N. 917 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2000
Ordinanza emessa il 12 dicembre 2000 dal tribunale di Prato nel procedimento penale a carico di Hu Jing Hong Processo penale - Giudizio immediato - Richiesta di giudizio abbreviato - Termine di decadenza di giorni sette, decorrenti dalla notificazione all'imputato del decreto di giudizio immediato - Non congruita' del termine previsto - Incidenza sul diritto di difesa dell'imputato. - Cod. proc. pen., art. 458, comma 1. - Costituzione, art. 111, comma secondo (recte: comma terzo).(GU n.46 del 28-11-2001 )
IL TRIBUNALE Visti gli atti del processo contro Hu Jing Hong n a Zhejiang l'11 febbraio 1978 in atti detenuto presso la Casa Circondariale di Prato imputato del reato di cui agli art. 81 cpv C.P. e 3 n. 8 legge n. 75/1958 per avere, in concorso con Zhang Chuang, favorito e sfruttato la prostituzione di Zao Jing e Wan Hong e, in particolare le accompagnava per strada, rimanendo a controllare per tutto il tempo in cui le donne esercitavano la prostituzione ed aspettandole quando si allontanavano con i clienti, forniva loro preservativi che dovevano, volta per volta, utilizzare con i clienti, riceveva dalle loro mani il denaro, provento dell'attivita' di prostituzione, facendoselo ciascuno consegnare volta per volta da una delle due donne o da ambedue in caso di momentanea assenza dell'altro in Prato quotidianamente tra il 17 ed il 24 luglio 2000; O s s e r v a Hu Jing e' stato tratto, in stato di detenzione, al giudizio del Tribunale per rispondere del reato di cui in epigrafe in forza di decreto di giudizio immediato emesso dal GIP in sede in data 25 agosto 2000 e notificato all'interessato in data 2 ottobre 2000; il difensore, nei preliminari dell'udienza ed al cospetto dell'interessato, ha chiesto di poter accedere al giudizio abbreviato, sollevando questione di legittimita' costituzionale dell'art. 458 comma 1, CPP, in relazione agli art. 3 e 111 della Cost. quanto alla non congruita' del termine previsto per la richiesta di giudizio abbreviato, deducendo che proprio a causa della estrema ristrettezza del citato termine l'imputato, di lingua cinese, in stato di detenzione, impossibilitato ad esprimersi adeguatamente, all'epoca assistito da difensore d'ufficio, non sarebbe stato in grado di comprendere ed apprezzare appieno la possibilita', che pure gli era stata indicata nel decreto notificato, di ricorrere al rito alternativo di cui, dunque, lamentava l'impossibilita' di celebrazione a fronte della decadenza intervenuta. Il P.M. ha concluso per il rigetto della questione. Il Tribunale ritiene che la medesima non sia manifestamente infondata, peraltro con esclusivo riferimento al profilo dell'art. 111 Cost., e che pertanto se ne debba investire codesta Corte emergendo che il giudizio in questione non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione prospettata. Questo aspetto della causa va focalizzato nei termini che seguono. Deputato a ricevere istanze di giudizio abbreviato e a celebrare il processo nelle forme conseguenti e' il GIP, non il Tribunale. E dunque si puo' forse sostenere che solo per questo organo giudicante (investito magari della questione con una istanza tardiva di giudizio abbreviato) emerge in modo diretto la condizione di cui all'art. 23 comma 2 legge 11 marzo 1953 n. 87; compete infatti solo a quel giudice dichiarare ammissibile o meno la richiesta di giudizio abbreviato e dunque affrontare il problema della manifesta infondatezza, o meno, della questione sollevata; sennonche' se al GIP fosse stata presentata una simile istanza, atteso che il processo venne inviato al dibattimento fin dal 6 ottobre 2000, addirittura prima che fosse scaduto il termine in questione, quel giudice si sarebbe trovato a trattare la questione senza disporre degli atti e senza neppure poter ottenere dal Tribunale la restituzione del fascicolo. Appare cosi processualmente corretto che la questione sia sollevata dinanzi al Tribunale ed e' consequenziale ritenere che competa al giudice dinanzi al quale si trova la parte che intende sollevare la questione farsi carico della stessa. D'altro canto, come compete al Tribunale restituire gli atti al GIP nella ipotesi della nullita' della notifica del decreto di giudizio immediato affinche' l'atto sia rinnovato si' da far decorrere nuovamente il termine di cui all'art. 458 CPP, deve ritenersi che analoga procedura si dovra' seguire nel caso di pronunzia di una sentenza dichiarativa della illegittimita' costituzionale della norma denunziata. La questione sollevata risulta gia' affrontata dalla Corte con la sentenza n. 122 del 1997; la infondatezza e' stata articolata, attesi i profili trattati dal giudice remittente, sugli art. 3 e 24 Cost. A seguito delle modifiche apportate all'art. 111 Cost. emergono nuovi aspetti che rendono necessari un ulteriore esame da parte della Corte. Statuisce il comma 3 del citato articolo che la legge assicura che la persona accusata di un reato disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa. In via preliminare non sembra discutibile che nella ampia locuzione `per preparare la sua difesa' debba ritenersi compresa ogni attivita' di parte destinata a produrre effetti sulla trattazione del processo, vuoi sotto il profilo della indicazione dei mezzi di prova, vuoi nella scelta dei riti alternativi. Con il ricorso al giudizio abbreviato l'imputato attua una ben precisa strategia difensiva consistente nel rendere disponibili per il giudizio tutte le attivita' di indagine poste in essere dal P.M. Il materiale probatorio si amplia cosi' in massimo grado ed inoltre si consente che il processo possa vedere l'acquisizione di ulteriori elementi probatori su iniziativa del giudice; in un quadro normativo di tale complessita' la scelta del rito senz'altro costituisce uno dei piu' significativi modi di articolazione della difesa. Venendo al merito della questione e' opportuno ricordare che la sentenza 122 si sofferma sui requisiti che consentono l'emissione del decreto di giudizio immediato per escludere la assimilabilita' dei modelli processuali presi in esame dal giudice remittente (art. 458 e art. 555, comma 1, lettera e) CPP), ma la novita' del parametro costituzionale citato e del quadro normativo emergente dalla legge n. 479/1999, consente di prescindere dall'insieme delle considerazioni formulate dalla Corte in quella sede, atteso che non appare affatto determinante accertare se nei due diversi modi di esercizio dell'azione penale si realizza una ingiustificata disparita' di trattamento. Sotto il profilo del diritto di difesa l'esame che la nuova norma costituzionale impone e' in parte diverso; il generale principio enunciato dell'art. 24 Cost. e' stato affiancato da una serie di previsioni, alcune quanto mai specifiche, che postulano una sua tutela piu' puntuale e dettagliata. Tra le novita' vi e' quella relativa al tempo necessario alla predisposizione della difesa. Il termine previsto dall'art. 458 comma 3 CPP si pone esattamente nel quadro di riferimento costituzionale che si e' premesso e la valutazione che deve essere oggi compiuta e' quella relativa alla sua congruita', alla sua adeguatezza sotto profili, non gia' di mera possibilita' di esercizio del diritto di difesa, ma di un agevole ricorso agli istituti processuali che il rito pone a disposizione dell'imputato. In questa prospettiva la preventivabilita' della emissione di un decreto di giudizio immediato non sembra possa costituire utile argomento per risolvere la questione nei termini in cui la stessa oggi si propone. Quale che sia la consapevolezza che l'imputato ha della propria posizione processuale, per aver ricevuto una motivata ordinanza cautelare, per aver potuto consultare tutti gli atti sui quali questa si fonda, per aver gia' avuto contatto con il P.M., e' comunque dato dubitare che un termine obbiettivamente esiguo come quello di sette giorni possa essere considerato sufficiente ad articolare una scelta cosi' delicata e definitiva come e' quella della richiesta di giudizio abbreviato. Appare indubbio, quale che sia la posizione dell'imputato (detenuto o libero, assistito da un difensore di fiducia o d'ufficio, di nazionalita' italiana o straniero) che il ristretto termine previsto rende quanto meno disagevole l'esercizio del diritto di difesa; del resto proprio nella sentenza 122 si da' atto che si tratta di un termine breve. Una simile conclusione e' ancor piu' fondata ove si considerino le profonde modifiche apportate al rito abbreviato dalla legge n. 479/1999 che sopra si sono appena accennate. Per valutare se sia conveniente alla difesa il ricorso al rito speciale, l'imputato deve poter esaminare tutto il contenuto del fascicolo del P.M. e non solo gli atti utilizzati per l'emissione di un provvedimento cautelare. Al termine di questa attivita' dovra' poi scegliere se presentare una istanza, subordinandola o meno, ad una richiesta di integrazione probatoria. La delicatezza di queste valutazioni emerge ancor piu' alla luce dei nuovi poteri istruttori assegnati al giudice le cui possibili iniziative di acquisizione probatoria sono previste in termini assai ampi e meritano pertanto di essere adeguatamente ponderate. E dunque anche per queste osservazioni non sembra che la sentenza n. 122/1997 contenga valutazioni utili a far ritenere ancora oggi manifestamente infondata la questione.
P. Q. M. Visto l'art. 23, 3 comma, legge 11 marzo 1953, n 87; Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art 458, comma 1, cpp sotto il profilo dell'art. 111 comma 2 Cost. Visto l'art. 23, 4 comma, L. 11 marzo 1953, n. 87; Ordina la trasmissione della presente ordinanza alla Corte Costituzionale e la notifica della medesima al Presidente del Consiglio dei ministri. Si dia comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Sospende il processo. Data lettura nel corso della pubblica udienza del 12 dicembre 2000 alla presenza dell'imputato e del suo difensore. Prato, addi' 12 dicembre 2000 Il Presidente: Dell'Anno 01C1126