N. 893 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 giugno 2001

Ordinanza  emessa  il 19 giugno 2001 dal tribunale per i minorenni di
Torino su atti relativi a B. F. ed altro

Adozione e affidamento - Procedura di adottabilita' nei confronti dei
  minori  in  situazione  di  abbandono  -  Possibilita'  di apertura
  d'ufficio  da  parte  del  tribunale  per  i  minorenni  -  Mancata
  previsione  -  Contrasto  con  i  diritti  inviolabili del minore -
  Diversita'   di   disciplina  rispetto  all'art. 333  cod.  civ.  -
  Violazione  del  principio  di uguaglianza - Violazione del diritto
  del  minore  ad  essere  mantenuto,  istruito  ed educato in ambito
  familiare  -  Contrasto  con  il  dovere di protezione del minore -
  Incidenza  sul  diritto  alla  salute  (intesa  come  bene non solo
  fisico, ma anche psichico-affettivo).
- Legge 28 marzo 2001, n. 149, art. 9, n. 2 (recte: comma 2).
- Costituzione, artt. 2, 3, 30, 31 e 32.
(GU n.44 del 14-11-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Visti   gli  atti  relativi  ai  minori:  B.  F.,  n. Domodossola
16 giugno 1990 e B. O., n. Domodossola 8 agosto 1991,

                            O s s e r v a

    Richiamati  i  decreti  pronunciati  nella presente procedura (ai
quali   si   rimanda   ritenendoli   parti   integranti  la  presente
motivazione),  compreso  quello  pronunciato in data odierna a tutela
urgente  dei  minori,  deve sottolinearsi come la situazione presenti
caratteristiche  di  cosi'  grave  e  radicale  inadeguatezza,  e  di
sostanziale   irrecuperabilita',  da  integrare  la  condizione  che,
secondo  la  legge n. 184/1983 (ed anche secondo il testo della legge
n. 149/2001  - art. 9 n. 2 - approvato dal senato il 6 dicembre 2000,
poi   modificato   nell'approvazione   conclusiva),  avrebbe  imposto
l'apertura  d'ufficio  di  una  procedura di adottabilita', nel corso
della   quale   verificare   ulteriormente   la   sussistenza   e  la
irreversibilita'  dell'abbandono,  ma  che,  secondo  la  novella del
28 marzo  2001 n. 149, e' subordinata alla presentazione di specifico
ricorso da parte del Pubblico Ministero.
    Da  cio'  la rilevanza della questione nel giudizio in corso e la
valutazione di non manifesta infondatezza.
    La  mancata previsione, con riferimento all'art. 9 cit. legge, di
un  potere  di  iniziativa  d'ufficio  del  Tribunale per i Minorenni
(organo collegiale, a composizione mista), e l'esclusiva attribuzione
di tale potere al Pubblico Ministero minorile (organo monocratico) si
pone  in  violazione  degli  artt. 2,  3,  30,31  comma 2o e 32 della
Costituzione.
    Con  riferimento  all'art. 2  della  Costituzione,  nel quale "la
Repubblica  riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" -
sia esso adulto o minorenne - "sia come singolo, sia nelle formazioni
sociali"  -  fra cui si colloca anche la famiglia - "ove si svolge la
sua personalita'", la previsione, nell'art. 9 n. 2 legge n. 149/2001,
dell'esclusivo  potere  di  iniziativa,  in capo al Procuratore della
Repubblica   minorile   non   offre   una   previsione   di  garanzia
dell'inviolabilita'  dei  diritti  del minore, come ancora di seguito
verra' chiarito, ma anzi, costituisce uno sbarramento del tutto privo
di giustificazione, all'accertamento delle violazioni dei diritti del
minore   ed   all'attuazione   delle  misure  che,  la  stessa  legge
n. 149/2001, sono previste per porvi rimedio.
    Con  riferimento all'art. 3 della Costituzione il contrasto della
predetta disposizione di legge risulta evidente ove si consideri che,
in  situazioni  di grave pregiudizio (non integranti la condizione di
abbandono),  permane  il  potere d'intervento d'ufficio del Tribunale
per  i  minorenni,  ai  sensi dell'art. 333 c.c., il quale puo' anche
tradursi in un allontanamento del minore dalla sua famiglia d'origine
(quindi  nella  misura  piu'  radicale, sotto il profilo materiale ed
affettivo,  di  tutela del minore), mentre l'apertura della procedura
di adottabilita', anche quando non implichi provvedimenti connessi di
tutela  del  minore  cosi'  radicali  (e  comporti,  ad  esempio,  la
prosecuzione  della  permanenza del minore nell'ambito della famiglia
d'origine,   in  attesa  degli  approfondimenti  di  cui  all'art. 10
n. 1 cit.  legge), rimanga condizionata alla proposizione del ricorso
del  Procuratore  minorile,  cioe'  di  un  organo  monocratico,  non
necessariamente specializzato, che non soltanto offre minori garanzie
per  il fatto stesso di essere un organo monocratico, ma che, qualora
non  intenda  esercitare  il potere di iniziativa, di fatto impedisca
una  valutazione  collegiale,  approfondita  e successiva ad indagini
dettagliate,  in  merito  alla  sussistenza  o  meno  dello  stato di
abbandono.
    Si   puo'   realizzare   il   paradosso,   quindi,   legittimita'
dell'allontanamento  di un minore, d'ufficio, ma della illegittimita'
dell'apertuta di una procedura di adottabilita', senza allontanamento
del minore.
    Alla  base  della  diversa  disciplina  (art. 333  c.c. e 9 legge
n. 149/2001),  invero,  possono  non esservi situazioni diverse, tali
per  cui  sia rilevabile una giustificazione del difforme trattamento
legislativo. E', infatti, del tutto possibile che le situazioni siano
del  tutto  sovrapponibili, nella loro realta' materiale e nella loro
verosimile  proiezione  futura  (e,  teoricamente, nel loro possibile
inquadramento giuridico), con la conseguenza, pero', della previsione
di  una  risposta  giurisdizionale  del  tutto,  ed  immotivatamente,
diversa,  per  la  sola  ragione  della  attribuzione  ad  un  Organo
differente  al  quale e' stato attribuito il potere di iniziativa. Il
che  e' come dire che, ad assoluta parita' di condizioni di vita, per
una  tutela  immediata  di  un  minore  puo'  provvedere,  d'ufficio,
collegialmente, un organo (il Tribunale per i minorenni) che, per sua
composizione,  ha specifiche competenze nella valutazione del disagio
e  del  danno riportato dal minore in conseguenza della situazione di
pregiudizio nella quale si trova a vivere, mentre per una tutela, pur
radicale   e   residuale,  ma  pur  sempre  indispensabile  in  certe
situazioni, la tutela rimane condizionata al fatto, del tutto esterno
alla  situazione,  che  il Procuratore della Repubblica minorile, con
una propria valutazione discrezionale e monocratica, intenda assumere
l'iniziativa.  Ed, in ultima analisi, e' come dire che situazioni del
tutto  analoghe  ricevono un trattamento diverso senza che vi sia una
giustificazione  ed  in  presenza  di  una normativa decisamente piu'
garantista,  rispetto  al  diritto  alla  difesa,  rispetto  a quella
precedente.  Sulla  base  di  questi  rilievi,  ad  avviso  di questo
collegio,  la  violazione del principio di uguaglianza, sancito dalla
Costituzione all'art. 3 appare clamorosamente violato.
    Con riferimento all'art. 30 della Costituzione deve sottolinearsi
come  al  "dovere  e  diritto  dei genitori di mantenere, istruire ed
educare  i figli" (comma 1 cit. art. 30 Cost.) corrisponda il diritto
dei  figli ad essere mantenuti, istruiti ed educati dai loro genitori
ovvero,  "nei  casi  di  incapacita'  dei genitori" da coloro che "la
legge  prevede"  (comma  2o  cit,  art. 30  Cost.)  assolvano  i loro
compiti.  Nel  caso  di grave condotta pregiudizievole dei genitori e
parenti,  che  si  traduca in irreversibile danno per il minore e che
appaia   del   tutto   irrecuperabile  attraverso  i  sostegni  e  le
prescrizioni, e' pacifico che le funzioni genitoriali, che consistono
appunto  nell'assolvere  ai  diritti/doveri  di cui si e' detto e che
rispondono  al  diritto  del  minore ad essere mantenuto, istruito ed
educato,  debbano  essere  esercitate dalla famiglia adottiva (art. 6
legge  n. 149/2001 "i coniugi", cui l'adozione e' consentita, "devono
essere   affettivamente  idonei  e  capaci  di  educare,  istruire  e
mantenere i minori che intendono adottare").
    Qualora,  quindi,  la  famiglia  d'origine del minore "appaia" in
condizioni  di  totale inadeguatezza, "sembri" aver prodotto un grave
danno  al  minore  e  "si  mostri" irrecuperabilmente radicata su una
posizione  di completa carenza delle capacita' genitoriali, la tutela
del   minore,  al  di  la'  delle  misure  protettive  contingenti  e
provvisorie,,    che,    si    ripete    ulteriormente,   corrisponde
all'assicurazione  di  una  risposta adeguata al suo diritto ad avere
una  famiglia  adottiva  (non  avendo  una propria famiglia biologica
capace  di  aiutarlo  a  crescere)  nella  quale  essere  "mantenuto,
istruito  ed educato" - e' condizionata non gia' agli approfondimenti
necessari  a  conoscere  meglio la situazione, secondo quanto prevede
l'art. 10  legge  n. 149/2001,  e  ad  una  valutazione collegiale di
giudici specializzati (di primo grado e di appello) ma esclusivamente
all'esercizio, da parte del Pubblico Ministero (si ripete, organo non
specializzato  e  monocratico),  del  potere di iniziativa che gli e'
attribuito  dall'art.  9  legge n. 149/2001 piu' volte citata (e che,
secondo  la  normativa  di  cui viene denunciata la contrarieta' alla
Costituzione,  si traduce in una decisione di fatto insindacabile). E
cio'  nonostante  permanga, in capo al collegio giudicante, un potere
di intervento d'ufficio volto a garantire una provvisoria tutela che,
nelle  situazioni  di abbandono, rappresenta, proprio per il fatto di
essere   provvisoria,  una  protezione  monca,  del  tutto  incongrua
rispetto al danno che l'abbandono abbia realizzato e nonostante tutta
la normativa, che sostiene la competenza e l'intervento del Tribunale
per i minorenni, abbia come fondamento il rispetto dell'interesse del
minore  (che  non  si  esclude  affatto possa essere anche quello del
recupero   della   propria   famiglia   biologica  attraverso  quegli
interventi,  particolarmente  incisivi,  che devono essere attuati in
una procedura di adottabilita), anche a prescindere da chi abbia dato
causa  all'intervento  del  giudice  minorile  ed  a  prescindere dal
petitum,  non vincolante, che sia contenuto nell'atto introduttivo di
una procedura.
    E  non  puo' sostenersi la sufficienza, ai fini della tutela, del
potere di intervento d'ufficio nelle situazioni di emergenza, perche'
se  e'  vero che, nelle suddette condizioni, il giudice minorile puo'
effettivamente  ordinare  l'attivazione  di  misure di protezione nei
confronti  del  minore,  cio'  non  esclude il fatto che, dietro tale
emergenza, si celi una situazione di abbandono, che deve poter essere
verificata, per essere affermata o esclusa.
    Con  riferimento  all'art.  31  comma 2o della Costituzione e' da
rilevare  che,  per  le  ragioni  appena sottolineate, l'art. 9 legge
n. 149/2001  viola  apertamente il diritto dell'infante e del giovane
ad  avere  la  protezione  che la norma Costituzionale richiamata gli
garantisce  ed  il  "favore"  che  la  Repubblica deve riservare agli
istituti (fra i quali vi e', certamente, anche l'adozione) "necessari
a tale scopo".
    La   gratuita'   delle   procedure   che  rientrano  nella  legge
n. 149/2001  (ed  ancor  prima nella legge n. 184/1983); la celerita'
dei tempi imposti al compimento degli atti (che rappresenta una delle
maggiori  conquiste  nell'ottica  della  tutela  reale  del minore) e
l'impegno,   anche   economico,   che   viene   richiesto  agli  Enti
territoriali,  rappresentano misure che, tutte, vanno nella direzione
di  "favorire"  l'attuazione  degli  strumenti  atti  a  garantire la
protezione  del  minore;  mentre il condizionamento dell'avvio di una
procedura  di  adottabilita'  all'esclusivo  esercizio  del potere di
iniziativa da parte del Pubblico Ministero pare in evidente contrasto
con  questa  direzione  e, teoricamente, in evidente contrasto con la
protezione del minore.
    Con   riferirnento   all'art. 32  della  Costituzione  rimane  da
sottolineare  come  il  diritto  alla  salute, che e' garantito dalla
norma  Costituzionale  richiamata  "all'individuo", sia esso adulto o
minore, viene posto in seria discussione proprio nei casi in cui alla
gravita' delle condizioni reali di vita non corrisponda una procedura
di  accertamento  (cioe'  la  procedura  di  adottabilita) adeguata a
rilevare e sanare il grave pregiudizio nei confronti del minore.
    Il  concetto  di  salute  e'  ormai  pacificamente  molto ampio e
comprende,  a partire dal bene piu' strettamente fisico, anche quello
psichico-affettivo,  che puo' essere irreversibilmente compromesso da
condotte   pregiudizievoli  di  genitori  abbandonici  senza  che  il
Tribunale per i minorenni possa intervenire, con misure diverse dalla
tutela   dell'emergenza,  qualora  la  Procura  minorile  non  assuma
l'iniziativa  di cui si e' piu' volte detto. Infatti, non puo' essere
dimenticato   che   la   procedura   di   adottabilita',   nella  sua
configurazione   complessa,   rappresenta   il   modo  per  accertare
l'eventuale   condizione   di  abbandono  del  minore,  ma  anche  il
presupposto  indispensabile,  qualora l'abbandono sia stato accertato
definitivamente, per garantire al medesimo minore la soddisfazione di
quei   bisogni   (che  corrispondono  ai  diritti  costituzionalmente
garantiti  dalla  Costituzione sinora richiamati) che la sua famiglia
biologica non ha garantito e molto spesso apertamente violato.
    Garantire  ad  un  neonato,  che  sia nato in condizioni di grave
compromissione  a seguito della condotta irresponsabile dei genitori,
un  contesto  adeguato  in  una  famiglia  affidataria  e' certamente
fondamentale,   ma   se  non  e'  poi  possibile  accertare  in  modo
particolarmente  incisivo e sollecito, come soltanto in una procedura
di  adottabilita'  e'  possibile  fare,  quale  siano  le  condizioni
personali  e  vita  dei  familiari,  la  recuperabilita'  della  loro
funzione  genitoriale,  a  partire  dal danno, anche alla salute, che
essi  hanno determinato, la limitata tutela anzidetta molto presto si
rivelera'  non  soltanto  insufficiente  ed  inefficace, ma del tutto
distruttiva, per la precarieta' che e' ad essa insita.
                              P. Q. M.
    Visti   gli   artt. 134   della   Costituzione,   1  della  Legge
costituzionale  9 febbraio  1948  n. 1,  23  e  seguenti  della legge
11 marzo 1953, n. 87.
    Ritiene  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  nei sensi
indicati  in  motivazione,  con  riferimento  agli artt. 2, 3, 30, 31
comma  2o  e  32  della  Costituzione,  la  questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 9 n. 2 Legge n. 149 del 28 marzo 2001, nella
parte  in  cui non prevede il potere del Tribunale per i minorenni di
disporre, d'ufficio, l'apertura della procedura di adottabilita', nei
confronti di un minorenne.
    Solleva   la   questione  di  legittimita'  costituzionale  della
predetta  norma  e  rimette  gli  atti  alla Corte costituzionale per
l'esame della questione.
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
      Torino, addi' 19 giugno 2001
                  Il Presidente relatore: Baldelli
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