N. 966 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 ottobre 2001
Ordinanza emessa il 16 ottobre 2001 dal Tribunale di Vicenza atti relativi a P.B.R.B. Adozione e affidamento - Adozione internazionale di minori - Cognome dell'adottato - Assunzione del solo cognome dell'adottante - Possibilita' dell'adottato di aggiungere il cognome originario a quello dell'adottante - Esclusione - Violazione di diritto fondamentale della personalita' - Irragionevolezza - Ingiustificata diversa disciplina rispetto alla normativa della Convenzione europea in materia di adozione di minori firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata in Italia con legge n. 357/1974 (art. 10, comma 3). - Legge 4 maggio 1983, n. 184, combinato disposto degli artt. 35, 27 e 28 e succ. mod. - Costituzione, artt. 2, 3, 10 e 11.(GU n.2 del 9-1-2002 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesso che: a) in data 2 febbraio 2001 il pubblico ministero con requisitoria ai sensi degli artt. 69 - 165 - 166 - 167 del R.D. 9 luglio 1939 n. 1238, promuoveva d'ufficio la formazione dell'atto di nascita del minore B.R.B., nato a Dolakha (Nepal) il 18.7.1993; b) a sostegno della richiesta il p.m. esponeva che l'Ufficiale dello Stato Civile di Vicenza aveva ricevuto il decreto emesso dal Tribunale per i minorenni di Venezia di adozione del minorenne B.R.B. da parte dei coniugi P. R. e C. A., e che, con la trascrizione di detto decreto, il minorenne aveva acquistato la qualita' di figlio dei signori P. e C. e la cittadinanza italiana, onde l'atto di nascita del bambino adottato avrebbe dovuto essere trascritto nei registri di nascita del comune di residenza dei genitori; peraltro, il p.m. riteneva che i vari certificati di nascita presentati erano del tutto inaffidabili, in quanto, tra l'altro, recanti errori di scrittura nel nome del bambino e nel luogo di nascita. e non provenienti dagli uffici dell'anagrafe nepalese ove venivano iscritti soltanto i bambini nati in ospedale; c) con istanza integrativa del 21 febbraio 2001 il p.m. formulava richiesta diretta a mantenere il cognome originario dell'adottato in uno con il cognome degli adottanti, facendo proprie le motivazioni del ricorso rivoltogli dai genitori P. e C.; d) in detto ricorso i coniugi P. e C. facevano presente come il bambino avrebbe percepito in maniera assolutamente dolorosa la perdita del proprio cognome originario, quasi come una sorta di prezzo da pagare, un'amputazione per poter diventare italiano, e riferendo che egli protestava "vigorosamente, ritenendo il suo cognome, avendo quasi otto anni, un profondo ed innegabile segno distintivo della sua personalita'"; facevano inoltre presente che nel loro nucleo familiare era gia' presente la sorella dell'adottato e che il legame con la loro origine rappresentava per entrambi un passato certo doloroso, ma altresi' innegabile nella costruzione della loro identita'; esponevano, infine, che la perdita di tale legame - per gran parte identificato dal minore con il proprio cognome - avrebbe anche potuto rappresentare un possibile futuro pregiudizio al suo inserimento anche nella famiglia stessa, percepita come in qualche maniera responsabile di questa perdita; e) con provvedimento in data 10 aprile 2001 il tribunale disponeva l'effettuazione di accertamenti a mezzo del competente consultorio diretti all'effettivo riscontro dell'esigenza del minore e alla rispondenza al suo interesse della richiesta integrativa di cui innanzi sub n. 3; f) con relazione pervenuta il 6 giugno 2001 dal Consultorio Familiare distrettuale "SUD" presso ULSS n. 6 "Vicenza", la psicologa dott.ssa A. Pante', esponeva che dopo il positivo inserimento del minore nella famiglia, R. "ha iniziato a riferire ricordi della sua famiglia d'origine, in particolare di una delle sorelle, che sembrava essere il suo punto di riferimento di "accendimento (esperienza significative venivano riferite a questa figura)"; tanto che la coppia P., C. aveva avviato ricerche in Nepal dirette a ritrovare la ragazzina e, rinvenutala, aveva iniziato la procedura di adozione; la psicologa ha altresi' riferito che il minore esprime con determinazione il suo desiderio di mantenere il nome che lo ha accompagnato sino ad oggi e, pur riconoscendo il legame affettivo che si e' instaurato con i genitori adottivi, manifesta il bisogno di mantenere la sua identita', cio' in consonanza con le tradizioni dei luoghi della sua origine ove si ritiene che "tutte le vite siano collegate in una sorta di equilibrio universale"; la psicologa conclude la sua relazione nel senso che "togliere questo cognome che appartiene al bambino e alla di lui sorella potrebbe apparire come una sorta di espropriazione"; Considerato che: 1. - alla stregua della normativa vigente la istanza di cui sub n. 3 non pare poter trovare accoglimento, dovendosi fare applicazione al caso di specie della normativa prevista dagli artt. 35 quarto comma, 27 e 28 legge 4 maggio 1983 n. 184 come modificata dall'art. 3 della legge 31 dicembre 1998 n. 476; a mente del quarto comma dell'art. 35 citato, il tribunale per i minorenni ha riconosciuto con decreto 1 febbraio 1999 il provvedimento dell'autorita' nepalese come affidamento preadottivo e, decorso il termine annuale, ha pronunciato in data 8 agosto 2000 il provvedimento di adozione disponendone la trascrizione nei registri dello stato civile; non par dubbio che gli effetti di tale provvedimento siano quelli stabiliti dall'art. 27 della legge n. 184 innanzi richiamata, come e' dato ricavare dal chiaro tenore letterale del primo comma dell'art. 35 cit., il quale afferma che in linea generale che "l'adozione pronunciata all'estero produce nell'ordinamento italiano gli effetti di cui all'articolo 27", onde, a maggior ragione, devesi attribuire pari effetti alla figura di adozione contemplata nel gia' citato quarto comma dello stesso art. 35; il sesto comma lett c) del menzionato art. 35, a riprova dell'identita' degli effetti prodotti dalla adozione internazionale, stabilisce che la trascrizione non puo' essere ordinata nei casi in cui ... non e' possibile la conversione in adozione produttiva degli effetti di cui all'art. 27; posto, quindi, che l'adozione internazionale produce i medesimi effetti di quella ordinaria, occorre far riferimento agli artt. 27 della legge 4 maggio 1983 n. 184, a tenore del quale "per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome ... con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali" e 28 della stessa legge ("Qualunque attestazione di stato civile riferita all'adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternita' e alla maternita' del minore e della annotazione di cui all'ultimo comma dell'art. 26. L'ufficiale di stato civile e l'ufficiale di anagrafe debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificati estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell'autorita' giudiziaria"), anche nel testo modificato dalla recente legge 28 marzo 2001 n. 149; alla luce di siffatta normativa il tribunale ritiene che all'accoglimento della istanza del p.m. di cui sub 3) osti in maniera insuperabile il dettato normativo ora richiamato; 2. - resta da valutare se la disciplina legale innanzi richiamata e che impedisce all'adottato il mantenimento del proprio cognome originario sia compatibile con i principi della carta costituzionale; sono ben note le ragioni che hanno ispirato il legislatore del 1983 a prevedere una netta quanto irreversibile scissione dei legami giuridici dell'adottato con la famiglia naturale e, in particolare, come questa frattura sia stata ritenuta a maggior tutela verso l'adottato; la s. corte, del resto, ha avuto occasione di ritenere infondata una questione di costituzionalita' sollevata dai genitori naturali proprio sull'assunto che la ricordata normativa aveva lo scopo di meglio tutelare l'adottato e di garantirgli un ambiente di vita sereno nel quale sviluppare la propria personalita' al riparo da ingerenze che potessero in qualche modo comprometterne l'equilibrato sviluppo (Cass. 10 aprile 1992, n. 4395); nel caso che ne occupa non si tratta di mettere in discussione siffatta impostazione seguita dal legislatore del 1983 e recepita anche dal legislatore del 1998, ma di saggiarne la compatibilita' con i principi costituzionali nella parte in cui tale ratio viene assunta in termini di tale assolutezza da non consentire deroghe neppure in comprovati casi particolari nei quali l'interesse del minore deponga in senso contrario; si vuole, in altri termini, sottolineare l'eventualita' che l'interesse del minore richieda il permanere di un residuo, assai limitato, legame con la famiglia di origine rappresentato dal cognome e la conseguente necessita' che sia riservata all'a.g. la valutazione circa l'esistenza di una consimile ipotesi; non e' neppure il caso di rievocare la tutela costituzionale del nome, come insegnata dal giudice delle leggi, e la sua valenza non identificativa esclusivamente della discendenza familiare, ma della persona e della personalita' dell'individuo, cosi' come l'ambito della tutela del diritto all'identita' personale ricavato dall'esegesi dei principi costituzionali compendiati nell'art. 2 della Carta (v. Corte cost. sentenze 13 del 1994; 297 del 1996 e 120 del 2001), per ritenere quanto meno non manifestamente infondato il dubbio sulla riconducibilita' alle menzionate disposizioni della rigida disciplina prevista dagli artt. 27 e 28 della legge del 1983 e succ. modif.; in tale prospettiva la forzosa e ineluttabile soppressione del cognome della famiglia di origine si potrebbe potre come una violazione del diritto al nome dell'adottato ed anche del diritto alla sua identita' personale, rappresentando il cognome una espressione della origine culturale, nazionale e sociale della persona; la rigidezza della disposizione normativa che impone in ogni caso, e senza eccezione alcuna, la perdita del cognome dell'adottato risulta, sotto altro profilo, come irragionevole e, quindi in contrasto con il canone desumibile dall'art. 3 Cost., in quanto non tiene in alcuna considerazione l'eventualita' che specifici comprovati casi evidenzino che l'interesse del minore e' maggiormente tutelato dal mantenimento piuttosto che dalla soppressione del cognome originario; del resto il terzo comma dell'art. 10 della legge 22 maggio 1974 n. 357, con la quale e' stata data ratifica ed esecuzione in Italia della convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967, prevede espressamente che "come regola generale, l'adottato potra' assumere il cognome dell'adottante o aggiungerlo al proprio cognome"; non puo' negarsi che siffatta impostazione, maggiormente rispettosa della diversita' dei casi concreti, realizzi un precetto di ragionevolezza e si ponga, pertanto, come parametro per valutare la correttezza costituzionale della disciplina legale denunciata; un ulteriore, diverso, profilo vale a ribadire la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' della normativa innanzi richiamata: come si e' gia' evidenziato il terzo comma dell'art. 10 della legge 22 maggio 1974 n. 357, stabilisce che "come regola generale, l'adottato potra' assumere il cognome dell'adottante o aggiungerlo al proprio cognome"; la legge 31 dicembre 1998 n. 476. nel richiamare le norme della legge 4 maggio 1983 n. 184 senza minimamente considerare la predetta disposizione della Convenzione pare porsi in termini di contrasto con gli artt. 2, 3, 10 e 11 della Costituzione; 3. - in definitiva le norme denunciate sono rappresentate dal combinato disposto degli artt. 35, 27 e 28 della legge n. 184 del 1983 come successivamente modificata in relazione agli artt. 2, 3, 10 e 11 della Costituzione; 4. - la questione e' rilevante, perche' dalla sua decisione dipende l'accoglibilita' o meno dell'istanza del p.m. di cui sub lett. c).
P. Q. M. Visto l'art. 23 1. 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il procedimento in corso; Ordina, che, a cura della cancelleria, si proceda alla notificazione della presente ordinanza alle parti in causa e al pubblico ministero e al presidente del Consiglio dei ministri, oltre che ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Vicenza, cosi' deciso il 16 ottobre 2001. Il Presidente: Pafundi 01C1236