N. 216 ORDINANZA 2 - 4 luglio 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  civile - Procedimenti riguardanti i magistrati - Magistrato
  in  servizio  nello  stesso  ufficio dell'organo giudicante o di un
  ufficio  dello  stesso  distretto  -  Competenza  territoriale  del
  giudice  del  capoluogo  d'altro distretto, in analogia al disposto
  dell'art.  11 cod. proc. pen. - Irretroattivita' della previsione -
  Lamentata  disparita'  di  trattamento,  con  lesione del principio
  della  terzieta'  del giudice e del principio del giusto processo -
  Difetto   di   un   giudizio  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione.
- Cod.  proc.  civ., artt. 18-36; legge 2 dicembre 1998, n. 420, art.
  9.
- Costituzione,  artt.  3  e  111; legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1,
  art. 1; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23.
Processo  civile - Procedimenti riguardanti i magistrati - Magistrato
  in  servizio  nello  stesso  ufficio dell'organo giudicante o di un
  ufficio  dello  stesso  distretto  -  Competenza  territoriale  del
  giudice  del  capoluogo  d'altro distretto - Irretroattivita' della
  previsione  - Lamentata disparita' di trattamento - Sospensione del
  giudizio  a  quo sino alla decisione di analoga questione - Difetto
  di  una formale proposizione della questione - Rinvio degli atti al
  giudice rimettente.
- Cod. proc. civ., artt. 18-35.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 101.
Processo civile - Procedimenti riguardanti i magistrati - Cause nelle
  quali siano parte magistrati in servizio nello stesso distretto ove
  ha  sede  il  giudice  competente  - Competenza territoriale - Foro
  derogatorio  -  Mancata previsione - Lamentata irragionevolezza con
  violazione del principio del giusto processo - Discrezionalita' del
  legislatore in materia - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod.  proc.  civ., artt. 18-36; legge 2 dicembre 1998, n. 420. art.
  9.
- Costituzione, artt. 3, 24, 101 e 111.
(GU n.27 del 11-7-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI
MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,
Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. da 18 a 35 del
codice  di  procedura  civile e 9 della legge 2 dicembre 1998, n. 420
(Disposizioni  per i procedimenti riguardanti i magistrati), promossi
con  ordinanze  emesse  il  27 ottobre  1999 dalla Corte d'appello di
Milano,  il  17 gennaio  2000 (n. 2 ordinanze) dal giudice istruttore
presso  il tribunale di Rimini, il 17 gennaio 2000 dal Presidente del
tribunale di Rimini e l'8 marzo 2000 dalla Corte d'appello di Milano,
rispettivamente  iscritte  ai  numeri  32,  148,  149,  150 e 209 del
registro  ordinanze  2000 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della
Repubblica numeri 8, 16 e 21, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di costituzione della R.C.S. Editori S.p.a., di
Luigi  Tosti  e  del  comune di Gazzada Schianno, nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 aprile 2001 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto che con ordinanza del 27 ottobre 1999, iscritta al n. 32
del  r.o.  del  2000,  la Corte d'appello di Milano - nel corso di un
giudizio   civile  d'impugnazione  contro  la  sentenza  con  cui  il
tribunale  di Milano aveva accolto la domanda proposta (anteriormente
all'entrata  in  vigore  dell'art. 30-bis  del  codice  di  procedura
civile,  introdotto  dall'art. 9 della legge 2 dicembre 1998, n. 420,
recante  "Disposizioni  per i procedimenti riguardanti i magistrati")
da  un  magistrato  in  servizio  nel  distretto di Milano contro una
societa'  editrice  di  un  quotidiano, per il risarcimento del danno
derivante  da diffamazione a mezzo stampa - ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  degli artt. da 18 a 35 cod. proc. civ.,
ritenendoli   in   contrasto   con   gli  artt. 3,  24  e  101  della
Costituzione,  nella  parte  in  cui  non  prevedono  che  quando sia
comunque   parte   in   causa  un  magistrato  dello  stesso  ufficio
dell'organo  giudicante  o  di  un ufficio dello stesso distretto, la
competenza  territoriale  spetti  al  giudice  del capoluogo di altro
distretto, analogamente a quanto dispongono per i procedimenti penali
l'art. 11  del  codice  di  procedura penale ed ora per quelli civili
l'art. 30-bis  cod.  proc. civ., introdotto dalla citata legge n. 420
del  1998  (che  peraltro, non essendo retroattivo, non si applica ai
giudizi promossi anteriormente alla sua entrata in vigore);
        che,  secondo  il  giudice  rimettente, tale irretroattivita'
rende  palese  la  disparita' di trattamento di fattispecie del tutto
simili e lede il principio della terzieta' del giudice;
        che   la   societa'  editrice  si  e'  costituita,  chiedendo
l'accoglimento della questione;
        che  e' intervenuto il Presidente dei Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per l'inammissibilita' o, comunque, l'infondatezza della
questione;
        che,  con  ordinanza  del 17 gennaio 2000, iscritta al n. 148
del  r.o.  del  2000,  il  giudice  istruttore presso il tribunale di
Rimini - nel corso di un giudizio per risarcimento del danno vertente
fra   due  magistrati  dello  stesso  ufficio  giudiziario,  promosso
anteriormente  all'entrata in vigore della legge n. 420 del 1998, che
ha  introdotto  l'art. 30-bis  cod.  proc.  civ.  -  ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3  e  111  Cost.,  questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt. da 18 a 36 cod. proc. civ. e dell'art. 9
della  legge  n. 420  del  1998,  nella  parte  in  cui non prevedono
l'applicabilita'  del  criterio  di  competenza  territoriale  di cui
all'art. 30-bis  cod.  proc.  civ. ai giudizi, nei quali sia parte un
magistrato, pendenti alla data della sua entrata in vigore;
        che, ad avviso del remittente, le norme impugnate contrastano
con  l'art. 111  della  Costituzione (perche' il principio del giusto
processo  vale  per  tutti  i  processi  civili,  anche  se  in corso
all'epoca  della  novella)  e  con  l'art. 3  della Costituzione (per
l'irragionevole   disparita'   di   trattamento   del   regime  della
competenza,  tra  cause riguardanti magistrati anteriori alla riforma
del  1998, per le quali il foro domestico e' passibile di sospetti di
parzialita', e cause successive, devolute ad un foro neutro esente da
tali sospetti);
        che  e' intervenuto il Presidente dei Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo   la  declaratoria  di  inammissibilita'  o,  comunque,  di
infondatezza della questione;
        che,  con  ordinanza  in  data  17 gennaio  2000, iscritta al
n. 149  del  r.o. del 2000, il giudice istruttore presso il tribunale
di  Rimini  -  nel  corso  di  un  giudizio di risarcimento dei danni
promosso  (anteriormente  all'entrata in vigore dell'art. 30-bis cod.
proc.  civ., introdotto dalla legge n. 420 del 1998) da un magistrato
dello  stesso  ufficio  giudiziario  -  ha  sollevato  d'ufficio,  in
riferimento  agli  artt. 3 e 111 Cost., una questione di legittimita'
costituzionale identica a quella sollevata con l'ordinanza registrata
al n. 148 del 2000;
        che  e' intervenuto il Presidente dei Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
formulando argomentazioni e conclusioni identiche a quelle presentate
nel giudizio di cui all'ordinanza citata;
        che,  con  ordinanza  del 17 gennaio 2000, iscritta al n. 150
del  r.o. del 2000, il Presidente del tribunale di Rimini - richiesto
da  un giudice di quel tribunale dell'autorizzazione ad astenersi per
gravi  ragioni  di  convenienza ex art. 51, secondo comma, cod. proc.
civ.,  in una causa di risarcimento dei danni promossa, anteriormente
all'entrata  in  vigore  dell'art. 30-bis  cod.  proc.  civ.,  da  un
magistrato  "all'epoca  dei  fatti"  in  servizio  presso  lo  stesso
tribunale - ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 111
Cost., una questione di legittimita' costituzionale identica a quella
sollevata con le ordinanze iscritte ai nn. 148 e 149 del 2000;
        che  e' intervenuto il Presidente dei Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
eccependo   l'inammissibilita'   della   questione   per  difetto  di
legittimazione del rimettente e per difetto di rilevanza;
        che  si  e' pure costituita la parte attrice del giudizio, in
relazione  al quale era stata avanzata la richiesta di autorizzazione
all'astensione,    che   ha   concluso   per   la   declaratoria   di
inammissibilita'   o,   comunque,  di  manifesta  infondatezza  della
sollevata questione;
        che,  con  ordinanza in data 8 marzo 2000, iscritta al n. 209
del  r.o.  del  2000,  la  Corte  d'appello  di Milano - premesso che
l'art. 30-bis  cod.  proc.  civ., data l'irretroattivita' della legge
n. 420  del  1998  che lo ha introdotto, non si applica ai giudizi in
corso  in  cui  sia  parte  un  magistrato; che la soggezione di tali
giudizi  alla disciplina previgente crea un'ingiustificata disparita'
di  trattamento tra soggetti aventi identica posizione processuale; e
che,  per  questi  profili, lo stesso giudice aveva gia' sollevato in
altro  giudizio,  con  l'ordinanza  iscritta  al  n. 32  del 2000, la
questione  di legittimita' costituzionale degli artt. da 18 a 35 cod.
proc.  civ., in riferimento agli artt. 3, 24 e 101 della Costituzione
-  ha  sospeso  il  giudizio  sino alla decisione della questione: in
seguito, gli atti sono pervenuti alla Corte costituzionale;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
eccependo  l'inammissibilita'  in quanto con l'ordinanza in esame non
e' stata sollevata alcuna questione di legittimita' costituzionale.
    Considerato   che   le  cinque  ordinanze  indicate  in  epigrafe
propongono, in riferimento a vari parametri costituzionali, la stessa
questione  di  legittimita'  costituzionale  e  possono quindi essere
riunite;
        che  l'ordinanza n. 150 del 2000 - pronunziata dal Presidente
del tribunale, in sede di provvedimento sulla richiesta di astensione
ex  art. 51  cod.  proc.  civ.  - e' manifestamente inammissibile, in
quanto  la  Corte  ha gia' altra volta affermato (ordinanza n. 35 del
1988) che il relativo procedimento non e' un "giudizio" ai fini degli
artt. 1  della  legge  cost.  9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87;
        che   rimane   conseguentemente   assorbito   il  profilo  di
inammissibilita'  concernente  l'eccepita  irrilevanza, ai fini della
decisione  sulla  richiesta  di  astensione,  della  disciplina della
competenza territoriale;
        che  l'ordinanza n. 209 del 2000 non ha rimesso espressamente
alla  Corte  la  questione  prospettata, ma ha solo rilevato che essa
gia' pende a seguito di altra ordinanza di rimessione emessa in altro
giudizio  pendente  avanti  allo  stesso  ufficio,  e  ha disposto la
sospensione del giudizio in attesa della sua definizione, dopo di che
gli  atti sono pervenuti alla Corte costituzionale, pur in assenza di
un formale provvedimento di trasmissione;
        che,  peraltro  -  non  essendo  stata la Corte sollecitata a
valutare  la  conformita'  di una norma ordinaria alla Costituzione -
non   puo'   ritenersi  proposto  un  vero  giudizio  incidentale  di
legittimita'  costituzionale, onde l'ordinanza risulta irricevibile e
gli  atti  devono  essere rinviati al giudice a quo (ordinanze n. 264
del 1995 e n. 9 del 1991);
        che  le  ordinanze  iscritte  ai nn. 148 e 149 dubitano della
conformita'  agli  artt. 3 e 111 della Costituzione e quella iscritta
al  n. 32  della  conformita'  agli  artt. 3,  24  e 101 Cost., della
disciplina  della competenza territoriale per le cause civili - nelle
quali  siano  comunque parti magistrati in servizio nel distretto ove
ha  sede  il giudice competente secondo i criteri ordinari - in corso
all'entrata  in vigore della legge n. 420 del 1998, che ha introdotto
nel  codice  di  procedura  civile  l'art. 30-bis, in quanto per tali
cause non e' previsto un foro derogatorio rispetto ai normali criteri
di competenza territoriale;
        che  -  ponendo  tale  questione  -  i giudici remittenti, in
sostanza,  censurano  l'esercizio da parte del legislatore del potere
discrezionale  di  determinare  il momento iniziale dell'applicazione
della  nuova  disciplina  della  competenza territoriale per le cause
civili in esame, ed in particolare la soluzione di lasciare i giudizi
in corso assoggettati alla disciplina previgente;
        che   -   in   linea   di  massima  -  la  scelta  in  ordine
all'applicabilita'  o  meno  di nuove norme processuali ai giudizi in
corso  rientra  nella  discrezionalita'  del  legislatore,  salvo  il
rispetto della ragionevolezza e degli altri principi costituzionali;
        che,  nel  caso  in esame, la scelta legislativa, valutata in
riferimento   all'art. 3   Cost.,  non  puo'  dirsi  irragionevole  o
discriminatoria, considerando - anche alla luce della regola generale
dell'irrilevanza   dei   mutamenti   della  legge  regolatrice  della
competenza  intervenuti  dopo  la  proposizione della domanda (art. 5
cod.  proc.  civ.) -  che la situazione dei processi pendenti, per la
varieta'  dello  stato  in cui potevano trovarsi, era intrinsecamente
diversa  da  quella  dei processi che sarebbero stati instaurati dopo
l'entrata in vigore della nuova disciplina;
        che  siffatta peculiarita' dei giudizi in corso mostra anche,
a  chiare  note,  l'infondatezza  della  censura  di  violazione  del
principio  del "giusto processo" di cui all'art. 111 Cost., in quanto
il loro generalizzato assoggettamento alla nuova regola - comportando
la   sopravvenuta   incompetenza   di   giudici  aditi  quando  erano
competenti,  l'eventuale  azzeramento dell'attivita' processuale gia'
svolta  e  la  conseguente  regressione  dello  stato  del giudizio -
avrebbe  potuto  talora risolversi nella lesione (e non nella tutela)
di  quel  principio,  come nei casi in cui di competenza non si fosse
mai  discusso  e  lo stato del processo avesse reso ormai conveniente
per le parti la suadefinizione in termini di "ragionevole durata";
        che,  in ordine agli artt. 24 e 101 Cost., l'ordinanza che li
invoca non fornisce alcuna motivazione;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. da  18  a 36 del codice di
procedura  civile  e  dell'art. 9 della legge 2 dicembre 1998, n. 420
(Disposizioni   per   i   procedimenti   riguardanti  i  magistrati),
sollevata,  in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal
Presidente  del  tribunale  di  Rimini  con  l'ordinanza  indicata in
epigrafe, iscritta al n. 150 del r.o. del 2000;
    Ordina  il  rinvio alla Corte di appello di Milano degli atti del
giudizio  cui si riferisce l'ordinanza indicata in epigrafe, iscritta
al n. 209 del r. o. del 2000;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. da  18  a 35 del codice di
procedura  civile,  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 101
della  Costituzione, dalla Corte di appello di Milano con l'ordinanza
indicata in epigrafe, iscritta al n. 32 del r.o. del 2000;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. da  18  a 36 del codice di
procedura  civile, e dell'art. 9 della legge 2 dicembre 1998, n. 420,
sollevata,  in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal
giudice  istruttore  presso  il  tribunale di Rimini con le ordinanze
indicate in epigrafe, iscritte ai numeri 148 e 149 del r.o. del 2000.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
01C0704