 dicembre  1999  dal Tribunale amministrativo regionale della Valle
d'Aosta,  iscritte  ai  nn. 98  e  99  del  registro ordinanze 2000 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visti gli atti di costituzione della regione Valle d'Aosta;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 maggio  2001  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Udito l'avvocato Gustavo Romanelli per la regione Valle d'Aosta.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con   due   ordinanze   di   analogo  contenuto,  emesse  il
14 dicembre  1999,  pervenute  a questa Corte il 14 febbraio 2000, il
Tribunale  amministrativo  regionale della Valle d'Aosta ha sollevato
questione   di   legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli
articoli 3, 41, 97 e 120 della Costituzione, dell'art. 23 della legge
regionale  della Valle d'Aosta 20 giugno 1996, n. 12 (Legge regionale
in materia di lavori pubblici).
    Tale  disposizione  prevede  un "sistema di qualificazione" delle
imprese  per  gli  appalti  di lavori pubblici di interesse regionale
aventi  importo  inferiore  a  limiti da stabilirsi con deliberazione
della  giunta  regionale, sistema "fondato su un albo di preselezione
di  carattere regionale dotato di efficacia triennale con riferimento
alla  presenza  di un'adeguata ed efficiente organizzazione aziendale
sul   territorio  regionale"  (comma  1).  L'albo  e'  organizzato  e
istituito  con  delibere della giunta regionale, che dispone altresi'
l'iscrizione   delle   imprese  all'albo  stesso  (commi  3,  4,  8).
L'iscrizione  ad esso "e' condizione necessaria per la partecipazione
alle  gare  per l'affidamento degli appalti di lavori pubblici di cui
al comma 1" (comma 9).
    Il  tribunale  remittente  ricorda  le  deliberazioni  di  giunta
relative  all'albo,  fra  cui quella che indica i requisiti necessari
per  comprovare,  da parte delle imprese che richiedono l'iscrizione,
la  presenza della organizzazione aziendale sul territorio regionale;
e rileva che, pur essendo sospettati di incostituzionalita', da parte
della  societa'  ricorrente,  solo i citati commi 1 e 9 dell'art. 23,
tuttavia la questione di legittimita' costituzionale involge l'intero
art. 23,  atteso  l'inscindibile  nesso  che  ne  legherebbe le varie
proposizioni.
    Sotto  un  primo,  assorbente  profilo, la normativa in questione
sarebbe   in  contrasto  con  il  principio  di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3  della Costituzione, poiche' il richiedere il requisito di
una  "adeguata  ed efficiente organizzazione aziendale sul territorio
regionale", per accedere all'albo, configurerebbe, nella sostanza, un
trattamento   differenziato   ratione  loci  che  determinerebbe  una
ingiusta   discriminazione   tra   imprese  operanti  nel  territorio
nazionale,  basata  sulla mera localizzazione territoriale, senza che
siano  ravvisabili peculiari ragioni tali da richiedere l'adozione di
discipline differenziate.
    Il  giudice  a  quo osserva che, pur avendo la regione competenza
legislativa  primaria  in  materia  di  lavori  pubblici di interesse
regionale,  la possibilita' di dettare una normativa di favore per le
imprese  ubicate  o  comunque  organizzate  nella  regione, anche con
effetti  esterni  a detto territorio, incontra in ogni caso il limite
dei  principi della Costituzione e dell'ordinamento giuridico e delle
norme   fondamentali  dello  Stato,  fra  cui  andrebbe  compreso  il
principio  della  parita'  di  trattamento  di  situazioni identiche,
nonche'   l'esigenza  che  sia  assicurata  su  tutto  il  territorio
nazionale   una  uniformita'  di  disciplina  e  di  trattamento  nei
confronti delle imprese.
    La  previsione  dell'albo regionale colliderebbe altresi' con gli
articoli 3 e 120 della Costituzione, in quanto creerebbe una ingiusta
discriminazione  tra  imprese  operanti  nel  territorio  nazionale e
pregiudicherebbe il diritto di esercitare una attivita' lavorativa in
qualunque  parte  del  medesimo territorio: le imprese sprovviste del
requisito  della  adeguata ed efficiente organizzazione aziendale nel
territorio   regionale,   ancorche'   dotate   di   solidi  requisiti
tecnico-organizzativi ed economico-finanziari, si vedrebbero di fatto
precluso  l'accesso  agli  appalti  per  lavori pubblici di interesse
regionale.  I  requisiti concretamente fissati dalla giunta regionale
sarebbero   tali  da  impedire  o,  comunque,  da  rendere  oltremodo
difficile la partecipazione agli appalti di imprese non valdostane, o
comunque non radicate nella regione.
    Ulteriore  motivo  di  illegittimita'  costituzionale delle norme
denunciate  sarebbe  la  irragionevolezza  della  scelta  operata dal
legislatore  regionale, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
Sotto  un  primo  profilo,  non  sarebbe razionale una disciplina che
indichi  in modo del tutto generico i criteri di ammissione all'albo,
demandandone  sostanzialmente  ad  atti  sub-legislativi  la concreta
determinazione;  sotto  un  secondo  profilo,  la  stessa  previsione
dell'albo  si  paleserebbe  priva  di adeguata giustificazione, anche
perche'  sarebbe  illogico un sistema (quale quello discendente dalle
norme  denunciate,  e integrato dalle deliberazioni della giunta), in
base  al  quale l'impresa ricorrente potrebbe assumere gli appalti di
valore   piu'  basso  (per  i  quali  soltanto  essa  aveva  ottenuto
l'iscrizione  all'albo regionale), nonche' quelli superiori alla c.d.
soglia  comunitaria (cui la legge non si applica), ma non gli appalti
della fascia intermedia.
    Ne'  potrebbe rinvenirsi una causa giustificativa della creazione
dell'albo nella particolarita' della Valle d'Aosta dal punto di vista
morfologico   ed   orografico,   che  esigerebbe  una  organizzazione
aziendale  locale,  non  trattandosi  di una esigenza peculiare della
Valle d'Aosta, ma comune a tutte le Regioni.
    Ancora,  la previsione dell'albo confliggerebbe con l'articolo 41
della  Costituzione,  posto che essa frapporrebbe ostacoli importanti
all'esercizio  della  libera  attivita'  imprenditoriale;  e  con  il
principio  di  buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97
della  Costituzione,  considerato  che essa impedirebbe la piu' ampia
partecipazione agli appalti pubblici e, quindi, la scelta delle ditte
migliori.
    2. - Si  e'  costituita in entrambi i giudizi la regione autonoma
della  Valle  d'Aosta,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata
inammissibile o comunque infondata.
    La  regione  premette  che  il  sistema di qualificazione fondato
sull'albo  regionale di preselezione e' stato previsto nell'esercizio
della  competenza regionale primaria in materia di lavori pubblici di
interesse  regionale,  al  fine  di garantire l'efficienza ed il buon
andamento  dell'amministrazione  in un settore di primaria importanza
per  l'economia  regionale,  quale  e' quello degli appalti pubblici,
fortemente  condizionato, peraltro, dalle particolari caratteristiche
del territorio regionale.
    La  regione  eccepisce  preliminarmente  l'inammissibilita' della
questione,  che  sarebbe  irrilevante  rispetto  al  giudizio  a quo.
Infatti  l'illegittimita' denunciata nell'ordinanza di rimessione non
riguarderebbe  l'art. 23  della legge regionale n. 12 del 1996 - che,
del  resto,  non  avrebbe impedito alla societa' ricorrente di essere
ammessa   all'albo -,   ma   i   vari   provvedimenti  amministrativi
applicativi  della  legge, mai ritualmente impugnati dalla ricorrente
nel giudizio a quo.
    Sarebbe  dunque prospettata l'illegittimita' non gia' della norma
di  legge,  ma  dell'interpretazione  che  di essa sarebbe stata data
dalle  deliberazioni della giunta regionale, atti, questi ultimi, non
assoggettabili   al   giudizio  di  legittimita'  costituzionale.  La
questione,  inerendo  all'interpretazione  della  norma, data con gli
atti   applicativi,  presupporrebbe  che  sia  possibile  individuare
un'altra  soluzione  interpretativa,  diversa da quella seguita dalla
giunta regionale.
nel  caso  specifico,  secondo la parte, il giudice a quo avrebbe del
tutto  omesso  di  prendere  posizione  sul  problema interpretativo,
limitandosi     a     sostenere    l'illegittimita'    costituzionale
dell'interpretazione   seguita   dalla   giunta   regionale,  ma  non
escludendo  la  legittimita'  della diversa soluzione che comunque il
giudice  stesso ipotizza e che anzi sembra seguire: onde la questione
difetterebbe   del   necessario   requisito   della   chiarezza,  con
conseguente sua inammissibilita'.
    Ad   avviso  della  regione,  il  tribunale  avrebbe  dovuto,  in
particolare,   verificare   la  compatibilita'  con  la  Costituzione
dell'altra    possibile   interpretazione   della   norma,   conforme
all'orientamento    seguito    in   casi   analoghi   dal   Tribunale
amministrativo  regionale  della  Sardegna,  secondo cui l'obbligo di
iscrizione all'albo regionale dovrebbe essere inteso nel senso che la
iscrizione  ad esso sarebbe requisito sufficiente, ma non necessario,
per  partecipare  alle  gare, potendo altresi' partecipare le imprese
iscritte all'albo nazionale dei costruttori.
    La questione sarebbe comunque infondata.
    Il requisito tecnico di una adeguata ed efficiente organizzazione
sul   territorio   regionale   non   realizzerebbe   un   trattamento
differenziato  ratione  loci  ma atterrebbe all'efficacia dell'azione
pubblica.  Come altre Regioni a statuto speciale o province autonome,
la  regione  Valle  d'Aosta  avrebbe  previsto  l'albo  regionale  di
preselezione per garantire l'interesse ad una efficiente e tempestiva
realizzazione  dei  lavori  pubblici  regionali,  tenendo  conto,  in
particolare,  dell'esigenza  di  reperire con immediatezza le risorse
umane  e  tecniche  necessarie  all'espletamento  di  operazioni  che
richiedono   una   costante   presenza   nel  territorio;  l'albo  si
configurerebbe  come  uno strumento di semplificazione dell'attivita'
precontrattuale delle amministrazioni aggiudicatrici.
    La  regione  ricorda poi che questa Corte, con la sentenza n. 482
del  1995, ha escluso che si applichi alle Regioni il divieto sancito
dall'art. 8,  comma  8,  della  legge  statale  n. 109  del  1994  di
utilizzare  gli albi speciali e di fiducia delle stazioni appaltanti;
e  precisa  che  i  criteri  di preselezione previsti dalla normativa
impugnata non potrebbero essere confusi con alcun albo fiduciario, ma
costituirebbero   l'esito   vincolato   di   una  procedura  formale,
rispettosa  dei  principi  desumibili  dall'ordinamento italiano e da
quello comunitario.
    La  parte richiama poi alcune sentenze di questa Corte, che hanno
ritenuto  legittima  la  istituzione  di  albi  e  registri a livello
regionale,  la'  dove risponda a specifiche peculiarita' locali e non
comporti  disparita'  di  trattamento  in  materia  di  lavoro  e  di
iniziativa  economica;  e  sottolinea  infine  come,  alla luce delle
recenti  innovazioni  introdotte  dal  legislatore statale, che hanno
abolito l'albo nazionale dei costruttori sostituendolo con il sistema
di  qualificazione attraverso societa' di attestazione, la previsione
di  un  albo  regionale di preselezione possa rappresentare un valido
strumento operativo e un ulteriore criterio di verifica dei requisiti
in  possesso  delle  imprese  partecipanti alle gare, in linea con le
esigenze espresse dalla nuova normativa nazionale.
    3. - Nell'imminenza  dell'udienza  la  regione  Valle  d'Aosta ha
depositato   una   memoria,   nella   quale  si  ribadisce  anzitutto
l'eccezione  di  inammissibilita'  della  questione  per irrilevanza,
sostenendo che la previsione della necessita' di iscrizione nell'albo
regionale   per   partecipare   alle  gare  non  sarebbe  conseguenza
necessaria della normativa denunciata; che il giudice a quo di fronte
alla  pluralita'  di  possibili  interpretazioni della norma, avrebbe
potuto  adottare  di  essa  un'interpretazione  adeguatrice, idonea a
risolvere  il dubbio di illegittimita' costituzionale, dovendosi dare
prevalenza all'interpretazione in base alla quale la disposizione sia
da  considerare  legittima;  e  che la valutazione della legittimita'
costituzionale  della  norma non potrebbe essere operata alla stregua
della   applicazione   che   ne  sia  stata  data  in  concreto,  con
provvedimenti privi di natura normativa.
    Nel  merito,  la  memoria  sottolinea fra l'altro che, secondo la
giurisprudenza  di  questa  Corte, gli interventi legislativi statali
nelle  materie  di competenza primaria della regione debbono lasciare
uno  spazio  sufficiente  per  adattare  alle  peculiarita'  locali i
principi e gli istituti introdotti dalle leggi nazionali di riforma.

                       Considerato in diritto

    1. -    La   questione  sollevata  dal  Tribunale  amministrativo
regionale della Valle d'Aosta investe l'art. 23 della legge regionale
della Valle d'Aosta 20 giugno 1996, n. 12 (Legge regionale in materia
di  lavori  pubblici),  in  riferimento agli articoli 3, 41, 97 e 120
della Costituzione.
    La  disposizione  -  che  prevede  un "sistema di qualificazione"
delle  imprese  per  gli  appalti  di  lavori  pubblici  di interesse
regionale   di   importo   inferiore   a  limiti  da  stabilirsi  con
deliberazione  della  giunta regionale, fondato su un "albo regionale
di  preselezione  dotato  di efficacia triennale con riferimento alla
presenza  di  un'adeguata  ed efficiente organizzazione aziendale sul
territorio  regionale"  -  contrasterebbe con gli artt. 3 e 120 della
Costituzione  in  quanto  determinerebbe un'ingiusta discriminazione,
non   giustificata  da  alcuna  ragione,  fra  imprese  operanti  nel
territorio  nazionale, a sfavore di quelle non ubicate o comunque non
radicate  nella regione, cosi' pregiudicando il diritto di esercitare
un'attivita'   in  qualunque  parte  del  territorio  nazionale;  con
l'art. 41  della  Costituzione,  in  quanto  frapporrebbe ostacoli al
libero  esercizio dell'attivita' imprenditoriale; con l'art. 97 della
Costituzione,   in   quanto   impedirebbe  di  fatto  la  piu'  ampia
partecipazione  agli appalti pubblici, e quindi la scelta delle ditte
migliori;  ancora,  infine,  con  l'art. 3 della Costituzione, per la
irrazionalita'  di una disciplina che demanderebbe sostanzialmente la
determinazione   dei   criteri   di   ammissione   all'albo  ad  atti
sub-legislativi,  e  per  la illogicita' di un sistema che verrebbe a
consentire  a ditte come la ricorrente di assumere appalti di modesto
importo  e appalti per importi superiori alla c.d. soglia comunitaria
(cui  detta  disciplina  non  si  applicherebbe),  ma non appalti per
importi intermedi.
    2. - I  giudizi,  aventi  identico oggetto, devono essere riuniti
per essere decisi con unica pronunzia.
    3. - Non  puo'  essere  accolta  l'eccezione  di inammissibilita'
sollevata  dalla  regione  Valle  d'Aosta,  sotto  il  profilo che la
questione  sarebbe  irrilevante  in  quanto  le conseguenze lamentate
discenderebbero  da  una  interpretazione  non  obbligata della legge
regionale,  e  farebbero  piuttosto  capo ad atti amministrativi, non
sindacabili in questa sede.
    Il  tribunale  remittente  muove  infatti  da una interpretazione
della   normativa  denunciata  che  non  solo  appare  plausibilmente
motivata,  ma si presenta altresi' come l'unica conforme alla lettera
e  alla  ratio  della  medesima.  Il comma 9 dell'art. 23 della legge
regionale  e'  univoco nel richiedere l'iscrizione all'albo regionale
di preselezione come condizione necessaria per la partecipazione alle
gare; e d'altronde e' trasparente l'intento del legislatore regionale
di stabilire in autonomia i requisiti di partecipazione delle imprese
alle  gare  di  appalto  per i lavori pubblici di interesse regionale
considerati  (quelli  indicati  al comma 1 dell'art. 23), soprattutto
richiedendo   il   requisito   della   organizzazione  aziendale  nel
territorio  regionale, sia pure rimesso poi per la sua determinazione
specifica a successive deliberazioni della giunta regionale.
    Tanto  e'  vero  che  la  stessa  regione - la quale nel presente
giudizio    prospetta    un'interpretazione   alternativa   (peraltro
contraddetta  dal  chiaro  tenore  del  citato comma 9 dell'art. 23),
secondo  cui  l'albo  avrebbe  una semplice portata sussidiaria e non
vincolante,   nel   senso  di  abilitare  le  imprese  iscritte  alla
partecipazione  alle  gare,  ma senza escludere da questa le imprese,
pur  non  iscritte,  qualificate  in base alla normativa nazionale, e
giunge  ad  indicare  tale  soluzione come doverosa per il giudice in
base  al canone dell'interpretazione conforme alla Costituzione - non
solo  ha  seguito, nella prassi amministrativa, la soluzione opposta,
richiedendo  nei  bandi di gara il requisito dell'iscrizione all'albo
regionale,  ed  escludendo  l'impresa  ricorrente  da una gara per la
quale  essa  non era qualificata sulla base dell'albo medesimo, ma ha
difeso tale soluzione nei giudizi a quibus resistendo alle domande di
annullamento dei provvedimenti basati sulla legge cosi' intesa.
    Ne'  puo'  dirsi che la situazione normativa denunciata discenda,
non  gia'  dalla  legge, ma dagli atti amministrativi attuativi della
medesima.  In  realta',  a prescindere dal modo in cui in concreto la
legge e' stata attuata, non v'e' dubbio che l'art. 23, nei suoi commi
1  e  9, imponga gia' l'iscrizione all'albo regionale come condizione
necessaria  per  la  partecipazione  alle  gare, e il requisito della
adeguata  organizzazione  aziendale  nel  territorio  regionale  come
necessario  per  l'accesso  all'albo  medesimo. E questo e' l'aspetto
centrale della questione come formulata dal giudice a quo.
    4. - Il  giudice  remittente  impugna  l'intero articolo 23 della
legge  regionale  n. 12  del  1996,  che  contiene la previsione e la
disciplina  dell'"albo  regionale di preselezione", sostenendo che le
varie  disposizioni  in  esso  contenute sarebbero legate da un nesso
inscindibile:  ma  quasi tutti i profili di illegittimita' sollevati,
in   riferimento  agli  artt. 3  (con  riguardo  alla  ingiustificata
disparita'   di  trattamento),  120,  41  e  97  della  Costituzione,
concernono  in  realta' la sola previsione normativa che, da un lato,
impone  l'iscrizione all'albo regionale come requisito necessario per
la  partecipazione  alle  gare d'appalto, dall'altro lato impone come
requisito   per   accedere   all'albo  l'esistenza  di  una  adeguata
organizzazione  aziendale  sul  territorio  regionale, cosi' di fatto
precludendo,  alle  imprese  non  locali,  o comunque non stabilmente
organizzate  sul  territorio  regionale,  di  concorrere agli appalti
disciplinati  dalla  legge. I parametri invocati, salvo quello di cui
si  dira'  subito  dopo,  convergono in tale direzione, mentre non e'
contestata, di per se', la potesta' della regione di disciplinare con
proprie   leggi,   relativamente  ai  lavori  pubblici  di  interesse
regionale,  il sistema di qualificazione delle imprese (e infatti non
vengono  invocati  parametri  costituzionali  o  statutari  dai quali
possano   evincersi  limiti  "interni"  alla  competenza  legislativa
regionale).
    Tuttavia  la  questione  e' sollevata altresi' con riferimento al
principio  di  ragionevolezza  di  cui all'art. 3 della Costituzione,
contestandosi  fra  l'altro  la  razionalita'  del rinvio, effettuato
dalla   legge,  ad  atti  della  giunta  regionale  per  la  concreta
determinazione  dei requisiti di accesso all'albo: per questo aspetto
la  questione  investe  necessariamente l'intera disciplina contenuta
nell'art. 23 della legge.
    Sotto tale profilo, la questione non e' fondata. Non puo' infatti
ritenersi, di per se', contrastante con criteri di ragionevolezza una
normativa  che  stabilisca  in  via  generale  i requisiti di accesso
all'albo  regionale  (in  particolare  il  requisito,  ove esso fosse
legittimamente  previsto, della adeguata ed efficiente organizzazione
aziendale   nel  territorio  regionale),  demandandone  poi  ad  atti
amministrativi la precisazione.
    5. - Resta invece il quesito centrale posto dal remittente, circa
la  legittimita'  di  una disciplina che condiziona la partecipazione
alle   gare  di  appalto  attraverso  la  statuizione  del  requisito
necessario  dell'iscrizione  all'albo,  disciplinato  a sua volta nel
modo  che  si  e'  visto  al  possesso  da  parte  delle  imprese  di
un'organizzazione  aziendale  nel  territorio regionale: e si tratta,
come  si  e' detto, di una previsione normativa interamente contenuta
nei  commi  1  e  9  dell'articolo  23, ai quali, dunque, deve essere
circoscritto  il  vaglio  di  costituzionalita' alla luce degli altri
parametri invocati dal giudice a quo.
    Sotto  questo  profilo,  la  questione  e'  fondata, in quanto la
disciplina  indicata  contrasta  con  gli  articoli  3  e  120  della
Costituzione.
    Richiedere,   per  la  partecipazione  alle  gare  d'appalto,  la
sussistenza  di  un'organizzazione  aziendale  stabile sul territorio
regionale  equivale  a  discriminare  le  imprese  sulla  base  di un
elemento  di  localizzazione  territoriale, contrario al principio di
eguaglianza  nonche'  al  principio  in base al quale la regione "non
puo'  adottare  provvedimenti  che  ostacolino  in  qualsiasi modo la
libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni" e "non
puo'  limitare  il  diritto  dei cittadini di esercitare in qualunque
parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro"
(art. 120, secondo e terzo comma, della Costituzione).
    Da  tale  principio,  che  vincola  anche  le  Regioni  a statuto
speciale (sentenze n. 12 del 1963, n. 168 del 1987), e che piu' volte
questa  Corte  ha  ritenuto  applicabile  all'esercizio  di attivita'
professionali  ed  economiche (cfr. sentenze n. 6 del 1956, n. 13 del
1961,  n. 168  del  1987, n. 372 del 1989, n. 362 del 1998), discende
anche il divieto per i legislatori regionali di frapporre barriere di
carattere   protezionistico  alla  prestazione,  nel  proprio  ambito
territoriale,  di  servizi  di  carattere imprenditoriale da parte di
soggetti   ubicati   in  qualsiasi  parte  del  territorio  nazionale
(nonche',   in   base   ai  principi  comunitari  sulla  liberta'  di
prestazione dei servizi, in qualsiasi paese dell'Unione europea).
    Una  regolamentazione  regionale di attivita' di questa natura e'
di  per  se'  possibile, negli stessi limiti, discendenti dal diritto
comunitario,  valevoli  per il legislatore statale, nonche' entro gli
ulteriori  limiti  che,  nei  singoli  casi,  possono discendere, nei
confronti  delle regioni, dalle norme costituzionali o statutarie che
ne disciplinano l'autonomia. Ma essa non puo' comunque tradursi nella
apposizione  di  barriere  discriminatorie  a  danno dei soggetti non
localizzati nel territorio regionale.
    Nella   specie,   il   requisito  della  adeguata  ed  efficiente
organizzazione  aziendale  nel territorio regionale, richiesto per la
partecipazione ad appalti di lavori pubblici nella Valle d'Aosta, non
e' fondato su alcuna ragione tecnica, ne' puo' essere ragionevolmente
giustificato   in   nome   dell'efficienza   e   del  buon  andamento
dell'amministrazione,  poiche'  e'  evidentemente  ben  possibile che
anche   imprese  aventi  sede  e  organizzazione  stabile  fuori  del
territorio  regionale  possiedano  i  requisiti tecnico-organizzativi
necessari  -  e  richiesti  dalla normativa e dai bandi di gara - per
assicurare   un'efficiente   esecuzione   degli   appalti.  Ne'  vale
richiamare  gli  eventuali maggiori costi che tali imprese dovrebbero
sostenere,  poiche'  le procedure di scelta del contraente consentono
comunque  all'amministrazione  di  assicurarsi  le  prestazioni  alle
condizioni   per   essa  piu'  convenienti  anche  sotto  il  profilo
economico.
    Detto  requisito  in realta' si atteggia proprio, nella sostanza,
come   condizione  rivolta  a  frapporre  barriere  all'ingresso  nel
territorio regionale, in qualita' di soggetti appaltatori, di imprese
provenienti da altre aree e prive di legami stabili con il territorio
medesimo.
    Deve  pertanto essere dichiarata la illegittimita' costituzionale
dei  commi  1 e 9 dell'impugnato art. 23 della legge regionale, nella
parte   in   cui   prevedono,   come   requisito  necessario  per  la
partecipazione   agli   appalti  di  lavori  pubblici  ivi  previsti,
l'iscrizione  ad  un  albo  regionale  di  preselezione,  a sua volta
condizionata    alla    presenza   di   un'adeguata   ed   efficiente
organizzazione aziendale sul territorio regionale.
    Resta    assorbito   ogni   altro   profilo   di   illegittimita'
costituzionale denunciato dal remittente.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi:
        a) dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 23,
commi  1  e  9,  della  legge regionale della Valle d'Aosta 20 giugno
1996,  n. 12  (Legge  regionale in materia di lavori pubblici), nella
parte in cui prevede come condizione necessaria per la partecipazione
alle  gare  per  l'affidamento  degli  appalti di lavori pubblici ivi
contemplati l'iscrizione ad un albo regionale di preselezione "dotato
di  efficacia  triennale con riferimento alla presenza di un'adeguata
ed efficiente organizzazione aziendale sul territorio regionale";
        b) dichiara   non   fondata   la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 23  della  predetta  legge  regionale della
Valle  d'Aosta  n. 12  del  1996,  per  la  parte  non  colpita dalla
dichiarazione  di  illegittimita'  di  cui  al  capo  a sollevata, in
riferimento    all'art. 3    della    Costituzione,   dal   Tribunale
amministrativo  regionale  della  Valle  d'Aosta  con  l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Onida
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 giugno 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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