N. 958 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 novembre 2001
Ordinanza emessa il 5 novembre 2001 dal tribunale di Pisa nel procedimento civile vertente tra Genco Giuseppina e Ministero della sanita' Sanita' pubblica - Operatori sanitari che, in occasione e durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti all'integrita' psicofisica conseguenti ad infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezioni da epatite - Diritto ad indennizzo come stabilito per gli operatori sanitari che, nelle stesse condizioni, abbiano contratto infezione da HIV - Omessa previsione - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni analoghe - Violazione di un dovere fondamentale di solidarieta' sociale - Lesione del diritto alla salute e del principio di garanzia previdenziale - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 118/1996, 226/2000 e 423/2000. - Legge 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 3. - Costituzione, artt. 2, 3, 32 e 38.(GU n.1 del 2-1-2002 )
IL TRIBUNALE Il giudice, a scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza in data 13 ottobre 2001; nella causa promossa da Giuseppina Genco (avv. M. Matarazzo) contro Ministero della sanita' (Avv. Stato) O s s e r v a Con ricorso depositato il 29 maggio 1998, Giuseppina Genco esponeva: 1) di essere stata dipendente della Croce Rossa Italiana, con contratto a termine dal 24 gennaio al 24 luglio 1994 in qualita' di aiuto ferrista di sala operatoria, con obbligo mansionario, fra l'altro, di: "lavaggio ferri, maneggio pinze ed aghi"; 2) che prima dell'assunzione aveva dovuto sottoporsi alle analisi per la verifica della sana e robusta costituzione fisica; 3) che nel corso dello svolgimento del rapporto, nel marzo 1994, era stata sottoposta ad analisi del sangue; 4) che nel giugno 1994 era stata informata di essere affetta da epatite C, venendo conseguentemente allontanata dal lavoro nonostante non fossero scaduti i termini di vigenza contrattuale; 5) che l'I.N.A.I.L. le riconosceva la percentuale inabilitante del 25%, costituendo a suo favore la rendita relativa; 6) che, inoltrata domanda alla competente U.S.L. al fine di ottenere la liquidazione dell'indennizzo di cui alla legge n. 210/1992, la vedeva respingere poiche' l'infezione sarebbe avvenuta per contatto con sangue ed emoderivati e non a causa di emotrasfusione, l'unica indennizzabile a tenore della citata legge. Ritenuta l'interpretazione fornita dalla U.S.L. restrittiva e limitante di un diritto costituzionalmente garantito (art. 32 Cost.), parte ricorrente concludeva per la condanna del Ministero resistente "al risarcimento del danno ex n. 210/1992". Si costituiva ritualmente il Ministero della sanita' eccependo essenzialmente il difetto di competenza funzionale del giudice adito, in quanto sarebbe stato competente il tribunale civile ordinario e non l'adito pretore, non trattandosi di materia rientrante nell'assistenza. Ad ogni modo concludeva per il rigetto nel merito, per infondatezza della domanda poiche' la legge esclude dalla sua tutela i casi di contagio da epatite virale non contratta a seguito di emotrasfusioni. Nel prosieguo della causa, parte ricorrente prospettava, sia pure subordinatamente, eccezione di illegittimita' costituzionale della norma invocata. Questo tribunale, in accordo con la prospettazione di parte ricorrente ritiene non manifestamente infondata la questione sollevata, dovendosi dubitare della legittimita' costituzionale della disciplina recata dal terzo comma dell'art. 1, legge n. 210/1992, per violazione di alcuni parametri stabiliti dalla carta fondamentale, qui di seguito esplicitati. Per quanto attiene alla sussistenza del requisito della rilevanza, basta porre mente al fatto che parte ricorrente domanda la condanna del Ministero della sanita' al pagamento dell'indennita' prevista per gli emotrasfusi, pur nella consapevolezza che la sua infezione e' avvenuta non in seguito a trasfusione bensi' nell'esercizio delle sue mansioni di infermiera. Va da se' che una pronuncia del giudice delle leggi di accoglimento della denunciata questione imporrebbe al giudice di merito la condanna del Ministero convenuto al pagamento del detto indennizzo. Com'e' noto, la disciplina dettata dall'art. 1, legge n. 210/92, per la parte che qui interessa, e' molto lineare. Il primo comma prevede, a carico dello Stato, un indennizzo a favore di chi abbia riportato una menomazione all'integrita' psicofisica "a causa di vaccinazione obbligatoria per legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria italiana". Il secondo comma stabilisce che "il medesimo indennizzo" spetta ai soggetti che risultano contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati. La seconda parte del medesimo comma aggiunge che lo stesso trattamento spetta agli "operatori sanitari che, in occasione e durante il servizio abbiano riportato danni permanenti alla integrita' psicofisica conseguenti ad infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da HIV". Il terzo comma recita che: "i benefici di cui alla presente legge spettano altresi' a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali". Scopo della legge e', dunque, quello di assicurare un trattamento assistenziale da un lato, a chi ha subito una menomazione alla propria integrita', per effetto di un ordine dell'autorita' sanitaria (o di un diffuso convincimento scientifico, come e' venuto piu' tardi a precisarsi), in merito alle vaccinazioni. Dall'altro, attingendo ad un campo che con il primo ha ben pochi punti in contatto sul piano della genesi lesiva, si e' voluto applicare lo stesso trattamento alle persone che siano rimaste colpite nel medesimo bene primario, incolpevolmente perche' il danno e' derivato dalla somministrazione di trasfusioni, che e' attivita' posta totalmente sotto il controllo dei pubblici poteri. I medesimi principi di incolpevolezza della parte lesa e di sostanziale, oggettiva responsabilita' dei pubblici poteri, per incuria nella vigilanza, sono posti dal legislatore alla base dell'altra estensione della tutela ai sanitari che hanno, loro malgrado, contratto l'HIV per il solo fatto di essere venuti a contatto, a causa della loro professione, con sangue infetto. Com'e' universalmente noto le epatiti rappresentano una categoria di malattie non meno gravi dell'HIV e, purtroppo, piu' facilmente trasmissibili e di cio' s'e' fatto carico il legislatore allargando la sfera dei beneficiari della legge anche a coloro i quali presentino danni irreversibili da epatiti. Secondo il chiaro disposto legislativo, pero', l'indennizzo spetta esclusivamente a chi abbia contratto l'epatite per effetto di trasfusioni. E' la mancata estensione dell'indennizzo anche agli operatori sanitari che, in occasione e durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti alla integrita' psicofisica conseguenti ad infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da epatite, specularmente a quanto previsto per l'HIV, che lascia sorgere profondi dubbi di illegittimita' costituzionale della disciplina. I parametri violati appaiono dunque essere: 1) l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della irrazionalita' che genera disparita' sostanziale di trattamento da parte della legge per identiche situazioni di fatto, posto che non e' dato rinvenire apprezzabili motivi per cui la violazione all'integrita' fisica degli operatori sanitari che derivi da contatto con sangue contagiato da HIV ha diritto ad indennizzo, mentre non lo ha quella degli stessi operatori sanitari quando vengano in contatto con sangue contagiato da epatite virale, sebbene sia e' notorio che il rischio di entrare in contatto con l'uno anziche' con l'altro e' puramente casuale ed anzi, sul piano statistico e' molto piu' frequente e, per alcuni casi, molto piu' letale la possibilita' di contagio da epatite che non da HIV. Le situazioni sono omologhe e si prestano a quella "visione unificatrice" giustamente pretesa dalla Corte Costituzionale per lo scrutinio di legittimita' in questa materia (Corte Costituzionale sentenza n. 423/00), mentre non lo sarebbero state qualora non fosse stato proprio contemplato l'indennizzo a favore dei sanitari, neppure per l'HIV, o, per contro, non fosse stata prevista l'indennizzabilita' del contagio da epatite in qualunque modo contratto; 2) per ragioni sostanzialmente analoghe risulta non osservato il disposto di cui all'art. 32 Cost., in quanto, se il legislatore ha inteso tutelare la salute - sia pure nella forma indennitaria - quando violata dall'epatite ed ha inteso tutelarla anche quando lesa dall'HIV, non si vede per quale ragione il bene primario degli operatori sanitari sia meritevole di tutela se il contatto e' avvenuto con HIV e non anche con epatite, della cui pericolosita' s'e' detto. D'altronde e' ampiamente acquisito che il sistema indennitario previsto dalla legge in rassegna e' certamente di miglior favore (Corte Costituzionale n. 423/00); 3) anche l'art. 2 della Costituzione non e' rispettato, in quanto la ora illustrata irrazionalita' del sistema esclude di fatto la solidarieta' proprio rispetto a quelle situazioni in cui le lesioni ai beni primari derivano non solo senza alcun colpevole concorso della parte lesa, quanto per effetto di pratiche inerenti all'adempimento dei doveri professionali, quali il maneggio di sangue ed emoderivati che dovrebbe essere immune da pericoli perche' la circolazione dei medesimi e' posta sotto diretto controllo pubblico; 4) il legislatore non ha neppure rispettato l'art. 38 Cost., in quanto in situazioni sostanzialmente equiparabili (id est: personale sanitario che ha contratto l'HIV o l'epatite, malattie egualmente letali, non e' previsto lo stesso trattamento assistenziale, anzi per una fra esse, quella qui dedotta, il trattamento non e' proprio contemplato, dimenticando che nel caso di diritti direttamente protetti dalla Costituzione e' modellabile equitativamente dal legislatore soltanto la misura - che legittima un eventuale giudizio di compatibilita' finanziaria (Corte Costituzionale sentenza n. 226/00) - ma gli stessi diritti non sono ablabili di fatto (Corte Costituzionale sentenza n. 118/96). Ne' la natura assistenziale del trattamento e' dubitabile o la Corte l'ha mai dubitata (sentenza n. 226/00), anzi la considera implicita. Per tali ragioni, dunque, questo tribunale ritiene di dover sottoporre all'esame della Corte costituzionale la legittimita' dell'art. 1, comma 3, legge n. 210/92, per la parte in cui non preveda l'estensione del beneficio di cui alla medesima legge agli operatori sanitari che in occasione e durante il servizio abbiano riportato danni permanenti all'integrita' psicofisica conseguenti ad infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da epatite
P. Q. M. Il tribunale di Pisa, giudice del lavoro in composizione monocratica, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, con riferimento agli articoli 2, 3, 32 e 38 Cost. Dispone la trasmissione del fascicolo alla Corte costituzionale e sospende il presente giudizio. Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri. Dispone che la medesima sia comunicata ai Presidenti delle due Camere. Pisa, addi' 5 novembre2001 Il giudice: Schiavone 01c1228