N. 641 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 2000
Ordinanza emessa il 30 settembre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze sul ricorso propostoda associazione professionale avvocati Burelli e Corsi contro D.R.E. Toscana - sez. Firenze. Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP) - Disciplina - Riferimento ad una astratta ed ipotetica capacita' economica del contribuente - Non deducibilita' dalla base imponibile delle spese per dipendenti e collaboratori - Assimilazione dei redditi di lavoro autonomo ai redditi di impresa - Lesione del principio di eguaglianza Violazione del principio di riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte - Contrasto con il principio di capacita' contributiva - Lesione della tutela del lavoro. - D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446; d.m. 5 maggio 1998. - Costituzione, artt. 3, 23, 35, 53 e 77.(GU n.35 del 12-9-2001 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 4848/99 depositato il 20 dicembre 1999, avverso S/Rif suI. Rimb n. 10 febbraio 1999 - IRAP, 98 contro D.R.E. Toscana (Sez. Firenze); proposto da: ass. prof. avv. Eleonora Burelli e avv. Vanna Corsi V. Corsi Burelli Eleonora quale legale rappresentante residente a Firenze (FI), in Via dell'Anguillara, 18; difeso da: Sardi rag. Paolo, residente a Firenze (FI), in via Castelfidardo n. 47. La commissione, premesso che le ricorrenti Burelli Eleonora e Vanna Corsi hanno impugnato il silenzio rifiuto opposto dalla direzione regionale delle Entrate per la Toscana in merito alla istanza presentata in data 10 febbraio 1999 per il rimborso della imposta IRAP pagata per l'anno 1998 di complessive L. 3.904.000, contestando l'illegittimita' del silenzio dell'ufficio nonche' la incostituzionalita' della norma che disciplina l'imposta IRAP, per violazione degli articoli 3, 35, 53 e 76 della Costituzione, ritenuto che la questione di costituzionalita' e' rilevante ed anzi essenziale ai fini della decisione, e che appare non manifestatamente infondata per i seguenti Motivi di diritto E' pacifico come l'imposta contestata non colpisca il reddito o il patrimonio poiche' il suo presupposto e' l'esercizio abituale di una attivita' autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Non e' infondato affermare pertanto come il parametro costituzionale della capacita' contributiva non appaia correttamente osservato, perche' non rileva ai fini del tributo la capacita' contributiva reale e concreta (probabilmente la sola cui logicamente dovrebbe riferirsi la norma di cui all'art. 53 Cost.) bensi' una capacita' contributiva astratta ed ipotetica determinata secondo una combinazione di fattori, non sempre logici, dettata dalla norma istitutiva. Come e' noto, infatti l'Irap non e' connessa ne' al reddito, ne' al consumo, ne' al patrimonio, il suo presupposto e' invece costituito "dall'esercizio abituale di un'attivita' autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi". Relativamente a tale imposta e' stata operata di fatto una equiparazione fra il reddito di impresa e il reddito di lavoro autonomo, (e l'equiparazione e' molto stretta se si pensa che i redditi derivanti da tali attivita' sono stati assoggettati alla medesima aliquota), ed al proposito si appalesano estremamente, deboli le argomentazioni della amministrazione che nella propria memoria difensiva giustifica il tributo perche' sostitutivo di altri e cio' per la semplice ma decisiva considerazione che con l'introduzione dell'Irap si e' inteso sostituire alcuni prelievi senz'altro non applicabili ai lavoratori autonomi quali l'imposta patrimoniale e l'imposta locale sui redditi. Se dunque appare sul piano del principio di eguaglianza poco compatibile equiparare esercizio d'arte o professione e attivita' di impresa, per converso e' palese la penalizzazione, completamente prescindendo da qualsiasi riferimento reddituale, del lavoro autonomo rispetto a quello dipendente. Altro non meno rilevante profilo di costituzionalita' si potrebbe trarre dalla regolamentazione delle indeducibilita': e' noto infatti come la normativa sull'Irap non consente la deducibilita' del costo del lavoro tanto subordinato che para-subordinato, ed inoltre, la suddetta imposta, pur essendo inerente l'attivita' non e' deducibile dal reddito IRPEF, di modo che si ha una imposizione fiscale anche su importi costituenti costi certi (in pratica si paga l'imposta su redditi di altri) e dovuti, o in base ai contratti collettivi di lavoro o in base alle altre norme tributarie. Ed allora appare anche di indubbia consistenza l'osservazione che la struttura dell'imposta in parola violerebbe l'art. 35 della Costituzione relativamente alla tutela del lavoro prevedendo l'esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro dipendente e para-subordinato, favorendo di fatto quindi l'investimento in strumentali a scapito dell'investimento nel fattore lavoro. Appare confliggere con il principio di eguaglianza anche la circostanza che il lavoro dipendente sia esente da tale imposta e d'altra parte la stessa Corte costituzionale fin dalla sentenza 26 marzo 1980, n. 42, in giur. della costituzione 1980, I, 287, ha messo in guardia il legislatore (all'epoca era in discussione la legittimita' costituzionale dell'Ilor) dal giustificare la diversita' dal lavoro dipendente da quelloautonomo, quando questa non si rifletta in termini di differenziazione di capacita' contributiva a parita' di base imponibile. Non manifestamente infondata appare poi la violazione dell'art. 23 della Costituzione in reazione alla riserva di legge per l'imposizione di prestazioni personali e patrimoniali: la commissione ricorda bene che la stessa Corte ha insegnato come detta riserva sia, "... relativa, essendo sufficiente che la legge delimiti l'ambito discrezionale della p.a., al fine di evitare arbitri ...", (Corte costituzionale 10 giugno 1994, n. 236) pero' da una lettura priva, di apriorismi preconcetti dell'art. 45 della legge istitutiva dell'Irap e del conseguente decreto ministeriale 5 maggio 1998 si intende chiaramente, a parte la considerazione di fatto che i limiti sono tali da far risultare di fatto inapplicabile la riduzione dell'acconto, che il regolamento stesso non disciplina modalita' applicative, ma indica veri e propri criteri impositivi, violando la riserva di legge. Conseguenza di cio' e', fra l'altro, che vi sia una aliquota generalizzata dell'imposta in esame al 4.25%,con palese sostanziale violazione del principio di progressivita' (art. 53 Cost.).
P. Q. M. Ordina la rimessione alla Corte costituzionale degli atti ritenendo non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere la questione di costituzionalita' del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e per quanto occorrer possa del decreto ministeriale 5 maggio 1998 emanato ai sensi dell'art. 45, comma 3 e 4 del predetto decreto legislativo in relazione agli articoli 3, 23, 35, 53 e 77 della Carta costituzionale; Sospende il presente giudizio fino alla decisione della Corte; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti, al sig. Presidente del Consiglio dei ministri e che venga comunicata al sig. Presidente del Senato della Repubblica e al sig. Presidente della Camera dei deputati. Deciso in Firenze addi' 30 settembre 2000. Il Presidente estensore: Puliga 01C0861