N. 967 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 ottobre 2001
Ordinanza emessa il 19 ottobre 2001 dal tribunale di Rimini nel procedimento civile vertente tra Ferri Tommaso ed altra e Ravaioli Alberto Sindaco - Incompatibilita' - Lite pendente in procedimento civile od amministrativo con il comune - Sussistenza dell'incompatibilita' anche nel caso di litispendenza originata da azione popolare promossa da un cittadino nei confronti del sindaco e del comune - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto all'elettorato passivo, sui principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di difesa in giudizio. - D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 63, comma 1, in relazione all'art. 9 stesso d.lgs. - Costituzione, artt. 51, primo comma, 24, commi primo e secondo, e 97, primo comma.(GU n.2 del 9-1-2002 )
IL TRIBUNALE DI RIMINI Composto dai signori magistrati: dott. Ottavio Ferrari Acciajoli, presidente; dott. Guido Federico, giudice; dott. Francesco Cortesi, giudice rel. Nella causa distinta al N.RG. 2818/01, promossa da Tommaso Ferri e Ramona Girolomini (avv.ti Santoro, Zavoli) contro Alberto Ravaioli (avv. Graziosi) e con l'intervento del comune di Rimini (avv. Solazzi, Trombetti); Udita la relazione della causa e sentite le parti in pubblica udienza, con l'intervento del pubblico Ministero, ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesso che: la domanda, proposta in forma di azione popolare ai sensi dell'art. 70 d.lgs. 267/00, e' volta alla declaratoria di decadenza del Sindaco di Rimini, dott. Alberto Ravaioli, come prevista dall'art. 63 comma 1 del decreto predetto, nelle ipotesi previste dai nn. 4 e 6; con riferimento alla prima di dette ipotesi, gli attori espongono di aver precedentemente convenuto in giudizio il Ravaioli, e con esso il comune di Rimini, con azione popolare promossa ai sensi dell'art. 9 d.lgs. 267/00, chiedendo la condanna dello stesso alla restituzione degli emolumenti percepiti in qualita' di Sindaco di Rimini dal luglio 1999 al dicembre 2000, nonche' al risarcimento dei danni patiti dal comune per l'allestimento delle elezioni amministrative del 13 e 27 maggio 2001, il tutto in conseguenza dell'intervenuta declaratoria di decadenza del Ravaioli, accertata e statuita dalla sentenza n. 16205/00 della Corte di Cassazione, Sezione I Civile; secondo la prospettazione attorea, poiche' la domanda introduttiva della causa risultava notificata ai convenuti (con successiva iscrizione a ruolo ed attribuzione del N.R.G. 2739/01), sussisterebbe fra le parti ivi coinvolte, ed in particolare fra il Ravaioli ed il comune di Rimini, la pendenza di un procedimento civile, dal quale discenderebbe automaticamente l'invocata incompatibilita', e quindi l'obbligo, per il Tribunale investito del presente giudizio, di pronunziare la decadenza del Ravaioli; Tutto cio' premesso, il Tribunale cosi' O s s e r v a 1. - La formulazione dell'art. 9 d.lgs. 267/00 (che ricalca in parte qua il previgente art. 7 legge n. 142/1990) impone di considerare il comune parte necessaria del rapporto processuale instaurato dal cittadino che intenda "far valere in giudizio le azioni ed i ricorsi" di spettanza dell'Ente. L'ordine di integrazione del contraddittorio - previsto dal comma II - non lascia alcun margine interpretativo in tal senso, delineando un'ipotesi di litisconsorzio necessario. 2. - Cio' premesso, e' indubbio che la fattispecie invocata dagli attori e contemplata dall'art. 63, comma I num. 4 del decreto citato appaia nel caso di specie, ed ancorche' sotto il proffio formale, pienamente integrata. E' infatti innegabile che fra Alberto Ravaioli ed il comune di Rimini sussista lite pendente, benche' promossa dagli attori popolari e tutt'ora versante in una fase che, allo stato, non consente neppure di apprezzare l'atteggiamento processuale del comune, non ancora costituitosi. Secondo un'interpretazione letterale della norma citata, ove letta nel combinato disposto con l'art. 9 del medesimo decreto, la tesi attorea sarebbe dunque condivisibile. 3. - Cionondimeno, essa rivela, in relazione all'assetto normativo appena richiamato, tutta la sua irragionevolezza. La semplice scelta di un cittadino elettore di citare in giudizio il sindaco eletto, assumendo sussistente una pretesa del comune nei suoi confronti, determinerebbe, infatti, una litispendenza con il comune stesso e, per cio' solo, l'insorgere di una causa di incompatibilita' in capo al sindaco, cui deve far seguito la decadenza dall'ufficio, con evidente compressione del suo diritto di elettorato passivo. In tale ottica si impongono due ulteriori ordini di considerazioni: a) al giudice che ordina l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 9 non e' attribuito alcun potere di valutazione dell'opportunita' di detto provvedimento; egli, in sostanza, non puo' compiere alcun apprezzamento circa l'effettiva sussistenza, in capo all'ente locale, dell'interesse sottostante all'azione promossa dal cittadino; b) la semplice proposizione della domanda determina ipso facto (ed ipso jure) la declaratoria di decadenza del sindaco da parte del giudice investito del contenzioso elettorale. Quest'ultimo, infatti, non ha alcun potere di delibazione in ordine all'effettivita' del contenzioso, dovendo egli limitarsi a prendere atto dell'esistente litispendenza". In tal senso, osserva peraltro il remittente che la giurisprudenza di legittimita' ha oscillato, anche in tempi assai recenti, fra un orientamento che consente al giudice del contenzioso elettorale di "non arrestare la sua indagine di fronte alla semplice constatazione della pendenza di un giudizio... essendo abilitato a valutare sia atti che implicano il sostanziale venir meno del giudizio.., sia la manifesta infondatezza od il carattere pretestuoso della lite" (cfr. Cass. Civ. sez. I, 26 luglio 2000 n. 9789, Cass. Civ. sez. I, 6 maggio 1999 n. 4533; Cass. Civ. sez. I, 9 aprile 1992 n. 4357) ed altro orientamento, piu' rigorista, che contiene l'oggetto dell'accertamento alla presa d'atto della litispendenza, inibendo ogni sindacato sul merito del giudizio civile pendente (cfr. Cass. Civ. sez. I, 7 giugno 2000 n. 7768; Cass. Civ. sez. I, 15 febbraio 1991 n. 1666). In ogni caso, la valutazione circa l'effettivita' di una controversia resta preclusa in tutti i casi analoghi al presente, in cui, non essendovi ancora una presa di posizione dell'ente, e' assolutamente impossibile anche solo delibare l'interesse dello stesso; e cio' a tacere della possibilita' che, nel giudizio fra sindaco e comune, quest'ultimo, dopo essersi associato alla posizione del sindaco, muti atteggiamento processuale (anche solo domandando la compensazione delle spese di lite in sede di precisazione delle conclusioni), cio' che comporterebbe la sussistenza di una domanda "contro" lo stesso come previsto dall'art. 63 comma 1. 4. - Considerata la pertinenza della questione prospettata alla definizione della presente controversia, si rende necessario sottoporre al giudizio di legittimita' costituzionale il disposto dell'art. 63, comma I, n. 4, d.lgs. 267/00 nella sua attuale formulazione, poiche' detta norma, ove letta in correlazione con l'art. 9 di detto decreto, legittima un dubbio di incostituzionalita' in relazione: all'art. 51, comma I, della Costituzione, laddove comprime l'accesso del cittadino eletto al pubblico ufficio di sindaco, consentendo che lo stesso venga dichiarato decaduto dall'ufficio per mero effetto della proposizione di azione giudiziaria sulla quale non e' compiuta alcuna delibazione ne' dall'autorita' giurisdizionale, ne' da autorita' amministrative; all'art. 97, comma I, della Costituzione, poiche' facoltizzando una sostanziale decadenza ad nutum del sindaco, conduce inevitabilmente a vulnerare il buon andamento dell'attivita' amministrativa del comune, in particolar modo sotto il profilo dell'attivita' organizzativa; l'art. 24, commi I e II della Costituzione, poiche' nella specifica sede del contenzioso elettorale il sindaco non puo' in alcun modo difendersi, dovendo l'autorita' giudiziaria limitarsi a prendere atto della sussistenza di una lite civile pendente secondo i canoni dell'art. 39 c.p.c.;
P. Q. M. Ritenuto il dubbio di incostituzionalita' dell'art. 63, comma I, n. 4 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 in relazione all'art. 9 di detto decreto, per contrasto con gli artt. 51 comma I, 97 comma I, 24 commi I e II della Costituzione, ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio di legittimita'; Visto l'art. 295 c.p.c., sospende il presente giudizio sino all'esito della pronuncia; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che il presente provvedimento, letto in pubblica udienza alla presenza delle parti in causa, sia notificato al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicato ai Presidenti delle Camere. Rimini, addi' 19 ottobre 2001. Il Presidente: Acciajoli Il giudice estensore: Cortesi 01C1237