N. 302 ORDINANZA 12 - 25 luglio 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Valutazione  delle  prove  -  Prova indiziaria -
  Desumibilita'  di  fatti  da indizi "gravi, precisi e concordanti",
  anziche'  da  prove  certe - Assunto contrasto con il principio del
  giusto  processo e del contraddittorio tra le parti, con disparita'
  di   trattamento  tra  i  cittadini  e  violazione  della  liberta'
  personale - Manifesta inammissibilita' della questione.
- Cod. proc. pen., art. 192, comma 2.
- Costituzione, artt. 2, 3, 13 e 111.
(GU n.30 del 1-8-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo ZAGREBELSKY,Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI,
Guido NEPPI MODONA,Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Giovanni
Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 192, comma 2,
del   codice   di   procedura  penale,  promosso  nell'ambito  di  un
procedimento  penale  dal  tribunale di Roma, con ordinanza emessa il
13 giugno  2000,  iscritta  al  n. 653  del registro ordinanze 2000 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 20 giugno 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del 30 giugno 2000 il tribunale di
Roma,  in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 2,  3,  13  e 111 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 192,  comma  2,  del  codice  di  procedura
penale,  in  quanto  prevede che l'esistenza di un fatto possa essere
desunta da indizi;
        che  il rimettente premette di essere chiamato a giudicare un
soggetto  imputato  del  furto  di  un paio di occhiali, a carico del
quale  sono state raccolte mere prove indiziarie, non sufficienti per
ritenere  accertata  la condotta contestata e, in particolare, che la
res  furtiva  sia sicuramente identificabile negli occhiali, di marca
largamente diffusa, trovati in possesso dell'imputato;
        che   peraltro  il  giudice  a  quo  sostiene  che  la  prova
indiziaria,  formalmente introdotta solo nel vigente codice di rito -
essendo nel sistema del precedente codice un prodotto di elaborazione
giurisprudenziale  -,  e' epistemologicamente inappagante, posto che,
alla  stregua  degli  approdi  cui  e'  pervenuta  la filosofia della
scienza  in  materia, l'esistenza di un fatto non potrebbe mai essere
desunta  da  indizi,  quand'anche  "gravi,  precisi  e  concordanti",
essendo  invece  a  tal  fine  necessario  procedere  "non  solo alla
verifica  dei  dati  ma alla loro rigorosa falsificazione, in prova e
controprova   attraverso  la  processazione  di  ulteriori  dati  che
potrebbero  scalfire  l'ipotesi base", cosi' da realizzare un sistema
di  accertamento giudiziale basato unicamente "su prove (non indizi),
sicure e fortissime", e, soprattutto, su "prove scientifiche";
        che,  secondo  il  rimettente, stanti tali premesse, la norma
impugnata  sarebbe  in  contrasto  con l'art. 111 [primo comma] della
Costituzione,  nella  nuova  formulazione  recata dalla recente legge
costituzionale,  che,  affermando  il  principio  del giusto processo
nell'attuazione  della  giurisdizione,  implica  non  solo l'esigenza
della  parita'  tra  le  parti  ma anche l'adozione di un criterio di
rigorosa valutazione delle prove a carico degli imputati: "ad evitare
ogni  forma di alea che comprometta la parita' dei cittadini imputati
di  fronte  alla  legge, avendo tutti il diritto di avere il processo
per  prove forti, che portino davanti a qualunque giudice al medesimo
risultato, e non per indizi";
        che  a  tale conclusione dovrebbe pervenirsi anche sulla base
dell'ulteriore  disposizione  [secondo  comma] del medesimo art. 111,
che  impone  lo  svolgimento  del processo nel contraddittorio tra le
parti,   in   condizioni  di  parita',  davanti  a  giudice  terzo  e
imparziale,  atteso  che  la imparzialita' e terzieta' del giudice e'
assicurata  solo  da  un  "sistema  probatorio  scientifico [...] che
salvaguardi  i  processi  da pure ricostruzioni logiche (indiziarie e
congetturali)";
        che,  inoltre,  il  processo  indiziario,  non  garantendo la
"certezza  del  diritto  e  della  prova",  non assicurerebbe nemmeno
l'eguaglianza  dei  cittadini  davanti  alla  legge,  con conseguente
lesione  dell'art. 3  Cost.,  dato  che  la garanzia dell'eguaglianza
"nasce proprio dal rigore del metodo epistemologico";
        che,  infine,  potendo  la  prova  indiziaria  "compromettere
ingiustamente  la liberta'" dei sottoposti al processo per effetto di
carcerazioni  preventive  anche lunghe, sarebbe ravvisabile, a parere
del rimettente, anche la lesione degli artt. 2 e 13 Cost;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in
subordine, infondata.
    Considerato   che,   a  prescindere  da  ogni  valutazione  sulla
esattezza delle concezioni "epistemologiche" illustrate dal giudice a
quo,  la richiesta soppressione della norma impugnata non condurrebbe
a eliminare la prova indiziaria dal panorama conoscitivo del processo
penale;
        che,   infatti,   la  prova  indiziaria,  compenetrata  nella
risalente  tradizione processuale, non solo italiana, costituiva gia'
legittimo  fondamento del convincimento del giudice nella vigenza del
codice di rito abrogato, come riconosce lo stesso rimettente;
        che  con  l'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. il legislatore
del   1988   ha   solo  inteso  porre  dei  limiti  al  discrezionale
apprezzamento dei dati indiziari, introducendo un parametro legale di
valutazione  probatoria  analogo  a  quello recato dall'art. 2729 del
codice civile (v. relazione prog. prel., p. 61);
        che,  pertanto,  l'accoglimento della questione, risolvendosi
nella   soppressione   di  tale  regola  limitativa,  produrrebbe  un
risultato  antitetico  a  quello  perseguito  dal  giudice  a quo, in
contraddizione con le sue premesse argomentative;
        che,  per  di  piu',  il  rimettente illustra gli elementi di
prova  a  carico  dell'imputato  in modo da lasciare intendere che si
tratta   di   indizi   non   concludenti   per  una  affermazione  di
colpevolezza,   sicche'   la   eliminazione  della  norma  impugnata,
contrariamente  a  quanto  puntualizzato nell'ordinanza, non potrebbe
incidere sul contenuto della sua decisione;
        che  sotto  entrambi  i  profili  la  questione  e'  pertanto
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 192,  comma  2, del codice di
procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 111
della   Costituzione,  dal  tribunale  di  Roma  con  l'ordinanza  in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 25 luglio 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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