N. 394 ORDINANZA 3 - 11 dicembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Costituzione  in  giudizio  -  Effettuazione oltre il termine fissato
  dalle norme - Inammissibilita'.
- Legge  11  marzo  1953,  n. 87,  art.  25;  norme integrative per i
  giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 3.
Intervento  in giudizio - Coordinamento italiano medici ospedalieri -
  Associazione  sindacale  medici  dirigenti  (Cimo - Asmd) - Difetto
  della qualita' di parte del giudizio principale - Inammissibilita'.
Intervento  in  giudizio  - Intervento delle Regioni Emilia-Romagna e
  Toscana - Interesse giuridicamente rilevante delle stesse regioni -
  Ammissibilita'.
Sanita'  pubblica  -  Professori  e  ricercatori universitari (medici
  universitari) - Fissazione di un termine perentorio per l'esercizio
  o   il   rinnovo   dell'opzione   per   l'attivita'   assistenziale
  intramuraria  (o  esclusiva) o per l'attivita' libero-professionale
  extramuraria  -  Prospettata  incoerenza  e  irragionevolezza della
  normativa  denunciata,  con violazione del principio dell'autonomia
  universitaria,  dei principi e criteri direttivi della legge delega
  e  del  principio  di buon andamento - Sopravvenuta nuova normativa
  legislativa  e regolamentare e decisione della Corte costituzionale
  incidente   sul  complessivo  quadro  normativo  di  riferimento  -
  Restituzione degli atti al giudice rimettente.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, commmi 8, 7, da 1 a 6 e da
  8 a 11, 12 e art. 3.
- Costituzione, artt. 3, 33, 76 e 97.
(GU n.49 del 19-12-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 5, commi
da   1  a  12,  del  decreto  legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517
(Disciplina   dei   rapporti  fra  Servizio  sanitario  nazionale  ed
universita',  a  norma  dell'articolo 6 della legge 30 novembre 1998,
n. 419),  promossi con ordinanze emesse il 12 aprile 2000 (numero due
ordinanze),  il  29 marzo  2000,  il 12 aprile 2000, il 29 marzo 2000
(numero  due ordinanze), il 12 aprile 2000 (numero due ordinanze), il
21 giugno  2000  (numero  quattro  ordinanze),  il 12 luglio 2000, il
5 luglio  2000,  il  28 settembre  2000  (numero  tre  ordinanze), il
5 luglio  2000  (numero  cinquantanove ordinanze), il 25 ottobre 2000
(numero  due  ordinanze)  dal  Tribunale amministrativo regionale del
Lazio, sezione III, iscritte ai numeri da 453 a 458, 461, 462, da 661
a  664,  798, 799, da 803 a 805, da 815 a 818, da 829 a 834, da 841 a
850  del registro ordinanze 2000 ed ai numeri da 10 a 24, da 31 a 42,
da  47 a 50, da 74 a 77, da 88 a 91, 149 e 150 del registro ordinanze
2001  e  pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri
36,  37,  46, 52, prima serie speciale, dell'anno 2000 e numeri 1, 3,
4, 5, 6, 7 e 10, prima serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti gli atti di costituzione di Mauro Vittorio Nicita ed altri,
dell'Azienda  Policlinico  Umberto  I  di  Roma, di Lucio Giuliani ed
altri, Luciano Conti ed altri, di Cesare Selli, Oreste Terranova, Ugo
Menchini,  Eugenio  Brunocilla  ed  altri,  Enzo  Ballotta  ed altri,
Antonio Beltrame ed altro, Mario Bertolini ed altri, Emilio Piccione,
Dario Sorrentino ed altro, Ettore Ambrosioni, Luigi Allegra ed altri,
Valerio  Sansone,  Francesco  Boccardo  ed  altri, Giovanni Bonomo ed
altri, Enrico Di Salvo ed altro, Paolo Pagnini ed altri, Michelangelo
Rizzo,  Pietro  Attilio  Tonali  ed  altri,  Amato  Amati  ed  altri,
Gianfranco  Amicucci  ed  altri,  Umberto  Bianchi  ed  altro,  Paolo
Marchetti ed altri, Gian Vincenzo Di Muria ed altri, Ornella Barbieri
ed  altri,  Giorgio  Gagna  ed  altri,  Antonio  Ambrosini  ed altri,
Maurizio  Procaccini  ed  altro,  Nicola Picardi, Sergio Dalla Volta,
Francesco  Carta  ed  altri,  Augusto  Arullani, Paolo Pavone, Davide
Fiore  ed  altri,  Benedetto  Busnardo  ed altri, di Luciano Cerulli,
dell'Universita'  Cattolica  del  Sacro  Cuore, di Salvatore Dessole,
Furio  Pirozzi  Farina  ed  altri, nonche' gli atti di intervento del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, del Coordinamento italiano
medici   ospedalieri   -   Associazione  sindacale  medici  dirigenti
(Cimo-Asmd) e delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  9 ottobre  2001  il  giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Uditi  gli  avvocati  Antonio Saitta per Mauro Vittorio Nicita ed
altri,  Fabio  Merusi  e  Piero d'Amelio per Lucio Giuliani ed altri,
Luciano  Conti  ed altri, Mario Racco per Cesare Selli, Enzo Ballotta
ed altri, Antonio Beltrame ed altro, Mario Bertolini ed altri, Emilio
Piccione, Dario Sorrentino ed altro, Ettore Ambrosioni, Luigi Allegra
ed  altri,  Valerio  Sansone,  Francesco  Boccardo ed altri, Giovanni
Bonomo  ed  altri,  Enrico Di Salvo ed altro, Paolo Pagnini ed altri,
Michelangelo  Rizzo,  Pietro  Attilio Tonali ed altri, Amato Amati ed
altri,  Gianfranco Amicucci ed altri, Umberto Bianchi ed altro, Paolo
Marchetti ed altri, Gian Vincenzo Di Muria ed altri, Ornella Barbieri
ed  altri,  Giorgio  Gagna  ed  altri,  Antonio  Ambrosini  ed altri,
Maurizio  Procaccini  ed  altro,  Nicola Picardi, Sergio Dalla Volta,
Francesco  Carta  ed  altri,  Augusto  Arullani, Paolo Pavone, Davide
Fiore  ed altri, Benedetto Busnardo ed altri, Sergio Panunzio e Mario
Racco   per   Luciano  Cerulli,  Fabio  Lorenzoni  per  l'Universita'
Cattolica  del  Sacro Cuore, Mario Racco per Salvatore Dessole, Furio
Pirozzi  Farina  ed  altri,  Rosaria  Russo  Valentini per la Regione
Emilia-Romagna  e  per  Cimo-Asmd,  Fabio  Lorenzoni  per  la Regione
Toscana  e  l'Avvocato  dello  Stato  Chiarina  Aiello  e  l'Avvocato
generale dello Stato Plinio Sacchetto per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio,
sezione  III,  solleva,  con  settantotto ordinanze in data 29 marzo,
12 aprile,  21 giugno, 5 luglio, 12 luglio, 28 settembre e 25 ottobre
2000,   questione   di  legittimita'  costituzionale  delle  seguenti
disposizioni   del   decreto  legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517
(Disciplina   dei   rapporti  fra  Servizio  sanitario  nazionale  ed
universita',  a  norma  dell'articolo 6 della legge 30 novembre 1998,
n. 419):  art. 5,  comma  8,  in  riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione;  art. 5,  comma  7,  in  riferimento agli artt. 33 e 76
della  Costituzione;  art. 5,  commi  da  1  a 6 e da 8 a 11, nonche'
art. 3   -   quest'ultimo   nella   parte  in  cui  non  prevede  una
partecipazione  diretta  degli organi universitari nelle scelte delle
aziende  ospedaliero-universitarie  in materia di collegamento tra le
attivita'  di  assistenza,  didattica e ricerca - in riferimento agli
artt. 33 e 76 della Costituzione; art. 5, comma 12, in via derivata e
in   riferimento  agli  artt. 3,  33,  76  e  97  della  Costituzione
(quest'ultima norma e' stata impugnata esclusivamente dalle ordinanze
iscritte  ai  numeri  661, 662, 663, 664 e 803 del registro ordinanze
dell'anno 2000);
        che,  con  argomentazioni  in  larga  misura  coincidenti, le
ordinanze  impugnano  anzitutto  l'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517
del  1999,  che  stabilisce  un  termine  perentorio entro il quale i
professori ed i ricercatori universitari (infra: medici universitari)
esercitano  o  rinnovano  l'opzione  -  prevista  dal  comma  7 - per
l'esercizio  di  attivita' assistenziale intramuraria (c.d. attivita'
assistenziale  esclusiva),  ovvero  di attivita' libero professionale
extramuraria,  disponendo  che,  in  mancanza  di  comunicazione,  si
intende effettuata l'opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva;
        che,  secondo  i  giudici  a quibus, la norma, fissando detto
termine   indipendentemente   dalla  individuazione  delle  strutture
all'interno delle quali puo' essere svolta la attivita' assistenziale
intramuraria,  violerebbe  gli  artt. 3  e  97 della Costituzione, in
quanto   la   loro   preventiva   identificazione  configurerebbe  un
presupposto   dell'opzione,  cosicche'  la  disposizione  inciderebbe
negativamente  sulla  compenetrazione  tra attivita' assistenziale ed
attivita'   didattico-scientifica,  recando  vulnus  ai  principi  di
coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento, nonche' di buon andamento
dell'amministrazione,   sotto   il   profilo   sia   del  difetto  di
proporzionalita'  dei  mezzi  scelti  rispetto  alle esigenze ed agli
scopi da realizzare, sia della razionale organizzazione dei servizi;
        che,  inoltre,  a  loro avviso, l'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517  del 1999 e le disposizioni ad esso sottese e connesse - ossia
i  commi  da  1  a  6  e  da  8 ad 11 - nonche' l'art. 3, nella parte
riguardante      l'organizzazione      interna      delle     aziende
ospedaliero-universitarie,   si   porrebbero  in  contrasto  con  gli
artt. 33 e 76 della Costituzione;
        che, secondo i rimettenti, la configurazione dell'opzione per
l'attivita'    assistenziale    esclusiva    quale    requisito   per
l'attribuzione  degli  incarichi di direzione dei programmi di cui al
comma   4   della   norma   impugnata   violerebbe  il  principio  di
compenetrazione  tra  attivita'  sanitaria assistenziale ed attivita'
didattica  e  di ricerca scientifica e, in contrasto con il principio
dell'autonomia     universitaria,     assoggetterebbe     l'attivita'
assistenziale  svolta  dal  medico  universitario alle determinazioni
organizzative      del      direttore      generale      dell'azienda
ospedaliero-universitaria;
        che,  secondo  tutte  le ordinanze di rimessione, agli organi
dell'universita'  sarebbero  stati  attribuiti  compiti marginali nel
coordinamento degli interessi concernenti l'insegnamento e la ricerca
scientifica,   in  quanto  la  relativa  programmazione  risulterebbe
condizionata  dalle  scelte  del direttore del dipartimento, il quale
risponde  della  programmazione  e  della  gestione  delle risorse al
direttore generale e dovrebbe privilegiare le esigenze dell'attivita'
assistenziale   rispetto   a   quelle   dell'attivita'   didattica  e
scientifica,  cosicche'  non  sarebbe assicurato lo svolgimento delle
attivita'  assistenziali  "funzionali alle esigenze della didattica e
della ricerca", in contrasto con l'art. 6, comma 1, lettera b), della
legge 30 novembre 1998, n. 419;
        che,  ad  avviso  dei  rimettenti,  "la normativa delegata in
materia  di  opzione"  (ossia  l'art. 5,  commi da 1 a 6 e da 8 a 11,
nonche'  l'art. 3  del  d.lgs.  n. 517  del  1999  "in  parte  qua"),
violerebbe  gli  artt. 33  e  76  della Costituzione sia in quanto il
divieto  di  attribuire  al medico universitario che non abbia scelto
l'attivita'  assistenziale  esclusiva  la direzione delle strutture e
dei  programmi  finalizzati alla integrazione di queste attivita' non
assicurerebbe   "la  coerenza  fra  l'attivita'  assistenziale  e  le
esigenze  della formazione e della ricerca" (art. 6, comma 1, lettere
b  e c della legge n. 419 del 1998), sia in quanto avrebbe modificato
lo  stato  giuridico  del personale universitario, in contrasto con i
principi  ed  i  criteri  direttivi  della  legge-delega, non essendo
riferibile  ai  medici  universitari  quello  dell'art. 2,  comma  1,
lettera q) della legge n. 419 del 1998;
        che, inoltre, l'art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 517 del 1999,
secondo  i  giudici  a  quibus  i quali impugnano anche questa norma,
disciplinerebbe  l'opzione  tra rapporto di lavoro a tempo pieno ed a
tempo  definito  in  modo  difforme  dalla regolamentazione offertane
dall'ordinamento  universitario  e,  poiche'  dalla scelta per uno di
essi deriverebbe un diverso status del medico universitario, la norma
si  porrebbe  in  contrasto  con  gli  artt. 3,  33,  76  e  97 della
Costituzione,    recando    vulnus    al   principio   dell'autonomia
universitaria  nel  perseguimento dei fini istituzionali, didattici e
scientifici,  realizzando  una  intrinseca  contraddittorieta'  della
disciplina concernente i medici universitari, modificando altresi' il
loro  stato  giuridico,  in  mancanza di ogni previsione in tal senso
nella legge-delega;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti
i giudizi con separati atti di contenuto sostanzialmente coincidente,
depositando  inoltre  memorie  in prossimita' dell'udienza pubblica e
chiedendo  che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque
infondate;
        che,  ad  avviso  della  difesa erariale, il d.lgs. 28 luglio
2000,  n. 254,  ha inciso sulle censure riferite all'art. 5, comma 8,
del  d.lgs.  n. 517  del  1999,  in  quanto  ha  attribuito ai medici
universitari     la     facolta'     di     esercitare    l'attivita'
libero-professionale  intramuraria  in  regime ambulatoriale presso i
propri  studi,  nei  casi  di  carenza di strutture e di spazi idonei
all'interno delle aziende ospedaliero-universitarie;
        che,   secondo  l'interveniente,  detta  norma,  fissando  un
termine perentorio per l'esercizio dell'opzione in esame, non sarebbe
legata  da  alcun  nesso con il comma 7, in virtu' del quale i medici
universitari,  al  momento in cui effettuano la scelta, sono peraltro
consapevoli   degli  effetti  che  ne  derivano,  apparendo  altresi'
ragionevole    che   l'individuazione   delle   strutture   destinate
all'attivita'   assistenziale  esclusiva  segua  all'esercizio  delle
opzioni, in quanto esse vanno approntate tenendo conto sia del numero
delle  opzioni  esercitate  per  l'attivita'  intramoenia  sia  della
tipologia della specializzazione dei medici universitari;
        che,   ad   avviso   dell'Avvocatura,   le  censure  riferite
all'art. 5,  comma  7,  cit.,  ed  alle disposizioni ad esso sottese,
sarebbero  infondate,  in  quanto  gli  incarichi  di  direzione  dei
programmi  del comma 4 sono stati ragionevolmente riservati ai medici
universitari  i  quali,  scegliendo il rapporto esclusivo, assicurano
piena disponibilita' per la loro realizzazione;
        che,  secondo  la  difesa  erariale,  le  norme censurate non
violerebbero   il   principio   di   compenetrazione   tra  attivita'
assistenziale  ed  attivita' didattica e di ricerca in riferimento ai
medici  universitari  che  scelgono  il  rapporto  non esclusivo, sia
perche' essi continuano a svolgere l'attivita' di ricerca e didattica
strumentale  rispetto a quella assistenziale, sia perche', applicando
correttamente i principi della legge-delega, sarebbe stata realizzata
una   convergenza   delle   strutture   sanitarie  ed  universitarie,
attribuendo priorita' all'assistenza sanitaria, ossia alla salute del
singolo  e  della  collettivita',  e  ragionevolmente  sarebbe  stato
stabilito  che  essi  rispondano  delle  attivita'  assistenziali  al
direttore  generale  dell'azienda ospedaliero-universitaria, restando
ferma  la  previsione  del  rettore  quale  referente per l'attivita'
didattica  e  di  ricerca,  cosicche', sotto tale profilo, le censure
sarebbero  inammissibili,  in  quanto  i rimettenti contrappongono al
modello  di  rapporto  tra universita' e Servizio sanitario nazionale
(di  seguito:  Ssn)  un  modello  differente,  che involge una scelta
riservata alla discrezionalita' del legislatore;
        che,  a  suo  avviso, sarebbero infondate le censure riferite
all'art. 76  della  Costituzione,  poiche'  la legge-delega ha inteso
rafforzare  la  collaborazione  tra  universita'  e  S.s.n.  mediante
modelli  di  gestione  aziendalistici,  realizzando  la  coerenza fra
l'attivita'  assistenziale  e  le  esigenze  della formazione e della
ricerca   anche   grazie  all'organizzazione  dipartimentale  e  alle
opportune  disposizioni  in materia di personale, stabilendo principi
correttamente  attuati  dal  d.lgs.  n. 517  del  1999, allo scopo di
garantire la tutela della salute pubblica;
        che  nei  giudizi  instaurati  con le ordinanze di rimessione
iscritte  al  n. 453,  dal n. 455 al n. 458, ai numeri 798 e 799, dal
n. 803  al  n. 805,  dal  n. 841  al n. 846, dal n. 848 al n. 850 del
registro  ordinanze  dell'anno  2000,  nonche' dal n. 10 al n. 12, ai
numeri  15,  17,  19,  21,  23 e 24, dal n. 31 al n. 36, dal n. 38 al
n. 40,  ai numeri 75, 149 e 150 del registro ordinanze dell'anno 2001
si  sono  costituiti  tutti  o  alcuni  dei  ricorrenti  i quali, con
argomentazioni  in  larga  misura coincidenti, ribadite nelle memorie
depositate  in prossimita' dell'udienza pubblica, hanno fatto proprie
le  ragioni  svolte dal Tribunale amministrativo regionale, chiedendo
l'accoglimento delle questioni;
        che,   in   particolare,   alcuni   di  essi  hanno  eccepito
l'illegittimita'   delle   norme   impugnate   in  riferimento  anche
all'art. 9  della  Costituzione,  censurando altresi' l'art. 72 della
legge 23 dicembre 1998, n. 448; altri hanno sostenuto che le norme in
esame  violerebbero  il principio di autonomia universitaria, poiche'
avrebbero realizzato un assetto nel quale il rapporto tra universita'
e  S.s.n.  sarebbe  stato  disciplinato  con  eccessivo squilibrio in
favore  dell'attivita'  assistenziale;  altri hanno contestato che la
distinzione del rapporto di lavoro in esclusivo e non esclusivo possa
riguardare  i  medici  universitari,  sostenendo  che  per  essi  non
potrebbe essere prevista una "attivita' assistenziale esclusiva", sia
in  quanto  quest'ultima  sarebbe integrata con quella didattica e di
ricerca,  sia  in  quanto  non  sarebbero  configurabili due distinti
rapporti    di    lavoro,   con   l'universita'   e   con   l'azienda
ospedaliero-universitaria;
        che  nel  giudizio  instaurato  con  l'ordinanza iscritta nel
registro   ordinanze  al  n. 454  dell'anno  2000  si  e'  costituita
l'Azienda  policlinico universitario Umberto I di Roma, chiedendo che
le questioni siano dichiarate infondate;
        che  in  cinque  giudizi,  promossi  con  i  provvedimenti di
rimessione  iscritti  ai  nn. dal  661  al 664 del registro ordinanze
dell'anno  2000 ed al n. 15 del registro ordinanze dell'anno 2001, si
e'  costituita  l'Universita'  cattolica  del  Sacro cuore, svolgendo
"profili  di  illegittimita'  diversi da quelli sollevati dal giudice
remittente",  riferiti anche ad ulteriori norme del d.lgs. n. 517 del
1999  -  in  particolare a quelle che prevedono la costituzione delle
aziende ospedaliero-universitarie secondo un modello appiattito sulle
esigenze  sanitarie,  onerando  le  universita' di fornire alle nuove
aziende  personale  docente  e  non  docente,  nonche' beni mobili ed
immobili,  senza che sia previsto alcun indennizzo - chiedendo che la
Corte  dichiari  l'illegittimita'  delle  norme  impugnate  e sollevi
innanzi  a  se'  questione  di  legittimita' costituzionale di quelle
ulteriori da essa indicate;
        che  la  Regione  Emilia-Romagna  e  la Regione Toscana hanno
rispettivamente  depositato  atti  di intervento in due ed in uno dei
giudizi  instaurati  innanzi  a questa Corte (iscritti ai numeri 803,
844   e  832  del  registro  ordinanze  dell'anno  2000),  sostenendo
anzitutto   di  essere  legittimate  all'intervento  e,  nel  merito,
chiedendo   -   anche   nelle   memorie   depositate  in  prossimita'
dell'udienza pubblica - che la Corte dichiari infondate le questioni;
        che,  in particolare, ad avviso della Regione Emilia-Romagna,
il  d.lgs.  n. 254 del 2000 e le linee guida in materia di protocolli
di intesa tra regioni ed universita' stabilite con d.P.C.m. 24 maggio
2001   influirebbero   sulle   argomentazioni  svolte  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  e,  secondo  entrambe le intervenienti, le
censure  sarebbero  comunque  infondate, in quanto le norme impugnate
garantirebbero la cooperazione delle facolta' di medicina e chirurgia
alla  realizzazione  dei  fini  del  S.s.n.,  in virtu' di un modello
organizzativo  positivamente valutato da questa Corte con la sentenza
n. 71 del 2001;
        che, nel giudizio promosso con l'ordinanza iscritta al n. 842
del   registro  ordinanze  dell'anno  2000,  ha  depositato  atto  di
intervento   il   Coordinamento   italiano   medici   ospedalieri   -
Associazione  sindacale  medici  dirigenti  (Cimo-Asmd),  il quale ha
altresi'  depositato  memoria  in  prossimita' dell'udienza pubblica,
deducendo  di  essere  legittimato  ad intervenire e chiedendo che la
Corte dichiari infondate le questioni;
        che all'udienza pubblica le parti private e gli intervenienti
hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle
difese scritte.
    Considerato  che  l'identita'  della  massima  parte  delle norme
impugnate,  delle  censure  proposte  e  dei parametri costituzionali
invocati,  nonche'  la  sostanziale  coincidenza delle argomentazioni
svolte  nelle  ordinanze  di rimessione rendono opportuna la riunione
dei giudizi;
        che, in linea preliminare, vanno dichiarate inammissibili per
tardivita'  le costituzioni dei ricorrenti nei giudizi promossi con i
provvedimenti  di rimessione iscritti ai numeri 798, 799, 803, 804 ed
805 del registro ordinanze dell'anno 2000, in quanto effettuate oltre
il  termine  perentorio  stabilito  dall'art. 25 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  computato  secondo  quanto  previsto dall'art. 3 delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (ex
plurimis ordinanza n. 210 del 2001);
        che,  ancora  in  linea  preliminare,  sciogliendo la riserva
formulata  all'udienza pubblica del 9 ottobre 2001, in conformita' al
principio,  consolidato  nella  giurisprudenza di questa Corte, della
generale  corrispondenza  tra  le  parti  del giudizio incidentale di
costituzionalita'  con  quelle  del  giudizio principale, deve essere
dichiarata  l'inammissibilita' dell'intervento del Cimo-Asmd, poiche'
non  e'  parte  in  causa  nel  processo  a quo ed e' portatore di un
interesse  riflesso  ed  eventuale  rispetto al thema decidendum (per
tutte, sentenza n. 333 del 2001; ordinanza n. 517 del 2000);
        che  va, invece, dichiarata l'ammissibilita' degli interventi
delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana, poiche' sussiste un interesse
specifico,   giuridicamente  rilevante,  di  entrambe  all'esito  del
giudizio  di  costituzionalita',  dato  che  esso ha ad oggetto anche
norme   che   riguardano  profili  dell'organizzazione  del  servizio
sanitario  attribuiti  alla  loro  competenza, cosicche' un'eventuale
pronunzia   di   accoglimento   appare   suscettibile   di   incidere
direttamente  su  un profilo della situazione giuridica soggettiva di
entrambe (cfr. sentenze n. 314 del 1992, n. 20 del 1982);
        che,   nel   merito,  successivamente  alla  pronunzia  delle
ordinanze  di  rimessione - eccettuate quelle n. 803, n. 804 e n. 805
del  registro  ordinanze  2000  e quelle n. 149 e n. 150 del registro
ordinanze  2001  -  l'art. 3  del  d.lgs.  28 luglio 2000, n. 254, ha
modificato  l'art. 15-quinquies,  comma  10,  del  d.lgs. 30 dicembre
1992,  n. 502  - al quale rinvia l'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517
del  1999 - consentendo, nel testo cosi' vigente, "in caso di carenza
di strutture e spazi idonei alle necessita' connesse allo svolgimento
delle   attivita'   libero-professionali   in  regime  ambulatoriale,
limitatamente  alle  medesime  attivita'  e  fino  al 31 luglio 2003,
l'utilizzazione  del  proprio  studio  professionale con le modalita'
previste dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri 27 marzo 2000" e disponendo
altresi'  che  resta  fermo  "per l'attivita' libero professionale in
regime di ricovero, quanto disposto dall'articolo 72, comma 11, della
legge 23 dicembre 1998, n. 448";
        che  in data posteriore a tutte le ordinanze di rimessione e'
sopravvenuto  l'atto  di  indirizzo  e  coordinamento  approvato  con
decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2001
(pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 184  del  9 agosto 2001),
recante  le  linee  guida  concernenti  i  protocolli  di  intesa  da
stipulare   tra  regioni  e  universita'  per  lo  svolgimento  delle
attivita'   assistenziali   delle   universita'   nel   quadro  della
programmazione   sanitaria  nazionale  e  regionale,  il  quale,  tra
l'altro,  stabilisce  le  direttive  riguardanti  le  modalita' della
collaborazione   tra   detti   enti,   allo   scopo   di   assicurare
l'integrazione   delle   attivita'  assistenziali,  didattiche  e  di
ricerca,  fissando  inoltre  i  criteri  per l'organizzazione interna
delle aziende ospedaliero-universitarie;
        che,  inoltre,  l'art. 71, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001,
n. 165,  ha  disposto  che  "cessano  di  produrre effetti" - tra gli
altri,  l'art. 35  del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, il quale reca
una  norma  che  stabilisce  che  il rapporto di lavoro del personale
medico   puo'  essere  a  tempo  pieno  o  a  tempo  definito;  norma
applicabile  anche  ai professori universitari che svolgono attivita'
assistenziale,    in    forza    dell'espresso   richiamo   contenuto
nell'art. 102,   ottavo  comma,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica italiana 11 luglio 1980, n. 382;
        che, infine, questa Corte, con la sentenza n. 71 del 2001, ha
dichiarato,  per  l'assenza  dei  previsti  protocolli  d'intesa  tra
universita'  e  regioni  relativi  alle  attivita'  assistenziali  da
affidare    ai    medici    universitari    cessati   dal   servizio,
l'illegittimita'  costituzionale  parziale dell'art. 15-nonies, comma
2,  del d.lgs. n. 502 del 1992, disposizione alla quale espressamente
rinviano  il  comma  3,  nonche'  il  comma 11 dell'art. 5 del d.lgs.
n. 517  del  1999,  entrambi  oggetto  di  impugnazione  da parte dei
giudici a quibus;
        che,  in  definitiva,  gli  atti  legislativi e regolamentari
sopra  indicati,  nonche' la citata sentenza n. 71 del 2001 di questa
Corte influiscono sul complessivo quadro normativo di riferimento nel
quale si inscrivono i diversi profili delle questioni di legittimita'
costituzionale  sollevate  e,  conseguentemente,  impongono  un nuovo
esame  da  parte  dei  giudici a quibus dei termini delle questioni e
della loro perdurante rilevanza.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Ordina  la  restituzione  degli  atti al Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, sezione III.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                       Il redattore: Capotosti
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria l'11 dicembre 2001 .
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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