N. 208 SENTENZA 6 - 26 giugno 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Imposte  sui  redditi  -  Ritenute  sugli  interessi e sui redditi di
  capitale  -  Interpretazione  autentica di anteriore disposizione -
  Applicabilita'  delle  ritenute  anche  ai soggetti, tra i quali le
  Regioni,  esclusi dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche
  -  Ricorso  delle  Regioni Piemonte, Veneto e Lombardia - Lamentata
  violazione   dell'autonomia  finanziaria  regionale,  dello  status
  costituzionale  delle regioni nonche' dei principî di eguaglianza e
  ragionevolezza,  di  capacita' contributiva e dei principî relativi
  all'attivita' amministrativa e finanziaria - Inammissibilita' delle
  questioni.
- Legge 18 febbraio 1999, n. 28, art. 14.
- Costituzione,  artt.  3,  53, 76, 97, 101, secondo comma, 114, 115,
  117, 118 e 119.
(GU n.26 del 4-7-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo   ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda
CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge
18 febbraio 1999, n. 28, recante "Disposizioni in materia tributaria,
di  funzionamento  dell'amministrazione  finanziaria  e  di revisione
generale  del  catasto", promossi con ricorsi delle regioni Piemonte,
Veneto  e  Lombardia,  notificati  il  24 marzo  1999,  depositati in
cancelleria,  i primi due, il 31 marzo e, il terzo, il 1o aprile 1999
ed  iscritti  rispettivamente ai nn. 10, 11 e 12 del registro ricorsi
1999.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  6 febbraio  2001  il  giudice
relatore Fernanda Contri;
    Uditi  gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per le regioni
Piemonte  e  Veneto,  Beniamino  Caravita  di  Toritto per la regione
Lombardia e l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando' per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la regione
Piemonte ha sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 3,
53,  76,  97,  117,  118  e  119  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14  della  legge  18 febbraio
1999,  n. 28  (Disposizioni  in  materia tributaria, di funzionamento
dell'amministrazione   finanziaria   e   di  revisione  generale  del
catasto),  recante  -  a  tenore  della  rubrica  -  "Interpretazione
autentica  della disciplina concernente le ritenute sugli interessi e
sui redditi di capitale".
    La  disposizione censurata ha ad oggetto l'art. 26, quarto comma,
terzo  periodo,  del  d.P.R.  29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni
comuni  in  materia  di  accertamento delle imposte sui redditi), che
disciplina  le  ritenute  sugli  interessi e sui redditi di capitale,
disponendo che esse "sono applicate a titolo di imposta nei confronti
dei soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche
ed  in  ogni  altro  caso".  L'impugnata  disposizione interpretativa
stabilisce  che la riportata norma, "riguardante l'applicazione della
ritenuta  a  titolo  d'imposta sugli interessi, premi ed altri frutti
delle  obbligazioni  e  titoli  similari  e  sui conti correnti, deve
intendersi nel senso che tale ritenuta si applica anche nei confronti
dei   soggetti   esclusi   dall'imposta  sul  reddito  delle  persone
giuridiche".
    Ad  avviso  della  ricorrente,  il denunciato art. 14 della legge
n. 28   del  1999  risulta  irragionevole  innanzi  tutto  alla  luce
dell'art. 88,   comma   1,   del   d.P.R.  22 dicembre  1986,  n. 917
(Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), a norma del
quale  -  in  seguito  ad  una  modifica  introdotta, con effetto dal
1o gennaio  1991,  dall'art. 4,  comma  3,  del d.l. n. 310 del 1990,
convertito   nella   legge  n. 403  del  1990  -  non  sono  soggetti
all'imposta  sul  reddito  delle  persone giuridiche "gli organi e le
amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo,
anche  se dotati di personalita' giuridica, i comuni, [i consorzi tra
enti   locali,   le   associazioni  e  gli  enti  gestori  di  demani
collettivi,]  le  comunita'  montane,  le  province e le regioni". E'
"contraddittorio", osserva a questo riguardo la difesa della Regione,
ed   in   contrasto  con  il  principio  di  capacita'  contributiva,
"prevedere,  ad  un  tempo,  la non assoggettabilita' a tributo di un
dato  soggetto e l'obbligo, per questo, di sottoporsi ad una ritenuta
d'imposta",  senza,  tra  l'altro  - in contrasto con il principio di
eguaglianza  - che sia contemplata la possibilita' di recuperare tale
ritenuta  in  sede  di dichiarazione annuale, secondo quanto previsto
prima della modifica dell'art. 88 del testo unico, quando la regione,
soggetto  passivo  Irpeg,  era  tenuta  a  differenziare  le  proprie
operazioni, a contabilizzare a parte quelle fiscalmente rilevanti e a
subire la ritenuta a titolo d'imposta, accompagnata dalla facolta' di
recupero.
    In altri termini, l'art. 53 della Costituzione ed il principio di
ragionevolezza  risulterebbero  violati "poiche' la ritenuta a titolo
d'imposta  cade  su  somme  depositate in conto corrente che non sono
correlate  al  presupposto  in  base  al quale un soggetto e' colpito
dall'Irpeg:  infatti,  la  regione  non  compie - per definizione, ex
art. 88,  comma  1,  del d.P.R. n. 917 del 1986 - le attivita' di cui
all'art. 51  del  medesimo  decreto  presidenziale  e,  nondimeno, e'
tenuta  a  subire  un  prelievo  che  si  traduce  in un esborso sine
titulo".
    Il  principio  di  ragionevolezza,  ad  avviso  della ricorrente,
avrebbe  subito  un  vulnus dalla disciplina denunciata anche a causa
dell'uso  distorto  da  parte  del  legislatore, in questa occasione,
dello  strumento  della  legge  interpretativa: "la preoccupazione di
acquisire   disponibilita'   finanziarie,   accompagnata  dal  metodo
concretamente  prescelto - ricorso alla legge interpretativa, perche'
retroattiva,    incidente    non   sulla   soggettivita'   tributaria
sostanziale,  ma  su  un meccanismo procedurale, qual e' lo strumento
della  ritenuta  -  ha  portato  alla  manipolazione  artificiosa del
sistema  creato con l'art. 88, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 ed
alle conseguenti ... distorsioni".
    Le  denunciate  distorsioni si traducono, secondo la difesa della
regione  Piemonte,  in  una  lesione dell'autonomia finanziaria della
stessa  e del suo status costituzionale complessivamente inteso, come
definito  dagli  artt. 117,  118  e  119 della Costituzione. A questo
riguardo,  nel  ricorso,  si  legge:  "la'  dove  il  legislatore  ha
surrettiziamente  assoggettato  ad  Irpeg,  attraverso una ritenuta a
titolo  d'imposta,  la  regione,  dopo  averla  esclusa  dall'area di
operativita' del tributo, in violazione tra l'altro degli artt. 3, 53
e  97 della Costituzione ..., ha disposto un prelievo coatto a carico
di  disponibilita'  regionali  costitutive dell'autonomia finanziaria
dell'ente".
nel  ricorso  si rammenta che alla citata modifica apportata nel 1990
all'art. 88  del  testo  unico - per equiparare gli enti territoriali
allo Stato nel regime di esclusione dall'Irpeg, analogamente a quanto
gia'  previsto  per  diversi  altri tributi - anche l'amministrazione
finanziaria   si   e'   inizialmente   adeguata  con  la  risoluzione
ministeriale  11 novembre 1991 n. 11/19733 e con la risoluzione della
Direzione generale delle imposte dirette 8 gennaio 1993, n. 8/645.
    Alla  modifica  dell'art. 88 del d.P.R. n. 917 del 1986, ad opera
del  citato  d.-l.  n. 310 del 1990, si e' successivamente adeguata -
afferma,  con  dovizia  di  riferimenti, la difesa della regione - la
giurisprudenza tributaria.
    D'altra  parte,  deduce la ricorrente, "e' solo equivocando circa
il   significato   dell'espressione  "in  ogni  altro  caso  (di  cui
all'art. 26,  quarto  comma,  del  d.P.R. n. 600 del 1973 ...) che si
puo'  pretendere  di  annoverare  i  soggetti  esclusi dall'ambito di
operativita'  dell'Irpeg  tra  quelli  tenuti  a  subire  la ritenuta
d'imposta";  e  cio',  si  legge  nel  ricorso, anche per una ragione
ulteriore:   "poiche'   la   norma   del  quarto  comma  dell'art. 26
preesisteva  alla  modifica introdotta dal T.U., non poteva prevedere
ipotesi  di  non  soggettivita'  allora inesistenti completamente, ma
solo  ipotesi  di  esenzione dall'Irpeg tutte disciplinate dal d.P.R.
n. 601  del  1973",  coerentemente con le disposizioni della legge di
delega  per  la  riforma  tributaria  n. 825  del 1971, che, opinando
diversamente,  nel  senso  poi disposto dalla disposizione censurata,
risulterebbe,   ad   avviso   della   regione,   violata,  unitamente
all'art. 76 della Costituzione.
    La  ritenuta  a  titolo  d'imposta  di  cui si tratta appare alla
ricorrente  ancor  piu'  irragionevole  in  quanto si consideri che i
fondi  di tesoreria, nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge
n. 720  del  1984,  "non sono depositi bancari". Le somme generatrici
degli  interessi  colpiti  dalla  ritenuta  "concernono  risorse  che
affluiscono  alla  regione nell'ambito del sistema di tesoreria unica
...,  risorse  che  sono della regione e che nulla hanno a che vedere
con il presupposto dell'Irpeg".
    2.  - Nel giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, si e' costituito il Presidente
del   Consiglio   dei   ministri  per  chiedere  la  declaratoria  di
inammissibilita' o il rigetto del ricorso della regione Piemonte.
    Secondo  l'Avvocatura, il ricorso sarebbe anzitutto inammissibile
in  quanto  la  regione  agirebbe "come contribuente", lamentando una
lesione  di competenze di cui in realta' non dispone. La regione "non
ha  competenza  alcuna  in  materia  di imposizione sul reddito", ne'
"puo'  pensarsi  che  l'obbligazione  di  imposta ossia il prelievo a
carico  di  disponibilita'  finanziarie  regionali limiti l'autonomia
garantita  dall'art. 119 Cost.". Si tratterebbe di un effetto di mero
fatto del tutto irrilevante: diversamente, rileva la difesa erariale,
"si dovrebbe ritenere che puo' portarsi sul piano costituzionale ogni
rapporto nel quale la regione possa configurarsi come debitore".
nel merito, si osserva che "la ritenuta di imposta e' una imposizione
reale  distinta  dalla imposizione personale sul reddito, si' che non
vi  e'  contraddizione tra non soggezione all'Irpeg e soggezione alla
ritenuta".   L'art. 26  del  d.P.R.  n. 600,  aggiunge  l'Avvocatura,
prevede  "che  alla  ritenuta  sono tenuti tutti i soggetti (anche lo
Stato)"  e "solo perche' si e' aperto sul punto un esteso contenzioso
e'   apparso  opportuno  emanare  una  norma  interpretativa  che  e'
veramente tale".
    3. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la regione
Veneto  ha  sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 3,
53,  76,  97,  117,  118  e  119  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'   costituzionale   dello   stesso  art. 14  della  legge
18 febbraio 1999, n. 28.
    Nell'atto  introduttivo  del  presente  giudizio, la difesa della
regione  Veneto  svolge  le  medesime deduzioni contenute nel ricorso
della regione Piemonte, teste' illustrate.
    4.  - Nel giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, si e' costituito il Presidente
del   Consiglio   dei   ministri  per  chiedere  la  declaratoria  di
inammissibilita' o il rigetto del ricorso della regione Veneto, sulla
scorta  degli  stessi argomenti gia' addotti avverso il ricorso della
regione Piemonte.
    5.  -  Con ricorso regolarmente notificato e depositato, anche la
regione Lombardia ha sollevato in via principale, in riferimento agli
artt. 53,  76, 101, secondo comma, 114, 115 e 119 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 14 della legge
18 febbraio 1999, n. 28.
    Nei  confronti  della  disciplina  impugnata,  il  ricorso  della
regione  Lombardia  prospetta censure in larga misura coincidenti con
quelle,  gia' esaminate, contenute nei ricorsi delle regioni Piemonte
e Veneto.
    La  ricorrente  lamenta innanzi tutto la violazione del combinato
disposto degli artt. 114, 115, 119, 53 e 76 della Costituzione, cosi'
come  attuati  dall'art. 88 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 ed in
relazione  ai  principi  della  legislazione tributaria e ai principi
affermati  dalla  giurisprudenza  costituzionale  in materia di leggi
interpretative.
    Sotto  quest'ultimo profilo, la difesa della regione, richiamando
alcune  decisioni  costituzionali,  censura l'uso distorto - e lesivo
dei  principi di ragionevolezza e affidamento - dello strumento della
legge  interpretativa da parte del legislatore statale, escludendo la
riconducibilita'  (del  contenuto)  della legge denunciata ad uno dei
possibili  significati  della legge interpretata. A questo proposito,
si  osserva  che  l'art. 26 del d.P.R. n. 600 del 1973, oggetto della
denunciata  legge  interpretativa,  nella parte in cui dispone che le
ritenute  sono  applicate  a  titolo  di  imposta  nei  confronti dei
soggetti  esenti  da  Irpeg  "ed in ogni altro caso", va interpretato
alla luce della legge di delega, la quale, "nel prevedere la ritenuta
(a  titolo d'acconto o d'imposta) sui redditi di capitale corrisposti
esclusivamente a soggetti Irpeg o a soggetti esenti, aveva dimostrato
la  chiara  intenzione  di  non assoggettare al prelievo alla fonte i
soggetti esclusi dal tributo".
    La  regione  Lombardia  censura  la  previsione  legislativa  che
assoggetta  le  regioni alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta,
sottolineando  altresi'  che,  "in  base  ai  principi  propri  della
legislazione  tributaria,  la  posizione  di "contribuente sostituito
postula  necessariamente la soggettivita' ai fini dell'imposta: se ne
deduce che, in difetto, la ritenuta non puo' essere applicata".
    La  disciplina  impugnata  sarebbe d'altro canto in contrasto con
l'art. 119 della Costituzione, giacche' l'esclusione dall'Irpeg della
regione  deriverebbe  dalla  sua  natura  di  ente politico e sarebbe
pertanto  "direttamente  collegata"  con  il  suo  grado di autonomia
finanziaria costituzionalmente garantita.
    La  difesa  della  regione  osserva  poi che l'art. 26 del d.P.R.
n. 600  del 1973, oggetto di interpretazione autentica, "deve dettare
esclusivamente  disposizioni in ordine all'applicazione dell'imposta,
non  potendo  attrarre a tassazione cio' che la disciplina istitutiva
esclude";  anche  perche', si legge nel ricorso, il d.P.R. n. 600 del
1973  "e'  stato emanato in attuazione di una delega relativa al solo
accertamento  e  non  anche alla potesta' impositiva": attraverso una
disposizione  in materia di riscossione - conclude su questo punto la
regione,   censurando   la   "intrinseca   contraddittorieta'"  della
disposizione  impugnata  - si determina "una sostanziale reviviscenza
della  soggettivita'  tributaria  esclusa  da  una  norma  di diritto
sostanziale".
    Sulla  scorta  di ampi richiami di giurisprudenza costituzionale,
la  difesa  della  regione  si duole poi della lesione dell'art. 101,
secondo  comma,  della  Costituzione.  L'impugnata disciplina sarebbe
infatti  "finalizzata  a  bloccare  le numerose richieste di rimborso
avanzate  dagli  enti  locali  a seguito della intervenuta esclusione
degli stessi dall'applicazione dell'imposta sui redditi delle persone
giuridiche  e  ad incidere, di conseguenza, sui giudizi in corso". Ad
avviso    della    ricorrente,    l'orientamento   della   prevalente
giurisprudenza  tributaria, nonche' la discrepanza tra la risoluzione
ministeriale  dell'8 gennaio  1993 n. 8/645 e quella, successiva, del
28 dicembre  1993, n. 5/19846 "inducono a ritenere che l'introduzione
nel  nostro  ordinamento  dell'art. 14 della legge n. 28 del 1999 sia
stata  chiaramente  finalizzata ad interferire sui giudizi instaurati
dagli enti contemplati dall'art. 88 del d.P.R. n. 917 del 1986 per il
rimborso delle ritenute applicate a loro carico ai sensi dell'art. 26
del d.P.R. n. 600 del 1973".
    6.   -   Anche   in   questo  giudizio,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, si e' costituito il Presidente
del   Consiglio   dei   ministri  per  chiedere  la  declaratoria  di
inammissibilita'  o  il  rigetto del ricorso della regione Lombardia,
sulla scorta dei medesimi argomenti, gia' illustrati, addotti avverso
i primi due ricorsi.
    7.   -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  regione  Piemonte  ha
depositato  una  memoria  illustrativa  per  insistere  nelle censure
prospettate  in sede del ricorso e per argomentarne piu' diffusamente
i motivi.
    In  particolare,  quanto  alla natura del contestato prelievo, la
regione  sottolinea  che la ritenuta, d'acconto o a titolo d'imposta,
"rappresenta  una  obbligazione  di  carattere  strumentale, comunque
riconducibile  a  un  soggetto  passivo  (in senso sostanziale) di un
rapporto giuridico d'imposta".
    In   merito   all'asserita   lesione   della   propria  autonomia
finanziaria,  la  ricorrente  replica  alle obiezioni dell'Avvocatura
precisando  che  tale  lesione  deriverebbe soprattutto dal carattere
retroattivo  della disposizione impugnata, illegittimamente incidente
sulla consistenza delle risorse finanziarie della regione.
    8.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  anche la regione Veneto ha
depositato  una  memoria  illustrativa  per  insistere  nelle censure
prospettate in sede di ricorso, adducendo argomenti analoghi a quelli
proposti dalla difesa della regione Piemonte.
    9.  -  Non  diversamente  dalle  prime due ricorrenti, la regione
Lombardia  ha  sviluppato  in  una  memoria illustrativa le deduzioni
formulate  nel  ricorso  ed ha svolto argomentazioni ulteriori, anche
per replicare alle eccezioni e alle difese dell'Avvocatura.
    In  particolare,  la  regione Lombardia osserva che, in base alla
normativa  sul  sistema  di  tesoreria (art. 2 della legge n. 720 del
1984;  art. 40  della legge n. 119 del 1981; art. 2, commi 1 e 4, del
d.m.  11 aprile 1981; art. 7 del decreto legislativo n. 279 del 1997;
art. 66 della legge n. 388 del 2000), le assegnazioni, i contributi e
quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato dovuti alle regioni
affluiscono  in  conti  infruttiferi  ad  esse  intestati  presso  le
tesorerie  dello Stato, mentre solo le entrate proprie delle regioni,
nella   misura   individuata   dalla   legislazione   statale,   sono
suscettibili  di produrre interessi: "nel caso di specie", afferma la
difesa  della Regione, "si tratta ... di somme "proprie delle regioni
depositate  in  conti  fruttiferi  presso  le  tesorerie  regionali e
pertanto  sottoposte  ad  una  disciplina  diversa  rispetto a quelle
depositate  presso  la  tesoreria  dello  Stato". Nel caso di specie,
continua  la  ricorrente,  "non si contesta il carattere infruttifero
dei  conti  intestati  presso  la  tesoreria  dello  Stato, bensi' la
previsione,  con  efficacia  retroattiva,  dell'applicabilita'  della
ritenuta  Irpeg  sugli  interessi  prodotti  da  somme "proprie della
regione,  soggetto escluso dall'imposta, somme che per disposto della
legislazione  statale  sono  state  depositate  presso  la  tesoreria
regionale su conti correnti fruttiferi".
    Nella memoria, la regione Lombardia richiama diffusamente la piu'
recente  giurisprudenza  costituzionale,  per insistere nelle censure
prospettate  in  riferimento all'art. 76 della Costituzione (sentenze
n. 292  e  n. 425  del 2000) e sotto il profilo dell'uso distorto del
potere di interpretazione autentica (sentenza n. 525 del 2000).
    10.   -   Nell'imminenza   della   data  fissata  per  l'udienza,
l'Avvocatura   generale   dello   Stato  ha  depositato  tre  memorie
illustrative,  di  contenuto  analogo,  per argomentare ulteriormente
l'infondatezza  delle  questioni  sollevate  in  via principale dalle
regioni ricorrenti.
    Negando   l'incisione,   ad   opera  dell'impugnata  disposizione
interpretativa,  delle  attribuzioni  regionali,  la  difesa erariale
esclude  innanzi  tutto  una  significativa  decurtazione  dei  mezzi
finanziari delle ricorrenti, "attesa la ordinaria "marginalita' delle
"operazioni  interessate  dalla ritenuta nel quadro complessivo della
finanza  regionale",  tanto  piu',  aggiunge  l'Avvocatura,  che  "le
giacenze  di tesoreria della regione non generano frutti suscettibili
della ritenuta di imposta de qua".
    Sulla  natura della contestata ritenuta, l'Avvocatura osserva che
essa  "esaurisce,  con  carattere  di realita' il prelievo tributario
sulle    specifiche   rendite   finanziarie   considerate   ...   con
l'applicazione  di  un'aliquota  proporzionale  ...  inferiore  (27%)
rispetto  a  quella  prevista  per  l'Irpeg (37%)". Si configurerebbe
pertanto  "una  imposizione  ...  diversa  e  distinta  rispetto alla
imposizione  personale  propria  dell'Irpeg,  la  quale  colpisce  il
reddito  complessivo  netto  delle societa' e degli altri enti che vi
sono  assoggettati",  espressione  di  una  non  irragionevole scelta
discrezionale del legislatore tributario.
    Sulla  scorta  della  affermata distinzione tra le due ipotesi di
prelievo,   la  difesa  erariale  esclude  anche  la  violazione  del
principio di eguaglianza, prospettata dalle regioni Piemonte e Veneto
in  considerazione  dell'impossibilita'  di  recuperare  la  ritenuta
subita in sede di dichiarazione annuale.
    L'Avvocatura  esclude  altresi'  la violazione dell'art. 53 della
Costituzione: "la ritenuta ... afferisce unicamente ad alcuni redditi
di   capitale   percetti   (anche)  dall'ente  regionale  -  i  quali
indubbiamente   costituiscono   di  per  se'  indici  ragionevoli  di
ricchezza  - ... e non ad un ipotetico reddito di impresa: sicche' e'
irrilevante  la  considerazione  che, per definizione legislativa, la
regione  non  compia  le  attivita'  di  cui all'art. 51 del T.u.i.r.
n. 917 del 1986".
    In  sede  di  replica  alle  censure  prospettate  dalla  regione
Lombardia,  la  difesa  erariale,  richiamando  la  giurisprudenza di
Cassazione,    afferma   la   riconducibilita'   della   disposizione
interpretativa  impugnata  al novero dei significati ascrivibili alla
disposizione  interpretata,  per  sottolineare  il corretto uso dello
strumento  della  legge  di  interpretazione autentica in funzione di
superamento di incertezze interpretative emerse in sede applicativa.
    La  difesa  erariale  esclude  infine  la violazione dell'art. 76
della  Costituzione, rilevando che la disposizione impugnata e' stata
introdotta con legge ordinaria e non gia' con legge delegata.

                       Considerato in diritto

    1. - Con due distinti ricorsi, le regioni Piemonte e Veneto hanno
sollevato  in via principale, in riferimento agli articoli 3, 53, 76,
97,  117,  118  e  119  della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14  della  legge  18 febbraio  1999,  n. 28
(Disposizioni     in    materia    tributaria,    di    funzionamento
dell'amministrazione   finanziaria   e   di  revisione  generale  del
catasto),  recante  -  a  tenore  della  rubrica  -  "Interpretazione
autentica  della disciplina concernente le ritenute sugli interessi e
sui  redditi  di  capitale",  il  quale prevede che l'art. 26, quarto
comma,   terzo   periodo,   del   d.P.R.  29 settembre  1973,  n. 600
(Disposizioni  comuni  in  materia  di accertamento delle imposte sui
redditi),   "riguardante   l'applicazione  della  ritenuta  a  titolo
d'imposta sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e
titoli  similari  e sui conti correnti, deve intendersi nel senso che
tale  ritenuta  si  applica  anche nei confronti dei soggetti - tra i
quali,  le  regioni  - esclusi dall'imposta sul reddito delle persone
giuridiche".
    Con  un  terzo  ricorso, la regione Lombardia ha sollevato in via
principale  questione  di  legittimita'  costituzionale  del medesimo
art. 14  della  legge  18 febbraio  1999,  n. 28, in riferimento agli
artt. 53, 76, 101, secondo comma, 114, 115 e 119 della Costituzione.
    La disposizione interpretativa impugnata ha ad oggetto l'art. 26,
quarto  comma,  terzo  periodo,  del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
(Disposizioni  comuni  in  materia  di accertamento delle imposte sui
redditi), che disciplina le ritenute sugli interessi e sui redditi di
capitale, disponendo che esse "sono applicate a titolo di imposta nei
confronti  dei soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle persone
giuridiche  ed  in  ogni altro caso". L'impugnato art. 14 della legge
18 febbraio  1999,  n. 28,  recante  "Interpretazione autentica della
disciplina  concernente  le ritenute sugli interessi e sui redditi di
capitale",  stabilisce, come si e' poc'anzi ricordato, che l'art. 26,
quarto  comma,  terzo  periodo,  "deve  intendersi nel senso che tale
ritenuta   si  applica  anche  nei  confronti  dei  soggetti  esclusi
dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche".
    In  gran parte coincidenti, le molteplici censure prospettate con
i  tre  ricorsi  possono essere raggruppate e riformulate nei termini
seguenti.
    In riferimento agli artt. 3 (parametro evocato solo dalle regioni
Piemonte e Veneto), sotto il profilo del principio di ragionevolezza,
e   101,   secondo   comma  (parametro  evocato  solo  dalla  regione
Lombardia), della Costituzione, l'impugnato art. 14 della legge n. 28
del  1999  sarebbe  illegittimo  in  quanto  disposizione legislativa
frutto  di  un  uso distorto e arbitrario dello strumento della legge
interpretativa,  non  riconducibile  ad uno dei possibili significati
della   legge   interpretata:   "la   preoccupazione   di   acquisire
disponibilita'  finanziarie,  accompagnata  dal  metodo concretamente
prescelto  ...  ha portato alla manipolazione artificiosa del sistema
creato  con  l'art. 88, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986" (ricorsi
del  Piemonte  e  del  Veneto);  la  disposizione  impugnata  sarebbe
"finalizzata  a  bloccare  le numerose richieste di rimborso avanzate
dagli enti locali a seguito della intervenuta esclusione degli stessi
dall'applicazione dell'imposta sui redditi delle persone giuridiche e
ad  incidere,  di  conseguenza,  sui giudizi in corso" (ricorso della
Lombardia).
    In  riferimento  agli  artt. 3,  sotto  il  duplice  profilo  del
principio  di  eguaglianza e ragionevolezza, e 53 della Costituzione,
la   disciplina  denunciata  sarebbe  costituzionalmente  illegittima
giacche'  l'art. 88,  comma  1,  del  d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
(Approvazione  del  testo unico delle imposte sui redditi), dispone -
in seguito alla modifica introdotta, con effetto dal 1o gennaio 1991,
dall'art. 4,  comma  3,  del  d.-l. n. 310 del 1990, convertito nella
legge  n. 403 del 1990 - che le regioni non sono soggette all'imposta
sul  reddito  delle  persone  giuridiche. Ad avviso delle ricorrenti,
sarebbe  "contraddittorio"  ed  in  contrasto  con  il  principio  di
capacita'    contributiva   "prevedere,   ad   un   tempo,   la   non
assoggettabilita'  a  tributo  di  un  dato soggetto e l'obbligo, per
questo, di sottoporsi ad una ritenuta d'imposta", senza, tra l'altro,
che  sia  contemplata  la possibilita' di recuperare tale ritenuta in
sede  di  dichiarazione  annuale;  in  altri termini, l'art. 53 della
Costituzione   ed   i   principi   di  eguaglianza  e  ragionevolezza
risulterebbero  violati  "poiche' la ritenuta a titolo d'imposta cade
su  somme  depositate  in  conto  corrente  che non sono correlate al
presupposto  in  base  al  quale  un  soggetto e' colpito dall'Irpeg:
infatti, la Regione non compie - per definizione, - ex art. 88, comma
1,  del  d.P.R. n. 917 del 1986 - le attivita' di cui all'art. 51 del
medesimo  decreto  presidenziale  e, nondimeno, e' tenuta a subire un
prelievo  che  si  traduce  in  un  esborso sine titulo" (ricorsi del
Piemonte e del Veneto).
    L'art. 14  della  legge n. 28 del 1999 violerebbe poi l'autonomia
finanziaria   e  lo  status  costituzionale  delle  ricorrenti,  come
definito dagli artt. 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. Nei
ricorsi   del   Piemonte   e   del  Veneto,  che  invocano  solo  gli
artt. 117-119  Cost.,  si  afferma  che  "la'  dove il legislatore ha
surrettiziamente  assoggettato  ad  Irpeg,  attraverso una ritenuta a
titolo  d'imposta,  la  regione,  dopo  averla  esclusa  dall'area di
operativita'  del tributo ... ha disposto un prelievo coatto a carico
di  disponibilita'  regionali  costitutive dell'autonomia finanziaria
dell'ente";  d'altro  canto,  lamenta  la difesa della Lombardia, che
invoca  solo  gli artt. 114, 115 e 119, l'esclusione dall'Irpeg della
regione  deriverebbe  dalla  sua  natura  di  ente politico e sarebbe
pertanto  "direttamente  collegata"  con  il  suo  grado di autonomia
finanziaria costituzionalmente garantita.
    In  riferimento  all'art. 76  della Costituzione, l'art. 14 della
legge n. 28 del 1999 risulterebbe incostituzionale giacche' l'art. 26
del  d.P.R.  n. 600  del  1973, oggetto della denunciata disposizione
interpretativa,  nella  parte  in  cui  dispone  che le ritenute sono
applicate  a  titolo  di imposta nei confronti dei soggetti esenti da
Irpeg  "ed in ogni altro caso", va interpretato alla luce della legge
di delega, la quale, "nel prevedere la ritenuta (a titolo d'acconto o
d'imposta)  sui  redditi  di  capitale  corrisposti  esclusivamente a
soggetti  Irpeg  o  a  soggetti  esenti,  aveva  dimostrato la chiara
intenzione  di  non  assoggettare  al  prelievo alla fonte i soggetti
esclusi  dal  tributo"; l'art. 26 del d.P.R. n. 600 del 1973, oggetto
di    interpretazione    autentica,    potrebbe   pertanto   "dettare
esclusivamente  disposizioni in ordine all'applicazione dell'imposta,
non  potendo  attrarre a tassazione cio' che la disciplina istitutiva
[la delega] esclude".
    In   riferimento   all'art. 97  della  Costituzione,  l'impugnata
disciplina   sarebbe   infine   costituzionalmente   illegittima   in
considerazione  dell'impatto  sfavorevole che la disciplina impugnata
avrebbe,  come  si  legge nel ricorso del Piemonte e della Lombardia,
"sul piano dell'attivita' amministrativa e finanziaria".
    2.  -  Con  i  ricorsi in epigrafe, le regioni Piemonte, Veneto e
Lombardia  impugnano  le  medesime disposizioni legislative invocando
parametri  costituzionali in gran parte coincidenti e lamentandone la
violazione   sotto  profili  omogenei.  I  relativi  giudizi  possono
pertanto essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
    3.  -  Occorre  anzitutto scrutinare la questione di legittimita'
costituzionale  sollevata  in riferimento ai parametri costituzionali
inclusi nel titolo V della parte II della Costituzione.
    L'art. 14  della  legge  n. 28  del 1999, ad avviso delle regioni
Piemonte  e  Veneto,  violerebbe  l'autonomia finanziaria e lo status
costituzionale  delle ricorrenti, come definito dagli artt. 114, 115,
117,  118  e  119  della  Costituzione:  "la'  dove il legislatore ha
surrettiziamente  assoggettato  ad  Irpeg,  attraverso una ritenuta a
titolo  d'imposta,  la  regione,  dopo  averla  esclusa  dall'area di
operativita'  del  tributo... ha disposto un prelievo coatto a carico
di  disponibilita'  regionali  costitutive dell'autonomia finanziaria
dell'ente";  d'altro  canto  -  si sostiene nel ricorso della regione
Lombardia,  che  invoca gli artt. 114, 115 e 119 della Costituzione -
l'esclusione dall'Irpeg della regione deriverebbe dalla sua natura di
ente  politico e sarebbe pertanto "direttamente collegata" con il suo
grado di autonomia finanziaria costituzionalmente garantita.
    La questione e' inammissibile.
    La  costante  giurisprudenza di questa Corte in tema di autonomia
finanziaria   regionale  ha,  ancora  di  recente,  ribadito  che  la
Costituzione non garantisce alle regioni una determinata quantita' di
risorse,  ma  solo  il  diritto a disporre di risorse finanziarie che
risultino  complessivamente  non  inadeguate rispetto ai compiti loro
attribuiti (sentenza n. 507 del 2000).
    La  Costituzione,  in altri termini, non definisce ne' garantisce
l'autonomia finanziaria delle regioni in termini quantitativi, a meno
che  non  si  determini  quella  "grave  alterazione"  del necessario
rapporto  di  complessiva  corrispondenza  che  -  nel rispetto delle
compatibilita'  con  i  vincoli  generali  derivanti dalle preminenti
esigenze della finanza pubblica nel suo insieme - deve sussistere fra
bisogni regionali e oneri finanziari per farvi fronte, affinche' alle
regioni  stesse  non  sia impedito il normale espletamento delle loro
funzioni  (sentenza  n. 123 del 1992; v. anche la sentenza n. 370 del
1993).
    L'autonomia  finanziaria delle regioni postula piuttosto che esse
abbiano  la effettiva disponibilita' delle risorse loro attribuite ed
il potere di manovra dei mezzi finanziari (sentenza n. 171 del 1999).
    Alla  luce  della  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la censura
concernente  l'asserita  lesione  dell'autonomia  finanziaria e dello
status  costituzionale  delle  regioni - le Regioni Piemonte e Veneto
lamentano  che  il legislatore avrebbe "disposto un prelievo coatto a
carico   di   disponibilita'   regionali  costitutive  dell'autonomia
finanziaria   dell'ente",   mentre   la   Lombardia   asserisce   che
l'esclusione dall'Irpeg della regione deriverebbe dalla sua natura di
ente  politico e sarebbe pertanto "direttamente collegata" con il suo
grado  di  autonomia  finanziaria  costituzionalmente  garantita - si
appalesa priva di motivazione, non avendo le regioni neppure spiegato
perche',  a  loro avviso, il prelievo in questione ridondi in lesione
dell'autonomia   finanziaria   impedendo  l'espletamento  delle  loro
funzioni  (v.  sentenze  n. 103 del 2001, n. 171 del 1999, n. 244 del
1997, n. 25 del 1996).
    4.  -  Anche  in  riferimento  agli artt. 3, sotto il profilo del
principio   di   ragionevolezza,   e   101,   secondo   comma,  della
Costituzione,    la    questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'impugnata  disposizione  interpretativa  deve  essere dichiarata
inammissibile,  giacche'  una  ipotetica lesione di tali principi non
puo' di per se' tradursi in una menomazione di competenze regionali.
    5.  -  In  riferimento agli artt. 3, sotto il duplice profilo del
principio  di  eguaglianza e ragionevolezza, e 53 della Costituzione,
la  disciplina  denunciata  sarebbe  poi, ad avviso delle ricorrenti,
costituzionalmente illegittima giacche' l'art. 88, comma 1, del testo
unico  delle  imposte sui redditi esclude le regioni dall'imposta sul
reddito    delle    persone    giuridiche,    cio'   che   renderebbe
"contraddittorio"  ed  in  contrasto  con  il  principio di capacita'
contributiva  prevedere, come si legge nei ricorsi del Piemonte e del
Veneto,  "ad  un tempo, la non assoggettabilita' a tributo di un dato
soggetto  e  l'obbligo,  per  questo,  di  sottoporsi ad una ritenuta
d'imposta".
    La questione e' inammissibile.
    Deve infatti essere accolta l'eccezione sollevata dall'Avvocatura
dello  Stato,  ad  avviso  della  quale la regione agirebbe in questo
frangente  "come  contribuente", lamentando una lesione di competenze
di   cui   in   realta'  non  dispone,  e  dovendosi  escludere  "che
l'obbligazione   di   imposta   ossia   il   prelievo   a  carico  di
disponibilita'  finanziarie  regionali  limiti  l'autonomia garantita
dall'art. 119  Cost.".  Poiche'  si  tratterebbe  -  come sostiene la
difesa  erariale  -  di  un effetto di mero fatto in se' irrilevante;
diversamente,  ogni  rapporto nel quale la regione possa configurarsi
come debitore rileverebbe sul piano costituzionale.
    6.  - In riferimento all'art. 76 della Costituzione, la questione
e' parimenti inammissibile, dovendosi anche in questo caso accogliere
l'eccezione   di  inammissibilita'  sollevata  dall'Avvocatura  dello
Stato.
    Ad  avviso delle ricorrenti, l'art. 14 della legge n. 28 del 1999
risulterebbe  incostituzionale  giacche'  l'art. 26 del d.P.R. n. 600
del 1973, oggetto della denunciata disposizione interpretativa, nella
parte  in  cui  dispone  che  le  ritenute sono applicate a titolo di
imposta  nei confronti dei soggetti esenti da Irpeg "ed in ogni altro
caso",  va  interpretato  alla  luce della legge di delega, la quale,
"nel  prevedere  la  ritenuta  (a  titolo  d'acconto o d'imposta) sui
redditi  di  capitale corrisposti esclusivamente a soggetti Irpeg o a
soggetti  esenti,  aveva  dimostrato  la  chiara  intenzione  di  non
assoggettare al prelievo alla fonte i soggetti esclusi dal tributo".
    Condivisibile  e'  l'eccezione della difesa erariale, che esclude
la  violazione  dell'art. 76  della  Costituzione,  rilevando  che la
disposizione  impugnata e' stata introdotta con legge ordinaria e non
gia' con legge delegata.
    7.  -  Anche  in  riferimento  all'art. 97 della Costituzione, la
questione e' inammissibile.
    La  doglianza  avanzata  dalle regioni Piemonte e Veneto, in base
alla   quale   l'impugnata   disciplina   sarebbe  costituzionalmente
illegittima  in considerazione dell'impatto sfavorevole che la stessa
avrebbe  "sul piano dell'attivita' amministrativa e finanziaria", per
altro  formulata in termini meramente assertivi, non evidenzia alcuna
menomazione di attribuzioni regionali.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 14  della  legge  18 febbraio  1999,  n. 28
(Disposizioni     in    materia    tributaria,    di    funzionamento
dell'Amministrazione   finanziaria   e   di  revisione  generale  del
catasto),  sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 53, 76, 97, 117,
118  e  119 della Costituzione, dalla Regione Piemonte con il ricorso
in epigrafe;
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 14  della  legge  18 febbraio  1999,  n. 28
(Disposizioni     in    materia    tributaria,    di    funzionamento
dell'Amministrazione   finanziaria   e   di  revisione  generale  del
catasto),  sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 53, 76, 97, 117,
118  e 119 della Costituzione, dalla Regione Veneto con il ricorso in
epigrafe;
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 14  della  legge  18 febbraio  1999,  n. 28
(Disposizioni     in    materia    tributaria,    di    funzionamento
dell'Amministrazione   finanziaria   e   di  revisione  generale  del
catasto),  sollevata,  in riferimento agli artt. 53, 76, 101, secondo
comma, 114, 115 e 119 della Costituzione, dalla Regione Lombardia con
il ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Contri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 giugno 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
01C0678