N. 910 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 aprile 2001
Ordinanza emessa il 27 aprile 2001 dal tribunale di Lecce nel procedimento penale a carico di Greco Franco ed altri Processo penale - Prove - Testimonianza indiretta - Divieto di testimonianza degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalita' di cui agli artt. 351 e 357, comma 2, lett. a) e b), cod. proc. pen. - Irragionevolezza a fronte, in particolare, della mancata previsione di un analogo divieto per gli investigatori privati autorizzati. - Codice di procedura penale, art. 195, comma 4, come modificato dall'art. 4 della legge 1 marzo 2001, n. 63. - Costituzione, art. 3.(GU n.45 del 21-11-2001 )
IL TRIBUNALE Il tribunale sciogliendo la riserva che precede; Rilevato che all'odierno dibattimento, nel corso dell'esame del teste De Vitis A., Ufficiale di P.G. incaricato delle indagini, il difensore dell'imputato Greco Franco, avv. Anna Centonze, formulava opposizione a che il teste riferisse in ordine a quanto dichiarato da Malatesta Vincenzo nel corso delle indagini preliminari, motivando detta opposizione sulla base dell'art. 195, comma 4 c.p.p., come modificato dalla legge 1 marzo 2001, n. 63; Ritenuto di dover sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195, comma 4, c.p.p. in relazione all'art. 3 Cost. per i motivi di seguito specificati: l'art. 4 della legge n. 63/2001 ha sostanzialmente ripristinato il divieto per gli Ufficiali e gli Agenti di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni "con le modalita' di cui agli art. 351 e 357, comma 2 lettera a) e b)". Tale divieto - al di la' della oggettiva difficolta' di lettura della norma - stando anche ai primi commenti della dottrina sulla nuova disposizione, "non pare meno rigoroso ed ampio" di quello rimosso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 24/1992, che dichiaro' costituzionalmente illegittimo, per "palese irragionevolezza" in quanto in contrasto con l'art. 3 Cost., non solo l'art. 195 comma 4 c.p.p., ma anche l'art. 2, n. 31, secondo periodo della legge-delega "nella parte in cui vieta l'utilizzazione agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni". La norma in parola, infatti, che solo apparentemente risulta avere un contenuto piu' circoscritto di quella giudicata incostituzionale ("Gli Ufficiali e gli Agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni ), in realta' finisce col precludere del tutto la possibilita' per la P.G. di deporre sul contenuto di dichiarazioni acquisite da testimoni nel corso delle indagini preliminari, dovendosi escludere che con il periodo "negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 del presente articolo (che prescrivono, a pena di inutilizzabilita' della testimonianza indiretta, l'acquisizione della deposizione del teste-fonte), essa abbia inteso ammettere la testimonianza indiretta tutte le volte che la polizia giudiziaria abbia raccolto dichiarazioni e omesso di documentarle mediante verbale: un interpretazione siffatta (che certo non puo' definirsi "garantista"), privando le parti ed il giudice (attraverso eventuali contestazioni) di un riscontro documentale su quanto riferito dal teste all'ufficiale di P.G., si presterebbe, questa si, a possibili arbitri e si porrebbe in insanabile contrasto con le ragioni stesse della legge n. 63/2001, varata per realizzare il c.d. "giusto processo" (adattando il codice di rito al nuovo teste dell'art. 111 Cost.). La norma in parola, in fatti, che solo apparrentemente risulta avere un contenuto piu' circoscritto di quella giudicata incostituzionale ("Gli Ufficiali e gli Agenti di Polizia Giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni"), in realta' finisce col precludere del tutto la possibilita' per la P.G. di deporre sul contenuto di dichiarazioni acquisite da testimoni nel corso delle indagini preliminari, dovendosi escludere che con il periodo "negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 del presente articolo" (che prescrivono, a pena di inutilizzabilita' della testimonianza indiretta, l'acquisizione della deposizione del teste-fonte), essa abbia inteso ammettere la testimonianza indiretta tutte le volte che la polizia giudiziaria abbia raccolto dichiarazioni e omesso di documentarle mediante verbale: un interpretazione siffatta (che certo non puo' definirsi "garantista"), privando le parti ed il Giudice (attraverso eventuali contestazioni) di un riscontro documentale su quanto riferito dal teste all'Ufficiale di P.G., si presterebbe, questa si', a possibili arbitri e si porrebbe in insanabile contrasto con le ragioni stesse della legge n. 63/2001, varata per realizzare il c.d. "giusto processo" (adattando il codice di rito al nuovo testo dell'articolo 111 della Costituzione). Se cosi' e' - e non pare possa essere altrimenti - conservano tutto il loro valore le censure mosse al "vecchio" art. 195, comma 4, c.p.p. dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 24/1992, evidente essendo che l'eccezione costituita dal divieto in esame appare sfornita di qualsivoglia ragionevole giustificazione. Ed invero, esclusa (anche dall'art. 197 nuovo testo) ogni ipotesi di incompatibilita' a testimoniare per Ufficiali ed Agenti di P.G. e non potendosi sostenere (per la palese assurdita' di una tesi siffatta) che costoro siano meno affidabili del testimone comune, non e' dato sapere perche' solo ad essi debba essere inibita la c.d. "testimonianzaindiretta", pur nei limiti e con le garanzie di cui all'art. 195 c.p.p.; tanto piu' ove si consideri che analogo divieto non e' invece previsto per gli investigatori privati autorizzati, utilizzati ex art. 327-bis, comma 3, per l'espletamento di indagini difensive (per i quali non e' ipotizzabile l'incompatibilita' con l'ufficio di testimone, ex art. 197, lett. d), questa afferendo solo al difensore che abbia svolto attivita' difensiva, ovvero al suo sostituto o ausiliario che abbia formato la documentazione delle dichiarazioni assunte ai sensi dell'art. 391-bis c.p.p., rapportabile all'ausiliario del giudice o del P.M.). La palese irragionevolezza della disposizione impugnata - per tutte le considerazioni contenute nella gia' citata sentenza n. 24/1992 della Corte costituzionale, da intendersi qui, per brevita', integralmente richiamate e trascritte - per violazione dell'art. 3 della Costituzione, non viene meno in conseguenza del nuovo testo del l'art. 111 Cost. che appare del tutto indifferente rispetto alla medesima ed alle problematiche sopra delineate. Disponendo, infatti, che "il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova", ovvero che "la colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore" (salva la deroga di cui al comma 5, secondo cui "la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato, o per accertata impossibilita' di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita"), l'art. 111 Cost. non incide in alcun modo sulla lettura dell'art. 195 c.p.p. qui propugnata (che, previa declaratoria di incostituzionalita' del comma 4, consenta alla P.G. di deporre sulle dichiarazioni acquisite da testimoni nel corso delle indagini preliminari), restando parimenti salvaguardati sia il principio dell'oralita' (art. 2 n. 2 legge-delega) sia quello del contraddittorio, col quale, anzi, la testimonianza della polizia giudiziaria su fatti conosciuti attraverso dichiarazioni loro rese da altre persone, si conforma pienamente, tenuto conto delle prescrizioni di cui ai primi tre commi dell'art. 195 e della possibilita' che il teste sia sempre sottoposto a controesame dalla parte che non l'ha indicato. D'altro canto non puo' sottacersi che in determinati casi (si pensi, per esempio, ai processi per reati sessuali in cui, molto spesso, unico teste d'accusa e' la persona offesa dal reato) l'esame dell'Ufficiale di P.C. resta l'unico strumento per verificare e saggiare, anche sotto il profilo della credibilita', la versione dei fatti fornita dal teste-fonte. Osservato che la questione sollevata appare sicuramente rilevante nel presente procedimento, essendo essenziale, ai fini del decidere, conoscere con compiutezza gli accertamenti effettuati dal teste De Vitis, Ufficiale di P.G., anche attraverso le dichiarazioni da questi acquisite e verbalizzate a fini d'indagine;
P. Q. M. Vista la legge 11 marzo 1953, n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195, comma 4, c.p.p., come introdotto dall'art. 4 legge n. 63/2001, per palese irragionevolezza e, quindi, per violazione dell'art. 3 Cost. Sospende il giudizio nei confronti degli imputati Greco Franco, Trenta Roberto e Cazzetta Giuseppe ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale, in Roma. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito, ivi compresi quelli relativi alla notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del parlamento. Lecce, addi' 27 aprile 2001 Il Presidente estensore: Tanisi 01c1100