N. 364 SENTENZA 6 - 16 novembre 2001

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari  -  Dichiarazioni  rese  da un
  deputato  nel  corso di trasmissioni televisive Procedimento penale
  per   diffamazione  a  mezzo  stampa,  continuata  ed  aggravata  -
  Deliberazione  di insindacabilita' della Camera di appartenenza del
  parlamentare  -  Ricorso  per  conflitto  tra  poteri  proposto dal
  Tribunale  di Treviso - Carenza dei requisiti formali e sostanziali
  - Inammissibilita' del ricorso.
- Deliberazione della Camera dei deputati 24 febbraio 1999.
- Costituzione,  art.  68,  primo  comma; legge 11 marzo 1953, n. 87,
  artt.  22,  37  e  38; norme integrative per i giudizi davanti alla
  Corte costituzionale, art. 26.
(GU n.45 del 21-11-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo   ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda
CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera  della  Camera  dei  deputati  del
24 febbraio  1999,  relativa  alla  insindacabilita'  delle  opinioni
espresse  dall'on. Vittorio  Sgarbi nei confronti della dott.ssa Anna
Fasan,  promosso  con ricorso del Tribunale di Treviso, notificato il
17 febbraio  2000,  depositato  in  cancelleria  il  23 successivo ed
iscritto al n. 10 del registro conflitti 2000.
    Visto l'atto di costituzione della Camera di deputati;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19 giugno  2001  il  giudice
relatore Massimo Vari;
    Uditi  l'avvocato  Pietro  Barolo  per  il Tribunale di Treviso e
l'avvocato Sergio Panunzio per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di  un  giudizio  penale  a  carico del deputato
Vittorio  Sgarbi,  per  il  reato  di  diffamazione  a  mezzo stampa,
continuata  ed aggravata, il tribunale di Treviso, sezione penale, ha
promosso, con ordinanza del 16 aprile 1999, conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato nei confronti della Camera dei deputati, in
relazione  alla  deliberazione adottata dall'Assemblea il 24 febbraio
1999,  con  la  quale  e'  stato dichiarato che i fatti per cui e' in
corso  il menzionato procedimento penale riguardano opinioni espresse
da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio delle sue funzioni, a
norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Premette  il  tribunale  che  i  fatti  per cui si procede contro
l'on. Sgarbi riguardano le dichiarazioni rilasciate nei confronti del
giudice  per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone, Anna
Fasan,  nel  corso  delle trasmissioni televisive "Sgarbi Quotidiani"
del 10, 14, 18 gennaio 1997 e 28 luglio 1997.
    Rileva,  ancora,  il ricorrente che le espressioni utilizzate dal
parlamentare  in  dette  occasioni  sono  state definite dallo stesso
Relatore   della   Giunta   per   le   autorizzazioni   a   procedere
"astrattamente   diffamatorie"   e   "caratterizzate   da  uno  stile
particolarmente  insinuante",  degne  di  essere  "censurate" per gli
"eccessi  verbali". Ciononostante il parere della Giunta e' stato nel
senso  dell'insindacabilita'  delle  opinioni  espresse dal deputato,
assumendosi,   in   particolare,  che  le  dichiarazioni  stesse  "si
ricollegano  ad  una  generica  funzione  di informazione e ad un non
meglio  precisato esercizio del diritto di satira"; l'Assemblea della
Camera  dei  deputati  ha,  quindi,  recepito il parere della Giunta,
deliberando,  in  data  24 febbraio  1999,  l'insindacabilita'  delle
opinioni espresse dal suo componente.
    Cio'   premesso,   il   tribunale  contesta  la  sussistenza  dei
presupposti  della  deliberazione  di  insindacabilita',  osservando,
anzitutto,  che  le espressioni diffamatorie oggetto dell'imputazione
sono  state  rese  non in sede istituzionale, ne' nelle forme tipiche
della  funzione, bensi' nel corso di una trasmissione televisiva "non
qualificabile  come  tipicamente politica ... ma ricollegabile ad una
attivita' professionale di natura giornalistica".
    Sostiene, ancora, il ricorrente che, nel corso delle trasmissioni
televisive,  l'on. Sgarbi  non  ha  fatto  riferimento alcuno ad atti
parlamentari,     ne'    tantomeno    all'interpellanza    presentata
dall'on. Veneto  sulle  vicende  relative  agli  Uffici giudiziari di
Pordenone, quale atto richiamato dalla difesa del deputato soltanto a
seguito  delle  querele  presentate dalla persona offesa. Peraltro, a
differenza  di detta interpellanza, in cui i fatti sono presentati in
modo  dubitativo,  le  dichiarazioni televisive danno "per scontati i
fatti"  e  su questi innestano "una serie di insinuazioni a carattere
personale  e  sessuale  di contenuto pesantemente ingiurioso e lesivo
dell'altrui   reputazione",   ove   "l'aspetto  denigratorio  risulta
assolutamente   prevalente  ...  rispetto  anche  ad  una  ipotizzata
funzione informativa".
    Nell'assumere,  poi,  che  il  giudizio  della  Giunta,  recepito
dall'Assemblea,  "non tiene assolutamente conto di questi elementi di
fatto, riferendosi ad un presunto diritto di critica, di cronaca e di
satira",  il  Tribunale  ricorrente  sostiene  che i limiti posti dai
regolamenti  parlamentari  alle  modalita'  e alle forme di esercizio
della  relativa funzione devono reputarsi sussistenti "non solo nello
svolgimento delle attivita' istituzionali intra moenia ma anche al di
fuori   di   dette   sedi",  concretandosi,  altrimenti,  una  palese
disparita'   di   trattamento   tra  parlamentari  e  cittadini  (con
violazione  dell'art. 3  della  Costituzione),  in  quanto soltanto i
secondi  sarebbero  tenuti  al  rispetto  "dei  principi e dei limiti
imposti al diritto di manifestazione del pensiero".
    Del  resto,  si  argomenta  ancora  nell'atto di promovimento del
conflitto,  la  compressione dei diritti del cittadino persona offesa
"trova  una  giustificazione  costituzionale  nel bilanciamento degli
interessi  in  causa",  ove  l'esercizio  della funzione parlamentare
rimanga  nell'alveo  di contenuti e forme strettamente correlate alla
funzione  stessa, "senza travalicare in comportamenti non necessitati
e gratuitamente lesivi".
    In ragione di quanto sopra il Tribunale di Treviso ritiene che la
deliberazione  di  insindacabilita',  oggetto  di  conflitto, lede la
sfera  di  attribuzione costituzionalmente garantita ad esso giudice,
concretando  un  illegittimo  esercizio  del  potere  spettante  alla
Camera, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il  ricorrente  conclude,  pertanto,  chiedendo  che questa Corte
"voglia  dichiarare  l'ammissibilita'  del  ricorso  e  risolvere  il
presente conflitto".
    2. - Il  conflitto  e'  stato  dichiarato  ammissibile,  ai sensi
dell'art. 37  della  legge  n. 87  del  1953,  con ordinanza n. 3 del
7 gennaio 2000.
    Il  ricorso  e  la menzionata ordinanza risultano notificati alla
Camera dei deputati il 17 febbraio 2000 e depositati, unitamente alla
prova della notificazione, in data 23 febbraio 2000.
    3. - Si  e' costituita la Camera dei deputati, in persona del suo
Presidente,  per  sentir  dichiarare l'inammissibilita' del conflitto
ovvero, in subordine, la sua infondatezza.
    Premessa  la  ricostruzione in fatto delle vicende che hanno dato
origine    al    conflitto,    la   memoria   eccepisce,   anzitutto,
l'inammissibilita'  del  ricorso,  non avendo il Tribunale di Treviso
rispettato  la  disciplina  che  regola  il giudizio sui conflitti di
attribuzione tra poteri dello Stato e, segnatamente, l'art. 26, primo
comma,  delle  norme  integrative  per  i  giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
    Nel rilevare che il conflitto non e' stato introdotto con ricorso
bensi'  con  ordinanza,  la  Camera  e'  dell'avviso che, nel caso di
specie,  non  sussista  neppure quella fungibilita' del predetto atto
con  il  ricorso,  che  va  riconosciuta  -  secondo  la piu' recente
giurisprudenza  costituzionale - "ove l'ordinanza sia comunque dotata
di  tutti  i  requisiti  occorrenti,  ai sensi dell'articolo 37 della
legge n. 87 del 1953 e dell'articolo 26 delle norme integrative".
    In particolare l'atto:
        1)   sarebbe  carente  nell'individuazione  delle  specifiche
attribuzioni dell'autorita' giudiziaria asseritamente lese;
        2)   sarebbe  carente,  altresi',  nell'individuazione  delle
specifiche  norme  costituzionali  sulle  quali si fonderebbero dette
attribuzioni,  essendo  insufficiente  il  solo  richiamo all'art. 68
della Costituzione;
        3)   ometterebbe   la  richiesta  di  "non  spettanza"  della
valutazione  contestata  e,  comunque,  "la richiesta di annullamento
della  deliberazione impugnata", limitandosi a chiedere alla Corte di
"dichiarare  l'ammissibilita'  del  ricorso  e  risolvere il presente
conflitto";
        4)  sarebbe  privo "di una valida sottoscrizione del soggetto
ricorrente",  e  cioe'  della  sottoscrizione  di  tutti i membri del
collegio   giudicante,  essendo  l'ordinanza  sottoscritta  dal  solo
Presidente.
    Ad  avviso  della Camera, sussisterebbe, poi, un ulteriore motivo
di  inammissibilita'  del  conflitto, discendente "dalla irritualita'
della notifica" dell'ordinanza-ricorso.
    3.1. - Nel  merito, la Camera deduce l'infondatezza del conflitto
e  cio' a motivo del "contesto parlamentare" in cui si inseriscono le
dichiarazioni   oggetto   della   delibera  di  insindacabilita',  il
"contenuto  essenziale"  delle quali - "aldila' degli eccessi verbali
connessi  alla  forma  satirica  adottata"  -  "corrispondeva  ad una
interrogazione   gia'   presentata   alla  Camera  poco  tempo  prima
dall'onorevole   Veneto   e   pubblicata   negli  atti  parlamentari"
(n. 5/01331  del 22 dicembre 1996), trattandosi, dunque, "di fatti su
cui  aveva  gia' iniziato a svolgersi il sindacato ispettivo da parte
della  Camera  dei  deputati  cui anche l'onorevole Sgarbi, in quanto
membro di quella Camera, partecipava".
    Secondo  la  memoria,  la  delibera  di insindacabilita' risulta,
percio',  adottata  nel  rispetto  dell'art. 68,  primo  comma, della
Costituzione.
    Poiche',  tuttavia, "tale conclusione potrebbe essere revocata in
dubbio  sulla base delle recentissime sentenze dell'anno 2000", nelle
quali si e' inteso "precisare quando ricorra il nesso funzionale", la
memoria  afferma  che  il  senso della piu' recente giurisprudenza va
colto,  quanto  alle  espressioni rese dai parlamentari extra moenia,
nella  distinzione  tra espressioni "attinenti alla politica in senso
lato   ed  indifferenziato"  ed  espressioni  "che  invece  attengono
propriamente  alla  politica parlamentare, solo queste ultime essendo
identificabili quali espressione di attivita' parlamentare".
    In  tal  senso,  la  Camera sostiene che l'ambito della "politica
parlamentare"  non  puo'  esaurirsi  "nei  puntuali atti di esercizio
attivo   di   poteri   del   parlamentare,  ma  ricomprende  l'intera
comunicazione  politico-parlamentare  di cui egli e' stato partecipe:
anche  ascoltando,  leggendo,  valutando  dichiarazioni rese da altri
parlamentari".  Cosicche',  quando  un  fatto  o dei comportamenti di
soggetti   pubblici   o   privati   "entrano  nel  campo  dei  lavori
parlamentari"  (come  accade  "se  essi  sono  oggetto  di un atto di
sindacato   ispettivo,  chiunque  l'abbia  posto  in  essere"),  essi
finiscono    per    collocarsi    nell'ambito   della   comunicazione
politico-parlamentare  cui  partecipa  ogni  parlamentare,  mentre le
successive    dichiarazioni    extra   moenia,   se   sostanzialmente
corrispondenti       ai       contenuti      della      comunicazione
politico-parlamentare,  "saranno  anch'esse  espressione di attivita'
parlamentare".
    Rilevato,  percio',  che le affermazioni dell'on. Sgarbi, oggetto
di  procedimento  penale  dinanzi  al  tribunale  ricorrente,  "erano
espressione   di   attivita'  parlamentare",  secondo  la  Camera  e'
irrilevante,  poi,  il  fatto  che  le dichiarazioni siano state rese
nell'ambito  di  una  trasmissione  televisiva  "ricollegabile ad una
attivita'  professionale  di natura giornalistica", giacche' cio' che
conta   "non  e'  il  mezzo  dell'espressione  dell'opinione,  ma  e'
l'opinione  in  se'  e,  soprattutto,  il  suo  nesso con l'attivita'
parlamentare".
    4. - Nell'imminenza   dell'udienza   entrambe   le   parti  hanno
depositato memoria illustrativa.
    4.1. - Il    Tribunale    di   Treviso   sostenendo,   anzitutto,
l'ammissibilita'  del  sollevato conflitto, cosi' come gia' affermato
dall'ordinanza  n. 3  del  2000  in  sede  di  delibazione  sommaria,
insiste,  nel  merito, nelle argomentazioni gia' svolte nel ricorso e
conclude  affinche'  la Corte dichiari che non spetta alla Camera dei
deputati  dichiarare l'insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo
comma,  della  Costituzione,  delle opinioni espresse dall'on. Sgarbi
per  le quali pende procedimento penale innanzi al medesimo Tribunale
di Treviso, con conseguente annullamento della deliberazione adottata
nella seduta del 24 febbraio 1999.
    4.2. - La  Camera  dei  deputati,  ribadendo  preliminarmente  le
eccezioni   gia'   formulate   nell'atto  di  costituzione,  rimette,
altresi',  alla  Corte  la  valutazione  in  ordine  ad una ulteriore
ipotesi  di  inammissibilita' del ricorso, non avendo il Tribunale di
Treviso   depositato,  unitamente  agli  atti  del  processo,  l'atto
asseritamente lesivo delle sue attribuzioni.
    Nel  merito,  la  memoria,  richiamando  anche  la  piu'  recente
giurisprudenza  costituzionale,  conferma  le gia' esposte ragioni di
infondatezza del ricorso.

                       Considerato in diritto

    1. -   Il  Tribunale di Treviso, sezione penale, ha promosso, con
ordinanza  del  16 aprile  1999, conflitto di attribuzione tra poteri
dello  Stato  nei  confronti  della Camera dei deputati, in relazione
alla  deliberazione  adottata dall'Assemblea il 24 febbraio 1999, con
la   quale   e'   stata   affermata   l'insindacabilita',   ai  sensi
dell'art. 68,  primo  comma,  della  Costituzione,  dei fatti per cui
pende,  dinanzi  al  predetto tribunale, procedimento penale a carico
del  deputato  Vittorio  Sgarbi, imputato del reato di diffamazione a
mezzo  stampa, a seguito delle dichiarazioni rilasciate nei confronti
del  giudice  per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone,
Anna   Fasan,   nel   corso  delle  trasmissioni  televisive  "Sgarbi
Quotidiani" del 10, 14, 18 gennaio 1997 e 28 luglio 1997.
    Nel  contestare  la  sussistenza  dei  presupposti della adottata
deliberazione di insindacabilita', il giudice ricorrente sostiene che
le  espressioni  diffamatorie oggetto dell'imputazione non sono state
rese  in  sede istituzionale, ne' nelle forme tipiche della funzione,
ne', ancora, fanno riferimento alcuno ad atti parlamentari; trattasi,
infatti,  di  dichiarazioni  rilasciate nel corso di una trasmissione
televisiva  "non  qualificabile  come  tipicamente  politica  ...  ma
ricollegabile    ad    una    attivita'   professionale   di   natura
giornalistica",   nelle   quali   "l'aspetto   denigratorio   risulta
assolutamente   prevalente  ...  rispetto  anche  ad  una  ipotizzata
funzione informativa".
    Sicche',  ad avviso del Tribunale di Treviso, la deliberazione di
insindacabilita'  oggetto  di conflitto lede la sfera di attribuzione
costituzionalmente   garantita   ad   esso  giudice,  in  conseguenza
dell'illegittimo esercizio del potere spettante alla Camera, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il   ricorrente   chiede,   pertanto,  che  questa  Corte  voglia
dichiarare  l'ammissibilita'  del  ricorso  e  risolvere  il presente
conflitto.
    2. - Nel  costituirsi  in  giudizio,  la  Camera dei deputati ha,
preliminarmente,  eccepito  l'inammissibilita'  del  ricorso, per non
aver il Tribunale di Treviso rispettato la disciplina sui giudizi che
hanno  per oggetto i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato
e,  segnatamente, l'art. 26, primo comma, delle norme integrative per
i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
    Al  riguardo,  la  memoria lamenta che il conflitto non sia stato
introdotto  con  ricorso bensi' con ordinanza, senza che, nel caso di
specie,   sussista   neppure  quella  fungibilita'  tra  i  due  atti
riconosciuta  dalla  piu'  recente giurisprudenza costituzionale "ove
l'ordinanza  sia  comunque dotata di tutti i requisiti occorrenti, ai
sensi  dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953 e dell'articolo 26
delle norme integrative".
    L'atto  di  promovimento del conflitto mancherebbe, anzitutto, di
individuare,    specificamente,    le   attribuzioni   dell'autorita'
giudiziaria asseritamente lese, nonche' le norme costituzionali sulle
quali  si  fondano  dette attribuzioni, essendo insufficiente il solo
richiamo  all'art. 68  della  Costituzione. Inoltre, il medesimo atto
ometterebbe   "la   richiesta  di  non  spettanza  della  valutazione
contestata   e,   comunque,   la   richiesta  di  annullamento  della
deliberazione  impugnata",  limitandosi  a  chiedere  alla  Corte  di
"dichiarare  l'ammissibilita'  del  ricorso  e  risolvere il presente
conflitto".  Lo  stesso  atto  sarebbe,  infine, privo "di una valida
sottoscrizione del soggetto ricorrente", e cioe' della sottoscrizione
di  tutti  i  membri  del  collegio  giudicante,  essendo l'ordinanza
sottoscritta dal solo Presidente.
    Ulteriore motivo di inammissibilita' del conflitto discenderebbe,
ad   avviso   della   Camera,  "dalla  irritualita'  della  notifica"
dell'ordinanza-ricorso.
    In  subordine  e  nel  merito,  la  Camera dei deputati argomenta
diffusamente   sull'infondatezza  del  conflitto,  adducendo  che  le
dichiarazioni contestate, oltre ad inserirsi in ben preciso "contesto
parlamentare",  corrispondono,  nel  loro  "contenuto essenziale", in
base   ad   una   valutazione  da  effettuarsi  "secondo  criteri  di
ragionevolezza  e  non formalistici", all'interrogazione parlamentare
precedentemente  presentata alla Camera da altro parlamentare e cioe'
dall'on. Veneto,  concernendo,  dunque,  "fatti  su  cui  aveva  gia'
iniziato a svolgersi il sindacato ispettivo da parte della Camera dei
deputati  cui  anche  l'onorevole  Sgarbi, in quanto membro di quella
Camera, partecipava".
    Ne   consegue,   secondo   la   Camera,   che   la   delibera  di
insindacabilita'    risulta,    anche    alla   luce   dei   principi
giurisprudenziali,  adottata  nel rispetto dell'art. 68, primo comma,
della  Costituzione,  essendo ravvisabile, nella specie, "la inerenza
delle opinioni all'esercizio delle funzioni parlamentari".
    3. - Il ricorso e' inammissibile.
    La fase preliminare del giudizio, svoltasi senza contraddittorio,
in   quanto   sommariamente   delibativa   della  ammissibilita'  del
conflitto,  si e' conclusa con l'ordinanza n. 3 del 2000, la quale ha
lasciato  impregiudicata  ogni ulteriore questione, anche in punto di
ammissibilita';  sicche',  ora,  la  Corte  e'  tenuta ad esaminare e
risolvere, nel contraddittorio delle parti e, quindi, anche alla luce
delle  eccezioni  sollevate  dalla Camera dei deputati, ogni relativa
questione.
    Nel   dettare   la  disciplina  del  giudizio  per  conflitto  di
attribuzione  tra  poteri dello Stato, la legge 11 marzo 1953, n. 87,
prevede,  all'art. 37,  che  il  giudizio  medesimo  si  instauri, ad
iniziativa dell'organo interessato, per mezzo di ricorso.
    Come  e'  dato  evincere  dalla giurisprudenza costituzionale, la
richiamata  disciplina,  configurando  il conflitto come procedimento
inteso  non  ad  un  generale controllo della legittimita' dell'atto,
bensi'  alla  verifica  dell'ordine  costituzionale  delle competenze
(sentenza  n. 457  del 1999), implica che il giudice, nella sua veste
di  titolare della funzione giurisdizionale, si faccia "promotore del
giudizio come parte ricorrente, in vista della tutela di un interesse
potenzialmente  fornito di protezione costituzionale" (sentenza n. 10
del 2000).
    Da  cio'  consegue  che  l'atto di promovimento deve soddisfare i
requisiti  necessari  per  la  valida instaurazione del giudizio, nel
senso che da esso possa ricavarsi la pretesa che la parte intende far
valere  e  cio'  in  relazione all'attribuzione costituzionale che si
assume menomata o che si voglia rivendicare.
    Quanto  detto  comporta  che  sul  ricorrente  gravi  l'onere  di
precisare   l'oggetto   della   propria  domanda,  quale  indicazione
necessaria  al  fine  di  consentire  alla Corte, in base all'art. 38
della  legge  n. 87  del  1953,  di dichiarare, nella risoluzione del
conflitto,   "il   potere   al  quale  spettano  le  attribuzioni  in
contestazione"  e  di  annullare,  se  del  caso, ove emanato, l'atto
viziato da incompetenza.
    La  necessaria  indicazione del petitum si evince, del resto, non
solo  dalla  stessa conformazione del giudizio per conflitto, secondo
quanto  risulta  dal  titolo  II  della legge n. 87 del 1953, e dalle
norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale del
16 marzo  1956, ma, ove occorra, anche dall'art. 17 del regio decreto
17 agosto  1907,  n. 642,  alle  cui  disposizioni  rinvia, in quanto
applicabili, l'art. 22 della stessa legge n. 87 del 1953.
    Cio'  posto,  va  osservato  che  il  Tribunale  di  Treviso, nel
limitarsi,  con  l'atto di promovimento del giudizio, a chiedere alla
Corte   di   "risolvere  il  presente  conflitto",  ha  semplicemente
evidenziato  il  potere  dovere di decidere, senza con cio' assolvere
l'onere  imposto dalle norme sopra ricordate, avendo omesso del tutto
la  necessaria  indicazione  dell'oggetto  della domanda. Ne consegue
l'inammissibilita'  del  ricorso,  in  quanto carente di uno dei suoi
requisiti essenziali (vedi sentenza n. 363 del 2001).
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso per conflitto di attribuzione
tra  poteri dello Stato di cui in epigrafe, proposto dal Tribunale di
Treviso, sezione penale, nei confronti della Camera dei deputati.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Vari
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 16 novembre 2001.
                      Il cancelliere: Fruscella
01C1138