N. 896 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2001

Ordinanza  emessa  il 24 maggio 2001 dal giudice di pace di Lecce nel
procedimento   civile  vertente  tra  Mocavero  Rosaria  e  Consorzio
Speciale di Bonifica dell'Arneo ed altra

Procedimento  civile  -  Controversie in materia di imposte e tasse -
  Competenza  funzionale  del  Tribunale indipendentemente dal valore
  (e,  dunque,  pur  se  il  valore sia inferiore a cinque milioni) -
  Violazione  dei  diritti  di  azione  e di difesa - Contrasto con i
  principi  del  "giusto  processo"  e  della  durata ragionevole del
  processo - Irragionevole disparita' di trattamento fra cittadini.
- Cod. proc. civ., art. 9, comma secondo.
- Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 113.
Procedimento  civile  - Competenza del giudice di pace - Sussistenza,
  in generale, per le controversie relative a beni immobili di valore
  non  superiore  a  cinque  milioni - Esclusione ove le stesse siano
  attribuite   dalla   legge  alla  competenza  di  altro  giudice  -
  Violazione  dei  diritti  di  azione  e di difesa - Contrasto con i
  principi  del  "giusto  processo"  e  della  durata ragionevole del
  processo - Irragionevole disparita' di trattamento fra cittadini.
- Cod. proc. civ., art. 7, primo comma.
- Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 113.
(GU n.44 del 14-11-2001 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Ha  emesso  la  seguente ordinanza nel giudizio n. 1797/2001 R.G.
promosso  da: Mocavero Rosaria da Monteroni di Lecce, rappresentata e
difesa  dall'avv. Antonio  Lino  Spedicato,  giusta mandato a margine
dell'atto  di citazione, elettivamente domiciliata in Lecce presso il
suo studio, attrice;
    Contro: Consorzio Speciale Di Bonifica Dell'Arneo, in persona del
legale  rappresentante  in  carica,  rappresentato e difeso dall'avv.
Giuseppe   Vaglio  Massa,  giusta  delega  a  margine  dell'originale
comparsa  di  costituzione  e  risposta, elettivamente domiciliato in
Lecce presso lo studio dell'avv. Giuseppe Vaglio Massa, convenuto;
    Nonche': SO.BA.RIT. S.p.A., con sede in Lecce (Concessionaria per
la riscossione dei Tributi per la Provincia di Lecce), in persona del
suo legale rappresentante p.t. Rag. Mario Vallone.
                              Premessa
    Con atto di citazione notificato il 21 marzo 2001 alla SO.BA.RIT.
S.p.A. ed il 26 marzo 2001 al Consorzio per la Bonifica dell'Arneo la
sig.ra Mocavero Rosaria conveniva davanti al Giudice di Pace di Lecce
il  Consorzio  di  Bonifica  dell'Arneo  e  la SO.BA.RIT. di Lecce in
persona  del  legale  rappresentante  p.t., per sentir dichiarare che
l'immobile di proprieta' dell'istante, gravato dell'onere di cui alle
prodotte cartelle esattoriali, non e' assoggettabile al contributo di
bonifica preteso e riscosso dal Consorzio convenuto.
    Instauratosi    il    contraddittorio,    quest'ultimo   eccepiva
l'incompetenza  per  materia  al  Giudice  di  Pace,  essendo  invece
competente  il  Tribunale,  avendo  i contributi consortili natura di
entrate  "tributarie"  perche' assimilabili alle "imposte e tasse" di
cui e' cenno nel secondo comma dell'all. 9 c.p.c.
    In  pendenza  di  numerose  liti  col  medesimo  oggetto pendenti
davanti  ai  Giudici  di Pace di tutta Italia, le Sezioni Unite della
Cassazione  Civile,  con  sentenza  n. 9493/1998  hanno dichiarato ed
affermato  la  competenza  del Tribunale, ex art. 9, 2o comma c.p.c.,
sul  presupposto  che  i  detti  contributi  sono  qualificabili come
"prestazioni  di  natura  sostanzialmente  tributaria,  pur se l'ente
impositore  e' diverso dall'Amministrazione finanziaria", e quindi di
competenza del Tribunale.
    Tale  sentenza  e'  stata  confermata da decine di altre sentenze
della Suprema Corte.
    Premesso quanto innanzi si rileva e deduce quanto segue.
    1. -   La  domanda giudiziale articolata dinanzi a questo Giudice
ha ad oggetto la debenza della somma asseritamente dovuta a titolo di
contributo  di  bonifica, contestata da parte attrice sia quanto alla
sussistenza  del  potere  impositivo in testa al Consorzio convenuto,
sia  sotto  il  profilo  dell'inclusione del soggetto interessato tra
quelli tenuti alla contribuzione.
    Sulla  base  della  ritenuta  natura tributaria dei contributi di
bonifica,  il  Consorzio convenuto eccepisce il difetto di competenza
di questo Giudice.
    Assume,  in  specie,  che  la  competenza  in materia sarebbe del
Tribunale,  a norma dell'art. 9, comma 2, c.p.c.; richiama a conferma
della eccezione proposta la posizione della Corte di cassazione (S.U.
23  settembre  1998,  n. 9493,  e  numerose altre successive sentenze
della Prima Sezione, tutte riguardanti il Consorzio convenuto).
    Dinanzi  alla  dedotta  eccezione  di incompetenza, parte attrice
denunzia  la  incostituzionalita'  dell'art. 9, comma 2, c.p.c. nella
parte  in cui attribuisce alla competenza funzionale del Tribunale le
controversie  in  materia  di  imposta  e  tasse  quale che ne sia il
valore, incluse quindi anche le controversie che rientrino, ex art. 7
c.p.c.,  nella  competenza per valore del Giudice di pace. Del pari e
correlativamente   denuncia   come   incostituzionale   il   comma  l
dell'art. 7  cit. nella parte in cui stabilisce che la devoluzione al
Giudice di pace delle controversie il cui importo non ecceda i cinque
milioni  di  lire  incontra  un  limite nelle cause attribuite "dalla
legge alla competenza di altro giudice".
    Secondo l'attrice, nella causa in oggetto, all'accoglimento della
questione   di   costituzionalita'  seguirebbe  l'affermazione  della
competenza di questo Giudice.
    2. - In  contemplazione  di tali assunti di parte, questo Giudice
deve  preliminarmente accertare se sia rilevante e non manifestamente
infondata  la  questione  di  costituzionalita' sollevata dall'attore
dell'art. 9, comma 2, c.p.c., in rapporto all'art. 7, comma 1, c.p.c.
    La  quaestio  legitimitatis  prospettata  dalla  difesa  di parte
attrice  e'  rilevante. Per poter decidere della eccezione di difetto
di   competenza  formulata  dal  Consorzio  convenuto  e'  necessario
preventivamente  stabilire  se  sia  costituzionalmente  legittimo il
ripetuto  art. 9,  comma  2,  c.p.c., nella parte in cui riserva alla
competenza  del Tribunale tutte le controversie in materia di imposte
e  tasse,  ancorche'  il  loro valore rientri entro il limite fissato
dall'art. 7 c.p.c. a proposito della competenza del Giudice di pace.
    All'accoglimento  dell'incidente di costituzionalita', seguirebbe
il rigetto dell'eccezione di difetto di competenza, di talche' questo
Giudice potrebbe scrutinare il merito della causa.
    3. - La  questione di costituzionalita' sollevata con riferimento
agli  artt. 9,  comma  2,  e  7,  comma  1,  c.p.c.  appare anche non
manifestamente infondata.
    Con  la riforma del Giudice di pace (L. 21 novembre 1991, n. 374,
recante  "Istituzione  del giudice di pace") il legislatore ha inteso
rendere  piu'  agevole  ed  effettiva  la  tutela giurisdizionale dei
diritti  soggettivi  relativamente  a  tutte  quelle  controversie di
limitato  valore  economico.  Ha cosi' attribuito alla competenza del
Giudice  di  pace  di nuova istituzione la controversia il cui valore
non ecceda l'importo di cinque milioni di lire.
    Numerose sono le disposizioni da cui emerge la semplificazione ad
un  tempo  procedurale e dei tempi del processo dinanzi al Giudice di
pace.
    L'art. 82 c.p.c. dispone che "davanti al Giudice di pace le parti
possano stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non
eccede  lire un milione". E tale e' l'ipotesi che ricorre nel caso di
specie.  Il  co.  2  del  medesimo  art. 82  consente altresi' che il
giudice  di  pace dia alla parte l'autorizzazione a stare in giudizio
di  persona,  senza ministero e patrocinio di un difensore, anche per
controversie di valore superiore al milione.
    Il  giudice  di pace - prevede l'art. 113 c.p.c. - decide secondo
equita' le cause il cui valore non ecceda lire due milioni.
    Davanti  al  giudice di pace, a norma dell'art. 46 L. 21 novembre
1991,  n. 374, "gli atti e i provvedimenti relativi alle cause ovvero
alle attivita' conciliative in sede non contenziosa il cui valore non
eccede  la  somma  di  due  milioni di lire sono esenti da imposta di
bollo  e  di  registro  e da ogni spesa, tassa o diritti di qualsiasi
specie e natura".
    Ne'  si dimentichi la previsione di favore contenuta all'art. 317
c.p.c.   sulla  rappresentanza  processuale  volontaria  nei  giudizi
dinanzi  al giudice di pace, in confronto alla disciplina generale di
cui  all'art. 77  c.p.c.  Per  i  giudizi davanti al giudice di pace,
l'attuale art. 317 contempla espressamente il conferimento del potere
rappresentativo processuale a persona non altrimenti qualificata (che
puo' essere dall'amico al parente ecc.).
    Si  ricordino  pure  le  altre  disposizioni  del  codice di rito
relative  al  giudizio dinanzi al giudice di pace che agevolano assai
l'"accesso"  alla  tutela  giurisdizionale dei diritti, disegnando un
processo  scevro  di  tecnicismi  e  preclusioni:  l'art. 316 c.p.c.,
concernente   il  modo  di  proposizione  della  domanda  giudiziale,
configura   la  facolta'  di  proposizione  "verbale"  della  domanda
medesima  (co.  2 art. 316); il contenuto della citazione ex art. 318
c.p.c.  e'  semplificato rispetto a quello della citazione dinanzi al
Tribunale;  l'iter  decisorio  della  causa e' ridotto all'essenziale
etc. etc.
    Il  giudice  di  pace,  per  la  articolazione territoriale degli
organi  della giurisdizione ordinaria, e' piu' del Tribunale prossimo
al luogo di insorgenza della lite e di residenza dei contribuenti.
    Complementare  alla  scelta  di semplificazione procedimentale e'
stata  pure  la decisione di ridurre congruamente i termini di durata
del  processo.  A  tacer d'altro, basti dire che l'art. 318, comma 2,
c.p.c.,  ha  dimezzato i termini a comparire di cui all'art. 163-bis;
come  pure  che l'art. 320, disciplinando la trattazione della causa,
ha stabilito che essa debba di regola esaurirsi in una sola udienza e
che  comunque  la  fissazione di altra udienza sia possibile "per una
sola volta".
    Nella  scelta  legislativa di riduzione dei tempi processuali (ed
in  generale  di semplificazione) ha all'evidenza influito l'adesione
dell'Italia  alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti
dell'Uomo,  il  cui  art. 6  ha  introdotto  il  concetto  di termini
processuali  "ragionevoli".  Il  requisito  della "ragionevolezza" e'
inteso  pacificamente  anzitutto  nel  senso che il termine abbia una
precisa  giustificazione  razionale  in  considerazione  della natura
della  controversia;  quindi che non debba intercorrere un periodo di
tempo  troppo  lungo  fra  l'inizio e la conclusione del processo. La
lunghezza  "ragionevole" o meno del termine si stima in rapporto alla
natura ed alle circostanze di causa. Se sino ad oggi era disputata la
costituzionalizzazione    o   meno   del   principio   del   "termine
ragionevole",  oggi  la  riforma  del  c.d.  "giusto  processo"  e la
consentanea  modificazione  dell'art. 111  della  Costituzione  hanno
fugato  ogni  dubbio:  il  comma  2  dell'art. 111 della Costituzione
dispone che la legge assicuri una "durata ragionevole" del processo.
    3.1. - A  dispetto  di  questa  scelta  esplicita  a favore della
semplificazione  procedimentale  e di accelerazione della definizione
dei   giudizi  c.d.  bagattellari,  il  legislatore  ha  ritenuto  di
sottrarre  alla competenza del giudice di pace, quale che ne fosse il
valore  (e  quindi  anche se di valore inferiore ai cinque milioni di
lire), le cause "dalla legge (..) attribuite alla competenza di altro
giudice".   Fra   queste,   l'art. 9,  comma  2,  c.p.c.,  indica  le
controversie  in  materia di imposte e tasse che sono attribuite alla
competenza del Tribunale.
    La  mancata  previsione  all'art. 9,  comma  1,  c.p.c.,  che  le
controversie  in  materia  di imposte e tasse di importo inferiore ai
cinque  milioni  siano devolute alla competenza del giudice di pace e
l'eccezione  (alla  competenza del giudice di pace per le cause dalla
legge  devolute  alla  competenza  di  altro  giudice)  espressamente
contemplata   al   comma   1   dell'art. 7   c.p.c.  appaiono  allora
costituzionalmente illegittimi per piu' ragioni concorrenti.
    Il diritto di azione e di difesa sono costituzionalmente tutelati
(art. 24 e 113 Cost.).
    Riescono  garantiti  nella  misura  in  cui  esista  una adeguata
proporzionalita'   fra   l'importanza   della   controversia   e   le
peculiarita'   tecnico   -   procedimentali  adibite  allo  scopo  di
tutelarla;  nonche'  a  condizione  che  sussista  pari adeguatezza e
proporzionalita' fra l'elemento temporale e la natura della causa. Se
la  complessita'  procedurale  e i tempi processuali non sono congrui
(cioe'  adeguati  e  proporzionali)  alla natura della controversia i
diritti di azione e di difesa sono violati.
    Ed  e'  quanto  accade  nella  specie.  Per  scelta esplicita del
legislatore  il  criterio alla cui stregua valutare la "natura" della
controversia  e'  quello  del valore. Se il valore e' inferiore ad un
certo  importo  (cinque  milioni,  ai  sensi  dell'art. 7  c.p.c.) il
processo  deve  essere  semplificato  nel  procedimento ed accelerato
nella durata. Appare allora incostituzionale affidare alla competenza
del  Tribunale la materia delle imposte e delle tasse se la causa non
eccede l'importo di lire cinque milioni.
    La  devoluzione  sempre  e comunque della materia delle imposte e
delle  tasse  al  Tribunale comporta che il cittadino, con riguardo a
tributi  di  importo  generalmente  non  rilevante,  debba  tutelarsi
dovendo  sostenere spese processuali e di difesa di importo superiore
al  tributo  contestato  e  debba  subire  una  dilatazione dei tempi
processuali  e  maggiori tecnicismi procedurali. Comporta pure che il
cittadino sia costretto ad agire in giudizio non gia' presso l'organo
giurisdizionale  ad  esso di regola piu' prossimo (il giudice di pace
in quanto capillarmente operante in tutto il territorio) ma presso il
Tribunale cosi' da rendergli piu' difficile la tutela in giudizio dei
suoi diritti.
    Accanto  alla  violazione  dei  diritti di difesa e di azione, le
norme  censurate  sono  pure  in contrasto con i principi del "giusto
processo"  e  della  sua  durata  ragionevole  (art. 111 Cost.). Sine
causa,  controversie  di  tenue  valore  sono demandate alla cura del
Tribunale   con   inevitabile   allungamento   dei  tempi  che  vanno
dall'inizio  del  processo  alla  sua conclusione. Ma le disposizioni
denunziate sono irragionevoli anche per un'altra ragione, perche' una
volta  stabilito  di devolvere le controversie di un certo importo ad
un   certo   giudice,   dinanzi   al  quale  si  svolge  un  processo
semplificato,  e  di  devolverle  ad  esso  proprio a cagione di tale
maggior  semplicita'  e  rapidita' di forme, e' illogico sottrarre ad
esso  la  competenza  relativamente  a  cause  in  tutto  e per tutto
identiche alle altre. In tal modo si determina anche un'irragionevole
disparita'  di trattamento tra cittadini che pur azionando pretese di
identico  valore  agiscono  in  un  caso  nei  confronti di un ente o
amministrazione che impone tasse o tributi, in un altro nei confronti
di un soggetto appartenente alla generalita' dei consociati.
                              P. Q. M.
    Si  solleva incidente di costituzionalita' degli art. 9, comma 2,
c.p.c.  -  nella  parte in cui attribuisce alla competenza funzionale
del Tribunale le controversie in materia di imposte e tasse quale che
ne  sia  il  valore,  incluse quindi anche le controversie di importo
inferiore  ai  cinque  milioni di lire - e 7, comma 1, c.p.c, - nella
parte  in  cui stabilisce che la devoluzione al giudice di pace delle
controversie  il  cui  importo  non  ecceda  i cinque milioni di lire
incontra un limite nelle cause attribuite dalla legge alla competenza
di altro giudice - per contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost.
    Sospende il giudizio in corso e dispone la immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere.
      Lecce, addi' 24 maggio 2001
                    Il giudice di pace: Mazzotta
01C1095