N. 699 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 giugno 2001

Ordinanza  emessa  il  13  giugno  2001  dal tribunale amministrativo
regionale  della Campania sul ricorso proposto da Falvo Sergio contro
Ministero delle finanze

Impiego  pubblico  -  Sospensione  cautelare  a  seguito  di condanna
  penale,  anche non definitiva, per determinati delitti - Efficacia,
  salvo il caso di sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche
  non  definitiva,  fino  alla  prescrizione  del  reato  - Lamentata
  eccessiva  durata  -  Irragionevolezza  -  Incidenza sul diritto al
  lavoro  e  sul  diritto  di  difesa  -  Lesione  dei  principi' del
  carattere  rieducativo della pena e della tutela del lavoratore, di
  adeguatezza e proporzionalita' della retribuzione, di imparzialita'
  e buon andamento della pubblica amministrazione.
- Legge 27 marzo 2001, n. 97, art. 4.
- Costituzione, artt. 3, 4, 24, 27, 35, 36 e 97.
(GU n.38 del 3-10-2001 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 5290/2001
proposto  da:  Falvo  Sergio,  rappresentato e difeso dall'avv. R. De
Giacomo con cui domicilia in Napoli, v. T. Camaino n. 6;
    Contro   il  Ministero  delle  finanze,  in  persona  del  legale
rappresentante  pro  tempore,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato, con cui domicilia in Napoli, alla v. Diaz
n. 11;
    Per l'annullamento:
        del  provvedimento  n. 24002/P  del 18 aprile 2001 recante la
sospensione dal servizio ai sensi dell'art. 4 della legge n. 97/2001;
        del  foglio  di via del 19 aprile 2001 che ha dato esecuzione
alla sospensione cautelare di cui sopra;
    Visti tutti gli atti di causa;
    Uditi  all'udienza del 13 giugno 2001 - rel. A. Pagano - gli avv.
come da verbale di udienza;
             Ritenuto in fatto e considerato in diritto
    1. - Con  il  presente  ricorso,  notificato  l'8  maggio  2001 e
depositato il 21 maggio 2001, Falvo Sergio, militare della Guardia di
finanza,  si  duole  che  l'amministrazione  di appartenenza lo abbia
sospeso dal servizio ai sensi dell'art. 4 della legge n. 97/2001.
    Articola  pertanto,  tre  motivi  di  gravame  con  cui deduce la
violazione di legge (legge n. 97/2001; legge n. 241/1990) e l'eccesso
di potere sotto molteplici profili.
    2. - Resiste l'amministrazione.
    3. - All'udienza  camerale indicata, la causa e' stata trattenuta
in decisione.
    4. - Osserva  il  collegio  che  rilevante  e  non manifestamente
infondata  e'  la  questione  di  costituzionalita' dell'art. 4 della
legge n. 97/2001.
    Nella  presente  fattispecie,  il  ricorrente  Falvo si duole che
l'amministrazione gli abbia comminato la sospensione prevista da tale
normativa,  a seguito della sua condanna, non definitiva, pronunciata
nell'ottobre  2000  dalla Corte di appello di Napoli, per il reato di
concussione aggravata.
    La  questione  e',  innanzitutto, rilevante atteso che la novella
recata  dalla legge n. 97/2001 si applica, contrariamente a quanto si
sostiene nel gravame, anche al ricorrente.
    Si  afferma  infatti  che  l'amministrazione  finanziaria avrebbe
applicato  in  modo  retroattivo,  una  disposizione  posteriore alla
condanna de qua.
    Soccorre,  in argomento, il chiaro disposto dell'art. 10, recante
la  normativa  transitoria,  ove  si  afferma  (primo  comma)  che le
disposizioni  della  presente  legge  si  applicano  ai  procedimenti
penali,   ai  giudizi  civili  e  amministrativi  e  ai  procedimenti
disciplinari  in  corso  alla  data  di entrata in vigore della legge
stessa.
    Nel  caso  in esame, il procedimento penale a carico del Falvo e'
in  corso,  atteso  che,  come  si  afferma  nel  gravame,  e'  stato
interposto  ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di
appello.
    Parimenti  infondata  e'  la  censura  con la quale si assume che
l'amministrazione,  irrogando una precedente sospensione dal servizio
al  Falvo,  avrebbe  consumato  il  relativo  potere,  atteso  che il
precedente  periodo di sospensione ha coperto l'intero quinquennio di
cui all'art. 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19.
    Per   contro,  si  deve  osservare  che  la  disposizione  recata
dall'art. 4  della legge n. 97/2001 e' di maggiore ampiezza temporale
perdendo  efficacia  decorso  un  periodo  di  tempo pari a quello di
prescrizione del reato.
    Il  periodo  di sospensione va quindi computato in quindici anni,
dovendolo  appunto rapportare alla prescrizione di un reato, quale la
concussione.
    Non  e'  infine  accoglibile  la  censura  di  omesso  avvio  del
procedimento  ex  lege n. 241/1990: siamo, infatti, in presenza di un
effetto  della  sentenza penale che si riverbera in modo automatico e
vincolante sul rapporto di servizio.
    Deve  quindi  dedursi che la fattispecie sottoposta all'esame del
Tribunale  amministrativo  regionale  sia  regolata dall'art. 4 della
legge  n. 97/2001:  diviene  allora  essenziale  l'esame della norma,
sotto    il   profilo   della   sua   sospetta   incostituzionalita',
introducendosi   la  relativa  questione  che  il  tribunale  solleva
d'ufficio.
    Vari sono i parametri della Carta costituzionale che il tribunale
ritiene  invocabili:  gli  articoli  3,  4,  24, 27, 35, 36, 97 della
Costituzione.
    In  particolare,  il  parametro  principale  e'  costituito dalla
ragionevolezza  del  bilanciamento  operato  dal  legislatore  fra le
esigenze   di   buon   andamento   ed  imparzialita'  della  pubblica
amministrazione   e   tutela   dei  diritti  compressi  dalla  misura
cautelare.
    La Corte costituzionale gia' si e' espressa in argomento (sent. 3
giugno  1999 n. 206), rilevando che l'art. 15, comma 4-septies, della
legge  19  marzo  1990,  n. 55, e' costituzionalmente legittimo nella
parte  in  cui  stabilisce  che  i  dipendenti  delle amministrazioni
pubbliche  i  quali abbiano riportato condanna, anche non definitiva,
per determinati delitti, siano sospesi immediatamente dall'ufficio.
    La  pronuncia  e'  particolarmente  pertinente in quanto la legge
n. 97/2001,  oltre  che per altre fondamentali esigenze, quali quella
di  contemperare  alcuni  aspetti  di  rilievo  pubblicistico  con la
disciplina    privatizzata    del    lavoro   presso   le   pubbliche
amministrazioni,  ex  decreto  legislativo  n. 29/1993  (ora  decreto
legislativo  16  del  30  marzo  2001),  e'  intervenuta  proprio per
reinserire  una  norma  di  portata  analoga  a  quella  dell'art. 15
summenzionato,  attesa  la  sua abrogazione ad opera del TUEL (d.lgs.
n. 267/2000).
    L'abrogazione, disposta nel TUEL (salvo per cio' che riguarda gli
amministratori  e i componenti degli organi delle aziende sanitarie e
ospedaliere e i consiglieri regionali), ha comportato, infatti, anche
l'effetto  di  eliminare  la  sospensione  automatica  dei dipendenti
pubblici, ponendo la necessita' di riformulazione della norma.
    Dall'esame  della  sentenza n. 206/1999 si evince che la Corte ha
svolto  il  suo esame limitatamente alla compatibilita' dell'art. 15,
comma  4-septies,  citato,  in  relazione  alla  condanna  per  reato
associativo di stampo mafioso.
    Dallo  scrutinio  svolto, la Corte ha, in sintesi, dedotto che la
gravita'  di  quel  reato  abilita  il legislatore, senza lesione del
principio di ragionevolezza, a prevedere misure cautelari automatiche
per  il  dipendente  della  p.a.,  condannato  anche  se  non  in via
definitiva.
    Ad  avviso  di questo tribunale, la sentenza della Corte ha pero'
altresi'  indicato  l'ipotesi  estrema,  oltre la quale la lesione di
quel principio non si pone come manifestamente infondata.
    Ed   infatti  la  condanna  di  un  dipendente  di  una  pubblica
amministrazione   per  un  delitto  riconducibile  alla  criminalita'
organizzata    appare    quanto    di    piu'   destabilizzante   per
l'amministrazione  stessa,  considerato,  da  un  lato,  il carattere
tendenzialmente irretrattabile della partecipazione alle associazioni
di  stampo  mafioso,  dall'altro, la peculiarita' di queste ultime di
porsi   in   senso   antagonista   alle  istituzioni,  con  modalita'
permanente.
    Se  quindi il principio di ragionevolezza -- principio "assoluto"
fra  i  valori  costituzionali  -- non puo' dirsi vulnerato in quella
ipotesi estrema, la tematica del bilanciamento razionale fra esigenze
sembra  porsi  in  fattispecie,  quale quella in esame, ove l'attuale
ricorrente  e'  stato  si'  condannato  per  un  reato di particolare
gravita'  (art. 317  c.p.)  ma tale episodio criminoso, almeno stando
all'imputazione,  e'  scollegato  ad  ambienti stabilmente criminali,
deve  ritenersi  realizzato  uno  actu  ed  ha  gia'  determinato una
sospensione  quinquennale  (senza,  a  quanto risulta, vi siano stati
apprezzamenti negativi per la condotta del Falvo).
    Sempre  dalla  sentenza n. 206/1999 si apprende che vi sono delle
ipotesi  in cui non e' irragionevole la discrezionalita' demandata al
legislatore   di   identificare   ipotesi  circoscritte  nelle  quali
l'esigenza  cautelare  e'  apprezzata  in  via  generale ed astratta,
tuttavia,  trattandosi  della  valutazione  di interessi strettamente
legati  alla  attivita'  amministrativa,  non v'e' dubbio che, in via
ordinaria,  debba  essere  la  stessa  amministrazione  a compiere il
relativo  apprezzamento,  con  riguardo alle caratteristiche del caso
concreto.
    La  Corte,  da  sempre  attenta a limitare gli effetti automatici
sostanzialmente   sanzionatori,   dovra'   inoltre   valutare  se  la
discrezionalita' del legislatore nel determinare per legge il periodo
di   sospensione  dal  servizio  sia  stata  razionalmente  esplicata
nell'art. 4   della  legge  n. 97/2001  ove,  come  gia'  notato,  la
sospensione  si  rapporta  ad  un  periodo di tempo, pari a quello di
prescrizione  del  reato, e percio' di durata quanto mai lunga, tanto
da  dubitarsi  che  la  stessa  abbia  il  carattere di provvedimento
fondato su "esigenze cautelari".
    Il   presente   processo   va  quindi  sospeso,  disponendosi  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Con  distinta  ordinanza e' disposto l'accoglimento della domanda
cautelare    per    il   solo   tempo   necessario   all'espletamento
dell'incidente di costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 4,  legge  27 marzo 2001, per
contrasto   con  gli  articoli  3,  4,  24,  27,  35,  36,  97  della
Costituzione.
    Ordina,  ai  sensi dell'art. 23 della legge 12 marzo 1953, n. 87,
che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia notificata
alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che
la  stessa  venga  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere del
Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Napoli,  addi' 13 giugno 2001, nella camera di
consiglio del Tribunale amministrativo regionale della Campania.
                       Il Presidente: Coraggio
                           Il consigliere relatore estensore: Pagano
01C0920