N. 213 SENTENZA 2 - 4 luglio 2001

Giudizio   per  conflitto  di  attribuzione  tra  Stato  e  Provincia
autonoma.

Acque  pubbliche  -  Grandi  derivazioni  di  acque  pubbliche  nella
  Provincia  di  Trento  -  Canoni concessori - Diritto al rimborso -
  Atto  statale di diniego - Ricorso per conflitto della Provincia di
  Trento   -  Lamentata  lesione  delle  attribuzioni  provinciali  -
  Conflitto di livello non costituzionale - Inammissibilita'.
- Nota  Ministero  delle  finanze  (dip.  territorio, direz. demanio)
  n. 50151 del 25 gennaio 1999.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 68, 71 e 110.
(GU n.27 del 11-7-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio   ONIDA,  CarloMEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,Giovanni Maria FLICK.
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota
del Ministero delle finanze - Dipartimento del territorio - Direzione
centrale  del  demanio  - del 25 gennaio 1999 nella parte in cui nega
alla  provincia  il  diritto  al  rimborso  dei canoni di concessione
relativi  alle  grandi  derivazioni  di acque pubbliche, promosso con
ricorso  della  Provincia autonoma di Trento, notificato il 13 aprile
1999, depositato in cancelleria il 22 successivo ed iscritto al n. 15
del registro conflitti 1999.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  udienza  pubblica  del  22 maggio  2001  il giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento  e  l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Provincia  autonoma di Trento ha proposto conflitto di
attribuzione  nei  confronti  dello  Stato in relazione alla nota del
Ministero  delle  finanze  -  Dipartimento del territorio - Direzione
centrale del demanio n. 50151 del 25 gennaio 1999, con la quale le e'
stato  negato  il  rimborso  integrale  dei  canoni delle concessioni
relative  alle grandi derivazioni di acque pubbliche rilasciate dallo
Stato  su  beni  facenti parte del demanio idrico della provincia, in
relazione agli anni dal 1988 al 1992.
    La   predetta   nota  avrebbe  leso  attribuzioni  costituzionali
conferite alla provincia dagli articoli 68, 71 e 110 dello statuto di
autonomia.
    L'articolo 71 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del
testo   unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto
speciale  per il Trentino-Alto Adige) prevede che, per le concessioni
di  grande  derivazione di acque pubbliche esistenti nella provincia,
lo  Stato  ceda  a quest'ultima i nove decimi dell'importo del canone
annuo  stabilito  a  norma  di  legge.  A  giudizio della ricorrente,
l'assetto  delle  entrate provinciali risultante da tale disposizione
sarebbe  stato  alterato  dall'articolo  8,  comma 1, lettera e), del
d.P.R.  20 gennaio  1973,  n. 115  (Norme di attuazione dello statuto
speciale  per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  dei  beni demaniali e
patrimoniali   dello   Stato   e   della  regione),  come  modificato
dall'articolo  1  del  decreto  legislativo  11 novembre 1999, n. 463
(Norme   di   attuazione   dello   statuto   speciale  della  Regione
Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche
e  di  concessioni  di  grandi  derivazioni  a  scopo  idroelettrico,
produzione  e distribuzione di energia elettrica), che, in attuazione
dell'articolo 68 dello statuto, ha trasferito alle province una parte
del  demanio  idrico  statale.  Ne  conseguirebbe  che, mentre per le
concessioni  relative a beni facenti parte del demanio idrico statale
dovrebbe  valere  la  regola  della  cessione alla provincia dei nove
decimi   dell'importo  del  canone,  per  le  concessioni  di  grande
derivazione  su beni del demanio idrico provinciale dovrebbe spettare
alla  provincia  non  una  quota,  pure elevata, delle entrate, ma la
totalita'  delle stesse. Questo criterio di ripartizione dei proventi
dei  canoni  di  concessione sarebbe stato ulteriormente stabilizzato
dalle  norme  di  attuazione  e  segnatamente dal decreto legislativo
16 marzo  1992,  n. 268,  recante  "Norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale",  il  quale,  all'articolo 4, ha sancito che i canoni di
concessione  delle  grandi  derivazioni, di cui all'articolo 71 dello
statuto,  si  riferiscono  al  demanio  idrico  dello Stato, mentre i
canoni relativi al demanio provinciale "restano acquisiti al bilancio
delle rispettive province".
    Passando  alla  descrizione dei fatti, la ricorrente rammenta che
l'amministrazione  statale  continuava a corrispondere alla Provincia
di  Trento  solo  i  nove  decimi dei canoni di concessione di grandi
derivazioni,  senza operare alcuna distinzione tra canoni relativi al
demanio statale e canoni relativi al demanio provinciale, per i quali
ultimi la provincia riteneva le spettassero invece i dieci decimi. Su
queste basi la provincia ricorrente chiedeva allo Stato il versamento
dell'ulteriore  decimo  (rispetto  ai  nove decimi gia' versati), che
veniva  quantificato  nella  somma di circa nove miliardi di lire. La
richiesta della provincia riguardava solo il periodo 1988-1992, senza
coinvolgere  gli anni precedenti, in quanto l'articolo 20 delle norme
di attuazione del 1992, pur statuendo che le norme dettate nel Titolo
VI  dello statuto (al quale appartiene la disposizione che disciplina
i  canoni di concessione di cui e' conflitto), avevano decorrenza dal
1o gennaio  1973,  precisava  che  i  rapporti  finanziari  derivanti
dall'applicazione  del medesimo Titolo per il periodo compreso tra il
1o gennaio  1973  e  il  31 dicembre  1987 si intendevano "regolati a
titolo  definitivo secondo le modalita' provvisoriamente adottate dai
competenti organi statali".
    Il Ministero delle finanze, prosegue la ricorrente, prima con una
nota  della  sua  articolazione  amministrativa  trentina, quindi con
analogo   provvedimento   della   Direzione   centrale  del  demanio,
riconoscendo  la  fondatezza  della  pretesa vantata dalla provincia,
disponeva  in favore di questa l'accreditamento della somma richiesta
e,  nelle  more, chiedeva un parere all'Avvocatura distrettuale dello
Stato  di  Trento.  E'  su  tale parere, reso con nota del 13 gennaio
1999, n. 151, che si fonda il diniego di rimborso, relativo agli anni
1988-1992,  che  ha  dato  origine  al  presente  conflitto.  In esso
l'Avvocatura  trentina  sosteneva che l'articolo 71 dello statuto non
distinguerebbe  affatto  tra  demanio statale e provinciale, poiche',
facendo riferimento alle "acque pubbliche esistenti nella provincia",
mostrerebbe  di  prendere  in considerazione le grandi derivazioni in
quanto  tali,  senza distinzione alcuna tra acque pubbliche statali e
provinciali. Muovendo da simili premesse interpretative, l'Avvocatura
distrettuale  di  Trento  affermava  che  l'articolo 4 delle norme di
attuazione  di  cui  al  decreto  legislativo n. 268 del 1992 avrebbe
carattere  completamente  innovativo,  e  quindi  opererebbe solo pro
futuro  per i canoni dovuti e riscossi dopo la sua entrata in vigore,
ossia   successivi   alla  data  del  7 maggio  1992.  Ne',  prosegue
l'Avvocatura   distrettuale,   la   retroattivita'  potrebbe  trovare
fondamento nel presunto carattere interpretativo di tale disposizione
rispetto  alla  formulazione dell'articolo 71 dello statuto. Non solo
infatti  essa  ha  un rango formale inferiore rispetto alla norma che
intenderebbe interpretare, ma non e' stata approvata con la procedura
che  l'articolo  104  dello  statuto  prescrive  per le modifiche del
Titolo  VI  (cui  appartiene,  come  si  e' detto, l'art. 71). Nessun
rilievo  avrebbe  dunque  il  fatto  che  l'articolo  20  del decreto
legislativo  n. 268  del  1992  abbia  disposto il consolidamento dei
rapporti  finanziari  intercorsi al 31 dicembre 1987 (lasciando cosi'
"scoperto"  il  periodo  1988-1992),  essendo comunque escluso che il
predetto  articolo  4  possa  estendere la propria efficacia anche al
passato.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile o
comunque infondato.
    Quanto  alla  inammissibilita', la difesa erariale ritiene che il
ricorso  abbia  ad  oggetto  una  controversia  di  natura  puramente
economica,  di  competenza dell'autorita' giurisdizionale ordinaria e
non   del   giudice   costituzionale.   Ad   avviso  dell'Avvocatura,
l'esistenza in capo alla provincia ricorrente del diritto al rimborso
dei  canoni  di  concessione  risulterebbe  pacifica,  ed a venire in
contestazione sarebbe solo la decorrenza di tale diritto, sicche' non
potrebbero  dirsi  lese  prerogative  costituzionali  della provincia
ricorrente  e  mancherebbe  quindi  la  materia  di  un  conflitto di
attribuzione.
    Quanto  al  merito,  riprendendo  una  argomentazione  gia' spesa
dall'Avvocatura  trentina  nella nota di cui si e' sopra riferito, la
difesa  erariale  denuncia  il  contrasto dell'articolo 4 del decreto
legislativo   n. 268  del  1992  con  l'articolo  71  dello  statuto,
rilevando  come la norma statutaria prescinda dall'appartenenza delle
concessioni  di  grande  derivazione  di  acque  pubbliche al demanio
idrico  statale  o  provinciale.  Del  resto, soggiunge l'Avvocatura,
anche  ad  ammettere  che l'articolo 4 sia compatibile con il dettato
statutario,  esso  dovrebbe  comunque  trovare applicazione, e quindi
fondare correlative pretese della provincia, solo per i canoni dovuti
a  partire  dal  1992,  non  anche  per il passato. Fino a tale data,
dunque,  lo  Stato  avrebbe  legittimamente  trattenuto il decimo dei
canoni  per  tutte  le  derivazioni  di  acque  pubbliche,  statali o
provinciali che fossero.

                       Considerato in diritto

    Il conflitto di attribuzione proposto dalla Provincia autonoma di
Trento  in  riferimento  agli  articoli  68,71 e 110 dello statuto di
autonomia  ha  ad  oggetto  la  nota  del  Ministero  delle finanze -
Dipartimento  delterritorio - Direzione centrale del demanio n. 50151
del  25 gennaio 1999, con la quale e' stato negato alla ricorrente il
rimborso  integrale dei canoni delle concessioni relative alle grandi
derivazioni di acque pubbliche rilasciate dallo Stato su beni facenti
parte  del demanio idrico della provincia, in relazione agli anni dal
1988 al 1992.
    Come riferito in narrativa, la provincia, che ha gia' ottenuto la
cessione  dei  nove  decimi dei proventi dei canoni, fonda la propria
richiesta di rimborso dell'ulteriore decimo (che ammonta a circa nove
miliardi  di  lire) su una interpretazione sistematica degli articoli
68  e 71 dello statuto, come integrati dalla normativa di attuazione,
che ha dapprima modificato il regime, originariamente unitario, delle
acque  pubbliche,  introducendo  la distinzione tra demanio statale e
demanio  provinciale  [art. 8, comma 1, lettera e), del d.P.R. n. 115
del  1973];  quindi  ha  disposto  che  i  canoni  relativi  a grandi
concessioni  su  acque appartenenti al demanio provinciale restassero
interamente  acquisiti  al bilancio delle rispettive province (art. 4
del d.lgs. n. 268 del 1992). Il criterio di riparto dei canoni che si
e' in tal modo definito non e' oggetto di contestazione; esso infatti
ha  trovato applicazione a partire dal 7 maggio 1992, data di entrata
in  vigore  del  decreto  legislativo  n. 268.  Per questa ragione la
pretesa provinciale investe solo il periodo intercorrente dal 1988 al
1992,  e  cio'  in  quanto,  in  attuazione  dell'articolo  110 dello
statuto,  l'articolo  20 del decreto legislativo n. 268, nel disporre
che le norme dettate nel Titolo VI dello statuto (al quale appartiene
la  disposizione  che  disciplina  i  canoni di concessione di cui e'
conflitto),    avessero    decorrenza   dal   1o gennaio   1973,   ha
contestualmente   statuito   che   i  rapporti  finanziari  derivanti
dall'applicazione  del medesimo Titolo per il periodo compreso tra il
1o gennaio 1973 e il 31 dicembre 1987 si intendono "regolati a titolo
definitivo   secondo   le  modalita'  provvisoriamente  adottate  dai
competenti organi statali".
    Deve    essere    preliminarmente    esaminata   l'eccezione   di
inammissibilita'   proposta  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
secondo  la  quale  il  ricorso  della Provincia di Trento avrebbe ad
oggetto  una controversia di natura puramente economica, risolvendosi
in una vindicatio rei.
    L'eccezione merita accoglimento. Gia' in diverse occasioni questa
Corte  ha ricordato che la mera rivendicazione di beni o la pretesa a
contenuto  esclusivamente  patrimoniale  che non coinvolgano, neppure
mediatamente, l'accertamento della violazione di norme attributive di
competenza  di  rango  costituzionale, sono estranee alla materia dei
conflitti  di  attribuzione  tra Stato e regioni (sentenze n. 309 del
1993; n. 39 e n. 223 del 1984; n. 111 del 1976). Ed e' stato del pari
chiarito  che  una  questione  relativa  alla  titolarita'  di beni o
diritti   patrimoniali  puo'  formare  oggetto  di  un  conflitto  di
attribuzione  solo  quando  la disponibilita' del bene costituisca il
presupposto  per  l'esercizio  di  determinate  competenze o potesta'
pubbliche  (sentenze  n. 211  del  1994 e n. 31 del 1959). E' proprio
tale  condizione, che sola renderebbe ammissibile un conflitto avente
ad oggetto un credito o un bene, a difettare nel caso di specie.
    Il ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Trento investe un
atto statale di diniego del rimborso di quote di canoni concessori, e
dunque  si  risolve  in  una  mera pretesa di carattere patrimoniale,
senza  coinvolgere  le competenze costituzionalmente garantite ai due
enti  in  conflitto.  Alla titolarita' del diritto di credito vantato
dalla  provincia,  infatti,  non  e' possibile ricondurre, nemmeno in
forma     indiretta,     l'esercizio    di    attribuzioni    fondate
costituzionalmente,  sicche'  la  questione  ad  esso  relativa resta
interamente racchiusa nei confini di una vindicatio rei.
    A  diversa conclusione non puo' indurre il rilievo che il diritto
di  credito che la provincia rivendica ha esplicito fondamento in una
disposizione  dello  statuto  di autonomia, sicche' una sua lesione o
compromissione  da  parte  dello  Stato  darebbe comunque causa ad un
conflitto  di  livello costituzionale, di competenza di questa Corte.
Poiche'  l'articolo  39  della  legge  11 marzo  1953, n. 87 delimita
chiaramente  l'oggetto  del  conflitto  di  attribuzione  tra Stato e
regioni  nella  richiesta  di  un  "regolamento  di  competenza",  la
controversia   relativa   alla   titolarita'   di   un   bene   e  la
interpretazione   della   normativa   -   di   rango   legislativo  o
costituzionale  -  che ad essa si riferisce restano di competenza dei
giudici  comuni  se  non  pongono in questione la delimitazione delle
attribuzioni costituzionali degli enti in conflitto.
    Neppure,    per   affermare   il   rango   costituzionale   della
controversia,  varrebbe  osservare  che  la  mancata erogazione delle
somme  richieste  sarebbe  tale da impedire alla provincia ricorrente
l'esercizio  delle  proprie  funzioni  istituzionali  o  comunque  da
lederne  la  potesta'  di  programmazione della spesa. La consistenza
delle somme, relativamente esigua se raffrontata al ben piu' cospicuo
stanziamento   finanziario  disposto  dallo  Stato  in  favore  della
provincia,  porta  ad  escludere  che  le  risorse  mancate a seguito
dell'atto  impugnato  siano  indispensabili  per l'espletamento delle
funzioni ordinarie e per il sostentamento dell'apparato organizzativo
che mette capo alla Provincia autonoma di Trento.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   l'inammissibilita'   del   conflitto  di  attribuzione
proposto dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dello Stato
con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Mezzanotte
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2001.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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