N. 359 ORDINANZA 6 - 7 novembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ordinamento  penitenziario  -  Liberazione  condizionale - Divieto di
  ammissione  al  beneficio  dei  condannati all'ergastolo per taluni
  delitti,  in  mancanza  della  collaborazione  con  la  giustizia -
  Asserita violazione del principio della finalita' rieducativa della
  pena   -   Difetto   di   rilevanza  della  questione  -  Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge  26 luglio  1975, n. 375, art. 4-bis, comma 1, primo periodo,
  introdotto  dal d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (convertito nella legge
  12  luglio  1991,  n. 203)  e  successivamente  modificato dal d.l.
  8 giugno  1992,  n. 306  (convertito  nella  legge  7 agosto  1992,
  n. 356).
- Costituzione, art. 27, terzo comma.
(GU n.44 del 14-11-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1,
primo   periodo,   della   legge   26 luglio   1975,   n. 354  (Norme
sull'ordinamento   penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle  misure
privative  e limitative della liberta) - introdotto dal decreto-legge
13 maggio  1991,  n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla
criminalita'   organizzata   e   di   trasparenza  e  buon  andamento
dell'attivita'  amministrativa),  convertito  nella  legge  12 luglio
1991, n. 203, e successivamente modificato dal decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e
provvedimenti  di  contrasto  alla  criminalita' mafiosa), convertito
nella  legge 7 agosto 1992, n. 356 - promosso con ordinanza emessa il
29 giugno  2000 dal Tribunale di sorveglianza di Firenze, iscritta al
n. 173  del  registro  ordinanze  2001  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 11, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Udito  nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto   che   il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Firenze  ha
sollevato,   in   riferimento   all'art. 27,   terzo   comma,   della
Costituzione,     questione     di     legittimita'    costituzionale
dell'art. 4-bis  comma  1, primo periodo, della legge 26 luglio 1975,
n. 354,   recante   "Norme  sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla
esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative della liberta'" -
introdotto  dal  decreto-legge  13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti
urgenti   in  tema  di  lotta  alla  criminalita'  organizzata  e  di
trasparenza   e   buon   andamento   dell'attivita'  amministrativa),
convertito  nella  legge  12 luglio  1991,  n. 203, e successivamente
modificato dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti
al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla
criminalita' mafiosa), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356 -
nella  parte in cui impedisce, in assenza della collaborazione con la
giustizia   a   norma   dell'art. 58-ter  del  medesimo  ordinamento,
l'ammissione  alla  liberazione  condizionale dei soggetti condannati
all'ergastolo per taluno dei delitti ivi indicati;
        che il rimettente premette:
          di   essere  investito  di  una  richiesta  di  liberazione
condizionale  da  parte  di  un  soggetto  in  espiazione  della pena
dell'ergastolo,    risultante    dal    cumulo   di   due   condanne,
rispettivamente  a  ventisei  anni di reclusione e all'ergastolo, per
due delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione;
          che  il condannato ha gia' usufruito di permessi premio dal
1987  al 1992, e che, dopo un'interruzione conseguente all'entrata in
vigore del decreto-legge n. 306 del 1992, e' stato di nuovo ammesso a
tale beneficio;
          che  nel 1993 l'istante ha commesso una estorsione in danno
di  un  altro  detenuto, a seguito della quale e' stato sottoposto al
regime  di  massima  sicurezza dall'ottobre 1993 al marzo 1994, e che
per tale delitto e' stato condannato alla pena di anni due e mesi sei
di reclusione con sentenza passata in giudicato nel 1998;
          che successivamente al delitto di estorsione il condannato,
oltre  ad  essere  stato  nuovamente  ammesso  ai permessi premio, ha
continuato  a  fruire  della  liberazione  anticipata, sino a vedersi
riconosciuti 1605 giorni di riduzione della pena;
        che,  ai  fini  della  rilevanza  della  dedotta questione di
legittimita'  costituzionale, il rimettente espone che sussistono "le
condizioni   temporali   di   ammissibilita'"   al   beneficio  della
liberazione  condizionale, in quanto alla pena effettivamente espiata
- circa ventidue anni di reclusione - debbono essere aggiunti quattro
anni e sei mesi di pena scontata a titolo di liberazione anticipata;
        che,   al  riguardo,  il  rimettente  precisa  pero'  che  il
passaggio  in  giudicato  della  condanna riportata per il delitto di
estorsione   commesso   nel   1993  "comportera'  la  verifica  della
revocabilita'  o meno di parte della riduzione pena in relazione alla
condanna   subita   e  alla  incompatibilita'  della  stessa  con  il
mantenimento del beneficio";
        che,   quanto   al  requisito  della  collaborazione  con  la
giustizia,   richiesto   dall'art. 4-bis   comma  1,  primo  periodo,
dell'ordinamento  penitenziario  in  relazione ai titoli di reato ivi
indicati,  il  rimettente  rileva  che  l'istante non si trova in una
situazione di collaborazione inesigibile, equiparabile - alla stregua
della giurisprudenza costituzionale (in particolare, viene richiamata
la   sentenza   n. 68   del   1995)   -   alla   condotta   descritta
dall'art. 58-ter del medesimo ordinamento;
        che  la  non  ammissibilita'  al  beneficio della liberazione
condizionale non sarebbe neppure superabile sulla base della sentenza
della Corte costituzionale n. 445 del 1997, in quanto, se e' vero che
il  condannato  aveva  intrapreso  prima  dell'entrata  in vigore del
decreto-legge  n. 306  del  1992 un valido percorso riabilitativo, il
delitto  di estorsione commesso nel 1993 ha comportato l'interruzione
del processo di rieducazione in atto;
        che,   ai   fini   della  non  manifesta  infondatezza  della
questione,  il  rimettente  rileva  che tale situazione "determina la
perpetuita'   effettiva   e  definitiva  della  pena  dell'ergastolo"
precludendo,   in   violazione  del  principio  costituzionale  della
finalita'  rieducativa  della  pena,  il  reinserimento  sociale  del
condannato;
        che,  in particolare, il rimettente sottolinea l'analogia tra
la disciplina censurata e l'art. 177, primo comma, del codice penale,
dichiarato  illegittimo  dalla  Corte  costituzionale con la sentenza
n. 161 del 1997 nella parte in cui non prevede che il condannato alla
pena   dell'ergastolo,   cui   sia   stata  revocata  la  liberazione
condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio,
ove ne sussistano i relativi presupposti;
        che  da  questa pronuncia, e dalle precedenti decisioni della
Corte costituzionale su questioni concernenti il tema dell'ergastolo,
emerge  che la liberazione condizionale e' l'unico istituto che rende
l'ergastolo non contrastante con la finalita' rieducativa della pena,
con  la  conseguenza  che,  ove  la  possibilita'  di accedere a tale
beneficio  risulti  preclusa in via totale e assoluta, ne deriverebbe
l'illegittimita' costituzionale della relativa disciplina;
        che  secondo  il giudice a quo le analogie tra la preclusione
dichiarata illegittima dalla sentenza n. 161 del 1997 e la disciplina
censurata   sono   strettissime,   in   quanto  in  entrambi  i  casi
l'inammissibilita'    alla    liberazione    condizionale   impedisce
"l'effettivo   reinserimento  anche  dell'ergastolano  nel  consorzio
civile";
        che  dall'art. 4-bis comma 1, primo periodo, dell'ordinamento
penitenziario conseguirebbe infatti una vera e propria preclusione ai
benefici  penitenziari,  analoga  a  quella  stabilita dall'art. 177,
primo  comma,  cod.  pen. prima dell'intervento della sentenza n. 161
del  1997,  dal  momento  che  la  collaborazione non puo' "ritenersi
obbligata,    scelta    necessaria   nel   rapporto   giudiziario   e
penitenziario"  ma  si  pone  come  "una  scelta libera" della quale,
quando  possibile, non si possono "conoscere le ragioni del silenzio"
e  che "potrebbe, comunque, essere sovente non possibile" anche al di
fuori   delle   ipotesi   in   cui   l'inammissibilita'  ai  benefici
penitenziari  "viene  temperata  in  vario  modo,  per  la previsione
diretta  della  legge"  o per la "lettura della stessa da parte della
giurisprudenza costituzionale".
    Considerato  che  il  Tribunale di sorveglianza di Firenze dubita
della  legittimita'  costituzionale  dell'art. 4-bis  comma  1, primo
periodo,  dell'ordinamento penitenziario, in quanto applicabile anche
alla  liberazione  condizionale,  nella  parte  in cui prevede che il
soggetto   condannato   all'ergastolo  per  taluno  dei  delitti  ivi
indicati, ove non collabori con la giustizia a norma dell'art. 58-ter
del  medesimo  ordinamento,  non  puo'  essere  ammesso  al  predetto
beneficio  e  rimane  quindi privato della possibilita' di tornare in
liberta',  in  violazione  del  principio  della funzione rieducativa
della pena di cui all'art. 27, terzo comma, della Costituzione;
        che,  in  ordine  alla  rilevanza  della  questione,  ai fini
dell'ammissione   al  beneficio  della  liberazione  condizionale  il
giudice  e'  tenuto  a  verificare  se  si e' realizzato il requisito
temporale  di  cui  all'art. 176,  terzo  comma,  del  codice penale,
determinato per i condannati alla pena dell'ergastolo nella misura di
ventisei anni di reclusione;
        che,  al  riguardo, il rimettente espone che il condannato ha
effettivamente  espiato  circa  ventidue anni di reclusione, ai quali
andrebbe  aggiunto  il  periodo  di  quattro  anni e sei mesi di pena
scontata  a titolo di liberazione anticipata ex art. 54, commi 1 e 4,
dell'ordinamento  penitenziario, ma nello stesso tempo precisa che la
condanna  ad  anni  due  e  mesi  sei di reclusione per il delitto di
estorsione   commesso  nel  1993,  passata  in  giudicato  nel  1998,
"comportera'  la  verifica  della revocabilita' o meno di parte della
riduzione   di   pena  in  relazione  alla  condanna  subita  e  alla
incompatibilita' della stessa con il mantenimento del beneficio";
        che,   in   effetti,   a   norma   dell'art. 54,   comma   3,
dell'ordinamento  penitenziario  -  come  integrato dalla sentenza di
questa Corte n. 186 del 1995 - la revoca della liberazione anticipata
non  consegue  piu'  automaticamente  alla  condanna  per delitto non
colposo commesso nel corso dell'esecuzione della pena, ma e' disposta
solo  se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita,
appare incompatibile con il mantenimento del beneficio;
        che secondo la giurisprudenza di legittimita' la revoca della
liberazione  anticipata  va  estesa a tutte le riduzioni di pena gia'
maturate  prima  della  condanna  per  il  delitto commesso nel corso
dell'esecuzione;
        che,  alla stregua di quanto esposto dallo stesso rimettente,
e' indubbio che nel caso di specie la decisione in ordine alla revoca
della  liberazione  anticipata  -  attribuita anche d'ufficio a norma
dell'art. 678 del codice di procedura penale al medesimo tribunale di
sorveglianza competente a deliberare sulla liberazione condizionale -
influisce  sulla  sussistenza  del  requisito temporale richiesto per
l'ammissione a quest'ultimo beneficio;
        che  il  rimettente  avrebbe  quindi  dovuto  preliminarmente
decidere   sulla   revoca   della   liberazione  anticipata  a  norma
dell'art. 54,  comma  3,  dell'ordinamento  penitenziario,  cosi'  da
accertare  l'effettiva  durata  del  periodo  di  pena  scontata  dal
condannato e dirimere qualsiasi incertezza in ordine alla sussistenza
del requisito temporale di ammissione alla liberazione condizionale;
        che  l'incertezza  su tale requisito si traduce in un difetto
di  rilevanza  della questione che, in quanto condizionata dall'esito
del  procedimento  sulla revoca della liberazione anticipata, risulta
meramente ipotetica;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 4-bis comma 1, primo periodo,
della   legge   26 luglio   1975,   n. 375   (Norme  sull'ordinamento
penitenziario  e sulle misure privative e limitative della liberta) -
introdotto  dal  decreto-legge  13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti
urgenti   in  tema  di  lotta  alla  criminalita'  organizzata  e  di
trasparenza   e   buon   andamento   dell'attivita'  amministrativa),
convertito  nella  legge  12 luglio  1991,  n. 203, e successivamente
modificato dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti
al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla
criminalita' mafiosa), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356 -
sollevata,   in   riferimento   all'art. 27,   terzo   comma,   della
Costituzione,   dal   Tribunale   di  sorveglianza  di  Firenze,  con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2001.
                     Il Presidente: Santosuosso
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 7 novembre 2001.
                      Il cancelliere: Fruscella
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