N. 375 ORDINANZA 19 - 22 novembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Dibattimento  - Lettura di atti per sopravvenuta
  impossibilita' di ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili
  -  Ritenuta posizione di un limite ulteriore alla derogabilita' del
  principio  del  contraddittorio  nella  formazione  della  prova  -
  Erroneita'  del  presupposto  interpretativo  assunto  -  Manifesta
  infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., art. 512.
- Costituzione, art. 111, quinto comma.
(GU n.46 del 28-11-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 512 del codice
di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale,
dal  tribunale  di Ravenna con ordinanza emessa il 26 settembre 2000,
iscritta  al  n. 807  del  registro ordinanze 2000 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 1,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 ottobre 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il tribunale di Ravenna ha sollevato, in riferimento
all'art. 111,   quinto   comma,   della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 512  del  codice di procedura
penale, nella parte in cui consente la lettura degli atti assunti nel
corso   delle   indagini  preliminari  solo  quando  ne  e'  divenuta
impossibile la ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili;
        che il giudice a quo chiamato a decidere sull'acquisizione al
fascicolo  per  il  dibattimento  del  verbale di una "individuazione
fotografica"  effettuata da una testimone nell'immediatezza del fatto
per  cui si procede, espone che tale atto e' "divenuto irripetibile a
causa  dell'incapacita'  della teste di ricordare alcunche' in merito
all'esito   dello   stesso,  nonche'  di  focalizzare  nella  memoria
l'effigie della persona all'epoca riconosciuta";
        che  tale  impossibilita'  di ripetizione non poteva peraltro
ritenersi  "imprevedibile  al tempo delle indagini, stante da un lato
l'eta'  gia'  matura della teste e dall'altro il lungo lasso di tempo
che  sarebbe  verosimilmente trascorso tra il fatto e la celebrazione
del dibattimento";
        che     la     formulazione    dell'art. 512    cod.    proc.
pen. precluderebbe   quindi   di   disporre   la  lettura  dell'atto,
consentita solo ove l'impossibilita' di ripetizione derivi da fatti o
circostanze imprevedibili;
        che la norma censurata, in quanto prevede "limiti estranei ed
ulteriori"     -     in     particolare,     la     "imprevedibilita'
dell'irrepetibilita'"  -  all'operativita' delle deroghe al principio
del  contraddittorio  nella  formazione  della  prova, si porrebbe in
contrasto  con l'art. 111, quinto comma, Cost., ove si fa riferimento
solo  alla  "accertata  impossibilita'  di  natura  oggettiva"  della
ripetizione della prova;
        che  le  regole  dettate  dall'art. 111,  quinto comma, della
Costituzione  non  si  limiterebbero  infatti a fissare "un contenuto
minimo  di garanzia" per l'imputato, si' da consentire al legislatore
ordinario    di    introdurre    ulteriori    limiti   e   condizioni
all'utilizzabilita'  degli  atti,  ma sarebbero poste "anche a tutela
dell'interesse all'accertamento della verita', del quale e' in primis
portatrice  la  parte  pubblica  ovvero a tutela altresi' delle altre
parti  private  che  si  assumono  lese dal reato" le quali avrebbero
quindi  diritto  ad utilizzare, nei casi consentiti, gli atti formati
fuori del contraddittorio;
        che, ad avviso del rimettente, tale opzione interpretativa si
basa  sulla  constatazione  che  il  principio  del  giusto processo,
enunciato dall'art. 111 Cost., si riferisce non solo all'imputato, ma
a   tutte   le  parti  processuali,  ed  e'  conforme  alla  corretta
individuazione   dello   scopo   del   processo  penale,  ravvisabile
nell'accertamento della verita';
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  concluso chiedendo che la questione venga dichiarata
infondata,  non  essendo condivisibile ne' la premessa interpretativa
circa la prevedibilita' dell'impossibilita' di ripetizione dell'atto,
ne'   la   chiave   di   lettura   che   viene  fornita  della  norma
costituzionale.
    Considerato che il rimettente muove dalla premessa interpretativa
che  nel  caso  sottoposto  al  suo  esame si versi in una ipotesi di
irripetibilita'   di   un  atto  assunto  nel  corso  delle  indagini
preliminari,  al  quale  -  ove  si  trattasse  di  impossibilita' di
ripetizione   per   fatti   e  circostanze  imprevedibili  -  sarebbe
applicabile  la  disciplina delle letture prevista dall'art. 512 cod.
proc. pen;
        che  il  giudice  a  quo  mostra  peraltro di non cogliere la
differenza    tra    oggettiva    impossibilita'    di    ripetizione
dell'assunzione  dell'atto  dichiarativo  (quale potrebbe derivare da
morte,  irreperibilita',  infermita' che determina una totale amnesia
del  testimone), rientrante nella sfera di applicazione dell'art. 512
cod.  proc.  pen., e mera incapacita' dedotta dal teste di richiamare
alla  memoria  il  contenuto  dell'atto  assunto  durante le indagini
preliminari,   situazione   appunto   ravvisabile  nel  comportamento
processuale  di  un  testimone  che afferma di non essere in grado di
rispondere  perche'  non  ricorda  fatti  o  circostanze  riferiti in
precedenza;
        che  all'evidenza  nel caso di specie non si versa in un caso
di  oggettiva  impossibilita'  di  procedere all'assunzione dell'atto
(con  riferimento  ad  una  diversa  situazione di fatto, comportante
l'impossibilita' di ripetizione per infermita' sopravvenuta, e quindi
l'applicabilita'  dell'art. 512  cod.  proc. pen., v. ordinanza n. 20
del 1995);
        che  quindi, a prescindere da qualsiasi valutazione in ordine
alla  prevedibilita'  dell'impossibilita'  di  ripetizione dell'atto,
l'art. 512  cod.  proc.  pen., ove interpretato correttamente, non e'
applicabile alla situazione presa in esame dal giudice a quo;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
infondata per erroneita' del presupposto interpretativo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 512  del  codice di procedura
penale,  sollevata,  in riferimento all'art. 111, quinto comma, della
Costituzione, dal tribunale di Ravenna, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 novembre 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
01C1150