N. 426 ORDINANZA 3 - 21 dicembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Applicazione della pena su richiesta - Potere di
  pronunciare  la  sentenza  rimesso  anche  al  giudice dell'udienza
  preliminare  (oltre  che  al  giudice del dibattimento), in caso di
  dissenso  del pubblico ministero, se la richiesta dell'imputato sia
  fondata  - Mancata previsione - Prospettata lesione dei principi di
  parita',  di  buon andamento della amministrazione e di ragionevole
  durata  del  processo  -  Erroneita' del presupposto interpretativo
  assunto dal rimettente - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., art. 448, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 97 e 111.
(GU n.1 del 2-1-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 448, comma 1,
del  codice  di  procedura  penale,  promossi, nell'ambito di diversi
procedimenti   penali,   dal  giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale  di  Torino  con  ordinanza emessa il 30 ottobre 2000 e dal
giudice   dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Cremona  con
ordinanza  emessa  il  9 gennaio  2001,  rispettivamente  iscritte ai
nn. 142 e 155 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 10, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 7 novembre 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di
Torino  ha  sollevato,  in  riferimento  agli artt. 3, 97 e 111 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 448,
comma  1,  del  codice  di  procedura  penale  nella parte in cui non
prevede  che  il  giudice  dell'udienza preliminare possa pronunciare
sentenza  ai  sensi  dell'art. 444  cod.  proc. pen. anche in caso di
dissenso  del  pubblico  ministero,  se  ritiene fondata la richiesta
dell'imputato di applicazione della pena;
        che  il  giudice a quo - premesso che l'imputato ha formulato
richiesta  di  applicazione della pena e che il pubblico ministero ha
negato  il  proprio  consenso  -  rileva  che  l'art. 448  cod. proc.
pen. prevede  che  la  valutazione  sulla fondatezza del dissenso del
pubblico  ministero  sia demandata al giudice del dibattimento, e che
soltanto  quest'ultimo  sarebbe  legittimato,  anche nella fase degli
atti  preliminari  al  dibattimento  e  nonostante  il  dissenso  del
pubblico ministero, ad applicare la pena chiesta dall'imputato;
        che tuttavia, a seguito delle modifiche apportate dalla legge
16 dicembre 1999, n. 479, l'udienza preliminare non assolverebbe piu'
la  mera  funzione  di  "filtro  contro le imputazioni azzardate", ma
costituisce  il primo momento di una approfondita valutazione, estesa
anche  a profili di merito, della fondatezza dell'ipotesi accusatoria
e  "della  sufficienza  e  idoneita' degli elementi raccolti dal p.m.
nella  fase  delle  indagini preliminari ad ottenere una pronuncia di
colpevolezza";
        che  tale  riforma,  pur  avendo  inciso  profondamente sulla
funzione  dell'udienza  preliminare  e  sui poteri del giudice, anche
allo  scopo  di  ridurre  il numero dei processi da celebrare in sede
dibattimentale,   avrebbe   incomprensibilmente  e  irragionevolmente
lasciato   inalterata   la   disciplina   che   preclude  al  giudice
dell'udienza preliminare, in caso di dissenso del pubblico ministero,
di  valutare  la  proposta di patteggiamento davanti a lui formulata,
imponendogli   di   rimettere   tale   valutazione   al  giudice  del
dibattimento,  chiamato  a  decidere  sulla  base  degli  stessi atti
sottoposti all'esame del giudice dell'udienza preliminare;
        che  a  parere del rimettente tale disciplina, precludendo al
giudice dell'udienza preliminare di pronunciare direttamente sentenza
di  patteggiamento  se  ritiene  fondata la richiesta dell'imputato e
ingiustificato   il  dissenso  del  pubblico  ministero,  sarebbe  in
contrasto con l'art. 3 Cost;
        che  la disposizione censurata violerebbe anche il "principio
del  buon andamento della pubblica amministrazione", in quanto impone
l'espletamento   di  adempimenti  finalizzati  all'instaurazione  del
giudizio,   impegna   un'udienza   dibattimentale  e  costringe  alla
citazione dei testimoni, con un aggravio di costi e un appesantimento
della macchina giudiziaria assolutamente superflui;
        che    l'instaurazione   di   un'ulteriore,   inutile,   fase
processuale  sarebbe  infine  in  contrasto  con  il  principio della
ragionevole  durata  del  processo  formulato  dall'art. 111, secondo
comma, Cost;
        che   analoga   questione  e'  stata  sollevata  dal  giudice
dell'udienza  preliminare  del  Tribunale di Cremona, con riferimento
agli artt. 97 e 111 Cost;
        che  ad  avviso del rimettente l'art. 448 cod. proc. pen., in
quanto non consente al giudice dell'udienza preliminare di effettuare
la medesima valutazione demandata al giudice del dibattimento in caso
di  dissenso del pubblico ministero sulla richiesta di patteggiamento
dell'imputato,   comporterebbe  una  "capitis  deminutio"  del  tutto
ingiustificata a fronte "dei poteri - e delle garanzie di terzieta' -
che   l'attuale   ordinamento  attribuisce  al  giudice  dell'udienza
preliminare,  gia'  chiamato  a decidere in relazione alle ipotesi di
applicazione pena e giudizio abbreviato";
        che  la  disciplina  censurata  violerebbe,  di  conseguenza,
l'art. 111  Cost.,  sotto  il  profilo  della  ragionevole durata del
processo,  e l'art. 97 Cost., a causa dell'aggravio ingiustificato di
spese e dell'impegno di risorse della pubblica amministrazione;
        che  nei  giudizi  e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
    Considerato   che   i   rimettenti  dubitano  della  legittimita'
costituzionale della disciplina dettata dal comma 1 dell'art. 448 del
codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui prevede, ove il
pubblico  ministero  abbia  negato  il  consenso  alla  richiesta  di
patteggiamento  avanzata dall'imputato in udienza preliminare, che la
valutazione sulla fondatezza della richiesta spetti esclusivamente al
giudice  del  dibattimento,  che  sarebbe legittimato ad applicare la
pena  richiesta  anche  prima  della  dichiarazione  di  apertura del
dibattimento,  sulla  base degli stessi atti sottoposti all'esame del
giudice dell'udienza preliminare, e non anche a tale giudice;
        che  le  due  ordinanze  sollevano  la  medesima questione di
legittimita'  costituzionale  e  che deve pertanto essere disposta la
riunione dei relativi giudizi;
        che  in  sostanza  i  rimettenti chiedono un'estensione della
portata  del  secondo  periodo  del  comma 1 dell'art. 448 cod. proc.
pen.,  tale  da  consentire  al  giudice  dell'udienza preliminare di
decidere  sulla  richiesta  di  applicazione  della  pena  in caso di
dissenso  del  pubblico  ministero,  sul  presupposto  che  la  norma
censurata  riconosca analogo potere al giudice del dibattimento prima
della  dichiarazione  di apertura del dibattimento, a prescindere dal
consenso del pubblico ministero;
        che  la  disciplina  dettata dal secondo periodo del comma 1,
dell'art. 448   cod.  proc.  pen.,  nell'interpretazione  datane  dai
rimettenti  -  secondo cui al giudice del dibattimento, permanendo il
dissenso  del  pubblico  ministero, sarebbe riconosciuto il potere di
accogliere  la  richiesta  di  patteggiamento  in  limine  litis - si
porrebbe  in  contrasto  con  la struttura negoziale che caratterizza
l'istituto  dell'applicazione della pena su richiesta delle parti, in
quanto  verrebbe  ad espropriare il pubblico ministero del suo potere
di  concorrere,  in condizioni di parita' con l'imputato, alla scelta
del rito, e sacrificherebbe l'esercizio del suo diritto alla prova in
dibattimento (v. ordinanza n. 127 del 1993);
        che e' invece conforme all'essenza dell'istituto in esame che
il potere di pronunciare sentenza di applicazione della pena malgrado
il  dissenso  del  pubblico  ministero  possa  essere  esercitato, ex
art. 448,  comma  1,  quarto  periodo,  cod. proc. pen., solo dopo la
chiusura  del  dibattimento,  quando  il giudice e' posto in grado di
valutare, in esito alle risultanze dell'istruzione dibattimentale, se
le ragioni del dissenso del pubblico ministero erano giustificate;
        che   tale   interpretazione  logico-sistematica  non  e'  in
contrasto  con il tenore letterale della disposizione, che al secondo
periodo  del  comma 1 si limita a prevedere la facolta' dell'imputato
di   rinnovare   la   richiesta  di  applicazione  della  pena  prima
dell'apertura  del  dibattimento,  mediante  una formulazione che non
esclude  che  la  richiesta  debba  essere corredata del consenso del
pubblico   ministero,   secondo   quanto  disposto  in  via  generale
dall'art. 444  cod. proc. pen., cui rinvia il primo periodo del comma
1, dell'art. 448;
        che  anzi,  a prescindere dal problema se sia ammissibile una
mera  reiterazione della precedente richiesta, il termine "rinnovare"
sembra  evocare  il  significato di "nuova richiesta", in ordine alla
quale  non  potrebbe,  evidentemente,  prescindersi  dal consenso del
pubblico ministero, a pena di stravolgere la fisionomia dell'istituto
del "patteggiamento";
        che  tali  considerazioni  circa l'erroneita' del presupposto
interpretativo  assunto  dai rimettenti come tertium comparationis si
riflettono sulla specifica questione oggetto del presente giudizio di
costituzionalita',  gia'  dichiarata manifestamente infondata durante
la  vigenza  della  disciplina  antecedente alle modifiche introdotte
dalla  legge n. 479 del 1999 con ordinanza n. 488 del 1994, posto che
i maggiori  poteri di integrazione probatoria e decisori riconosciuti
al  giudice  dell'udienza  preliminare  dalla  legge n. 479 del 1999,
addotti  dal  rimettente  a  sostegno della questione, non esercitano
alcuna influenza sulla struttura negoziale del patteggiamento;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 448,  comma  1, del codice di
procedura  penale,  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 97 e 111
della   Costituzione,   dai   Giudici  dell'udienza  preliminare  dei
Tribunali di Torino e di Cremona, con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 dicembre 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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