N. 402 ORDINANZA 3 - 11 dicembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  - Sospensione condizionale della pena - Preclusione
  alla  concessione  del beneficio allorche', per effetto di abolitio
  criminis,  la pena residua rientri nei limiti segnati dall'art. 163
  cod.  pen. - Prospettato contrasto con il principio di eguaglianza,
  con  il canone della ragionevolezza, con il diritto di difesa e con
  la  finalita'  rieducativa  della  pena - Carenza di motivazione in
  ordine alla rilevanza della questione - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., art. 673.
- Costituzione,  artt.  3,  24,  primo  e  secondo comma, 25, secondo
  comma, e 27, terzo comma.
(GU n.49 del 19-12-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici:   Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,
Gustavo   ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda
CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 673 del codice
di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 22 gennaio 2001
dal  Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di M. D.U.,
iscritta  al  n. 285  del  registro ordinanze 2001 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 17,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  M.  D.U.  nonche'  l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  6 novembre  2001  il  Giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
    Uditi  gli  avvocati  Alberto Mittone e Corso Bovio per M. D.U. e
l'avvocato  dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
    Ritenuto  che il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento
agli  articoli 3, 24, primo e secondo comma, 25, secondo comma, e 27,
terzo   comma,   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 673 cod. proc. pen., nella parte in cui non
consente  al  giudice  dell'esecuzione  che ne sia stato richiesto di
concedere  la  sospensione  condizionale  della  pena  allorche', per
effetto di abolitio criminis, la pena residua da scontare rientri nei
limiti previsti dall'art. 163 cod. pen.
        che  a  parere  del  giudice a quo la disposizione oggetto di
impugnativa  si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza
in quanto, tenuto conto della possibilita' di applicare in executivis
il  beneficio  della  sospensione  condizionale della pena in sede di
applicazione  della  disciplina  del  concorso  formale  o  del reato
continuato,  a  norma  dell'art. 671,  comma  3,  cod. proc. pen., si
realizzerebbe   una   disparita'   di   trattamento   fra  situazioni
equivalenti  ed una violazione del canone di ragionevolezza quanto ai
limiti di esercizio della discrezionalita' del legislatore;
        che  vulnerato  sarebbe  anche  il diritto di difesa, poiche'
verrebbe  inibito all'interessato il diritto di adire il giudice e di
esercitare le correlative facolta' difensive attesa "l'impossibilita'
di  tutelare  concretamente  quello  stesso  interesse ad ottenere la
sospensione  condizionale  della  pena riconosciuto, invece, a chi si
trovi nelle condizioni di cui all'art. 671 cod. proc. pen.";
        che la disciplina impugnata si porrebbe altresi' in contrasto
con  l'art. 25, secondo comma, della Carta fondamentale, in quanto la
segnalata   disparita'   di   trattamento   comporterebbe  anche  "la
persistenza   dell'effetto   penale  ostativo  alla  pronuncia  della
sospensione  condizionale  della  pena  di  una  condanna inflitta in
relazione ad un fatto non piu' previsto dalla legge come reato";
        che  violato  sarebbe,  infine, anche l'art. 27, terzo comma,
della  Costituzione,  in  quanto  al  giudice dell'esecuzione sarebbe
preclusa,  in  esito  alla pronuncia di revoca della condanna a norma
dell'art. 673  cod.  proc.  pen., la possibilita' di concedere, anche
d'ufficio,  la  sospensione  condizionale della pena, funzionale alla
risocializzazione del condannato: finalita', quest'ultima, che invece
puo'  essere soddisfatta in sede di applicazione della disciplina del
concorso  formale  o  della  continuazione  del  reato sempre in sede
esecutiva;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
        che  nel giudizio ha spiegato, altresi', atto di costituzione
la parte privata, chiedendo l'accoglimento della proposta questione.
    Considerato che l'ordinanza del Tribunale di Milano e' carente di
motivazione    sulla    rilevanza    della    questione,   risultando
contraddittori  e,  comunque,  non chiari i criteri di determinazione
della  pena  per  la  quale  dovrebbe  essere concessa la sospensione
condizionale  a  seguito  delle  detrazioni conseguenti alla abolitio
criminis;
        che,  in  particolare,  appare  incerto se venga assunto come
iniziale  punto di riferimento la pena inflitta con le varie sentenze
di  condanna,  cosi' come previsto dall'art. 163 cod. pen., ovvero la
pena che il condannato deve ancora scontare;
        che,  inoltre,  la  questione  e'  sollevata  dal rimettente,
contraddittoriamente,  sulla premessa di una interpretazione che egli
stesso dichiara di non condividere;
        che  entrambe  le  ragioni  portano a ritenere manifestamente
inammissibile la questione.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  la manifesta inammissibilita' della questione sollevata
dal Tribunale di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria l'11 dicembre 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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