N. 40 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 ottobre 2001

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale della Regione
Emilia Romagna, depositato in cancelleria il 18 ottobre 2001

Protezione civile - Disciplina recata dal decreto-legge n. 343/2001 -
  Soppressione  dell'Agenzia  di  protezione  civile  e trasferimento
  delle relative funzioni ad apparati puramente governativi - Mancata
  consultazione  preventiva della Conferenza Stato-Regioni in fase di
  adozione  del  decreto-legge,  senza  indicazione  di  ragioni  che
  possano   giustificare  la  consultazione  successiva  in  sede  di
  conversione   -  Abolizione  dei  meccanismi  di  collaborazione  e
  partecipazione    nella    gestione    della   protezione   civile,
  precedentemente  assicurati  alle  Regioni  attraverso  l'Agenzia -
  Denunciata  violazione  del  principio  di leale collaborazione tra
  Stato  e Regioni, in relazione sia al procedimento di adozione, sia
  ai  contenuti normativi del decreto-legge censurato - Contrasto con
  il principio di progressiva attuazione delle autonomie.
- D.l.  7 settembre 2001, n. 343, artt. 1, comma 1, lett. e) ed f), 4
  e 5.
- Costituzione,  artt.  5,  117 e 118; d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281,
  art. 2, commi 4 e 5.
Protezione civile - Disciplina recata dal decreto-legge n. 343/2001 -
  Poteri   di   coordinamento   in   materia  Attribuzione,  dopo  la
  soppressione  dell'Agenzia di protezione civile, al solo Presidente
  del  Consiglio  dei  ministri  -  Denunciata  violazione dei limiti
  relativi   alle  funzioni  statali  di  indirizzo  delle  attivita'
  regionali.
- D.l. 7 settembre 2001, n. 343, art. 5, commi 1 e 2.
- Costituzione, artt. 95, 117 e 118.
Protezione civile - Disciplina recata dal decreto-legge n. 343/2001 -
  Ripristino   in   capo   al   Corpo  forestale  dello  Stato  delle
  attribuzioni  di  cui  al  d.lgs. n. 804/1948, gia' trasferite alle
  Regioni  -  Denunciata  riappropriazione unilaterale di funzioni da
  parte   dello   Stato   -   Violazione   del   principio  di  leale
  collaborazione  e  delle  norme  poste dalla legge n. 59/1997 e dai
  decreti legislativi nn. 143/1997 e 112/1998.
- D.l. 7 settembre 2001, n. 343, art. 7.
- Costituzione, artt. 5 e 118.
Protezione civile - Disciplina recata dal decreto-legge n. 343/2001 -
  Denunciata  carenza  dei  presupposti  di  necessita'  e  urgenza -
  Asserita  incongruita' e contraddittorieta' delle ragioni enunciate
  nel  preambolo  dell'atto  e  ritenuta  inesistenza  di  fatto  dei
  presupposti  evocati  dal  Governo per giustificare il ricorso alla
  decretazione d'urgenza.
- D.l. 7 settembre 2001, n. 343, artt. 1, comma 1, lett. e) ed f), 4,
  5 e (in particolare) 7.
- Costituzione, artt. 77, 117 e 118.
(GU n.45 del 21-11-2001 )
    Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna in persona del Presidente
della  Giunta  pro-tempore,  autorizzato  con  delibera  della Giunta
regionale  1  ottobre 2001, n. 2000 (doc. 1), rappresentata e difesa,
come  da procura notarile del 2 ottobre 2001, n. rep. 45478 (doc. 2),
rogata   dal   dott.  Federico  Stame  di  Bologna,  dal  prof.  avv.
Giandomenico  Falcon  di  Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio  eletto  presso  l'avv.  Manzi, in via Confalonieri n. 5, a
Roma;
    Contro   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  per  la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale del decreto-legge 7
settembre  2001,  n. 343,  disposizioni  urgenti  per  assicurare  il
coordinamento  operativo  delle  strutture preposte alle attivita' di
protezione  civile,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  -  serie
generale,  n. 210  del 10 settembre 2001, nella parte in cui sopprime
l'Agenzia  di  protezione  civile,  trasferendone  le  funzioni  agli
apparati  governativi,  nonche'  nella  parte  in  cui tiene ferme le
attribuzioni  di  cui  al  d.lgs. n. 804 del 1948, con riferimento in
particolare alle seguenti disposizioni:
    art. 1,  comma 1, lett e) e lett. f); art. 4; art. 5; art. 7; per
violazione  degli  artt. 5,  95,  117  e  118 della Costituzione; del
principio  di  leale collaborazione fra Stato e regioni; dell'art. 2,
commi 4 e 5, d.lgs. n. 281 del 1997; dell'art. 77 della Costituzione,
per i profili e nei modi di seguito illustrati.

                              F a t t o

    Il  presente  ricorso  investe la legittimita' costituzionale del
decreto-legge  n. 343 del 2001, contenente disposizioni in materia di
protezione  civile.  Come noto, l'espressione "protezione civile" non
compare espressamente nell'elenco dell'art. 117. Tuttavia, la materia
vi  e'  ugualmente  compresa, in quanto non si tratta propriamente di
una  materia  a  se  stante,  ma piuttosto (v. per tutti sui punto M.
Malo,  Protezione civile regionale, in Regioni n. 4/1993, 1140 s.) di
un  insieme  di  funzioni  "trasversale"  rispetto  a diverse materie
regionali, quali l'agricoltura e foreste, la beneficenza pubblica nel
suo   attuale  significato  di  protezione  sociale,  la  viabilita',
acquedotti  e lavori pubblici di interesse regionale e l'urbanistica,
la  cui  nozione  aggiornata  comprende  pacificamente  la tutela del
territorio.
    Si   tratta   dunque   di  materia  rientrante  nelle  competenze
legislative  ed  amministrative  delle regioni a statuto ordinario, e
per quanto qui interessa della Regione Emilia-Romagna, ai sensi degli
artt. 117 e 118 della Costituzione.
    La  competenza  regionale  in materia e' stata riconosciuta anche
dalla  legge  quadro  sulla  protezione civile (v. in particolare gli
artt. 6,  8,  comma 3, 9, comma 3, e 12 della legge n. 225 del 1992);
del  resto,  codesta  Corte  costituzionale  ha chiarito (nella sent.
n. 418  del  1992,  in Regioni, n. 4/1993, 1120 ss, n. 4 del Diritto)
che  la protezione civile consiste in un "complesso di attivita' che,
relativamente   al   fine  di  tutelare  da  eventi  calamitosi  beni
fondamentali  degli  individui  e della collettivita', potenzialmente
coinvolgono  l'intero  arco  dell'azione delle amministrazioni, degli
enti e delle istituzioni presenti sul territorio"
    La  ripartizione di funzioni fra Stato, regioni ed enti locali e'
stata  poi ridefinita dagli artt. 107 ss. del d.lgs. n. 112 dei 1998.
Giova  qui ricordare, in particolare, che tale decreto ha affidato al
centro  molte  funzioni  di  interesse comune del sistema, per il cui
esercizio  e'  stato  previsto  lo  strumento  dell'intesa tra Stato,
regioni  e  enti  locali,  da  raggiungersi  in  sede  di  conferenza
unificata  (art. 107,  comma 2), mentre per altre funzioni statali e'
prevista  l'intesa  con  le  regioni  interessate (art. 107, comma 1,
lett. b, c, f n. 2).
    Con  il  d.lgs. n. 300 del 1999 l'organizzazione di tali funzioni
"statali",  che  in  definitiva  corrisponde  al  governo dell'intero
sistema,  ha trovato il proprio baricentro nell'agenzia di protezione
civile,   "dotata   di   personalita'   giuridica   e   di  autonomia
regolamentare, amministrativa, finanziaria, patrimoniale e contabile"
(art. 79).  Ad  essa sono stati assegnati, con tale disposizione, "le
funzioni  ed  i compiti tecnico-operativi e scientifici in materia di
protezione  civile  svolti  dalla direzione generale della protezione
civile  e  dei  servizi  antincendi  del  ministero dell'interno, dal
dipartimento  della  protezione  civile,  gia'  istituito  presso  la
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  e  dal  servizio  sismico
nazionale".  I  seguenti  articoli  80,  81  e  82 del decreto n. 300
disciplinavano  la  vigilanza,  i  compiti e gli organi dell'Agenzia,
mentre  l'art. 83  ridisciplinava  la  "commissione  nazionale per la
previsione e la prevenzione dei grandi rischi e il comitato operativo
della  protezione  civile  di  cui  agli  articoli 9 e 10 della legge
24 febbraio 1992, n. 225".
    Il  modello  organizzativo  dell'agenzia,  al  quale  apparteneva
l'Agenzia  di protezione civile, da' vita a strutture che, secondo le
previsioni  del  citato  decreto  legislativo,  "svolgono attivita' a
carattere   tecnico-operativo   di   interesse   nazionale,  in  atto
esercitate  da  ministeri ed enti pubblici". In particolare, per quel
che  qui  interessa, le agenzie che "hanno piena autonomia nei limiti
stabiliti  dalla  legge"  "operano  al servizio delle amministrazioni
pubbliche,  comprese anche quelle regionali e locali" (art. 8 d. lgs.
n. 300/1999).
    Il  collegamento  tra  l'assetto dato alla materia con il decreto
legislativo  n. 112  del  1998  e  lo  strumento dell'Agenzia risulta
evidente dall'enunciazione dei compiti di questa, a partire dal primo
di essi consistente appunto nella "formulazione degli indirizzi e dei
criteri  generali,  di  cui  all'art. 107,  comma 1, lettera a) e f),
n. 1,  e  all'art. 93,  comma 1, lett. g), del decreto legislativo 31
marzo  1998,  n. 112,  da  sottoporre  al  ministro  dell'interno per
l'approvazione del Consiglio dei ministri".
    Dalla  disciplina  generale  delle  agenzie e da quella specifica
dell'Agenzia  di  protezione  civile risulta che con l'istituzione di
questa si perseguivano essenzialmente tre obiettivi:
        1)  unificare  la  gestione  di  funzioni  svolte  da diversi
apparati statali;
        2)  assicurare  l'autonomia  tecnica  della  gestione di tali
funzioni rispetto agli apparati ministeriali;
        3)   assicurare  il  coinvolgimento  delle  Regioni,  il  che
avveniva   non   solo   in   virtu'  delle  caratteristiche  generali
dell'Agenzia  (che,  come  detto,  operava  anche  a  servizio  delle
amministrazioni  regionali)  ma  anche perche' - come si vedra' - gli
artt. 79 ss. del d.lgs. n. 300/1999 prevedevano diversi meccanismi di
coordinamento, di tipo sia organizzativo che operativo.
    E'   stato   cosi'   progressivamente  costruito,  con  la  piena
collaborazione  ed  accordo  delle  Regioni,  un modello condiviso di
amministrazione  "centrale" ma non esclusivamente statale, imperniato
su  uno  strumento  tecnico  costituente  al tempo stesso una sede di
cooperazione tra le diverse istituzioni territoriali protagoniste del
sistema di protezione civile.
    Il  decreto  legge n. 343 del 2001, qui impugnato, interviene ora
inopinatamente  a  sconvolgere l'assetto, unilateralmente sopprimendo
l'Agenzia   di   protezione  civile  e  restaurando  il  ruolo  della
Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'interno.
    Precisamente,  l'art. 1 del decreto n. 343 sopprime l'intero capo
del   decreto  n. 300  relativo  all'Agenzia  di  protezione  civile;
l'art. 4   stabilisce  che  "tutti  i  riferimenti  alla  Agenzia  di
protezione   civile,  gia'  prevista  dall'articolo  79  del  decreto
legislativo  30  luglio  1999,  n. 300,  contenuti nella legislazione
vigente  si  intendono  effettuati  al  Dipartimento della protezione
civile";  l'art. 5  elenca le competenze del Presidente del Consiglio
dei  ministri  in  materia  di  protezione  civile. L'art. 7, infine,
dispone che "nelle materie oggetto del presente decreto restano ferme
le attribuzioni di cui al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804",
concernente il corpo forestale dello Stato.
    Il  d.l.  qui  impugnato,  dunque,  da un lato riattribuisce agli
apparati  puramente  statali  le funzioni gia' assegnate all'Agenzia,
travolgendo  al  tempo  stesso  il carattere "comune" dello strumento
organizzativo  e  i  meccanismi di collaborazione tra Stato e Regioni
che   in  esso  trovavano  sede  ed  espressione;  mentre  dall'altro
riafferma la tradizionale configurazione statale del Corpo forestale:
in  entrambe  le  direzioni realizzando una compressione ed invasione
della   sfera   di   competenza   delle  Regioni,  costituzionalmente
illegittima per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    1.  -  Violazione degli artt. 5, 117 e 118 Cost. del principio di
leale  collaborazione  e  dell'art  2, commi 4 e 5, d.lgs. n. 281 del
1997 per il mancato coinvolgimento delle Regioni.
    Ad  avviso  della  ricorrente  Regione risulta in primo luogo non
conforme  a  Costituzione  la circostanza stessa che il Governo abbia
proceduto  all'emanazione  del decreto-legge qui impugnato in difetto
di qualunque forma di consultazione delle Regioni, risultando violato
il  principio  di  leale  collaborazione. A questo modo, infatti, una
scelta  organizzativa, condivisa dalle Regioni, nel senso di porre al
centro  del  sistema  della  protezione  civile una struttura tecnica
autonoma, e' stata disattesa senza avere assunto la valutazione delle
Regioni,  e  senza  dunque  averne  tenuto  conto alcuno. Pare invece
chiaro  che,  in  base  al  principio  di  leale  collaborazione,  la
soppressione  di  una  struttura  tecnica  chiamata ad operare in una
materia   di   competenza  anche  regionale,  al  servizio  non  solo
dell'amministrazione  statale  ma  anche  delle  Regioni, costituente
inoltre  essa  stessa  sede della collaborazione, e la riattribuzione
delle  funzioni in materia di protezione civile a strutture puramente
statali   richiedono   necessariamente,   quale   livello  minimo  di
protezione,   il   coinvolgimento   delle  Regioni,  sotto  forma  di
consultazione della conferenza Stato-Regioni.
    Che  tale  sia  lo  stato  del  diritto positivo, anche quando il
Governo  ritenga  di dovere ricorrere al decreto-legge, e' dimostrato
anche  dal disposto dell'art. 2, comma 5, d.lgs. n. 281/1997, in base
al  quale,  "quando il Presidente del Consiglio dei ministri dichiara
che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la
Conferenza  Stato-Regioni e' consultata successivamente ed il Governo
tiene  conto  dei  suoi  pareri: a) in sede di esame parlamentare dei
disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti legge".
    Da  tale  norma  risulta infatti con evidenza che il principio di
leale  collaborazione  vale,  in  generale  ed in linea di principio,
anche  per i decreti-legge: tanto e' vero che si dispone che, qualora
specifiche  ragioni  di  urgenza  impediscano  la consultazione della
Conferenza,  esse  devono  essere  dichiarate  e  rese  esplicite dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri. In altre parole, la stessa
legge  considera  come  normale  che,  pur  nella sua natura urgente,
l'adozione  dei  decreti-legge  non  sfugga  ai "doveri cooperativi".
Naturalmente,  puo'  darsi  che  l'effettiva  e  concreta urgenza del
provvedere  sia tale da non consentire forma alcuna di consultazione,
e   per   tale   ipotesi   la   legge   dispone  che  questa  avvenga
successivamente,  in  sede di esame della legge di conversione: e per
tale ipotesi si prevede apposita segnalazione e motivazione.
    Nel  caso di specie, invece, e' stata omessa ogni consultazione e
non  sono  state  dichiarate  le  specifiche  ragioni  di urgenza che
giustifichino  tale omissione, con conseguente lesione della sfera di
competenza regionale.
    2.  -  Violazione  degli  artt.  5,  95,  117  e  118 Cost. e del
principio  di  leale  collaborazione  in relazione al contenuto delle
modifiche disposte.
    Ad  avviso  della  Regione,  gli  artt. 117  e  118  Cost.  ed il
principio  di leale collaborazione risultano violati in relazione non
solo  al  modo  della  scelta  statale ma anche al contenuto di essa,
cioe'  alla  soppressione dell'Agenzia di protezione civile in quanto
tale.  Come  gia'  accennato,  infatti  la soluzione dell'Agenzia era
stata  predisposta  in  vista  della  gestione  unitaria e ad elevata
partecipazione  regionale  delle  funzioni  centrali  in  materia  di
protezione  civile.  Tale  partecipazione  regionale  si traduceva in
diversi  meccanismi  di coordinamento, di tipo non solo organizzativo
ma  anche  operativo.  Quanto al primo profilo, si puo' ricordare che
uno  dei  membri del Comitato direttivo dell'Agenzia era "nominato su
designazione della conferenza unificata" (art. 82, comma 3), e che il
Comitato  operativo  della  protezione  civile  (chiamato  ad operare
"presso  l'Agenzia"  e  ad  assicurare  "la  direzione unitaria ed il
coordinamento  delle attivita' in emergenza stabilendo gli interventi
di  tutte  le  amministrazioni ed enti interessati al soccorso": art.
83,  comma  3,  d.lgs.  n. 300)  si  componeva,  fra l'altro, di "due
rappresentanti designati dalle regioni", la Commissione grandi rischi
non  l'ho  messa  perche'  l'art. 9,  comma 3 della legge n. 225/1992
prevedeva  gia' tre esperti (quindi uno in piu' rispetto all'art. 83,
comma 2, d.lgs. n.  300) nominati dalla Conferenza.
    Quanto al secondo profilo, si puo' ricordare che la maggior parte
dei  compiti  spettanti All'agenzia (elencati dall'art. 81 del d.lgs.
n. 300/1999) dovevano essere svolti o previa intesa con le Regioni, o
previa  intesa in sede di Conferenza unificata, o sentite comunque le
Regioni.  In particolare, l'art. 81, comma 1, stabiliva che l'agenzia
svolge   "le  attivita',  connesse  agli  eventi  calamitosi  di  cui
all'articolo  2,  comma  1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, relative a:
        1) l'approvazione, d'intesa con le regioni e gli enti locali,
dei   piani   di   emergenza   e  la  loro  attuazione,  compreso  il
coordinamento    per    l'utilizzazione   delle   organizzazioni   di
volontariato;
        3)  la  rilevazione  dei  danni  e l'approvazione di piani di
interventi volti al superamento delle emergenze ed alla ripresa delle
normali condizioni di vita, da attuarsi d'intesa con le regioni e gli
enti  locali  interessati"  (lett. c)  nonche' compiti relativi a "la
raccolta  sistematica,  la valutazione e la diffusione dei dati sulle
situazioni  di  rischio, anche attraverso la realizzazione di sistemi
informativi  e di sistemi di monitoraggio, d'intesa con le regioni ed
altre amministrazioni pubbliche" (lett. i).
    L'art.  81,  comma 5, prevedeva a sua volta che "i compiti di cui
al comma 1, lettere a) e i) e al comma 3, lettera a), sono esercitati
attraverso  intese  nella conferenza unificata ai sensi dell'articolo
107  del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112", e che "i compiti
di  cui  al  comma  1,  lettere e), f), g), h) ed l), sono esercitati
sentite   le   regioni".  L'art. 83,  comma  5,  poi,  disponeva  che
"l'agenzia,  sentite  le  regioni,  definisce, in sede locale e sulla
base   dei   piani  di  emergenza,  gli  interventi  e  la  struttura
organizzativa  necessari  per  fronteggiare  gli eventi calamitosi da
coordinare  con il prefetto anche per gli aspetti dell'ordine e della
sicurezza   pubblica".   Infine,   e'   da  segnalare  che,  in  base
all'art. 81,   comma   4,   l'agenzia  doveva  assicurare,  "mediante
convenzioni    e    intese,    il    supporto   tecnico-operativo   e
tecnico-scientifico  a  favore  di tutte le amministrazioni pubbliche
interessate".
    Ne risultava, dunque, un insieme di meccanismi collaborativi, che
viene   per   la  maggiore  parte  soppresso  dal  decreto-legge  qui
impugnato.  Infatti,  i  soli  strumenti  di  coordinamento  in  esso
conservati  risultano  quelli di cui all'art. 5, comma 2 (secondo cui
"il  Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro da lui
delegato,   predispone  gli  indirizzi  operativi  dei  programmi  di
previsione e prevenzione dei rischi, nonche' i programmi nazionali di
soccorso  e  i  piani  per  l'attuazione  delle conseguenti misure di
emergenza,  d'intesa con le regioni e gli enti locali") e comma 4 (in
base  al  quale  il  Dipartimento  della  protezione civile "promuove
l'esecuzione  di periodiche esercitazioni, di intesa con le regioni e
gli  enti  locali").  Ne  risulta  un saldo drasticamente negativo in
termini di collaborazione e partecipazione regionale.
    Nella  stessa  prospettiva, e' altresi' da ricordare il carattere
generale  dell'Agenzia,  che costituiva un ente a se stante, operante
anche  al  servizio delle Amministrazioni regionali (v. art. 8, comma
1,  d.lgs.  n. 300/1999).  La  sua soppressione costituisce dunque la
deprivazione  per  la  Regione  di  uno  strumento  organizzativo per
l'esercizio  dei  sui  stessi  compiti  amministrativi, che lo stesso
Stato  aveva  posto  a disposizione, e che anche sotto questo profilo
costituiva strumento di cooperazione nell'esercizio della funzione.
    Ora,  la soppressione degli strumenti di collaborazione esistenti
operata  dalle disposizioni degli articoli 1, 4 e 5 del decreto legge
citato  in  premessa,  senza  che  tali strumenti siano sostituiti da
altri  equivalenti,  si  traduce in violazione dell'art. 5 Cost., sia
nella parte in cui dispone che la Repubblica "riconosce e promuove le
autonomie  locali",  sia  in quella in cui prevede che essa "adegua i
principi   ed   i   metodi   della  sua  legislazione  alle  esigenze
dell'autonomia e del decentramento".
    Da tali disposizioni, infatti, si ricava un principio dinamico di
progressiva  attuazione  del principio di autonomia e collaborazione,
la  cui  attuazione  non  puo',  per  cosi'  dire, mutare direzione e
regredire senza che cogenti interessi nazionali lo richiedano.
    Ne' costituisce apprezzabile contrappeso a quanto qui considerato
il  generico  fare  "salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31
marzo  1998,  n. 112"  operato  dall'art. 5,  comma  1, decreto-legge
oggetto del presente giudizio.
    L'art. 5  e'  poi  da  censurare  la'  dove  attribuisce  al solo
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  poteri di coordinamento in
materia  di protezione civile. Precisamente, si tratta in primo luogo
del   potere   di   promuovere   e  coordinare  "le  attivita'  delle
amministrazioni  centrali  e  periferiche dello Stato, delle regioni,
delle   province,   dei  comuni,  degli  enti  pubblici  nazionali  e
territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e
privata  presente  sul  territorio nazionale, finalizzate alla tutela
dell'integrita'   della   vita,   dei   beni,  degli  insediamenti  e
dell'ambiente  dai  danni  o  dal  pericolo  di  danni  derivanti  da
calamita'  naturali, da catastrofi e da altri eventi, che determinano
situazioni  di  grave  rischio";  in  secondo.  luogo  del  potere di
predisporre  "gli  indirizzi  operativi dei programmi di previsione e
prevenzione  dei  rischi".  Tali  compiti  venivano  svolti,  in base
all'art. 81,  comma  1, lett. a), d.lgs. n. 300/1999, dall'Agenzia di
protezione  civile:  la  medesima  norma  prevedeva che gli indirizzi
definiti dall'Agenzia venissero approvati dal Consiglio dei ministri.
In  questo  modo, una funzione di indirizzo (anche) delle Regioni era
riportata alla sede costituzionalmente necessaria, cioe' al Consiglio
dei   ministri  (su  cio'  si  veda  la  sent.  Corte  costituzionale
n. 408/1998,  punti 13 e 14 del Diritto). L'art. 5, commi 1 e 2, d.l.
n. 343,  invece, attribuisce le funzioni di cui sopra alla competenza
del  Presidente del Consiglio dei ministri, violando cosi' quelli che
- secondo la costante giurisprudenza di codesta Corte - sono i limiti
costituzionali  relativi  alle  funzioni  statali  di indirizzo delle
attivita' regionali, ed in particolare gli artt. 95, 117 e 118 Cost.
    E'  infine  da  censurare  l'art. 7  d.l. n. 343/2001, in base al
quale  "nelle  materie  oggetto del presente decreto restano ferme le
attribuzioni  di  cui  al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804".
Tale  decreto  disciplina  il  Corpo  forestale  dello  Stato, le cui
funzioni,  pero',  sono  state  trasferite alle Regioni "salvo quelle
necessarie  all'esercizio  delle  funzioni  di competenza statale" in
materia  di  protezione  dell'ambiente  (art. 70,  comma  1, lett. c)
d.lgs. n. 112/1998; ma v. gia' l'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 143/1997,
attuato con il d.P.C.m. 11 maggio 2001).
    Ora,  a  parte la genericita' e l'oscurita' del riferimento a non
meglio precisate "attribuzioni" contenuto nell'art. 7 del d.l. n. 343
(che  di per se' costituirebbe vizio della norma per contrasto con il
principio  di  certezza  del diritto), sembra evidente che tale norma
viene  ad  incidere  negativamente  sulla  ripartizione di competenze
operata,  ad esito delle procedure di cooperazione svolte mediante la
Conferenza  Stato-Regioni,  con il d.lgs. n. 143/1997 e con il d.lgs.
n. 112/1998,   ripristinando   parziamente   le  funzioni  del  Corpo
forestale  dello  Stato,  gia'  trasferite  alle Regioni salvo quelle
necessarie  allo svolgimento dei compiti spettanti allo Stato in base
agli stessi decreti n. 143 e n. 112.
    Lo Stato, dunque, si riappropria unilateralmente di funzioni gia'
trasferite  alle  Regioni:  in  violazione,  quanto  al  metodo,  del
principio  di  leale  collaborazione  e dell'art. 5 Cost, quanto alla
sostanza  dell'art. 118  della Costituzione (come attuato dalla legge
n. 59/1997 e dai succitati decreti).
    3. - Violazione degli artt. 77, 117 e 118 Cost.
    Ad   avviso   della  ricorrente  Regione,  il  decreto-legge  qui
impugnato  e' affetto da una ulteriore e piu' evidente illegittimita'
costituzionale,  per  essere  stato assunto al di fuori dei necessari
presupposti giustificativi costituzionali.
    In   effetti,   le  ragioni  giustificatrici  del  decreto  legge
enunciate nel preambolo dell'atto sono:
        1)  la circostanza che "lo statuto dell'Agenzia di protezione
civile  non  e' ancora operativo, a seguito delle obiezioni formulate
dalla Corte dei conti";
        2) La necessita' di attribuire ad un'unica struttura centrale
il  coordinamento  di  tutte  le  attivita'  in materia di protezione
civile,   al   fine  di  assicurare  una  composizione  unitaria  dei
molteplici   profili  ed  esigenze  che  rilevano  in  tale  delicato
settore";
        3)   le   "conseguenze   negative   derivanti  dalla  mancata
conclusione delle procedure finalizzate all'operativita' dell'Agenzia
di protezione civile";
        4)  la  "straordinaria necessita' ed urgenza di assicurare la
continuita'  del  coordinamento  e  la  concreta  funzionalita' delle
strutture attualmente preposle all'attivita' di protezione civile, in
attesa di una eventuale ridefinizione complessiva del settore";
        5)    la    "urgenza   di   intervenire   in   considerazione
dell'avvicinarsi   della   stagione   invernale,  periodo  nel  quale
solitamente si verificano numerosi eventi calamitosi".
    Di   fronte   a   tale   elencazione   di   presunte  circostanze
giustificative,  sia  consentito in primo luogo osservare che, quanto
alla  seconda  (la  asserita  "necessita'  di  attribuire ad un'unica
struttura  centrale il coordinamento di tutte le attivita' in materia
di protezione civile, al fine di assicurare una composizione unitaria
dei  molteplici  profili  ed  esigenze  che rilevano in tale delicato
settore"),  la  motivazione, oltre a non evidenziare alcun profilo di
straordinaria  necessita'  ed  urgenza,  risulta  incongrua,  perche'
proprio  l'Agenzia  di  protezione civile realizzava, fra l'altro, lo
scopo  di unificare funzioni svolte da strutture diverse (cioe' dalla
Presidenza  del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'interno),
e  assicurava  proprio  quella  "composizione unitaria" asseritamente
ricercata    dal    d.l.   n. 343/2001,   facendo   anche   dipendere
funzionalmente  dall'Agenzia il corpo dei vigili del fuoco; mentre e'
proprio    il    decreto-legge    n. 343    che    inopinatamente   e
contraddittoriamente   ripristina  la  precedente  frammentazione  di
competenze.
    Ma  neppure  le altre ragioni enunciate dal preambolo del decreto
qui  impugnato  evidenziano affatto i presupposti che l'art. 77 della
Costituzione richiede per l'adozione dei decreti- legge.
    Infatti,   le  giustificazioni  fornite  fanno  riferimento  agli
inconvenienti  derivanti  dalla asserita inoperativita' dell'Agenzia,
per  dedume  "la straordinaria necessita' ed urgenza di assicurare la
continuita'  del  coordinamento  e  la  concreta  funzionalita' delle
strutture attualmente preposte all'attivita' di protezione civile, in
attesa  di  una  eventuale  ridefinizione  complessiva  del settore";
l'urgenza  sarebbe poi dovuta, in particolare, all'"avvicinarsi della
stagione  invernale,  periodo  nel  quale  solitamente  si verificano
numerosi eventi calamitosi".
    Sia  consentito osservare che una simile motivazione e' del tutto
incoerente  con  un  atto  che, anziche' assicurare l'operativita' di
cio'  che  esiste,  provvede  alla  sua  distruzione,  disponendo una
transizione inevitabilmente difficoltosa ad un nuovo sistema. Si vuol
dire,  in  altre  parole,  che  la  giustificazione enunciata avrebbe
perfettamente spiegato che la piena operativita' dell'Agenzia venisse
assicurata   con   lo   strumento   del   decreto-legge,  ad  esempio
approvandone  lo  Statuto,  mentre non spiega affatto l'abbandono del
modello  organizzativo  dell'Agenzia, con ritorno al diretto apparato
governativo.
    Inoltre,  si  puo'  osservare che la pendenza del procedimento di
controllo  presso la Corte dei conti non e' un evento tale da imporre
il  ricorso al decreto-legge, dato che l'art. 3, comma 2, legge n. 20
del  1994  scandisce  il procedimento in modo tale che, decorsi brevi
termini  senza  una  pronuncia  negativa,  il  provvedimento  diviene
esecutivo.  Dunque, perlomeno il Governo avrebbe dovuto attendere una
pronuncia  negativa  della  Corte  dei conti, che non risulta sia mai
stata adottata.
    In   realta',   peraltro,  i  presupposti  indicati  dal  decreto
risultano  non  solo incoerenti e contraddittori, ma persino di fatto
inesistenti.
    Lo  statuto  dell'Agenzia  di  protezione  civile,  approvato con
decreto  del Ministro dell'interno 9 maggio 2001, e' stato pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale - serie generale, n. 115 del 19 maggio 2001.
A  seguito di cio', risulta che l'Agenzia ha cominciato concretamente
a operare.
    Ora, la pubblicazione dell'atto lascia supporre, salvo verifiche,
che  gli  adempimenti  che  dovevano precederla si siano compiuti. Ma
anche  qualora  effettivamente il controllo della Corte dei conti non
si  fosse  ancora  compiuto,  per quanto tale eventuale ipotesi possa
suscitare  perplessita',  risulterebbe  comunque del tutto assente il
presupposto  del  d.l.  n. 343/2001,  cioe'  l'esigenza di colmare un
"vuoto operativo" nel campo della protezione civile.
    Del  resto, la possibilita' di un tale vuoto era esclusa a priori
dall'art. 87,  comma 1, d.lgs. n. 300/1999. Esso disponeva che "entro
sessanta  giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo si provvede alla nomina degli organi dell'agenzia", e che
nei   "successivi   sei  mesi  l'organizzazione  e  il  funzionamento
dell'agenzia  sono  disciplinati  con lo statuto e i regolamenti e ad
essa  sono  trasferiti  i  compiti  svolti  dalle  strutture  di  cui
all'articolo  79, comma 2, che vengono contestualmente soppresse". Da
tali  disposti  risulta  che  l'effettivo trasferimento dei compiti e
l'effettiva  soppressione  delle  strutture  di  cui all'articolo 79,
comma  2  (direzione  generale  della protezione civile e dei servizi
antincendi  del Ministero dell'interno, Dipartimento della protezione
civile,  istituito  presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e
Servizio  sismico  nazionale), erano comunque collegati al momento in
cui,   entrati   in  vigore  gli  atti  fondamentali  in  materia  di
organizzazione  e funzionamento dell'Agenzia, questa sarebbe divenuta
concretamente  operativa  (in  questo  senso  v.  anche  A. Sandulli,
L'agenzia  di  protezione  civile  (articoli 79-87), in A. Pajno - L.
Torchia  (a  cura  di),  La  riforma del Governo, Bologna 2000, 429):
com'e'  del  resto  logico,  non  avendo  senso  che,  permanendo  le
funzioni,  una  struttura cessi di operare prima di essere sostituita
da un'altra struttura.
    Conferma  di  cio'  viene dalla legge n. 353 del 2000 (modificata
dall'art. 3  d.l.  n. 343),  in materia di incendi boschivi, che, la'
dove  attribuisce  funzioni all'Agenzia di protezione civile, pone la
condizione  della sua "effettiva operativita'", prevedendo altrimenti
il ricorso alle strutture gia' operanti.
    Dunque,   il   ritardo   nell'entrata  in  vigore  dello  statuto
dell'Agenzia  non  sarebbe  idoneo  a  giustificare  la  soppressione
d'urgenza  dell'Agenzia stessa per le ragioni allegate. In ogni modo,
non sussisteva alcun "vuoto" tale da richiedere un decreto-legge.
    Il  difetto dei presupposti di cui all'art. 77 e' poi ancora piu'
evidente  in  relazione  all'art. 7  d.l.  n. 343/2001,  dato  che la
salvaguardia  delle  attribuzioni del Corpo forestale dello Stato non
e'  affatto  collegata  alle  ragioni  esposte  nel  preambolo, cioe'
all'esigenza  di rimediare al ritardo nell'approvazione dello statuto
dell'Agenzia.
    La  censura  di  difetto  dei  presupposti  del  decreto-legge ex
art. 77  Cost.  di  cui  si  e'  sin qui illustrata la fondatezza, e'
altresi' ad avviso della Regione pienamente ammissibile.
    Codesta  Corte  ha piu' volte riconosciuto che le Regioni possono
far  valere  violazioni di norme costituzionali poste al di fuori del
Titolo  V,  qualora  la  violazione  si  traduca in una lesione delle
prerogative  costituzionali  della Regione (com'e' nel presente caso,
secondo  quanto  sopra  si  e' visto). In questo senso si possono qui
ricordare,   fra  le  altre,  le  sentenze  n. 503/2000,  n. 87/1996,
n. 338/1994,  n. 355/1993,  n. 961/1988. In relazione alle censure ex
art. 77  della  Costituzione  tale  orientamento non e' costante (nel
senso   dell'ammissibilita'  v.  comunque  le  sentt.  n. 302/1983  e
n. 398/1998). Tuttavia, le oscillazioni sembra si possano ricollegare
alla  maturazione  ancora  incerta del principio sopra enunciato: non
potendosi  ravvisare  ragioni  che  giustifichino  per  le violazioni
dell'art. 77 un trattamento diverso rispetto alle violazioni di altri
parametri costituzionali non direttamente collegati al Titolo V.
    In  effetti,  la  sfera cli competenza regionale risulta lesa non
solo  quando il legislatore statale violi una norma posta a specifica
garanzia di quella sfera, ma in ogni caso in cui esso vincoli in modo
illegittimo  l'attivita' regionale. Se la Costituzione stabilisce che
l'attivita'  legislativa  deve  svolgersi  solo  in presenza di certi
presupposti  o nel rispetto di determinate forme e competenze, sembra
palese  che  tali  norme  non hanno rilievo solo nel rapporto interno
agli  organi  dello  Stato,  ma  anche  in  relazione a coloro che si
trovino a dovere applicare la legge o a subirne comunque gli effetti.
                              P. Q. M.
    La  Regione  Emilia-Romagna,  come  sopra rappresentata e difesa,
chiede:  voglia  l'eccellentissima  Corte  costituzionale  dichiarare
l'illeggittimita'  costituzionale  degli artt. 1. comma 1, lett. e) e
lett.  f);  4;  5;  7  del  decreto-legge  7  settembre 2001, n. 343,
Disposizioni  urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle
strutture   preposte   alle   attivita'  di  protezione  civile,  per
violazione  delle  norme  indicate  in  epigrafe,  nei  termini sopra
illustrati.
        Padova-Roma, addi' 8 ottobre 2001.
          Avv. prof. Giandomenico Falcon; Avv. Luigi Manzi
01C1070