N. 947 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 giugno 2001

Ordinanza  emessa  il  4  giugno  2001  dalla Corte di cassazione sul
ricorso  proposto  da  Della Ragione Achille contro Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Napoli ed altri

Impiego  pubblico - Procedimento disciplinare - Effetti del giudicato
  penale  nello  stesso  -  Nuova disciplina - Prevista efficacia nel
  procedimento disciplinare delle sentenze di applicazione della pena
  su  richiesta  delle  parti (c.d. "patteggiamento"), ivi compresi i
  patteggiamenti  perfezionatisi  anteriormente all'entrata in vigore
  della  legge censurata - Irragionevolezza - Violazione dei principi
  di  certezza  giuridica  e di affidamento del cittadino - Incidenza
  sul diritto di difesa.
- Legge 27 marzo 2001, n. 97, art. 10.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.49 del 19-12-2001 )
         LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE
    Composta dagli Ill.mi signori magistrati:
    dott.   Ernesto   Lupo  -  Presidente,  dott. Michele  Varrone  -
consigliere,   dott. Ennio   Malzone   -  consigliere,  dott. Alfonso
Amatucci - consigliere, dott. Gianfranco Manzo rel. consigliere.
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da:
        Della Ragione Achille, elettivamente domiciliato in Roma p.le
Clodio,  n. 14,  presso  lo studio dell'avvocato Domenico Di Criscio,
che lo difende, giusta delega in atti;
    Contro  Procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Napoli;  ordine  dei medici chirurgici e odontoiatri, Presidente p.t.
della   commissione  centrale  esercenti  le  professioni  sanitarie,
Ministro della sanita';
    Intimati - avverso la decisione n. 77/2000 della Commissione 2001
Centrale  per  gli esercenti le professioni sanitarie di Roma, emessa
il 10 aprile 2000 e depositata il 23 maggio 2000;
    Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
4 giugno 2001 al dal Consigliere dott. Gianfranco Manzo;
    Udito  il  p.m.  in  persona  del  sostituto procuratore generale
dott. Umberto Apice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
                           I n  f a t t o
    A  seguito  della  notizia  comparsa  su alcuni quotidiani che la
magistratura  aveva  sottoposto  a sequestro lo studio del ginecologo
Achille  Della  Ragione, quest'ultimo veniva convocato dal Presidente
dell'ordine  dei  medici e chirurghi di Napoli, per essere sentito in
ordine a quei fatti.
    Il  sanitario inviava al Presidente dell'ordine una lettera nella
quale  dichiarava di essere oggetto di una campagna scandalistica. La
Commissione  medici  chirurghi  decideva  di  avviare un procedimento
disciplinare  nei confronti del dott. Della Ragione. Con sentenza del
22 maggio 1998, adottata dal GIP a norma dell'art. 444, secondo comma
c.p.p.,  al  dott.  Della  Ragione  veniva  applicata  la  pena della
reclusione  di  anni  uno e mesi due, per aver cagionato interruzioni
volontarie di gravidanza a 10 donne, in contrasto con la legge n. 194
del  1978,  e  per  aver  tentato  di  commettere lo stesso reato nei
confronti di altre due donne.
    Il  dott.  Della Ragione, nuovamente convocato dal Presidente del
Consiglio  dell'ordine,  inviava  una  nota  difensiva  con  la quale
dichiarava  di essere totalmente estraneo ai fatti addebitatigli e di
essere  addivenuto  al  patteggiamento  per  ottenere  celermente  il
dissequestro  del  suo  studio.  Il Presidente dell'ordine comunicava
nuovamente  al  dott.  Della Ragione il deferimento disciplinare, con
l'addebito dei comportamenti oggetto della sentenza ex art. 444 c.pp.
Il  sanitario  con una nota difensiva sosteneva che il patteggiamento
non  poteva  considerarsi ammissione di responsabilita'. Nel giudizio
disciplinare,  il dott. Della Ragione ribadiva la sua linea difensiva
e  deduceva di non aver mai effettuato interruzioni di gravidanza nei
suoi  studi privati, ma solo in strutture accreditate. La Commissione
medici  chirurghi  riteneva  l'incolpato responsabile dell'infrazione
contestata   e   gli   irrogava   la   sanzione   dalla   sospensione
dall'esercizio   della   professione   per   mesi   tre,   anche   in
considerazione  dell'atteggiamento  scarsamente  collaborativo tenuto
dallo stesso.
    Il   dott.  Della  Ragione  proponeva  ricorso  alla  Commissione
centrale   per  gli  esercenti  le  professioni  sanitarie  che,  con
decisione del 10 aprile 2000, respingeva il ricorso.
    Avverso  questa  decisione  il  dott.  Achille  Della  Ragione ha
proposto  ricorso  per  cassazione  affidato a due motivi. Sono stati
intimati
    l'Ordine  dei  medici  chirurghi  e  odontoiatri  di  Napoli,  il
procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Napoli, il
Ministero  della  sanita'  e il Presidente della Commissione centrale
che non hanno svolto attivita' difensiva.
                         I n  d i r i t t o
    1. -  Successivamente alla proposizione del ricorso e' entrata in
vigore  la  legge  27  marzo  2001,  n. 97,  che,  con  l'art. 1,  ha
modificato  l'art. 653  c.p.p. concernente l'efficacia della sentenza
penale   nel   giudizio   disciplinare.   La  nuova  disposizione  ha
riconosciuto  efficacia  di  giudicato nel giudizio disciplinare alla
sentenza  penale  irrevocabile  di  condanna  (e non solo a quella di
assoluzione,    come    era    precedentemente    disposto),   quanto
all'accertamento  della  sussistenza  del fatto, della sua illiceita'
penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso.
    A tale sentenza di condanna e' stata, poi, equiparata la sentenza
di   applicazione   della   pena   su  richiesta  delle  parti  (c.d.
patteggiamento),  mediante  una modifica, apportata dall'art. 2 della
citata  legge n. 97 del 2001, dell'art. 445 c.p.p. il cui nuovo testo
esclude  il  giudizio  disciplinare  dal  principio  secondo  cui  il
patteggiamento    "non    ha   efficacia   nei   giudizi   civili   o
amministrativi".  Consegue che, rispetto il giudizio disciplinare, la
sentenza  di  patteggiamento  viene  equiparata  ad  una pronunzia di
condanna,  secondo  la  regola  generale  dettata  dall'ultima  parte
dell'art. 445, comma 1 c.p.p.
    2. - La  nuova  legge  n. 97  del  2001  si  intitola  "norme sui
rapporti  tra  procedimento  penale  e  procedimento  disciplinare ed
effetti  sul  giudicato  penale  nei  confronti  dei dipendenti delle
amministrazioni  pubbliche".  L'art. 1  della legge, che inserisce un
comma  1-bis  nell'art. 653  c.p.p.,  nel riconoscere come s'e' detto
l'efficacia   di   giudicato  alla  sentenza  di  condanna  fa,  poi,
riferimento  al  "giudizio  di responsabilita' davanti alle pubbliche
autorita'".
    Il  titolo  della  legge  potrebbe far pensare che il legislatore
abbia   voluto  limitare  l'ambito  dell'intervento  al  procedimento
disciplinare  relativo ai dipendenti pubblici. In realta', essendo la
novellazione  relativa  agli artt. 653 e 445 c.p.p., che disciplinano
in   generale   gli   effetti   del  giudicato  penale  sul  giudizio
disciplinare,  non puo' non ritenersi applicabile la nuova disciplina
anche    ai    procedimenti    disciplinari    dei    professionisti.
All'applicazione  dell'efficacia del giudicato penale di condanna nel
giudizio  disciplinare  dei professionisti non osta il richiamo fatto
al  comma  1-bis  dell'art  653  c.p.p.  "alle  pubbliche autorita'",
poiche'  il  procedimento  che si svolge dinanzi all'ordine ha natura
amministrativa   e   gli   ordini  professionali  hanno  personalita'
giuridica  pubblica  (nel  senso  della  applicabilita'  della  nuova
disciplina  anche  ai  professionisti,  si e' gia' pronunziata questa
Corte  con  sentenza  in  corso di pubblicazione, nella causa Villani
contro Ordine odontoiatri di Trieste, ud. 11 maggio 2001).
    3.  - Per espresso disposto dell'art. 10 della citata legge n. 97
del  2001,  le  disposizioni  in  essa  contenute  "si  applicano  ai
procedimenti   penali,  ai  giudizi  civili  e  amministrativi  e  ai
procedimenti  disciplinari  in  corso  alla data di entrata in vigore
della  legge  stessa"  (fissata  per  il  giorno  successivo alla sua
pubblicazione  nella  Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 5 aprile 2001).
il ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni
sanitarie  introduce  un  vero e proprio giudizio civile che continua
attraverso   il   presente   giudizio   di   cassazione,   consentito
dall'art. 111 Cost. Consegue che le innovazioni dettate dagli artt. 1
e  2  della  legge  n. 97  del 2001 sono, per espressa previsione del
citato art. 10, applicabili anche al giudizio disciplinare instaurato
contro il ricorrente Della Ragione, per il quale, pertanto secondo la
nuova  legge,  la  sentenza  di  patteggiamento  avrebbe efficacia di
giudicato in ordine alla sussistenza del fatto e alla sua commissione
da parte dello stesso.
    4. - L'espressa  previsione della retroattivita' della disciplina
in   questione  e  la  sua  applicabilita'  anche  ai  patteggiamenti
perfezionatisi  anteriormente  alla  nuova  legge  autorizza dubbi di
costituzionalita'.
    E'   condivisibile   il   consolidato  orientamento  della  Corte
costituzione  secondo  cui il divieto di retroattivita' della legge -
pur costituendo fondamentale valore di civilta' giuridica e principio
generale  dell'ordinamento,  cui  il  legislatore  deve  in  linea di
principio  attenersi  -  non  e'  stato  tuttavia  elevato a dignita'
costituzionale,  se  si  eccettua  la  previsione dell'art. 25 Cost.,
limitatamente  alla legge penale. Il legislatore ordinario, pertanto,
nel  rispetto  del  suddetto limite, puo' emanare norme con efficacia
retroattiva,  interpretative  o  innovative  che  siano, a condizione
pero'  che la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano
della  ragionevolezza  e non si ponga in contrasto con altri valori e
interessi  costituzionalmente protetti ex plurimis: 341 del 2000, 416
del 1999, 229 del 1999, 432 del 1997 e 29 del 1986).
    Peraltro,  l'art.  10  della  legge  nella  parte  in cui prevede
l'applicazione  della  nuova  disciplina  ai procedimenti in corso e,
dunque,  alle  sentenze  di  applicazione  della  pena  su  richiesta
pronunziate  anteriormente  all'entrata  in vigore della legge stessa
appare porsi in contrasto con il canone di ragionevolezza, - che deve
in ogni caso ispirare la discrezionalita' legislativa.
    La  nuova  legge  associa alle sentenze di patteggiamento effetti
che,  con  riguardo  alla  disciplina  anteriore,  esse  non avevano.
Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte, costituente sul
punto  diritto  vivente,  la  sentenza  di  patteggiamento  non aveva
efficacia  di  giudicato  nel  giudizio  disciplinare nell'ambito del
quale  l'accertamento  dei  fatti addebitati al professionista doveva
avvenire  in  modo autonomo (Cass. 8 ottobre 1998, n. 9976; 27 agosto
1999, n. 8923; 15 maggio 2000, n. 6218; 15 novembre 2000, n. 14807).
    La   retroattivita'   della  nuova  disciplina  comporta  che  il
professionista,  il  quale, vigenti le precedenti disposizioni, aveva
ritenuto   di   dover  accedere  al  patteggiamento  nella  legittima
aspettativa  che la sua scelta non avrebbe avuto incidenza preclusiva
sugli  accertamenti  di  sussistenza del fatto e di commissione dello
stesso  da compiersi nel procedimento disciplinare, vede modificata e
definitivamente   pregiudicata  la  propria  posizione,  non  potendo
pretendere un autonomo accertamento nella sede non penale.
    La retroattivita' della nuova disciplina fa sorgere il dubbio che
il  legislatore  abbia violato il principio di ragionevolezza (art. 3
Cost.),   in   quanto  ha  frustrato  il  legittimo  affidamento  dei
professionista  che  in ragione del quadro normativo esistente, aveva
deciso  di  addivenire al patteggiamento. La rilevanza costituzionale
del   principio   dell'affidamento   del  cittadino  nella  sicurezza
giuridica, in ragione del quadro normativo esistente, e' riconosciuta
dalla Corte costituzionale che ne ha fatto applicazione nella materia
previdenziale  sentenze  n. 416 del 1999, 211 del 1997, 390 del 1995,
822  del 1988 e 349 del 1985 e in quella processuale (sentenze n. 525
del  2000  e  n. 111 del 1998). La Corte ha ritenuto che il principio
non  puo'  essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in
un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi
precedenti.
    Il   principio   indicato   appare   applicabile   alla   materia
disciplinare, considerando sia il carattere afflittivo della sanzione
disciplinare  e  la sua possibile incidenza sui diritto al lavoro sia
la  circostanza  che  la  nuova disciplina, sancendo retroattivamente
l'efficacia   della   sentenza   di   patteggiamento   nel   giudizio
disciplinare,  introduce,  in sostanza, conseguenze punitive, che non
erano ne' automatiche ne' scontate la precedente disciplina.
    Infine  va  rilevato che l'autorita' del giudicato penale esclude
che  il giudice civile possa valutare liberamente la sussistenza e la
commissione  del  fatto,  cosicche', per effetto della retroattivita'
della nuova disciplina, appare violato anche l'art. 24 Cost., poiche'
perdono  di  rilevanza  le  difese svolte dall'interessato, in ordine
alla sussistenza del fatto e alla sua commissione.
    In  conclusione, appare non manifestamente infondata la questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10  della legge 27 marzo
2001, n. 97, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in
cui  dispone  l'applicabilita'  degli  artt. 1  e 2 ai patteggiamenti
perfezionatisi prima dell'entrata in vigore della legge stessa.
    5. - La  questione  oltre  che  non  manifestamente  infondata e'
rilevante, in quanto occorre fare necessaria applicazione nel caso di
specie della nuova disciplina, anche considerando che, avuto riguardo
alla  disciplina  previgente  di  cui  agli  artt. 445  e  653, dalla
sentenza  impugnata  non  risulta  che sia stato compiuto un autonomo
accertamento dei fatti in sede disciplinare.
                              P. Q. M.
    La  Corte  dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge 27
marzo  2001, n. 97, nella parte in cui dispone l'applicabilita' degli
artt. 1  e  2  (della  stessa  legge  concernente  gli  effetti della
sentenza  di  applicazione  della  pena  su richiesta delle parti nel
giudizio disciplinare) ai patteggiamenti perfezionatisi anteriormente
alla   nuova  legge,  per  contrasto  con  gli  artt. 3  e  24  della
Costituzione;
    Sospende  il  giudizio  e  ordina  l'invio  degli atti alla Corte
costituzionale;
    Dispone  che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
notificata alle parti del giudizio ed al Presidente del Consiglio dei
ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del parlamento.
    Cosi' deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
della Corte di cassazione il 4 giugno 2001.
                         Il Presidente: Lupo
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